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Autore: vannagio    06/08/2010    9 recensioni
Lo Specchio Difettoso era un oggetto dalla fattura semplice e austera, per nulla appariscente, non molto grande e dalla forma ovale. La cornice di legno scuro era tarlata, impolverata e annerita dalla muffa e dal tempo. Il vetro, incrinato in più parti, appariva fragile e sul punto di frantumarsi al minimo movimento avventato. Se lo avesse sfiorato anche solo con un dito - Percy ne era certo -, sarebbe finito in mille pezzi.
Non poté fare a meno di notare che quell’oggetto, così malconcio e rovinato, stonava non poco con l’eleganza e la magnificenza del resto della stanza, come una macchia su un lenzuolo immacolato o una nota stonata in un’armoniosa sinfonia. Sembrava voler ricordare a tutti che la perfezione non esiste, che niente e nessuno in questo mondo è perfetto.

[Prima classificata al contest "One Day: raccontami di...", indetto da Fabi_Fabi]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, Percy, Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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"Quando vannagio vaneggia!"



Lo Specchio Difettoso






«Chi vive senza follie, non è saggio quanto crede», sentenziò il riflesso del ragazzo, che all’improvviso aveva preso vita e dopo aver squadrato il giovane Weasley con aria arcigna, aveva cominciato a parlare di sua spontanea volontà, come se fosse stato una persona vera.
«Le regole non sono tutto nella vita», aggiunse alla fine, raddrizzandosi gli occhiali cerchiati di corno sul naso, in una perfetta imitazione di quella che era una tipica abitudine di Percy Weasley.
Il nuovo Prefetto fissava con espressione allibita l’immagine del suo volto - riflessa nello strano Specchio di cui tanto aveva sentito parlare dai fratelli più grandi -, chiedendosi quale fosse il significato delle parole appena udite.


*


Il Bagno dei Prefetti era uno dei tanti motivi per cui Percy Weasley aveva sempre ambito a diventare un Prefetto. Non era la motivazione principale e nemmeno la più importante ma contribuiva a rendere la piccola spilla argentata a forma di “P” ancora più attraente. La carica di Prefetto comportava una grande quantità di responsabilità e doveri. Tuttavia, Perce non se ne dispiaceva, perché per lui quel ruolo rappresentava il primo gradino della sua scalata verso il successo. Il Bagno dei Prefetti - così come la spilla - ai suoi occhi costituiva un simbolo di autorità e potere. E anche se Percy non avrebbe mai approfittato della sua posizione per fare il prepotente o ottenere favoritismi, amava follemente la sensazione di superiorità e importanza che provava nel camminare per i corridoi di Hogwarts con la “P” scintillante appuntata sulla divisa.
Per tutti questi motivi, negli anni precedenti alla sua investitura di Prefetto, quando passava di fronte alla statua di Boris il Basito - e quindi nei pressi dell’entrata del bagno - spesso Percy si concedeva il lusso di fantasticare su quel luogo fatato. Ovviamente non lo avrebbe mai ammesso ad anima viva - era deciso a mantenere intatta la sua fama di ragazzo serio, saggio e assennato - ma spesso l’immaginazione correva veloce ed era difficile da frenare. Quanto sarebbe stato bello nuotare in quella vasca, grande quasi quanto una piscina, ricolma di schiuma colorata e profumata? Quanto gli sarebbe piaciuto poter godere del tepore dell’acqua calda, leggendo un buon libro senza essere disturbato da schiamazzi impertinenti e chiacchiericci vari?
Nel bagno che aveva condiviso con i suoi compagni di casata - tra il primo e il quarto anno - trovare un po’ di pace e tranquillità era praticamente impossibile, soprattutto da quando a Hogwarts erano arrivati i due pestiferi gemelli. Fred e George avevano portato grande scompiglio nella Casa di Grifondoro e una dose non indifferente di disonore sul nome della famiglia Weasley.
Prima di diventare Prefetto, Percy non era mai entrato nel Bagno dei Prefetti. Ciò che sapeva lo doveva ai racconti dei suoi fratelli maggiori, Billy e Charlie. Tra le tante meraviglie di quel luogo, una in particolare stuzzicava la sua curiosità: lo Specchio Difettoso. Il nome poteva trarre in inganno, in realtà si trattava di un oggetto magico, che aveva il potere di rivelare alla persona che vi si specchiava il suo più grande difetto. Percy non si era mai definito arrogante ma era sicuro di non avere difetti e si domandava cosa avrebbe detto lo Specchio su di lui. Forse sarebbe rimasto muto…
Perce era ansioso di verificare la sua ipotesi.
Fu così che una sera - all’inizio del quinto anno -, ottenuta l'agognata spilla, Percy Weasley si recò nel Bagno dei Prefetti, felice di poter usufruire dei privilegi che, in quanto Prefetto, gli spettavano di diritto.
Le descrizioni di Billy e Charlie non rendevano giustizia al luogo.
Una luce soffusa, dolce e rilassante - prodotta da un magnifico candeliere in cristallo che pendeva dal soffitto - avvolgeva l’ambiente, rendendolo caldo e accogliente. Il colore predominante era il bianco dalle morbide venature grigie del marmo pregiato, il bianco naturale delle tende di lino, che fluttuavano ai lati delle finestre e il bianco candido dei soffici asciugamani di spugna, pronti per essere utilizzati. Al centro della stanza, incassata nel pavimento, vi era la grande vasca, rivestita dello stesso marmo del pavimento e delle pareti. Dai numerosissimi rubinetti d’oro massiccio, fuoriuscivano bagnoschiuma e saponi dai mille colori, che riempivano l’aria di profumi inebrianti e bolle di varia forma e misura.
Dopo un lungo bagno ristoratore e alcuni tuffi dal trampolino, Percy decise che era venuto il momento di affrontare lo Specchio Difettoso. Lo aveva riconosciuto subito, quando era entrato nella stanza, ma lo aveva ignorato deliberatamente per allontanare il nervosismo. Così, avvolto in un grande asciugamano, avanzava verso l’oggetto del mistero, cercando di convincersi che non aveva nulla di cui preoccuparsi. Ciononostante non riusciva a scacciare la fastidiosa inquietudine che aumentava a ogni passo.
Lo Specchio Difettoso era un oggetto dalla fattura semplice e austera, per nulla appariscente, non molto grande e dalla forma ovale. La cornice di legno scuro era tarlata, impolverata e annerita dalla muffa e dal tempo. Il vetro, incrinato in più parti, appariva fragile e sul punto di frantumarsi al minimo movimento avventato. Se lo avesse sfiorato anche solo con un dito - Percy ne era certo -, sarebbe finito in mille pezzi. Allo scopo di evitare incresciosi incidenti, il ragazzo mantenne una distanza di sicurezza: se rompere uno specchio comune portava sette anni di sventura, non osava immaginare cosa sarebbe successo distruggendo uno specchio tanto potente.
Mentre si poneva di fronte allo Specchio Difettoso, Percy non poté fare a meno di notare che quell’oggetto, così malconcio e rovinato, stonava non poco con l’eleganza e la magnificenza del resto della stanza, come una macchia su un lenzuolo immacolato o una nota stonata in un’armoniosa sinfonia. Sembrava voler ricordare a tutti che la perfezione non esiste, che niente e nessuno in questo mondo è perfetto.
Il ragazzo inforcò gli occhiali cerchiati di corno e deglutendo a vuoto, rivolse lo sguardo alla superficie riflettente. Da prima vide soltanto il suo riflesso: un ragazzo dai folti e scarmigliati capelli rossi, dal viso scarno, serio e leggermente intimorito. Dopo interminabili istanti, durante i quali Percy cominciò a domandarsi se non fosse tutto uno scherzo dei suoi fratelli, il riflesso del ragazzo prese vita e con voce profonda e baritonale - completamente diversa da quella del giovane Weasley - parlò: «Chi vive senza follie, non è saggio quanto crede». Fece una piccola pausa e poi aggiunse: «Le regole non sono tutto nella vita».
Le ultime parole echeggiarono tra le pareti, fin quando il silenzio non tornò a prevalere su qualsiasi suono. Percy fissava l’immagine riflessa della sua faccia e meditava... pensava e ripensava… provava a parafrasare ogni singola sillaba, senza arrivare alla soluzione dell’enigma.
Che cosa intendeva lo Specchio Difettoso?
Le regole non sono tutto nella vita.
Se c’era una cosa in cui Percy credeva fermamente, era l’importanza delle regole e la necessità di seguirle nei minimi dettagli. Un mondo senza leggi era un mondo in balia del caos e un mondo in balia del caos non era un posto carino in cui vivere. Possibile che stesse sbagliando tutto?
Chi vive senza follie, non è saggio quanto crede.
Il Prefetto di Grifondoro era convinto che la saggezza fosse uno dei migliori pregi - non un difetto! - che un uomo, Mago o Babbano, potesse vantare di possedere. Percy non era il più bello, il più intrepido, il più leale, il più divertente, il più spiritoso o il più intelligente dei fratelli Weasley, ma non se ne rammaricava. Perce era il più saggio, il più coscienzioso tra i membri della sua famiglia e andava fiero di ciò, perché un Mago saggio e assennato è un Mago in cui si può riporre la propria fiducia senza remore alcuna. Erano i Maghi più saggi a finire sui libri di storia, mentre i Maghi folli venivano ricordati soltanto per la sconsideratezza e la pazzia delle loro gesta.
“La follia non porta mai niente di buono, come può essere indice di saggezza?”, si chiese Percy con una smorfia di disapprovazione. Per quanto ci avesse riflettuto, non riuscì a trovare una risposta alla sua domanda.
Credere alle parole strampalate dello Specchio sarebbe stato come rinnegare le sue convinzioni e il suo modo di pensare. Avrebbe dovuto mettere in discussione tutto il suo mondo, in funzione di una frase che per quanto ne sapeva poteva avere mille significati? Il ragazzo distolse lo sguardo dal suo riflesso, ormai muto da parecchi minuti, si rivestì velocemente e scappò via dal bagno, deciso a dimenticare per sempre le parole dello Specchio Difettoso.


*


La battaglia imperversava da diverse ore ormai e non stava volgendo a loro favore. I Mangiamorte erano riusciti a entrare nel castello. Percy e Fred Weasley stavano duellando contro due individui incappucciati e mascherati, tentando di rallentarne l’avanzata. Con la coda dell’occhio, Perce si accorse che Harry, Hermione e suo fratello minore Ron erano sbucati da chissà dove - fortunatamente ancora vivi e integri - e che stavano correndo nella loro direzione per dare man forte. Percy tornò immediatamente a concentrarsi sul duello e sulla battaglia, pronto a difendere i suoi fratelli e i suoi amici in ogni modo possibile. Solo così avrebbe espiato le sue colpe.
Che idiota era stato… uno schiavo del Ministero, rinnegato e avido di potere*: George aveva colto nel segno!
A ogni modo, piangere sulla pozione versata non serviva a niente. La sua famiglia lo aveva perdonato e riaccolto a braccia aperte: solo questo contava. Percy avrebbe ripagato il loro amore incondizionato battendosi al massimo delle sue capacità.
Nel frattempo, il Mangiamorte con il quale stava combattendo indietreggiò per schivare un incantesimo vagante. Il cappuccio ricadde all’indietro, svelando così la sua identità: O’Tusoe, Ministro della Magia, nonché marionetta nelle mani di Tu-Sai-Chi.
«Ah, Ministro!*», esclamò l’ex-Prefetto di Grifondoro, mentre un ghigno compariva sul suo volto sporco e madido di sudore, «Le ho detto che do le dimissioni?*» e senza perdere altro tempo, colpì l’avversario con un incantesimo potentissimo.
Anche a diversi anni di distanza, Percy non seppe mai spiegare che cosa lo avesse indotto a fare una battuta in un momento tanto critico. Forse l’euforia per l’essere stato perdonato… forse l’entusiasmo per l’essere di nuovo insieme ai suoi fratelli… o magari era stato solo un attimo di improvvisa e spudorata follia… chissà!
Certe domande esistono per non avere risposta.
«Hai fatto una battuta, Perce?*», domandò Fred, guardando il fratello maggiore con espressione festosa, mentre il “suo” Mangiamorte cadeva a terra privo di sensi. «Hai davvero fatto una battuta, Perce… l’ultima che ti avevo sentito fare era…*».
Un boato assordante interruppe il ragazzo.
Un attimo di silenzio… la calma prima della tempesta… poi Percy, insieme a tutti i suoi compagni, venne sbalzato via verso il lato opposto del corridoio, neanche fosse stato un fuscello in balia del vento. Urla e grida di dolore lo circondavano, mentre pietre, massi e macerie lo colpivano ovunque sul corpo e sul viso.
E quando tutto finalmente parve acquietarsi, per una frazione di secondo, il ragazzo perse coscienza di chi era e dove si trovava…


«Buona sera, Perce!», lo salutò Fred, che stava consultando una pergamena dall’aspetto molto illegale, spaparanzato nella poltrona accanto al camino.
Come risposta al saluto del fratello, Percy grugnì. Abbandonò la borsa dei libri in un angolo della Sala Comune di Grifondoro - stranamente deserta - e si lasciò cadere sul divano.
«Siamo di cattivo umore», costatò Fred, ridendo sotto i baffi, «Fammi indovinare: hai preso un “Eccellente meno” nel tema di pozioni. No, ci sono! Sei andato un’altra volta a far visita a quel vecchio Specchio che ti ossessiona tanto. Non ti sarai preso una cotta per il tuo riflesso, vero?». Rise in modo fragoroso e volutamente irritante, per poi aggiungere: «Rischi di fare la fine di... come si chiamava?
Narcisso? O forse era… Narciume? Beh… sicuramente non Marciume…».
«Sta’ zitto!», lo interruppe Percy bruscamente, «Quel pezzo di vetro scheggiato… dannato il giorno in cui ho dato ascolto alle stupidaggini di Billy e Charlie!». Erano passati due anni da quando il giovane Prefetto - ormai Caposcuola - era entrato per la prima volta nel Bagno dei Prefetti. Da quel momento, ogni volta che andava a farsi una nuotata nella grande vasca, non riusciva a resistere alla tentazione di specchiarsi nello
Specchio Difettoso. Purtroppo per lui, le parole erano sempre le stesse: Chi vive senza follie, non è saggio quanto crede. Le regole non sono tutto nella vita.
«Adesso so perché si chiama
Specchio Difettoso!», esclamò improvvisamente Percy.
«Ah, sì?», domandò Fred curioso.
«È davvero uno specchio difettoso!», rispose l’altro. Un sorriso vagamente isterico attraversava il suo viso.
«Caspita! Era una battuta?», chiese conferma Fred, «Certo, potevi sforzarti un po’ di più, ma sempre meglio di niente… e comunque, non capisco perché te la stia prendendo tanto. A me piace la follia!».
«Appunto!», commentò Percy, sarcastico, «La follia è negativa, distruttiva. La mancanza di follia non può essere un difetto».
«Non sono d’accordo con te, mio caro Perce-Prefetto-Perfettino. La follia - quella buona, quella che fa bene, intendo - è sempre stata parte della famiglia Weasley. E fa parte anche di te, che ti piaccia oppure no!», replicò Fred, serio come se stesse argomentando chissà quale tesi incredibilmente importante.
«Bazzecole! La follia non porta mai niente di buono».
«Mi rincresce ammetterlo, ma mi trovo di nuovo in disaccordo con te», esclamò Fred, imitando il modo pomposo e formale di parlare del fratello, «Guarda papà, Billy o Charlie… diresti mai che sono pazzi? Eppure le loro scelte in campo lavorativo sono tutt’altro che sagge. La loro “follia” li ha resi felici», concluse Fred.
Percy non sapeva cosa ribattere. Rimase in silenzio a fissare il vuoto per un tempo interminabile, corrugando la fronte. Intuendo che il fratello non avrebbe replicato, Fred scrollò le spalle con fare indifferente. Colpì con la bacchetta la pergamena che stava consultando mormorando una strana formula, la ripiegò e la ripose nella tasca interna della divisa. Infine, dopo essersi alzato, si congedò dal fratello, dicendo: «Ti lascio ai tuoi pensieri, Perce. Stasera sono in vena di follie!».
Scomparve nel buco del ritratto, ridacchiando tra sé e sé.


Un grido agghiacciante strappò Percy dall’incoscienza, riportandolo con prepotenza alla realtà e al presente… un presente fatto di dolore, agonia e… morte.


*


Furono attimi lunghi come secoli quelli che seguirono all’esplosione che aveva sventrato la fiancata del castello… istanti che Percy avrebbe voluto cancellare dalla sua mente più di ogni altra cosa al mondo. Purtroppo, nonostante fosse trascorsa una settimana da quella notte colma di orrori e crudeltà, il volto del fratello Fred, i suoi occhi sbarrati ma spenti e quel sorriso ilare congelato sulle sue labbra non lo avevano ancora abbandonato. E probabilmente mai lo avrebbero fatto.
Dopo il funerale di Fred, la famiglia Weasley era tornata alla Tana. Perce si era rifugiato in giardino e, appoggiato alla staccionata, contemplava le stelle: risplendevano nel cielo, fredde e indifferenti alla sua sofferenza, come se niente fosse successo, come se nessuna battaglia o nessuna perdita avesse scosso l’intero mondo magico.
Finalmente Percy aveva compreso cosa intendessero dire lo Specchio e suo fratello.
“E tu saresti quello intelligente?”, avrebbe commentato Fred.
Un timido sorriso si fece strada sulle labbra del ragazzo.
“Tutto quel tempo chiuso in camera, passato a scrivere relazioni sui calderoni, non ti è servito a niente? Mi deludi, mio caro Perce-Prefetto-Perfettino, mi deludi enormemente!”.
Percy immaginò Fred scuotere la testa e cercare di nascondere l’espressione ironica e divertita dietro un finto broncio.
Un altro sorriso, più audace rispetto al primo, affiorò spontaneo.
All’improvviso, come un Bolide impazzito, che una volta liberato non può essere fermato ma solo spedito da una parte all’altra usando la mazza, Percy cominciò a ricordare tutti i momenti passati insieme al fratello, schizzando avanti e indietro nel tempo senza un criterio preciso.
Gli scherzi, le prese in giro, i commenti sarcastici e pungenti, le scaramucce e i litigi, le feste, i regali, gli abbracci e l’affetto, il calore della risata di Fred, la vivacità dei suoi occhi, le battute e le barzellette…
E alla fine fu inevitabile!
Il ragazzo scoppiò a ridere, senza riuscire più a smettere. Le risate zampillavano fuori dal suo petto spontaneamente, nascevano dal cuore e venivano alimentate dai ricordi - belli e brutti, felici e tristi - che avevano come protagonisti Fred e il resto della sua famiglia.
Non era un comportamento appropriato, Percy lo sapeva bene. Una tale reazione non si addiceva a una persona saggia e responsabile come lui. Ridere in quella circostanza non era normale, era una… follia!
Ma… rischiare di morire per proteggere il corpo esamine di Fred da incantesimi, esplosioni e detriti… fare battute nel bel mezzo di una battaglia… correre a Hogwarts per aiutare la propria famiglia, invece di nascondersi in un luogo sicuro e protetto… abbandonare il Ministero, rischiando di essere arrestato per tradimento… non era una follia anche tutto questo?
E allora perché si sentiva così bene, giusto e fiero di sé quando ripensava a quelle azioni che un tempo avrebbe considerato folli e irresponsabili?
Forse perché per una volta aveva agito con il cuore e non con il cervello.
Forse perché la “follia” di cui parlavano lo Specchio e Fred non aveva nulla a che fare con la pazzia malata cui aveva sempre pensato Percy. Si trattava di una follia buona, che fa bene, che nasce dal cuore e che, pur contravvenendo a regole e stereotipi prestabiliti, ci rende felici e soddisfatti.
Il padre di Percy era sempre stato fedele al suo credo filobabbano, nonostante i pericoli e i pregiudizi che ciò comportava. Billy aveva seguito la sua indole avventuriera, trovando un lavoro in Egitto come spezza incantesimi, anche se con i suoi voti e le sue capacità avrebbe potuto aspirare a un lavoro molto più oneroso e sicuro. Charlie si era trasferito in Romania per allevare draghi, mentre tutti si sarebbero aspettati da lui una carriera sportiva lunga e prolifera. Fred e George avevano realizzato i loro sogni aprendo un negozio di scherzi, in un periodo in cui nessuno osava aprire locali a Diagon Alley.
Le regole non sono tutto nella vita.
Bartemius Crouch era sempre stato una fonte di ispirazione per Percy, un idolo da venerare, un mago integerrimo, rispettoso delle regole e delle leggi, capace di condannare ad Azkaban il suo unico figlio, pur di dimostrare al mondo quanto fosse responsabile e incorruttibile. Anche lui, però, era arrivato a trasgredire le leggi magiche e a compiere molte follie. Certo, in quel caso le azioni di Barty Crouch lo avevano condotto alla morte, ma rimaneva il fatto che Mr Crouch - all’apparenza freddo e distaccato - aveva agito in quel modo per amore della moglie e probabilmente anche di quel figlio così fuorviato.
Chi vive senza follie, non è saggio quanto crede.
Albus Silente era considerato il Mago più potente e saggio di tutti i tempi, eppure la sua folle estrosità era fin troppo nota. Non lo aveva detto anche Percy una volta?


«Ma… è un po’ matto?**», aveva chiesto Harry Potter titubante.
«Matto? Un Genio! Il miglior Mago del mondo!**», aveva ribattuto Percy con impeto, per poi ammettere con naturalezza: «Ma è un po’ matto, sì **».


Era accaduto tanti anni fa, prima che l’avidità di potere annebbiasse la mente di Perce. Chi vive senza follie, non è saggio quanto crede.
In tutti quegli anni Percy non era stato né folle, né saggio, ma adesso aveva intensione di cambiare…
«Perce? Tutto bene?», la domanda di George pose fine alle sue riflessioni.
Il ragazzo lo aveva raggiunto e lo stava guardando con espressione preoccupata: forse lo aveva sentito ridere e voleva sincerarsi che Percy non fosse impazzito completamente. A quel pensiero, l’ex-Prefetto sorrise.
«Sì, sto bene», rispose, «Stai uscendo?», domandò subito dopo, notando l’abbigliamento da viaggio e il manico di scopa che George stringeva nella mano destra. Il ragazzo annuì e spiegò: «Ho un appuntamento con Lee Jordan. Vogliamo commemorare Fred a modo nostro…».
«Posso venire con voi?», lo interruppe immediatamente Percy.
George sgranò gli occhi per lo stupore, probabilmente non si era aspettato quel tipo di reazione. «Beh, certo… ma potrebbe essere… rischioso…».
George sembrava incerto sulle parole da usare ma l’ex-Prefetto non si fece scoraggiare. «Chi non risica, non… rasica, o come diavolo si dice!».
«Se i Babbani ci vedessero, potremmo finire ad Azkaban», lo avvertì ancora il fratello.
«Perfino Silente è stato quasi arrestato. Perché dovremmo privarci di un simile vanto?». Percy era pronto a tutto.
«Infrangeremo un sacco di regole…». George voleva essere sicuro che Perce avesse ben chiara la situazione.
«Le regole non sono tutto nella vita», recitò Percy sorridente.
«Non sarà una cosa saggia… sarà pura follia!», rincarò l’altro, evidentemente divertito dal comportamento anomalo del fratello maggiore.
Perce si raddrizzò gli occhiali cerchiati di corno sul naso e posò gli occhi azzurri in quelli di George. Sul suo viso campeggiava la tipica espressione di chi ha appena scoperto che il Natale è arrivato in anticipo. Ridendo come un folle, rispose: «Chi vive senza follie, non è saggio quanto crede ed io - usando le parole del buon, vecchio Fred - stasera sono in vena di follie!».





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Note di fine capitolo:
* Dialoghi estrapolati dal settimo libro “Harry Potter e i Doni della Morte”, capitolo trentuno “La battaglia di Hogwarts”.
** Dialoghi estrapolati dal primo libro “Harry Potter e la Pietra Filosofale”, capitolo sette “Il cappello parlante”.
Infine per la descrizione del Bagno dei Prefetti ho preso spunto dal quarto libro “Harry Potter e il Calice di Fuoco”.





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Note dell’autore:
Questa one-shot ha partecipato al contest “One Day: raccontami di…”, indetto da Fabi_Fabi, classificandosi al primo posto.
Il contest prevedeva che ogni partecipante scegliesse un numero e una lettera, corrispondenti - rispettivamente - a un personaggio e a una citazione. La ff doveva avere come protagonista il personaggio pescato e contenere la citazione. Nel mio caso mi sono capitati in sorte Percy Weasley e la massima “Chi vive senza follie, non è saggio come crede”, di François de La Rochefoucald.
In più c’era una parte facoltativa. Ogni partecipante poteva scegliere un oggetto e un luogo da due liste. Ho optato per lo Specchio e il Bagno dei Prefetti, pensando che si sarebbero adattati bene a Percy.
Così è nata questa shot!
Non ho mai provato una grande simpatia per Percy Weasley, non ho mai riflettuto seriamente su questo personaggio e non ho mai scritto nulla su di lui.
Quando però me lo sono ritrovato tra le mani, mi sono detta: “Perché no?”.
Devo ammettere che alla fine sono soddisfatta del mio “lavoro”. A prescindere dal risultato, questo contest mi ha permesso di “conoscere” meglio Percy e di rivalutarlo. Non dico che lo amo, ma non mi sta più antipatico come prima.
Spero si sia capito che la one-shot si apre con Percy che ascolta le parole dello Specchio Difettoso. Seguono poi tre parti. La prima è ambientata durante il quinto anno di Percy e spiega come e perché il ragazzo sia arrivato alla situazione iniziale (cioè di fronte allo Specchio). La seconda parte si svolge durante la battaglia di Hogwarts, nel momento in cui Fred muore. Questa parte contiene un flash-back (in corsivo), che vede come protagonisti un Percy al settimo anno e un Fred al quinto. Serve a colmare il vuoto, lasciato dalla frase “Hai davvero fatto una battuta, Perce… l’ultima che ti avevo sentito fare era…”, rimasta in sospeso a causa dell’esplosione e della morte di Fred. L’ultima parte della storia è posta dopo la battaglia e il funerale di Fred. Percy finalmente comprende il significato delle parole dello Specchio.
Probabilmente questa spiegazione è inutile, ma meglio prevenire che curare!
Ringrazio in anticipo coloro i quali leggeranno ed eventualmente commenteranno questa one-shot.
Grazie anche alla giudice, Fabi_Fabi, per il giudizio chiaro e preciso e per avermi permesso, tramite il suo contest, di avvicinarmi a un “nuovo” personaggio.
A presto, vannagio.


***


Ecco il giudizio della giudice.


Primo posto: Lo Specchio Difettoso - vannagio

Grammatica e sintassi: 9.5/10
Ho trovato solo pochissimi errori, per la maggior parte imprecisioni dovute alla distrazione, ad esempio: ‘sette anni si sventura’, oppure ‘ipotisi’.

Stile: 10/10
Hai uno stile pulito, ma sei capace di descrivere molto bene le ambientazioni, lo specchio in particolare. La sua descrizione sembra presa e copiata direttamente da un libro della Rowling.

Originalità: 9.5/10
Quello specchio, un’idea magnifica. La storia si evolve in modo molto naturale, ti ho dato un punteggio alto perché tutta la trama è basata su questo elemento ideato da te, e per questo ti devo fare i complimenti.

Caratterizzazione dei personaggi: 14.5/15
Il tuo Fred è stato perfetto, 'sicuramente non marciume' mi ha fatto morire! Percy quasi perfetto. Alla fine, non sono convinta che sarebbe andato senza esitazioni, è sempre Percy. ci ha messo anni a mettere in pratica il suo mutamento, e sarei stata curiosa di conoscere i piani per la serata con George e company. Sei stata molto attenta ai dettagli, e questo ha permesso ai personaggi di essere IC, oltre a tutto il resto.

Attinenza alla citazione e sviluppo della trama: 14/14
Hai ripetuto la citazione più volte durante il racconto. Ammetto che a volte suona davvero un po’ troppo ridondante. La trama è sviluppata con intelligenza, i flashback e il presente sono definiti, oltre che dagli stacchi dell’impaginazione e dal cambio di carattere, anche dal racconto, che scorre fluido, e che avvince. Non potevo che darti un punteggio pieno.

Gradimento personale: 10/10
Mi hai letteralmente conquistata. Ho trovato la storia molto bella, commovente, emozionante, capace di comunicare qualcosa. Anche tu sei stata fortunata con la citazione, secondo me andava a braccetto con Percy. La storia mia ha sorpreso, Percy mi ha sorpreso, nemmeno a me stava particolarmente simpatico, ma l’hai trattato bene, rendendo il suo cambiamento in modo naturale, il che è difficile. L’ho capito, cosa che fino a prima non credevo possibile.

Bonus Luogo/oggetto: 1 punto

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