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Autore: akachan    14/10/2005    29 recensioni
Tristezza, solitudine. L'unica persona importante nella sua vita è scomparsa, non c'è più. Prima fic in assoluto, perciò ringrazio i miei numi tutelari, le mie care lettere dell'alfabeto greco... ovvero i miei beta, gamma e delta reader: Tiger_eyes, Nemesis e Watashiwa7!
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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It Cannot Love.

Capitolo I

Recollections’ window.

Akane apre gli occhi.
Un altro giorno, ancora la stessa vita.
Dalla finestra entrano delle foglie secche e una folata d'aria fredda.
Akane si ferma a fissarla.
Sospira e abbassa gli occhi, si alza lentamente dal letto e va verso la finestra.
Il freddo pungente penetra nella sua carne e dentro di lei.
Prova a chiuderla, ma si blocca.
No, non posso farlo.
Si volta verso l’armadio, indossa il pullover, poi i pantaloni e scende le scale per andare a fare colazione.

"A che ora torni?"
"Non lo so papà, ho parecchie lezioni oggi all'università... non so se tornerò in tempo per cena.”
Akane abbassa gli occhi e si siede.
"Ahh… perché non ti fermi da Ryoga allora?"
Poggia le mani sul tavolo cercando di non farle tremare. Sa che continua a ripeterglielo solo perchè vuole vederla felice di nuovo.
Ma così non potrebbe mai esserlo.
"Papà smettila con questa storia, non mi metterò mai con lui, lo sai."
Mangia ripetendo sempre le stesse azioni con inerzia.
Soun la guarda amareggiato: la palestra è ormai l'ultimo dei pensieri di sua figlia e non vuole certo vederla piangere ancora, ma qualcosa si deve pur fare, o andrebbe tutto in rovina.
"Se dovessi tornare dimmelo, chiamerò Kasumi per farti portare qualcosa da mangiare... io andrò da lei per pranzo.“
"D‘accordo."
Akane si alza ed esce.

La metropolitana si muove velocemente.
Tutti sono persi nei propri pensieri, tutti con qualche preoccupazione che si fa strada nella mente.
Lei è seduta vicino all'uscita.
Gli occhi assenti, rivolti nel vuoto, cercano di oltrepassare i corpi della gente, tentano di spingersi più in là, oltre Nerima, oltre Tokyo...
Niente.
Cinque anni da oggi. Cinque anni di silenzio e d'attesa, di sogni infranti, di fiori calpestati prima che potessero sbocciare.
Cosa le rimane ormai? Nulla. Un padre solo, un'enorme casa vuota.
No, è lei ad essere vuota, un involucro spento, un’immagine sbiadita di se stessa.
Le rare visite di Shan-pu e Ukyo, come aghi piantati lungo la gola e lo stomaco, non fanno che amplificare la sua sofferenza. Quelle due si sono rassegnate facilmente, dicono di volerla solo confortare, ma in realtà cercano ancora di allontanarla da lui.
Di strapparle l'ultimo ricordo rimastole.

Akane chiude gli occhi, stringe forte i pugni e piange.
Che importa se gli altri sulla metro la guarderanno come una pazza.
Piange e pensa a lui, all’ultima volta in cui le è stato vicino.


La finestra si apriva dall'esterno come al solito, da quando era arrivato a casa sua non era più stata chiusa, chissà perchè. Ranma comunque non si era mai posto il problema: lui entrava e basta, soprattutto se aveva l'occasione di romperle le scatole.
Quand'era incavolata Akane era veramente irresistibile.
"Ehi."
"Che vuoi Ranma?".
Era entrato con la precisa intenzione di farla arrabbiare, ma poi l'aveva vista seduta in pigiama sul letto e aveva dimenticato tutto.
Ormai ogni volta era la stessa storia.
Erano passati più di sei mesi da quando erano tornati dalla Cina e il matrimonio era stato rinviato, ma non aveva ancora il coraggio di avvicinarsi troppo a lei. Gli sembrava molto più bella e forte di prima, sentiva che da un momento all’altro avrebbe finito col cederle. Per questo cercava di fare finta di nulla tentando di prenderla in giro come al solito, ma ogni giorno che passava si avvicinava sempre di più a lei senza poter fare nulla per impedirlo.
"A-Akane…"
"Sì?"
"No, niente."
Lei sbuffò divertita e si mise a ridere, chiudendo gli occhi con quella dolcezza da cui Ranma non aveva più la forza di difendersi.
"La vuoi smettere di venire qua tutte le sere? Arrivi, mi saluti, balbetti qualcosa e poi te ne vai... insomma che c’è?”
Ranma si grattò la testa “Ecco, domani mattina partirò da solo per un viaggio d‘addestramento, mio padre ha detto che non ha voglia di venire, meglio così, tanto ormai è diventato troppo lento per me. Comunque, penso di andare verso Nobeoka o giù di lì.1
“Fin là? E quando pensi di tornare? Non che mi importi, naturalmente.”
“Se la metti così spero il più tardi possibile.”
Akane lo fulminò con uno sguardo truce e sembrò sul punto di scoppiare in lacrime. Il pianto di una donna, ecco un’altra cosa da cui lui non aveva ancora imparato a difendersi e il fatto che si trattasse di Akane lo rendeva ancora più agitato.
”No Akane, ecco io, volevo dire che in realtà vorrei tornare il prima possibile da te, io…”
Akane sgranò gli occhi incredula: cosa voleva dire? Ranma si era accorto troppo tardi di cosa si era lasciato sfuggire, ma ormai era fatta, non sapeva più come uscirne.
Sempre che fosse quella la cosa cui aspirava veramente.
Si fece coraggio e scese dalla scrivania, era rimasto accovacciato lì sopra da quando era entrato; ora stava in piedi di fronte a lei, ma non riusciva a spiccicare parola.
Cosa ci voleva a dire due semplici parole? Aveva superato situazioni peggiori! Inoltre glielo aveva già detto chiaramente una volta, nel parco, e poi… le altre volte era come se l'avesse fatto. L’aveva capito ormai, no?
Quindi Ranma decise che ancora una volta la soluzione migliore sarebbe stata quella di non dire assolutamente nulla. Rimase impalato di fronte a lei, con gli occhi fissi a terra e la faccia rossa come un peperone.
Akane intuì il suo nervoso imbarazzo, ma neanche lei sapeva come comportarsi. Allora distolse lo sguardo pensando che sarebbe bastato a far passare quel momento. Fissò l'orologio a forma di fiore sulla testata del letto, ma non le servì come pensava: evitare di incrociare il suo sguardo non la faceva stare meglio. Sentì invece un dolore sordo nel suo petto: perché doveva essere così stupida da non riuscire a fare nulla perché lui…?
“Allora, torna presto… per favore.”
Non riuscì a dire altro.
Ranma rialzò di scatto la testa e i suoi occhi incrociarono quelli di Akane: si guardavano come se fosse la prima volta. Rimasero così per molto, immobili.
Alcuni gatti sul tetto iniziarono a miagolare, Ranma sbiancò e tirò fuori un urlo terrorizzato.
Un attimo dopo sentiva attorno a sé il corpo di Akane. Per la paura si era gettato sul letto, senza pensarci, ed ora la stringeva con forza tra le sue braccia.
Sentì il corpo di lei irrigidirsi con un brivido per lo choc. Ranma spalancò gli occhi atterrito: cosa stava facendo? La teneva stretta a sé tanto da poterle fare male. Ora l’avrebbe lasciata andare, si sarebbe seduto sul letto con gli occhi rivolti per terra e le avrebbe chiesto scusa, oppure... no, non ne avrebbe avuto il tempo, Akane lo avrebbe schiaffeggiato prima, probabilmente aveva già posizionato la mano come una scure pronta a calare su di lui.
Invece non accadde nulla di tutto ciò: si accorse che era rimasta completamente immobile, anzi aveva appoggiato la testa sulle sue spalle e il suo corpo si era totalmente rilassato. Ora sembrava essere lei ad avvolgerlo dolcemente.
Ranma inconsciamente chiuse gli occhi.
Com’era calda. La pelle del suo collo era morbida ed emanava un dolce e penetrante profumo che lo stordiva.
Sentiva il battito del suo cuore pulsare ad una velocità insolita, i respiri corti e affannati e il suo seno formoso premergli con forza contro il petto. Tutte queste sensazioni gli stavano facendo rapidamente perdere lucidità.
Akane era rimasta sconvolta da quell’abbraccio improvviso. Cosa avrebbe fatto adesso Ranma? L’avrebbe lasciata andare? Magari l’avrebbe anche presa in giro per il suo seno piccolo come al solito: il viso di Akane si contrasse in una smorfia di irritata delusione.
Ma lui questa volta non si era ancora mosso e la teneva sempre stretta a sé.
Perché? Akane non se ne curò ma sorrise dolcemente, poi appoggiò la sua testa sulle spalle di Ranma. Sentiva le sue labbra sfiorarle il collo, le braccia forti che le cingevano la vita e la schiena tanto che aveva l’impressione di perdere i sensi da un momento all’altro. Socchiuse gli occhi, e si abbandonò in quel mare impetuoso e profondo.
Lentamente rialzò la testa e guardò Ranma negli occhi: lui ebbe un sussulto; avrebbe voluto baciarla più di ogni altra cosa, ma quegli occhi scuri e intensi lo avevano immobilizzato. Un istante dopo Akane, come se avesse intuito i suoi pensieri, li chiuse.
Lui guardò le sue labbra, rosse e morbide; poteva sentire il suo respiro caldo quasi dentro di sé.
Questa volta avrebbe trovato il coraggio per baciarla.
< Akane, zuccherino, come puoi fare questo ad un povero vecchio? >
< Tendo spostati! Non sento niente!>
< Saotome, guarda che è il maestro che si è messo in mezzo! >
< Uffa papà, stai zitto o quei due ci sentiranno! >
< Nabiki, non sarebbe questo il modo di rivolgerti a tuo padre. >
< Chissà come sarà virile adesso il mio Ranma… >
Ranma e Akane con le facce avvampate si fissarono negli occhi sconvolti. Come al solito.
Lui si alzò dal letto e aprì con aria imperturbabile la porta: tutti quei sei guastafeste che vi si erano appoggiati caddero per terra ammucchiati.
“Figliolo, eravamo venuti a controllare che tu stessi bene, abbiamo sentito un urlo tremendo da sotto.”
“Sta benissimo signor Saotome, anche troppo! Ranma mi raccomando tratta bene la mia sorellina, ciao ciao…”
Se ne andarono facendo finta di niente, lasciando di nuovo i due ragazzi da soli. Lui era troppo imbarazzato per guardarla e le si sedette accanto stiracchiando le braccia, mentre lei si rannicchiò portandosi le ginocchia al petto.
Rimasero per molto tempo così in silenzio, poi Ranma si voltò timidamente verso di lei: Akane gli sorrise.
Era stato meglio che non fosse successo niente, altrimenti sarebbe stato molto più difficile lasciarla l‘indomani. Lui si alzò all’improvviso e dandole le spalle le augurò la buonanotte, poi uscì dalla finestra, come sempre.
Akane si mise sotto le coperte, se le tirò fino agli occhi e cominciò ad arrossire.
Si addormentò, sognando il momento in cui Ranma sarebbe tornato.

Ma non andò così.

Note:
1. Nobeoka si trova nella parte orientale dell’isola di Kyushu, la più meridionale delle quattro maggiori isole del Giappone [si ringrazia per la gentile collaborazione la cartina del Giappone del sig. Ryoga Hibiki, pagina 39].

   
 
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