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Autore: Keyra    15/10/2005    3 recensioni
Hanae, una ragazza ventenne, Tokyo, due amori completamente diversi, l'avventura di una notte e una storia romanzata e romantica. Amicizie interrotte, paure, sconforti. Pesi troppo grandi da sopportare. Una storia che, secondo me, è davvero bella. Forse perché ci sono dentro dei fatti personali, o forse.. solamente perché l'ho scritta io.
Buona lettura allora (ma se non la legge nessuno! lol)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi svegliai nel letto del ragazzo con cui avevo passato quella notte fui allibita.
Provai una sensazione opprimente, quasi ossessiva. Mi guardai intorno.
Non conoscevo quel ragazzo, e, forse, quella era una delle solite sbandate che prendevo oramai una volta al mese.
La camera era buia. Il letto era stretto, ma le lenzuola erano di una morbidezza eclatante.
Mi voltai verso il comodino che stava accanto al letto.
Pian piano, per non svegliare il ragazzo, mi sedetti sul materasso. Sul comodino c'erano dei cd e dei fumetti. Ne presi alcuni, guardai che gruppi ascoltava e cosa leggeva.
Aveva buoni gusti. Abbastanza diversi dai miei, direi, ma molto molto buoni.
Ad un certo punto venni assalita da un dubbio. Come si chiamava, quel ragazzo?
Lo guardai in faccia. Era moro, e aveva un bel viso. Era un bel ragazzo. E si chiamava.. Sì, ricordavo. Si chiamava Eisen.
Sorrisi tra me e me, pensando che, dopotutto, avevo anche io buoni gusti, anche se forse non nel campo della musica.
Lentamente scesi dal letto e cominciai a girare per la stanza.
Quanti anni avrà avuto? Non ricordavo. Forse la sbronza era stata davvero efficace. Sperai solo che non avesse molti più anni di me, ma guardando il suo viso, prima, era sembrato abbastanza sui diciannove-vent'anni.
Guardai alcune fotografie appese al muro. Era un corridore, un perfetto corridore. Le foto mostravano le numerose coppe vinte, le medaglie.. Era un atleta. E questo lato mi piaceva, molto.
Subito dopo la foto con la coppa delle nazionali, c'era una foto di un ragazzino. Avrà avuto quattordici-quindici anni. Quel viso mi ricordava qualcosa. Sforzai la mia mente, cercai di capire.
Ma era uno sforzo inutile. Chi poteva essere?
Capii che evidentemente lo conoscevo. Conoscevo quel ragazzino nella foto. Forse poteva essere suo cugino, o suo fratello.
Guardai gli abiti della gente. Paragonandoli a quelli che io e le mie coetanee portavamo, sembravano di un paio d'anni fa.
E allora ci arrivai. Non so come, a intuizione, forse. Guardai in fretta Eisen. Poi guardai la foto.
Come potevo essere stata così stupida? Come potevo esserci cascata di nuovo? E lui, non sapeva? O mi aveva ingannata a conoscienza di tutto?
Corrugai la fronte in cerca di una spiegazione.
Eravamo quasi bambini, quando, insieme, dividevamo la merenda e giocavamo con le bottiglie dell'acqua in mensa.
Eravamo quasi ragazzini, quando andavamo insieme al cinema e al karaoke. Quando ci trovavamo insieme in un bar, quando lui non aveva mai tempo per uscire.
Eravamo solo dei ragazzini.
Quanti anni sono passati? mi domandai. Cinque, forse sei.
E allora com'è che mi sono già dimenticata di lui? pensai. Ciò che è successo tra noi due è stato così traumatico da essere completamente rimosso dalla mia mente?
Avevo letto da qualche parte, che le persone collegate ad avvenimenti "traumatici" o comunque brutti, spesso potevano essere rimosse dalla nostra mente, insieme ai ricordi di quei periodi. E forse era successo esattamente così.
Poi, i miei pensieri, affollati uno sopra l'altro, vennero interrotti dalla sua voce.
"Hanae?" disse.
Aprì gli occhi. Erano belli. Ed erano i suoi. Quelli di quel ragazzino che frequentavo ai tempi delle medie.
"Ciao, Eisen." Non sapevo se prendermela con lui, o cos'altro. E così sorrisi.
"Ciao. Che ora è?" chiese. Si sedette con la schiena dritta e, alzando le braccia, si stiracchiò per bene, volumizzando anche un sonoro sbadiglio.
Cercai attorno a me un orologio. Ce n'era uno sul comodino. Aguzzai la vista.
"Circa le nove e mezza." Riflettei se parlargli o no di quel che avevo capito. E la risposta fu sì. "Senti, potremmo parlare un attimo? Ho bisogno di alcuni chiarimenti". Dissi, tutt'ad un fiato.
Inclinò la testa, come per dire "Quali chiarimenti?".
"Dobbiamo chiarire qualcosa?". Il suo modo di fare era alquanto strafottente, ma allo stesso tempo gentile. Probabilmente cercava di non ferirmi, ma capii che non era nella sua natura parlare tanto dopo una notte passata insieme. Forse, per lui era solo un divertimento.
E anche per me, che un sabato al mese andavo in discoteca con i miei amici, e incontravo persone come lui.
Erano cose che capitavano.
Mi sedetti accanto a lui.
"Io non voglio niente da te. Voglio solo capire se tu sai chi sono. Perché io non sapevo chi sei, fino a poco fa. Ho guardato le tue foto e ti ho visto, un po' di anni fa. Sei cambiato, e forse anche io. Prima eri biondo". Feci un piccolo sorrisetto.
"Cosa? Aspetta.." si passò la mano tra i capelli. "Vuoi dire che tu.. Tu, sei quella Hanae?". Era abbastanza sorpreso.
"Sì, quella Hanae."
"Io.. non ti avevo riconosciuta."
Era evidentemente imbarazzato.
Sorrisi di nuovo. Mi dava sicurezza, sorridere.
"Neanche io, altrimenti, non so se avrei fatto quel che abbiamo fatto.. E comunque, quel che è fatto è fatto."
Mi alzai dal letto.
C'era un piccolo specchio vicino alla porta. Mi guardai. Avevo indosso la canottiera grigia del sabato e gli slip che avevo comprato tre giorni prima.
"Sono davvero carina, devo ammetterlo" dissi ridendo.
Lui mi guardò perplesso, poi alzò un sopracciglio.
"Ecco la Hanae di sempre. Convinta, esuberante, egocentrica."
Si alzò anche lui.
"Aggiungi pure generosa, gentile, solarissima".
"Aspetta aspetta. Penso che tu abbia dimenticato qualcosa! Invidiosa, gelosa, possessiva"
Scoppiai in una risata di stupore. "Cooosa? Ah è così che mi pensi! Codardo!".
Ci guardavamo attraverso lo specchio. Era divertente quel gioco.
"No, sei anche.. vediamo.." rimase un po' perplesso. "Sei anche molto triste, a volte. Almeno, così era un po' di anni fa.. E poi sei sempre stata più matura di noi della nostra età. Penso che sia ancora così, o no?".
Mi girai verso di lui.
"Sono cambiate molte cose" lo guardai dispiaciuta.
"Cioè che non sei più triste?"
"No. Forse sono più le volte che sono triste, di quelle in cui sono felice e spensierata.".
Rimase immobile, come deluso. E poi mi guardò negli occhi. "Ma io.. lo sento dalle tue parole che sei.. matura. In qualche modo, non so come, ma lo sei."
Quelle erano parole che non avrebbe mai pronunciato, anni prima. Ma in un qualche modo, capii che erano cose che pensava da sempre.
I suoi occhi erano quasi spenti, come assorti nei pensieri più vari.
Vedevo che nella sua sicurezza e certezza, c'era quel piccolo filo di infelicità, che faceva intristire ancora di più me, che lo guardavo a quel modo.
Riuscivo a scrutarlo dentro, a capire cosa pensasse..
Ho sempre creduto che forse è proprio questa la capacità di chi scrive.
Vedere dentro le persone, e capire. Capire tutto, capire cose che non si sono mai provate.
Riuscire a immaginare le emozioni, i vuoti che si possono provare.
Non sapevo cosa dire. Mi aveva lasciata senza parole. Lo guardai e sorrisi.
Me ne uscii fuori con un "Andiamo a fare colazione?".
"Certo, preparati" e si intrufolò in bagno.

  
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