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Autore: A Dream Called Death    21/08/2010    6 recensioni
< Pensi a lei qualche volta? > chiese poi.
< In continuazione > risposi.
Mi alzai dallo sgabello.
Lui mi fissò, incuriosito.
< E come faccio a sapere che con lei al mio fianco tornerò a vivere? Può essere l'anestetico al dolore? > chiesi.
< Lei non è l'anestetico al tuo dolore... Ma potrebbe essere la cura definitiva. >
Anno 2006.
Il tour mondiale di American Idiot è stato appena cancellato ed i Green Day tornano in America dopo tre mesi dalla partenza.
Ma qualcosa è cambiato, fuori e dentro il gruppo.
Per Billie Joe Armstrong lo scontro con le ombre del passato non è mai finito.
I pensieri, i dubbi e le insicurezze di un uomo che deve fare i conti con se stesso: una vita spesa per la musica e per la propria band, ma anche colma di bugie e alcol, nemico ed amico da sempre del protagonista, unico rimedio al dolore ed alla rassegnazione.
Ma un incontro lo sconvolge, mescola i pezzi del puzzle della sua vita, lo mette di fronte alla cruda realtà: non si può fingere per sempre, si deve trovare il coraggio di prendere la decisione più difficile di tutte... Essere felici.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
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We are imperfect.
But I love your imperfection.

Quando mi svegliai, l'aereo stava atterrando.
Eravamo di nuovo a casa, a Berkeley.
Mi girai per vedere cosa stessero facendo gli altri, vidi Trè completamente
spaparanzato sul suo sedile, la testa all'indietro.
Mike teneva una mano accanto al viso, pensieroso.
Non potevo crederci, eravamo di nuovo lì. Ancora una volta.
Quella sera tornai tardi a casa, i ragazzi ci avevano chiesto di passare una
serata in loro compagnia per scambiare quattro chiacchiere bevendo qualche
birra. Trè, entusiasta, accettò subito.
Mike ebbe qualche ripensamento a causa della stanchezza. Ma alla fine,
acconsentì. Io rifiutai, volevo staccare un pò la spina e pensare ad altro.
Avevo tante cose da risolvere e lei avrei risolte quella notte.
La mente era offuscata da mille pensieri. E non mi andava di parlarne.
-Vieni a farti una birra?- mi chiese Trè, speranzoso.
-Andate senza di me. Sono un pò stanco, credo che farò quattro passi
e tornerò a casa-.
insistette. -Non preoccuparti per me, preoccupati delle birre- risposi.
Sorrisi.
-Concordo, non insisterò oltre. Ti chiamo domani per farti sapere di Jack e
del servizio fotografico-.
-Vi conviene muovervi, le birre non aspettano- continuai.
Risero tutti, tranne Mike. Me l'aspettavo.
Lo guardai ed ingaggiamo un breve duello per vedere chi dei due avrebbe
abbassato per primo lo sguardo. Mike era un osso duro, sapevo che non
avrebbe mollato facilmente. Ma anche io non avevo la minima intenzione di
abbassare quel fottutissimo sguardo. Nel bel mezzo della lotta, che ormai
si stava rivelando estremamente dura per quel che mi riguardava, Trè
rivendicò il suo desiderio di avviarsi al primo locale disponibile.
-Emh...mi spiace interrompervi, ma ci sarebbero un bel paio di birrette
e qualche donzella poco vestita ad aspettarmi-.
-Ehi, tieni a freno il pisello!- si intromise Jason, ridendo, appoggiandosi
alla schiena del batterista. Trè fece una smorfia.
-Cazzo, Jason! vuoi sfondarmi da dietro? sei ingrassato circa venti chili
questo mese!-.
- Ma che cazzo dici? Non ho preso un chilo, sei solo invidioso-
Mentre il chitarrista parlava, Trè lo imitava ironicamente per questo si beccò
una pacca sul braccio.
-Ah, no? e quella pancia fottutamente incinta da dove salta fuori?-
-Vacci piano a fanculo. Non sei mica l'anoressico di turno-
Attimo di silenzio. Trè sgranò gli occhi.
-Stai forse insinuando che sono grasso?-
I due scoppiarono a ridere. Non era raro vedere quelle scene, ma ne io ne
gli altri eravamo mai riusciti a capire se facessero sul serio oppure ci prendessero
per il culo. Dalle loro facce, era più probabile che si trattasse della seconda.
Nel frattempo, tra me e Mike la lotta continuava.
-Ci penserò dopo a picchiarti. Cazzo, Mike! Cosa stai aspettando, che
ricostruiscano le torri gemelle?-
Mike si voltò un'altra volta verso di me. E si arrese.
Fecero un cenno e partirono diretti alle macchine.
Rimasi fermo la, indeciso sul da farsi.
Era mezzanotte ed un quarto. Se fossi tornato a casa, probabilmente
avrei dovuto subire un pericoloso attacco di Adrienne, giustamente in
pensiero visto che il mio ritardo aveva superato le cinque ore.
Cazzo.
Adrienne non era mai stata una donna gelosa, ma era sempre stata
irremovibile per quanto riguardava il rispetto degli orari.
Se fossi tornato a casa, probabilmente mi avrebbe cazziato senza
esclusione di colpi. Avevo la certezza, vista la mia ampia conoscenza
delle regole della casa, che a mezzanotte e mezzo Adrienne si sarebbe
recata sicuramente a letto. Se fossi riuscito a non svegliarla, rincasando
dopo quell'ora, avrei avuto almeno la speranza di potermela cavare
quella mattina.
Mi rendeva triste architettare tutti quei piani per sfuggire alle sgridate
di mia moglie, ma in qualche modo dovevo salvare il mio amatissimo
culo. Amavo Adie, era una donna speciale, quasi perfetta.
Di lei mi aveva sempre colpito lo sguardo: così solare, così sereno.
Il suo sorriso mi conquistò. Non era mai stata esageratamente attraente,
nonostante questo ne ero sempre stato un pò geloso.
Mezzanotte e venti minuti.
Dentro di me, avvertii un pizzico di agitazione.
Un brivido mi pervase la schiena.
Lei avrebbe chiamato di lì a poco. L'aveva promesso ed io ci speravo.
Mi tremavano le mani solo al pensiero di risentire la sua voce, e di non
poter tornare indietro.
Se non avesse chiamato?
Se si fosse dimenticata di me?
L'avrei sicuramente chiamata io.
No, dovevo aspettare. Solo aspettare.
Ormai ero abituato a mentire, e un pò mi sentivo in colpa.
La voglia di evadere aveva preso totalmente il sopravvento su di me,
ma stavo bene. Fottutamente bene.
Dopo quella notte era diventato tutto più chiaro.
Non potevo tornare indietro, ormai ci ero dentro fino al collo.
E non potevo nemmeno tornare a casa perchè...
la chiamata che stavo aspettando con ansia, non era di Adrienne.

















   
 
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