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Autore: StephEnKing1985    23/08/2010    2 recensioni
In un piovoso pomeriggio d'autunno, Trunks si trova alla stazione di Liverpool Street a Londra. Mentre è lì fermo a riposarsi, incontrerà Andrew, un ragazzo inglese con cui ha avuto una relazione otto anni prima, in occasione del suo primo soggiorno a Londra... Il loro incontro originerà un appuntamento piuttosto particolare.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Trunks
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Appuntamento a Liverpool Street

Appuntamento a Liverpool Street

Un racconto di

Notrix

 

 

Liverpool Street quel pomeriggio era piena di gente. Passeggeri che scendevano dai treni, andavano, venivano, parlavano al cellulare, nel solito teatrino della vita che era la stazione. Seduto su una panchina metallica, Trunks era perso nel vuoto. Londra aveva sempre questo potere su di lui. I suoi cieli, così plumbei e minacciosi, gli davano sempre l’impressione di essere in una fiaba, dove ogni volta che il cielo si oscurava, i personaggi avevano bisogno di andare a rifugiarsi da qualche parte, per non venir bagnati dalla pioggia. Per questo motivo ora lui era lì.

Alzò lo sguardo sopra la grande volta della stazione. I nuvoloni erano diventati ancora più neri, e nonostante fossero appena le due del pomeriggio, all’aperto era già quasi buio. Spesso da bambino era solito guardare le nuvole, fantasticando sulle più svariate forme che esse assumevano, ma la cosa che gli piaceva più di tutte era quando il sole vi si nascondeva dietro, creando fasci di luce così belli e poetici che soltanto il cuore più duro della pietra non avrebbe potuto apprezzare.

Ironicamente, gli venne in mente suo padre. Già, proprio lui, Vegeta… con quell’aria da smargiasso, quella potenza intrinseca e quel suo tono di voce così strafottente, che gli diceva “Dovresti pensare di meno alle nuvole e più a far lavorare quei muscoli, pelandrone!” Un cuore di pietra in piena regola, almeno così voleva far credere.

L’ultima volta che era stato a Londra fu otto anni fa. Allora aveva vent’anni, una borsa di studio da spendere in Europa e tanta voglia di viaggiare. Ripensando agli anni che furono, fu per lui come essere risucchiato in un vortice temporale… Fuori, prima il lampo di un fulmine squarciò il cielo e subito dopo un rombo di tuono simile ad una deflagrazione echeggiò nella piazza di Liverpool Street, ed a Trunks parve che tutti i presenti si zittissero, come bambini troppo chiassosi richiamati dalla voce del padre.

“Se tanto mi dà tanto, fra poco qui si scatenerà uno di quegli acquazzoni di dimensioni bibliche. Forse è il caso di prendere il metrò e tornare in albergo. Magari Goten si è già alzato ed ha voglia di fare una partita a carte…” Pensò, e lentamente si alzò dalla panchina, la aggirò e si diresse verso l’entrata della London Underground, la metropolitana londinese.

Non fece più di due passi, che si sentì tirare dolcemente la giacca, costringendolo a fermarsi. Un po’ alterato, pensò “ma chi cazzo è che…

-Ciao, Trunks. Come stai?-

Sulle prime gli venne da rispondere “Chi sei e cosa vuoi da me”, ma mise da parte quel pensiero per far posto ad un’espressione di sorpresa tale che spalancò la bocca e sorrise.

- Andrew? Che… che combinazione trovarti qui!-

-Già, una vera combinazione- rispose il ragazzo ridacchiando. Con una mano si ravviò il ciuffo di capelli biondi, mentre i suoi occhi castani osservavano Trunks sorridendo, cosa che mandò il cuore di Trunks a mille battiti l’ora. –Cosa ci fai qui?-

-Niente, stavo solo facendo un giro. E tu, invece?-

-Come sopra. Giravo alla cieca per Londra, come al solito…- Un altro sorriso da parte di Andrew. Trunks gli sorrise a sua volta.

-Non sei cambiato per niente, lo sai?-

-Nemmeno tu. Studi ancora ad Oxford?-

Andrew scosse la testa. –Ho lasciato qualche anno fa, avevo bisogno di ritrovare me stesso.-

-Capisco- dichiarò Trunks –Beh, è un piacere rivederti.-

Trunks fece per allontanarsi, ma Andrew lo fermò.

-Vai già via…?-

-Beh… io…-

Non sapeva come rispondere. In realtà avrebbe voluto restare ancora in compagnia di Andrew, per ricordare quel giorno di tanti anni fa in cui si conobbero per le vie di Londra, e per ben quattro mesi si comportarono da fidanzati… fino a quando Trunks non dovette partire. E da allora persero i contatti.

Abbassando lentamente il capo, e arrossendo, Andrew dichiarò –Ho ancora nella testa il ricordo di quando ci lasciammo.-

Colto nel segno, Trunks cercò di rimediare.

-Mi.. mi dispiace. C’è qualcosa che posso fare per…-

-Sì, Trunks. C’è qualcosa.-

Sorridendo, Andrew prese la mano di Trunks e lo scortò verso la metropolitana.

 

*****

 

Seduti sul sedile del treno sotterraneo, non parlarono. Si limitarono ad osservare intorno a loro le persone presenti; c’era una vecchia signora con un carrello della spesa, un ragazzo asiatico con lo sguardo fisso nel vuoto e le orecchie piene di musica che usciva dalle sue cuffie gialle, un uomo in giacca e cravatta che reggeva una valigetta ventiquattrore. Trunks conosceva la linea, e più o meno sapeva dov’erano diretti… Lanciò uno sguardo ad Andrew. Questi gli sorrise timidamente e gli strizzò l’occhio.

-Ti ricordi il nostro ultimo viaggio in metropolitana, Trunks?- gli domandò sottovoce.

Trunks annuì. –Lo ricordo come fosse ieri. – Disse, mentre lo speaker della metropolitana annunciava il nome della fermata, raccomandando di fare attenzione alla distanza tra il treno e la piattaforma, ripetendo la cantilena che faceva “mind the gap”. Alcuni passeggeri scesero dal vagone, ma loro restarono lì. Non era ancora la loro fermata. Erano rimasti da soli nel vagone, e prima della prossima fermata c’era un bel po’ di tempo. Trunks allungò una mano verso quella di Andrew. Gliela prese e gliela strinse dolcemente. Andrew gli si accoccolò accanto, senza dire nulla. Chiuse gli occhi e si rilassò, lasciando che una sensazione di calore si impadronisse del suo cuore, mentre sentiva il respiro di Trunks sui suoi capelli biondi.

 

*****

 

Scesero alcune fermate dopo, e superato un lungo corridoio della metropolitana, approdarono ad Hyde Park. La pioggia stava già incominciando a cadere leggera, ma per il momento non era minacciosa. Il parco era totalmente deserto. C’erano soltanto loro due. Camminarono per il viale, Trunks con il braccio intorno alla spalla di Andrew, ed Andrew che gli cingeva il fianco. Il profumo di terra bagnata solleticava le narici di Trunks, che si sentiva proprio come otto anni prima… Anzi, per meglio dire gli sembrava di stare rivivendo una giornata già vissuta. La sensazione non gli dispiacque.

Si sedettero su una panchina, godendosi la pioggia leggerissima che bagnava loro i capelli.

-Non mi hai ancora detto cosa dovrei fare.– Disse Trunks.

-Rilassati. Lo saprai a tempo debito. Per ora… goditi l’ambiente, ascolta il rumore di questo pezzo di natura in questa città… Non è bellissimo?-

Trunks allora si rilassò, cercando di non aver fretta, di fare come voleva Andrew… inspirò a pieni polmoni il profumo dell’aria, inebriandosi anche di un altro profumo. Quello di Andrew, così buono e soave. Andrew chiuse gli occhi, e fece lo stesso.

-Trunks…- Sussurrò, con le sue labbra molto vicine alla guancia di Trunks.

-Andrew…- Gli rispose, girando lentamente la testa. Ora le loro labbra erano vicinissime…

Fu un bacio lento e caloroso, che riscaldò i cuori di entrambi. Trunks stava abbracciando Andrew, ritrovando come per incanto la dolcezza che aveva trovato otto anni fa, incontrandolo in quello stesso parco, mentre stava guardando le nuvole.

-Ti sei ricordato come mi hai conosciuto, non è vero?-

-S..sì. Adesso mi ricordo.-

Andrew ridacchiò, e gli posò un altro bacio sulle labbra. I suoi occhi castano chiarissimo guardarono in quelli azzurri di Trunks. Erano così belli e dolci, sembravano d’oro. Trunks non poté fare a meno di sottrarsi a quegli occhi, e con una mano incominciò a carezzare la guancia di Andrew, godendosi la sua pelle morbida e liscia.

Insieme a lui, Trunks si sentiva spensierato. Come se un qualcosa gli avesse cancellato la memoria recente ed avesse riportato a galla eventi successi anni prima. Così, in un’idea improvvisa, si alzò e prese la mano di Andrew. Questi non oppose alcuna resistenza.

-Andiamo?-

Andrew annuì. E gli offrì la mano. Trunks gliela prese e si incamminarono verso il prossimo luogo.

 

*****

 

Portobello Road.

A causa della pioggia, il mercato non c’era. Però le case rimanevano, con tutti i loro colori ed il silenzio rotto soltanto da qualche automobile di passaggio. Andrew era felice. Sgambettava come un bimbo sotto la pioggia che ora si stava facendo un po’ più forte rispetto a prima, ma era ancora abbastanza sopportabile. Tuttavia, Trunks pensò che sarebbe stato più opportuno avere un ombrello.

-Ma che razza di inglese sei, se non hai nemmeno l’ombrello a portata di mano?- Scherzò Trunks, ridacchiando. Andrew lo guardò con un faccino sconsolato e sussurrò un “I’m sorry

Trunks scosse la testa e lo prese a sé, posandogli un leggero bacio sulle labbra.

-Non fa niente. Vieni con me.-

Entrò in un negozio di cui ricordava l’esistenza, che vendeva anche ombrelli. Per tre sterline comprarono un ombrello abbastanza grande per entrambi, di colore blu notte.

-Ti sei ricordato il mio colore preferito. Grazie…-

-Ci sono molte cose che ricordo di te, Andy.-

-Davvero? Per esempio?-

-Non so.-

-Uffa! Prima dici che ti ricordi, e poi…- Andrew gli fece una linguaccia, a cui Trunks rispose a sua volta. Si ritrovarono ancora a ridere insieme, mentre camminavano sotto quell’ombrello, stretti fianco a fianco.

 

*****

 

Ricco com’era, Trunks poteva permettersi di andare in una prestigiosa sala da tè. Non che fosse poi tanto prestigiosa. Era solo molto raffinata, pulita, ben tenuta. Il brusio di fondo della gente che parlava era rilassante per Trunks, che era abituato a sentire gente più chiassosa durante le riunioni che faceva con sua madre, alla Capsule Corporation. Si sedettero ad un tavolo, ed ordinarono un buon tè per ciascuno, con un po’ di pasticcini.

-E’ stupendo, Andrew… è come se fossi tornato indietro nel tempo, e tu fossi qui con me a guidarmi affinché non mi perda.-

-Tu mi lusinghi, Trunks.- Disse, arrossendo.

-Posso chiederti una cosa?- Domandò Trunks, mentre girava lo zucchero nella tazza di tè.

-Certo. Cosa?-

-Ti sei fidanzato, in questi anni?-

Abbassando gli occhi, Andrew scosse la testa. –No, non sono ancora fidanzato. Sembra che nessuno voglia un romanticone come me. L’ultimo con cui ho avuto un appuntamento si è limitato soltanto ad offrirmi un giro nel suo letto, e poi grazie e a non rivederci.- Sospirò.

-…Mi dispiace. Scusa se te l’ho chiesto.- Rispose Trunks, imbarazzato più che mai e dispiaciuto che non ci fosse molta gente disposta ad essere romantica prima che arrapata. Andrew era un bel ragazzo, ed inoltre era anche molto buono e sensibile. Peccato che i ragazzi non fossero tutti come lui, e quindi c’era il rischio costante di prendersi delle fregature.

Allungò la mano verso quella di Andrew, e gliela carezzò dolcemente. Gli sorrise.

-Quanto vorrei aver trovato un ragazzo come te, Trunks…- La confessione però lo fece arrossire, in quanto non poteva certo essere il suo ragazzo. Trunks aveva una vita sua, un’azienda da dirigere in un altro paese e non poteva certo permettersi di trasferirsi a Londra… Anche se era nei suoi progetti futuri. Più di una volta aveva fantasticato di redigere una bella lettera di dimissioni a sua madre e mollare il posto di lavoro, per andare a ritirarsi in un qualche paesino della campagna inglese, magari portando con sé il ragazzo che tanto l’aveva emozionato in quei quattro mesi di soggiorno. Andrew.

-So a cosa stai pensando. Vorresti tornare qui, un giorno, non è vero?-

-Già. Peccato che mi sento incatenato dal mio stesso lavoro. Non è facile lavorare per la propria famiglia… Si hanno un sacco di responsabilità a cui non ci si può sottrarre.-

-Capisco…-

A quel punto, a Trunks venne un’idea.

-Ehi, perché non molli tutto e vieni a vivere da me? La mia casa è grande, e mia madre ti accoglierebbe a braccia aperte. Abbiamo un sacco di amici che vengono a trovarci spesso, facciamo tante cose… insomma, non ci si annoia mai.-

Andrew lo guardò con un’espressione tra il severo ed il malinconico. A Trunks sembrò un’espressione del tipo “non verrei con te perché qui ho la mia vita”, ma si sbagliò clamorosamente. Andrew scosse la testa.

-Non posso venire con te. - Disse secco, bevendo un sorso di tè dalla tazza. Trunks ci rimase un po’ male, ma decise di non indagare oltre.

-Non posso proprio. Perché…- Aprì la bocca, come per aggiungere qualcos’altro. Poi si guardò intorno, sospirò e scosse la testa, come per dire “lascia perdere.”

-Dimmi, Andrew. Perché non puoi?-

Andrew restò zitto per un bel po’ di tempo, fino a che non finì il suo tè e propose la nuova tappa da visitare.

 

*****

 

La Ruota Panoramica di Londra era accanto a Westminster. Dall’alto di essa, si vedeva tutta Londra. Andrew guardava fuori dal finestrino, con un sorriso da bambino stampato sulle labbra. Trunks era assorto nei suoi pensieri.

“Possibile che si stia ripetendo tutto esattamente come successe otto anni fa? Che strano… Forse dovrei dileguarmi e lasciarlo solo… Se prima questa cosa mi piaceva, adesso mi sta impaurendo un po’.

Come se Andrew avesse origliato nei suoi pensieri, lo guardò con uno sguardo triste. Trunks gli sorrise, ma non servì a nulla. Ormai Andrew aveva quell’espressione da cucciolo infelice. Trunks allora cambiò espressione, e Andrew gli si accoccolò accanto, baciandogli la guancia.

-Non andare via, ti prego. Non ancora.-

-Resto qui. Non vado via.-

-Me lo prometti?-

Dopo un breve attimo di esitazione, Trunks annuì.

-Te lo prometto.-

Andrew si riaccese in volto e gli scoccò un dolce bacio sulle labbra, a cui Trunks rispose con sincerità, pensando che c’era qualcosa di strano, ma che non voleva sapere cosa. Si sentiva bene insieme ad Andrew e non voleva certo rovinare quell’attimo. Si baciarono a lungo nella cabina della ruota panoramica, mentre la pioggia cominciava a farsi più forte… Un fulmine squarciò il cielo, spaventando Andrew. Con istinto protettivo, Trunks lo abbracciò, baciandogli la fronte.

-Non avere paura. Ci sono io, qui.-

La stessa frase l’aveva detta in uno dei loro incontri… Ma questa volta non vi diede peso più di tanto. L’importante era che con Andrew si sentiva bene, come protetto da ogni pensiero.

*****

 

Il Tower Bridge era bellissimo. Quei due torrioni così ben costruiti, con in mezzo il ponte e tutta quella gente che passava, continuava a regalare un bell’effetto a Trunks ed Andrew. In più, il vento che soffiava sul Tamigi stava lentamente spazzando via le nuvole, oltre a scompigliare i capelli di Andrew in maniera violenta, dando al ragazzo un aspetto ancor più carino. Entrambi si erano poggiati al parapetto, guardando sul fiume. Da lassù si godeva una splendida vista, ed i nuvoloni grigi sulla città le conferivano un aspetto spettrale, quasi fiabesco.

-Resterei qui per tutta la vita, insieme a te, Trunks…-

-Anch’io, Andrew… Anch’io.-

Un brivido di freddo colse entrambi, a causa di un violentissimo soffio di vento. Andrew chiuse gli occhi e si abbracciò forte a Trunks, e questi cercò di proteggerlo come meglio poteva, ma era tutto inutile. Il vento era troppo forte.

            -Non è vero. Hai detto una bugia, Trunks…-

            -Cosa? Che cosa stai dicendo, Andrew?-

            Vide Andrew che si ricopriva di un’aura strana, inspiegabilmente malevola. Sul ponte, tutte le persone erano scomparse, per lasciare posto a loro due soltanto. Il vento continuava ad imperversare, ed Andrew era sempre più avvolto da quell’aura. Trunks provò ad avvicinarsi, ma fu respinto a terra.

Improvvisamente, si trovò a galleggiare nelle profondità del Tamigi, stringendo a sé Andrew. Aprì la bocca per cercare di urlare, ma oltre che bolle d’aria non riuscì a produrre. Andrew era lì che sembrava calmo, per nulla agitato… Vedeva che muoveva le labbra, ma stranamente non uscivano bolle d’aria dalla sua bocca. Poi iniziò a salire sempre più su, sempre più su… verso quella luce bianca che doveva essere il mondo in superficie. Trunks mosse le braccia e le gambe per cercare di risalire a galla, ma fu tutto inutile. Non riusciva a riprendere quota… Anzi, più si sforzava, più sprofondava nelle nere profondità dell’acqua. D’improvviso restò senza fiato, abbandonandosi alla morte.

 

-Giovanotto? Ehi, Giovanotto. Si è addormentato?-

Quando aprì gli occhi, si ritrovò in un vagone della metropolitana. Respirava affannosamente, proprio come qualcuno che si è appena svegliato da un brutto sogno. Guardò chi l’aveva svegliato. Era un’anziana signora di origini indiane. Vedendo che stava bene, gli sorrise.

-Forse stava facendo un brutto sogno, giovanotto. L’ho svegliata in tempo.-

-G… grazie. Ma…?-

Trunks si guardò intorno, cercando Andrew con gli occhi. Non c’era da nessuna parte.

-Ha visto per caso un ragazzo che era insieme a me?-

Senza pensarci due volte, la donna annuì.

-Certamente. È sceso a Whitechapel.-

-Whitechapel? Ah! Grazie signora.-

Il treno si fermò, e Trunks scese in tutta fretta per raggiungere l’altro sul binario opposto. Riuscì a prenderlo per un soffio, perché stava già per partire. Dedusse che doveva aver dormito parecchio durante quel viaggio, perché Whitechapel era a molte fermate di distanza da dove era sceso lui. Si sentì montare dentro un senso di vergogna, per essersi lasciato prendere dal sonno proprio mentre era con Andrew.

“Chissà cos’è andato a fare a Whitechapel? E perché mi ha accusato di dire una bugia?

Sicuramente però non sarebbe stato difficile ritrovarlo. Portava una giacca verde con sotto un pullover giallino, e camicia bianca. Oltretutto, si era preso l’ombrello blu. Un altro dettaglio che sicuramente qualcuno avrebbe notato.

Dopo parecchie fermate, scese a Whitechapel, e la prima cosa che fece fu domandare ad un agente di servizio se avesse notato un giovane che corrispondeva alla seguente descrizione: alto poco più di un metro e settantacinque, biondo, occhi castano chiaro, che indossava una giacca verde con sotto un pullover giallino e camicia bianca. Alle gambe un paio di jeans scoloriti.

-Ha idea di quante persone siano passate di qui con la descrizione che mi ha fornito, sir?- Domandò la guardia, in tono sarcastico.

-Posso immaginarlo, ma è veramente importante… Non l’ha proprio visto?-

-Certo che l’ho visto, è andato da quella parte.- Con la mano l’agente gli indicò una via abbastanza frequentata. Trunks ringraziò l’uomo e si fiondò alla ricerca di Andrew. Girò alla cieca per un po’ di tempo, senza vederlo da nessuna parte, fino a che non si fermò ad un’edicola. Chiese la stessa cosa all’edicolante, una grassa signora che portava un rossetto molto aggressivo all’occhio. La donna gli rispose che sì, l’aveva visto, e che gli era sembrato si fosse diretto verso una strada laterale poco più in là.

Esplorò la strada laterale, ma di Andrew, nessuna traccia. Camminò di qualche passo, guardandosi intorno più volte. Da un po’ di tempo si era ripromesso di portare gli occhiali, ma molto spesso non li aveva, quindi gli sfuggivano dei dettagli che potevano essere fondamentali… Abbassò lo sguardo, notando un qualcosa di blu che attirava la sua attenzione.

Il suo ombrello.

Lo raccolse, e lo esaminò.

Appeso al manico, c’era un bigliettino. Non era proprio stato lasciato lì apposta, più che altro sembrava essere sfuggito dalla mano di Andrew e che si fosse andato ad incastrare tra i meccanismi dell’ombrello. Sul bigliettino c’era un indirizzo.

Consultò la mappa, e vide che non era lontano.

 

*****

 

L’indirizzo corrispondeva ad un cimitero. Il vialetto d’ingresso era costituito da mattoncini rossi, con ai lati delle basse recinzioni in ferro battuto, leggermente divelte. C’erano tante tombe di pietra, evidenti residui dell’epoca dell’anteguerra, come anche testimoniavano le date di morte degli “abitanti”. S’incamminò per il sentiero, sperando di scorgere Andrew e chiedergli un po’ di spiegazioni.

Si guardò intorno più volte, i suoi ciuffi violacei che gli rimbalzavano sulle guance, ma non vide nessuno. Fece più di un giro a vuoto tra le tombe, ma di Andrew, nessuna traccia. Leggermente frustrato, si fermò in una specie di piazzetta circolare con al centro la statua di un angelo che spezzava delle catene. L’iscrizione diceva “Io sono la Risurrezione e la Vita – A.D. MCMLXIII”, il che stava a significare che la statua era stata posta lì nel lontano 1958. Alzò lo sguardo per osservare meglio la statua. L’angelo che spezzava le catene aveva però un’espressione triste, quasi poetica. Trunks contrasse le labbra in una smorfia di leggero dolore.

“E’ tutto inutile. Sicuramente Andrew se n’è già andato chissà dove. Davvero un bel modo di far perdere le sue tracce, depistarmi verso un cimitero.

Mentre pensava, con lo sguardo rivolto alla statua, si sentì toccare la spalla. Trasalì come un bambino terrorizzato, mettendosi automaticamente in posizione marziale, salvo poi calmarsi quando vide chi l’aveva toccato. Il faccino sorridente di Andrew lo accolse, e la mano del ragazzo lo salutò.

-Andrew! Che ti è saltato in mente? Prima mi pianti in asso in metrò e poi mi fai morire d’infarto?-

-Scusa. Il fatto è che … Hai detto una bugia.- Rispose quello, con le mani in grembo. –Ehi, non te la sarai mica presa, vero?-

Trunks lo guardò con aria di sfida, cercando di assumere l’espressione più arrabbiata che poteva, ma non gli riuscì. Non riusciva ad arrabbiarsi con quel ragazzo.

-Che bugia avrei detto?-

-Hai detto che mai mi avresti lasciato… E invece… Lo hai fatto.-

Intorno a loro, il buio stava scendendo, e nel cimitero si stava sprigionando una strana nebbiolina… Trunks roteò gli occhi, non sapendo come giustificarsi. –C..cerca di capire, Andy… io… non potevo restare qui, non era la mia città. Capisci?-

-Ma io ti amavo, Trunks. Anzi, ti amo ancora. Non ti ho mai dimenticato, in questi anni… Tu invece … lo hai fatto. Adesso vorrei che tu facessi una cosa per me.- Nei suoi occhi si accese una luce strana, quasi spettrale. Nel suo cuore, Trunks si sentiva intenerito da quella vocina dolce del ragazzo, ma il suo istinto gli gridava di scappare il più lontano possibile.

-Che cosa dovrei fare, Andrew?-

Senza dire una parola, Andrew gli porse la mano e lo accompagnò verso uno dei tanti vialetti che Trunks aveva esplorato poco prima, soltanto che adesso erano avvolti dalla nebbiolina. Quella zona era poco illuminata, per cui Trunks dovette sforzare un po’ gli occhi per adattarli all’oscurità. Si fermarono accanto ad una tomba bassa, che a Trunks sembrò di nuova costruzione nonostante l’oscurità. A parte tutto, ma che ore erano? Da quando era sceso dalla metropolitana era passata circa un’oretta e mezza buona, quindi dovevano essere le diciannove e trenta… Ma allora perché…

Un campanile suonò un rintocco.

Due.

Tre…

Quattro…

Cinque…

Ed altri sette. Dodici rintocchi.

Andrew era di spalle davanti a Trunks. Non parlava più, sembrava essere diventato una statua. Forse aveva anche smesso di respirare. Trunks lo scosse leggermente con la mano, chiedendogli spiegazioni.

-Che sta succedendo, Andy? Vuoi spiegarmi?- Il suo tono di voce era tra il nervoso e l’impaurito.

Per tutta risposta, Andrew indicò la tomba. Trunks si chinò a guardare, e con suo grande sgomento vide a chi apparteneva.

 

ANDREW S. ATKINSON

Born 1982

Died 2001

Un giorno conobbi l’amore, ma egli mi abbandonò. Ora dormo in attesa del suo ritorno.

 

            -…E sei ritornato, Trunks.-

            -Non… non capisco.- Balbettò Trunks, rialzandosi e indietreggiando impercettibilmente.

            Una risatina spettrale. Andrew si voltò lentamente… Nell’ombra, il suo viso sembrava aver cambiato espressione. –Come, non capisci? Sei ritornato, ed io voglio che tu resti con me.-

            Trunks indietreggiava, mentre Andrew avanzava verso di lui. Man mano che si avvicinava al cono di luce, il suo volto acquistava tratti più nitidi, e ciò che Trunks vide, gli fece accapponare la pelle. Il volto di Andrew era rugoso, pieno di chiazze, come se fosse stato gettato nel Tamigi… La sua pelle bianca come quella di un morto, le sue mani scheletriche e grinzose. Ora Trunks era sicuro. Doveva scappare il più lontano possibile.

            E si voltò, cercando una via di fuga tra le tombe. Attraversò un sentiero cercando la via dalla quale era venuto… Cambiò direzione. Si ritrovò faccia a faccia con Andrew, che lo artigliò per un braccio.

            -Avanti, amore mio, resta con me… Dammi un altro bacio.-

            -Noooo!!! Lasciami!!!-

            Provò a divincolarsi, e ci riuscì facendo cadere a terra Andrew. Non udì alcun gemito di dolore da parte sua, solo il fruscio di un suo tentativo di rialzarsi. E ritornò a scappare, cercando la via d’uscita da quel cimitero.

            “Se è un brutto sogno, voglio svegliarmi! Ti prego, fa che suoni la sveglia, che qualcuno mi telefoni al cellulare…!!!

            Non riusciva ad uscire. Quel cimitero era una specie di labirinto.

            -Per quanto tu fugga, non riuscirai mai a fuggire. Ora sei mio.- Rise Andrew, che ora si stava facendo aiutare da altri due morti. All’improvviso, Trunks si sentì ghermire le caviglie da un paio di mani. Cacciò un urlo tremendo e cadde a terra sulle ginocchia. Le due mani lo tirarono ancora di più, con una forza sovrumana. Sfortunatamente per lui, perse il suo equilibrio e andò a cozzare il cranio contro la balaustra di una tomba, che istantaneamente si macchiò di sangue. Gemette per un secondo ultimo, fino a che non vide Andrew chinarsi su di lui e baciargli le labbra. Con gli occhi socchiusi, si lasciò baciare, e inconsciamente allungò la mano verso il suo viso, accarezzandogli la guancia… Andrew si accoccolò accanto a lui, abbracciandolo…

            -Vieni… andiamo a casa…-

            Prendendolo per la vita, si posarono sulla sua tomba, la cui terra smossa si mise a vibrare… Ed insieme, sprofondarono nella terra. Trunks non aveva la forza di divincolarsi, ma gli era rimasto ancora tanto fiato in gola per urlare –NOOOOOOOOO!!!!!-

 

*****

           

            -NO!!!!!!-

            -Trunks! Ma che cosa ti prende?-

            Quando aprì gli occhi si ritrovò nella grande hall delle partenze dell’aeroporto di Heatrow. Intorno a lui c’erano sua madre, suo padre, Goku, Chichi e Goten. Le due donne lo guardavano preoccupate, Goten, il suo migliore amico lo osservava con quel suo solito aspetto vacuo… Vegeta aveva sollevato un sopracciglio perplesso e Goku portava la stessa espressione di suo figlio.

            -Tesoro, hai avuto un incubo?- Gli chiese Bulma, accarezzandogli i capelli.

            -Io… beh… sì… cioè, no, cioè..-

            -Oh no, adesso non verrai a dirci che non dobbiamo prendere l’aereo perché si schianterà al suolo?- Chiese Goten con una risatina furbesca. Sua madre Chichi gli piazzò una sberla dietro alla nuca. –Ahio!- Rispose lui, massaggiandosi.

            -Perché non ci racconti cos’hai sognato, Trunks?- Gli chiese di nuovo sua madre, in tono amorevole. Trunks scosse la testa. –Non… non me lo ricordo.- E si passò una mano tra i capelli, alzandosi. –Il nostro aereo è arrivato?-

 

            *****

           

            Il suo posto accanto al finestrino gli era stato rubato da Goten. Dal suo posto poteva vedere il corridoio e gli altri passeggeri che si rilassavano. Sarebbero tornati a casa in circa cinque ore. Il sedile era comodo ed avvolgente, e Trunks vi appoggiò la testa per rilassarsi. Ad un certo punto, Goten gli diede di gomito e gli fece l’occhiolino.

            -Dì la verità, hai sognato qualche bella ragazzotta inglese eh? …a me puoi dirlo.-

            Trunks arrossì e prese in mano il suo giornale, trincerandosi dietro. Goten lo stuzzicò ancora un po’, scherzando sulle misure della tipa dei suoi sogni e informandolo che una volta tornati a casa sarebbe andato a fare un po’ di baldoria con una delle sue ragazze, dato che a Londra si era annoiato parecchio… Trunks lo lasciò parlare senza quasi ascoltarlo.

            -Desidera qualcosa da bere, signore?- Chiese una voce accanto a lui. Un assistente di volo. Trunks abbassò il giornale e portò il suo sguardo verso l’uomo…

            -Sì, una coca cola, per fav..-

            Interruppe la frase a metà quando vide Andrew vestito da Steward che gli sorrideva dolcemente.

            -NO!!!-

            -Mi scusi se l’ho disturbata, signore. Se ha bisogno di me, usi pure il cicalino sul sedile.-

            Non era Andrew, ma bensì uno steward qualunque… Un’altra bella figuraccia. Goten stava ridacchiando accanto a lui. Gli diede di gomito una seconda volta e gli disse –Mi sa tanto che a te l’Inghilterra stressa. Il prossimo anno, tutti a Roma!!!-

            -Già, così magari ti crolla il Colosseo in testa.-

            -Come?- chiese Goten, ma Trunks gli rispose con un breve –Niente. Non importa.- Dopodiché si infilò nelle orecchie le cuffie del suo iPhone. –Io mi faccio un sonnellino- disse –svegliami quando arriviamo.-

            E si addormentò, sperando di non fare altri incubi, anche se nella sua mente erano già sbocciati un sacco di interrogativi. Primo fra tutti: “Sarà stato veramente solo un sogno…?”

           

 

FINE.

           

 

   
 
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