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Autore: pachelbel90    23/08/2010    6 recensioni
Cosa sarebbe successo se Watson non avesse saputo del precedente fidanzamento di Mary?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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WATSON, CHE COSA HA FATTO?

Avevo portato Mary a conoscere Holmes. Per me era importante che loro due si conoscessero, facevano entrambi parte della mia vita e rappresentavano tutto quello che avevo e che mi era di più caro al mondo. Seppure conoscessi la reticenza di Mary nel conoscerlo e la gelosia di Holmes verso di lei, avevo pensato che sarebbero riusciti a passare una serata in compagnia senza che succedesse niente di grave. Speravo che Holmes si sarebbe comportato in maniera consona a un gentiluomo; naturalmente avevo sbagliato a credere, anzi sperare, che questo fosse possibile: Holmes non era in grado di comportarsi da gentiluomo.

E così ora si trovava in un rinomato ristorante con del vino che gli gocciolava dal viso. Non riuscivo a leggere la sue espressione mentre guardava Mary; naturalmente non si aspettava un gesto così avventato da parte sua, ma non sembrava esserci rimasto troppo male.

L’unica persona a quel tavolo che in realtà era rimasto come paralizzato ero io. Ero io che avevo ricevuto una vera e propria doccia fredda. Non sapevo che Mary fosse stata fidanzata, non me ne aveva mai parlato, e non ne capivo il motivo; dato che il suo precedente fidanzato era morto, non capivo cosa ci fosse da nascondere. Capivo tuttavia perché si fosse trovata costretta a rivelarlo in questo momento: l’acume di Holmes era impareggiabile e così logicamente inattaccabile che la donna non aveva potuto mentire.

Mary si alzò e si avviò verso l’uscita, lanciandomi un’occhiata. Avrei dovuto seguirla?

Guardai Holmes di sottecchi; lui però non mi stava guardando.

Distolsi lo sguardo da lui. Davvero avrei dovuto seguirla? Lo volevo davvero?

No John, tu non lo vuoi.

Mi alzai lo stesso; volevo almeno una spiegazione.

 

Mi svegliai di soprassalto e presi l’orologio che avevo posato sul comodino: le tre del mattino. Erano anni ormai che abitavo con Holmes, e lui alle tre suonava il suo amato violino; era incredibile che il mio orologio interno si fosse regolato in quel modo, ma io, tutte le notti a quell’ora, mi svegliavo e lo ascoltavo suonare. All’inizio era il suono dello strumento a svegliarmi, infastidendomi. Non sapevo dire quando invece era diventato un piacevole e segreto appuntamento notturno ascoltarlo suonare; ma mi piaceva. E soprattutto mi piaceva lui. Non sapevo dire se lui avesse intuito i miei sentimenti nei suoi confronti; quel che è certo è che io evitavo in tutti i modi di pensare a lui, inutilmente. Mi dicevo che i miei sentimenti andavano contro la morale, che lui era un uomo, che lui non provava lo stesso; Mary era stata un fulmine a ciel sereno. Io non l’amavo, ma era una brava persona, le volevo bene, e mi ero convinto che fosse il meglio per me, che io non potevo avere Holmes, e che quindi sarebbe stato meglio per me andarmene; ma dovevo trovare una scusa plausibile per convincere Holmes a lasciarmi andare. Ma lui ci teneva a me, come amico: teneva alla nostra amicizia, anche se dovevo ammettere che sotto sotto la gelosia che provava verso Mary mi faceva molto piacere.

Ricordavo benissimo quando mi ero reso conto che i miei sentimenti verso di lui andavano ben oltre l’amicizia: era successo una sera di qualche anno prima, proprio alla stessa ora. Mi ero svegliato a causa del suono del violino, e, spinto da una curiosità che non avevo mai avuto, ero sceso a guardarlo, e non appena l’avevo intravisto, mi ero immobilizzato. Era bellissimo. La sua espressione era rilassata, e i suoi occhi, di solito concentrati, erano chiusi, distesi, come la sua fronte; le sue spalle rigide ora erano rilassate. Ma la cosa che mi colpì più di tutte fu il suo sorriso: non l’avevo mai visto sorridere a quel modo; era un sorriso vero, privo di qualsiasi ironia o malizia.

Sorrisi al quel ricordo, in attesa di sentire quel suono sublime arrivare alle mie orecchie. Ma non sentii niente. Accadeva, molto più spesso di quanto si potesse immaginare in realtà, che Holmes passasse le notti fuori casa; anche questa volta, come tutte le altre, ero preoccupato per lui. Ma questa volta era diverso; forse non era tornato perché troppo scosso dal litigio con Mary?

John, ma cosa pensi? Sherlock Holmes scosso per qualcosa? Non lo smuoverebbe neanche una montagna a quel testardo, narcisista…e bellissimo…

Scrollai la testa, nel tentativo vano di scacciare l’ultima parola dalla mia mente. Non riuscivo a prendere sonno, ero troppo in pensa per lui. Continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto, finché decisi che era inutile tentare di dormire, e che sarebbe stato più produttivo andarlo a cercare. Così mi alzai, mi vestii e uscii nella Londra addormentata. Mi diressi verso il bar dove speravo di trovarlo, quello in cui si svolgevano gli incontri di boxe; con molta probabilità Holmes era lì, nella stanza sopra il bar che gli riservavano.

Entrai nel bar e mi feci dare la chiave, poi salii le scale e aprii la porta, cercando di fare meno rumore possibile. Era sdraiato sul letto, profondamente addormentato, una bottiglia di vino vuota buttata sul pavimento. Mi avvicinai e lo coprii con le coperte.

Sei uno stupido John! Come pensavi di trovarlo? In lacrime perché te ne sei andato e l’hai seguita anziché stare seduto a quel tavolo? Ma questo è quello che vuoi tu John. Tu vuoi Lui, lui vuole solo il suo amico.

Mi voltai per andarmene, ma colpii accidentalmente la bottiglia con il bastone.

Holmes si svegliò.

“Dottore, cosa ci fa lei qui?” Mentre parlava, la voce resa ancora più roca dal sonno, si stropicciava gli occhi con una mano e si tirava a sedere, appoggiando la schiena contro la spalliera del letto.

Dio quant’è bello appena sveglio…

Scacciai questo pensiero dalla testa e gli risposi: “Ero preoccupato per lei, Holmes. Dio solo sa cos’avrebbe potuto ingerire!”

“E perché mai avrei dovuto ingerire Dio solo sa cosa proprio questa sera?”

John, ti sei messo nei guai da solo! Con quanta presunzione hai anche solo potuto pensare che Holmes fosse sconvolto per il fatto che te ne sei andato? Il tuo amore sciocco è a senso unico.

Delle lacrime cominciavano a pungermi gli occhi; annaspavo, cercavo di respirare profondamente per tentare di non far uscire le lacrime, e fui riportato alla realtà dal suono della sua voce.

“Perché lei è qui? Non dovrebbe essere da Mary?”

Oh, andiamo, come se non lo sapesse, Holmes!

“Ho rotto il fidanzamento.”

Un lampo passò nei suoi occhi; fu così veloce a nasconderlo che pensai di essermelo immaginato, ma per un secondo avevo pensato, avevo sperato, che fosse gioia. Spinto da non so quale coraggio, o pazzia, mi sedetti sul letto, abbastanza vicino a lui.

“Vede Holmes, io avrei accettato di buon grado che lei fosse già stata fidanzata; quello che non ho potuto accettare è che lei mi abbia mentito.”

Quello che non ho potuto accettare è che mi stava portando via da te. Avevo pensato a Lui dandogli del tu. Non lo facevo mai. Ma il suo viso era troppo vicino, non pensavo con lucidità.

“Lei lo sa, Holmes, quanto io odi le menzogne.”

E in cuor mio mi riferivo alla mia di menzogna, non a quella di Mary. Avevo mentito a me stesso, non sarei riuscito a sopravvivere né a vivere senza Holmes.

Si staccò dalla spalliera, avvicinandosi ancora un po’ a me. Fui catturato dai suoi occhi magnetici e dal suo odore, un  misto di tabacco, vino e…. Mi avvicinai al lui ancora un po’, inspirando il suo odore.

“È muschio, dottore. Sa, i miei Sali da bagno…”

Riaprii gli occhi; non ricordavo neanche di averli chiusi! Eravamo vicini, pericolosamente vicini. Ero inebriato dal suo profumo, i suoi occhi mi trascinavano in posti lontani ed esotici, non riuscivo a staccare lo sguardo da lui; e improvvisamente, senza abbassare le palpebre, mi sporsi quel poco che bastava per lasciargli un lieve bacio sulla bocca. Non appena toccai le sue labbra però tornai in me e mi allontanai.

Oddio che ho fatto?

Anche l’espressione di Holmes sembrava chiedermi ciò che io mi ero chiesto a me stesso. E infatti.

“Watson, che cosa ha fatto?”

Ero profondamente imbarazzato, ma non dispiaciuto. Avevo accettato i miei sentimenti verso Holmes;  ciò però non mi impedì di arrossire, mentre inventavo una scusa che sapevo non si sarebbe bevuto.

“Mi scusi, non so cosa mi sia preso.”

Quando rialzai gli occhi, li avevo abbassati da quando la mia bocca aveva lasciato la sua, mi trovai il suo volto a un soffio dal mio. Il mio cuore mancò un battito; lo sentii, o meglio, non sentii, distintamente.

“Vorrebbe ripetere dottore?”

Holmes mi guardava, i capelli neri e scompigliati, la bocca umida e un po’ schiusa, gli occhi accesi di desiderio.

Avevo sentito bene? Voleva davvero che lo baciassi di nuovo? Pensavo che fosse geloso di Mary solo perché non voleva farsi portare via il suo amico; non avevo capito che non voleva farsi portare via Me.

Non me lo feci ripetere due volte e mi lanciai sulle sue labbra, aggrappandomi alle sue spalle.

Holmes invece mi posò le mani sul viso, come a volermi rassicurare, mentre la sua lingua provava ad aprire le mie labbra. Glielo permisi, anche se la paura mi attanagliava lo stomaco ora. Non mi era mai successa una cosa del genere, era come baciare qualcuno per la prima volta. Ma nonostante tutto io mi fidavo di lui: non sarebbe stato come baciare qualcuno per la prima volta, sarebbe stato baciare lui per la prima volta.

Le nostre lingue, proprio come due ballerini che devono ballare insieme per la prima volta, si studiano a vicenda, anche io e lui ci esplorammo un po’ a vicenda, andandoci cauti; ma poi il bacio si fece sempre più profondo e passionale. Preso da un impulso irrefrenabile, feci forza sulle sue spalle, costringendolo a sdraiarsi, e mi sistemai sopra di lui.

Dopo poco però fummo costretti a staccarci per poter respirare, anche se con disapprovazione da parte di entrambi, potei constatare felice; ripresi quasi subito a baciare la sua bocca, lievemente e con dolcezza questa volta. Non riuscivo a trattenermi, avevo sognato troppe volte quel momento, avevo desiderato a lungo poter reclamare la proprietà delle sue labbra; e ora erano mie. Solo mie.

Holmes aveva gli occhi chiusi, respirava con un po’ di fatica, e passava le mani tra i miei capelli, mandandomi in estasi. Fui costretto a lasciare le sue labbra: non volevo che qualcuno potesse entrare sul più bello. Era quasi l’alba ormai, e di certo qualcuno sarebbe venuto a buttare fuori Holmes, e me, dalla stanza.

Mi accucciai sul suo petto, desiderando di poter fare di più; e dall’affanno dei suoi respiri capii che anche lui avrebbe voluto spingersi oltre.

A casa. Ora controllati.

Gli cinsi la vita con un braccio però, quello potevo farlo. Anche lui mi abbracciò, poi cominciò a respirare tra i miei capelli, regolarizzando i suoi respiri. Chiusi gli occhi: ero in Paradiso…

Nulla avrebbe potuto interrompere la magia di quel momento; niente a parte…

La sua voce, velata di ironia, mi colpì le orecchie, riportandomi sulla Terra.

“E così, lei odia le menzogne, eh Dottore? Anche io le ho mentito molte volte, ma lei comunque è sempre tornato da me.”

Ah certo, dimenticavo che avevo Sherlock Holmes tra le braccia, e che non era in grado di stare in silenzio per cinque minuti o di non prendere in giro qualcuno. Ma non mi importava; avevo Sherlock Holmes tra le braccia e questo bastava. Mi sarebbe bastato per sempre.

“Oh stia zitto Holmes!” dissi, mentre un sorriso mi sfuggiva dalle labbra.

 

 

   
 
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