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Autore: Symphony    25/08/2010    1 recensioni
Odiava aspettare,aspettare che il destino la potesse rendere, almeno per una volta,felice. Non ce la faceva.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia bagnava le strade, i ponti, gli edifici, i volti afflitti degli esseri umani. Correvano, in ogni direzione: avevano appuntamenti importanti, correvano dalle proprie famiglie, a lavoro; non avevano una metà o uno scopo preciso dunque. Camminava, invece, lentamente, quasi strascicandosi, lungo il marciapiede. Le macchine correvano, anche se vi era traffico; rischiavano di investirla, la bagnavano. Soffriva l’umidità a causa dei pantaloncini corti, quando era uscita, alle 6 del mattino, la luna splendeva nel cielo, nessuna nuvola. La felpa, nera, le copriva solo la parte superiore del corpo, e la cosa la turbava alquanto. Gli sguardi dei passanti, erano come una spada, che le trafiggevano il petto, il cuore. Lo dividevano a metà, proprio come l’amore a cui aveva rinunciato da una vita. Il piacere di poter abbracciare qualcuno non vi era più nei suoi occhi. Neri, come i corvi. Il ciuffo, anch’esso nero, ricopriva completamente la sua fronte, ma lasciava scoperti i suoi due specchi dell’anima. Aveva comprato un paio di giorni prima delle scarpe nuove, bellissime. Erano autunnali, e anche se soffriva nel camminarci, le indossava sempre e comunque. Odiava aspettare, aspettare che il destino la potesse rendere, almeno per una volta, felice. Non ce la faceva. Eccola, finalmente, casa sua. Non era eccitata all’idea di distendersi sul divano e stare venti ore davanti la tv. Aveva paura di prendere l’ascensore, perciò scelse le scale. sesto piano. Inserì la chiave, arrugginita, nella toppa della porta e la girò. Bagnata, com’era, decise di fare il bagno nella vasca, proprio come quando era piccola. L’acqua calda scendeva sulle pastiglie di ginseng, che profumarono l’aria e colorarono l’acqua. Nel forno mise le lasagne surgelate:” quaranta minuti per questa schifezza, apocalittico scenario di assurda mentalità umana” pensò. Si spogliò goffamente, anche questo le pesava molto. L’acqua, le dava sollievo, e desiderava che finisse tutto in quel momento. La schiena le prudeva immensamente, e, a causa dei graffi, i segni lasciati dalle sue unghie iniziavano a sanguinare. Rimase immersa nell’acqua per molto tempo, quando si ricordò che aveva del cibo che poteva bruciarsi. Si alzò frettolosamente dalla vasca e scivolò, cadendo in avanti e tagliandosi, lievemente, il labbro inferiore. Sentiva il sapore del sangue nella sua bocca, eppure, non le dava fastidio. Si asciugò velocemente il corpo e i capelli con un asciugamano, per poi buttarlo nella sacca dello sporco. S’infilò i suoi fusi neri, e sopra una gonna bianca, non voleva assomigliare ad una ragazza di basso rango. Indossò la sua camicetta preferita, che adorava, impregnata dell’odore di una nuvola. Mangiò ciò che, teoricamente, aveva cucinato lei. Aveva immaginato che facesse vomitare in maniera indecente, ma doveva pur ingurgitare qualcosa. Le gocce d’acqua smisero di cader dal cielo, tuttavia le nuvole non volevano andarsene.  La tv le sfracellava nella mente le solite idiozie di seconda mano. Spense quelle cavolate e sistemò la cucina, per quanto potesse averla sporcata. Iniziò a sentirsi osservata. Si girò, lentamente, proprio come succedeva nei film commerciali italiani. Appollaiato, sul bordo del suo terrazzo, c’era Lui. Dalle sue mani cadde il panno bagnato che stava usando, e gli occhi iniziarono a luccicarle. Lo vide, che sorrise, e che stese le sue braccia verso di lei. Automaticamente, corse, e lo abbracciò; lo strinse a sè. Era una vita che lo aspettava, ed ora lo aveva ritrovato. Poggiò la sua fronte a quella di lui e lo guardò fisso negli occhi. Sentì il cuore, che si scaldò, chiuso nella morsa della felicità. Lentamente sentì le labbra di lui sulle sue, poggiate delicatamente. Le nuvole velocemente scomparvero, ed un fascio di luce gli illuminò. Era un fascio dorato, pieno di tanti “brillantini”. Sentì che sulla sua schiena qualcosa nasceva, come una pianta in un vaso. Crescevano, maestose, fra le sue scapole. Erano le ali di una speranza che sembrava morta. La cenere le aveva ricoperte, la morte le aveva distrutte; ma ora l’amore le aveva fatte rinascere, proprio come una fenice. Per quanto fossero scure, sembravano brillare di luce propria. La luce che emanava era troppo intensa, evidentemente, c’era un altro paio di ali nelle vicinanze. Era vicine a lei. Nell’abbraccio le aveva toccate, e poi, riuscì a vederle. Candide come la neve, maestose, quasi il doppio delle sue. Sentì, dentro di sè, di volare. Non sapeva dove, e non sapeva il perchè, ma tutto ciò che desiderava era volare con Lui verso il paradiso tanto agognato fin dalla nascita. Come gli angeli, si librarono in cielo, sopra le nuvole, al di là dei sogni, al di là del cuore.

<< è questo il destino di chi sa sognare

 di chi crede in un sogno

di chi vive per poterlo realizzare. >>

  
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