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Autore: Hachi4ever    26/08/2010    2 recensioni
Una fermata d'autobus. Un ragazzo. Una ragazza. Un'aliena. Una cugina. E un'auto che si schianta.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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x...COLPO DI FULMINE...x




Vede l’autobus. Si alza, fa un cenno con la mano, e con lui anche gli altri alla fermata. Il 38 si avvicina, rallenta, accosta e si ferma senza fare un solo rumore (ora gli autobus non sono più come quei cingoli del ventunesimo secolo, per fortuna). Le porte si aprono. Jordan sale dalla coda dell’autobus. Cerca posti liberi ma non ne trova, e così si limita a timbrare il biglietto e a trovare un appiglio.

L’autobus riparte con uno scossone. All’ombra della fila di edifici sulla destra si alterna il sole di giugno. Jordan socchiude gli occhi e distoglie lo sguardo; prima guarda l’orologio (quattro e cinque – tra un quarto d’ora massimo arriverà), poi gli altri passeggeri.

Diversi anziani sparsi qua e là; uno si fa aria con un giornale, un’altra ha un ventaglio apposta. Una signora suda copiosamente, allunga il collo per vedere quanto manca, poi si tampona con un fazzoletto, stringe le sue buste della spesa e si lamenta del caldo. Una ragazza con dei grandi occhiali da sole ascolta la musica dalle auricolari, con un dito tiene ferma la pagina di un tascabile e con l’altra mano manda un messaggio olografico col cellulare. Un gruppo di ragazzi e ragazze non sopra i quattordici anni ricopre le ultime file; ridono, scherzano, alternano a un fiume di parolacce il ruminare della gomma a bocca aperta. Jordan non può fare altro che compatirli. Lui non si sarebbe mai comportato in quella maniera. Ma forse perchè lui è sempre stato educato in una rigida scuola militare, dove studia tuttora come cadetto. Si guarda nel riflesso dei grandi finestrini dell'autobus. Deve ammettere che gli piace proprio la sua divisa. Calzoni neri, e camicia a mezze maniche bianca, con i distintivi dell'accademia. Non è mai stato vanitoso, ma gli piace davvero molto quella divisa. E poi adora i suoi capelli bicolore. Torna a guardare il gruppo in ultima fila. Tra di loro, in piedi, c’è una donna di colore che ha tutta l’aria di dover scendere da un momento all’altro. È così: lei e uno di corporatura robusta in bermuda sono gli unici a scendere alla prima fermata.

Qui sale solo una ragazza.

E il cuore di Jordan sussulta.

Immagina sia perché l’autobus riprende la sua corsa, ma non può fare a meno di fissare la ragazza. Capelli neri lunghi fino alle spalle, con dei riflessi rossi sulla radice, Jeans bianchi e canottiera azzurra con qualche disegno nero sul davanti. Non riesce a vederla in viso perché timbra il biglietto alla macchinetta vicino al conducente e rimane lì, di spalle. Con quell'acconciatura così azzardata non sembra neanche una ragazza, ma la borsa e il resto del corpo non lasciano alcun dubbio. È una ragazza, sì. E ha sicuramente del fascino: il modo in cui rimane in equilibrio nonostante le brusche fermate; la postura; la mano che va a tirar su la borsa o toccarsi il viso. Incredibile.

Jordan vorrebbe distogliere lo sguardo, ma non ci riesce. Sa che se lei si voltasse verrebbe colto in flagrante, ma è più forte di lui. Non aspetta altro che vederla in viso e capire quali altre meraviglie può nascondergli quella ragazza.

Tutt’a un tratto si accorge di star sudando. Si passa una mano sulla fronte, e poi, senza quasi rendersene conto, lo posa sul petto, in corrispondenza del cuore. Avverte il suo battito cardiaco e aggrotta la fronte.

Tachicardia. È la prima parola che gli viene in mente. Non riesce a contare il numero dei battiti, ma non sono sicuramente nella norma. Non gli è mai successa una cosa simile. Anzi, è stato spesso rimproverato di non aver mai preso nulla sul serio. Agli esami a cui è stato sottoposto sin dalla nascita ha dimostrato una calma disarmante. E ora, per la prima volta dopo diciotto anni di vita, il suo cuore accelera. Quasi non respira. Qualcosa gli sta mozzando il fiato, gli impedisce di stare fermo e di reggersi con naturalezza. Cambia mano e cambia appiglio, mantenendo sempre lo sguardo fisso sulla ragazza.

Deglutisce a forza. Sfrega la mano libera e sudaticcia sui jeans mentre passa in rassegna tutte le possibili cause di questa anomalia. Ma la medicina non gli viene incontro. Allora si arrende e realizza che non si tratta di nessuna malattia, è che forse è quello che in molti prima di lui hanno definito...
...colpo di fulmine.

Jordan, quello insensibile, quello che pensa solo alla sua carriera da tiratore scelto e che ha spezzato il cuore di più di un’aspirante fidanzata con un semplice “non credo funzionerebbe”, che ha risposto alle lacrime altrui con fredde argomentazioni su come i suoi sentimenti non vadano oltre l’affetto di un fratello, si ritrova ora – guarda l’orologio sul cellulare con la coda dell’occhio, per evitare di perdere di vista la sua lei: quattro e dodici – a combattere con questa nuova realtà: l’amore a prima vista.

Trattiene una mezza risata. È una risata finta, però, e lo sa anche lui. Non sa esattamente cosa dovrebbe fare adesso. Presentarsi? Farebbe la figura del pazzo maniaco. E se non fosse così bella e affascinante come sembra di spalle? La delusione forse sarebbe ancora peggio. Potrebbe rimanere nel dubbio a vita e ricordarsi di questo giorno come del giorno.

Come no. No, il suo cuore non gli sta mentendo. Se lo sta facendo sentire così un motivo ci sarà, e non può fermarsi a un primo amore platonico. Dev’esserci qualcos’altro, qualcosa addirittura di chimico. Con tutta probabilità anche lei sta sentendo quello che sta sentendo Jordan – o al massimo lo sentirà quando lo vedrà. I loro cuori batteranno all’unisono. È così che si sentono gli innamorati?

Lei è ancora lì, indifferente a quello che ha causato nel cuore di Jordan. Tamburella le dita sulla borsa, inclina la testa guardando qualcosa oltre il finestrino e il suo sorriso si anima. L'autobus si ferma e fa entrare un'altra ragazza, un'aliena tipo gatto, con un televisore in testa (ne girano tanti in quel periodo di alieni, sopratutto per il turismo). Le due si abbracciano felici, si conoscono bene, probabilmente. Si. Le due si parlano, lei sempre di spalle, Jordan capisce che l'aliena si chiama Paradice, tipico nome strano... mentre quella che gli ha rubato il cuore...
... Eva.

Dio, quanto vorrebbe essere li al posto di quell'aliena.

Jordan fa un respiro profondo, e un altro ancora, e al terzo si rende conto di quanto sia presuntuoso. Si passa una mano sul viso sbarbato e sente il rossore nelle guance. Non è solo il caldo. È anche un altro pensiero, l’idea che in fondo non si è mai trovato a tu per tu con una ragazza che gli piaceva e la cosa lo mette veramente a disagio. Non è preparato per una situazione come questa. Cosa dovrebbe dirle? Potrebbe davvero trattarsi di amore a prima vista anche per lei? Avrebbe dovuto vedere più commedie romantiche, avrebbe dovuto leggere più libri, avrebbe dovuto prestare più attenzioni ai racconti di sua cugina o di Molly* su quel tale in autobus.

Non riesce a venirne a capo. E il suo cuore non si decide a rallentare.

È a metà del viale principale quando la ragazza si volta. Cerca il pulsante per prenotare la fermata, lo preme. Il tempo rallenta: in quell’infinità di nanosecondi Jordan ha modo di scendere sulla linea sinuosa del suo braccio, a partire dalla mano (cinque dita, lunghe, da pianista, lo smalto azzurro, appena accennato), su per il collo (una goccia di sudore, una e una soltanto, un fiumiciattolo nel deserto): le labbra sono sottili, petali di rosa, è la descrizione più fedele a quello che ha di fronte che gli possa venire in mente; il naso perfetto, raffinato ma non snob, piccolo ma non troppo anonimo; due bellissime voglie su entrambe le guance, una un rettangolo, l'altra una stella. E gli occhi... gli occhi! due laghi rosso rubino in cui perdersi, tuffarsi e venire fuori benedetti da tutta quella semplice bellezza angelica.

Ma il loro sguardo non si incrocia. È come un quadro che guarda sempre in punto imprecisato sopra la spalla dell’osservatore.

Tutta la sua vita vale solo quest’attimo. Il cuore di Jordan rallenta appena, per poi tornare a battere ancor più veloce di prima: la ragazza sta per scendere. Mentre la fermata di Jordan è più avanti, più vicina alla fine del viale. D’altronde non sono che pochi passi e ha ancora tempo per seguirla, per trovare il coraggio e l’occasione giusta per parlarle, e poi correre all’appuntamento da Molly davanti all'accademia. Può farcela.

L’autobus accosta, si ferma, gli sportelli si aprono. Una folla di persone salgono sgomitando. Dario la perde di vista. Panico. Puro panico. Quando riesce a scendere la ritrova sul marciapiede che cammina senza fretta insieme a Paradice. Guardano le vetrine, soppesano i capi, i prezzi, poi passano avanti.

Jordan è lì che la segue a una distanza di sicurezza. La sua lentezza è ancora più snervante. Da una parte è la giusta occasione per riprendere fiato e trovare una scusa per rivolgerle la parola, dall’altra non ce la fa a calmarsi e il dover procedere a passo di lumaca, facendo finta di cercare anche lui qualcosa nelle vetrine, lo mette ancora più in ansia. Il suo cuore, se possibile, batte ancora più velocemente di prima. Approfitta di una delle pause di lei per mettersi indice e medio sul collo e, col cellulare alla mano, cronometrare quanti battiti ha al minuto. Ne conta quasi novanta, ma lascia perdere non appena la vede muoversi.

In più gli vibra il cellulare. Guarda il numero che lo sta chiamando: Molly. Solo ora si accorge che sono passate le quattro e mezza.

Risponde: «Sto arrivando».

Dall’altra parte Molly riattacca subito.

Jordan guarda per l’ultima volta la ragazza dai capelli neri e rossi. Sbuffa. Non riesce a controllare i battiti del suo cuore, ma il "quasi novanta" gli ha aperto gli occhi. Non è assolutamente un fenomeno normale. Forse è anche pericoloso, e sta rischiando di farsi venire un infarto per un colpo di fulmine e una sconosciuta vista in autobus.

Una sconosciuta vista in autobus che entra da List.

Opportunità. Ragiona. Se è lenta a comprare vestiti quanto è a guardarli, Jordan dovrebbe avere tutto il tempo per incontrarsi con Molly, chiederle consiglio e tornare sui suoi passi con qualcosa da dirle per presentarsi.

Non se lo lascia ripetere e si affretta verso l'accademia. Il viale è affollato. Pullula di persone con pacchi e buste sotto braccio, di vecchi seduti all’ombra dei parchetti ai lati, di truffatori che propongono abbonamenti a riviste di libri e cartoline per beneficienza, di ragazzi che girovagano percorrendo in lungo e in largo il corso. Il sole non risparmia nessuno.

Jordan torna ad asciugarsi la fronte con una mano. Si dirige verso l'accademia, sulla sinistra. Scansa qualche piccione. E infine viene travolto dalla voce di Molly.

«Sei in ritardo!»

«Ehi». Abbozza un sorriso. È come se la ricordava: piccola, grassottella, coi capelli lunghi e mossi e una frangia spessa. Sembra una bambola.

Si scambiano un bacio per guancia, lei appesa sulle sue spalle, in punta di piedi, lui chino in avanti.

Una volta separati lei lo guarda, squadrandolo da cima a fondo.

«Sei più alto».

«E tu sei più bassa».

Ludovica gli dà un pugno sulla spalla facendo l’offesa. Poi lo prende per mano, si scosta una ciocca di capelli dal viso e lo trascina su una panchina libera. Continua a fissarlo anche da seduta, come se Jordan avesse qualcosa di incredibilmente interessante scritto in faccia. Lui ci è abituato e non commenta, proponendole tutto una serie di espressioni idiote per distrarla.

«Allora?» incalza lei. «Che è successo?»

«Che è successo cosa?»

«Oooh, non fare il finto tonto con me. Sei in ritardo. E non sei mai stato in ritardo. E poi sei tutto rosso, e ti brillano gli occhi, e hai un’espressione da ebete che non ti ho mai visto».

Dario diventa ancora più rosso. Non gli era mai successo di arrossire di fronte a Molly. «Be’... poniamo il caso che ci sia qualcuna».

«Chi? chi? chi?»

«Calma! Ho detto poniamo il caso. E poniamo il caso che non la conosca, che l’abbia appena vista in autobus».

«E l’hai persa di vista?»

«No! La stavo seguendo, ma è entrata a List. Ho visto come guardava le vetrine prima, e credo ci vorrà un bel po’ prima che esca. E quando uscirà, a meno che non torni indietro, o vada verso la stazione, ma dubito, dovremmo vederla passare».

Molly lo fissa incantata, trattenendo una mezza risata. «Non ti sfugge proprio niente. È quasi morboso quanto tu ci abbia pensato, ma…»

«E tu? Hai passato la tua adolescenza a pedinare perfetti sconosciuti».

«Il punto non è il mio essere morbosa, ma il tuo essere morboso. Devo averti contagiato».

«Sicuro».

MOlly annuisce in silenzio, guardando verso l’entrata lontana del viale. Jordan la lascia riflettere.

«Facciamo così. Ci parlo io».

«Tu?»

«Hai detto che è da List, no? Sembrerà meno sospetto. Poi con la scusa potrei chiederle se le va un gelato, e solo quando mi avrà detto di sì le dirò che c’è questo mio cugino molto affascinante, sexy, muscoloso, cadetto* e single che…» inizia ghignando

«Capito. Andiamo».

Dario si alza, e Ludovica lo segue a ruota.

«Allora?» lo punzecchia lei. «Non mi hai ancora detto com’è. E visto che devo parlarci, voglio una descrizione molto dettagliata».

«Basta che smetti di guardarmi così».

«Così come?»

«Come lo scienziato pazzo che vede Frankenstein prendere vita».

«Ma dài. Sei molto più carino di Frankenstein».

Jordan ride. Con un gesto che dovrebbe essere casuale porta di nuovo indice e medio al collo e constata come il battito stia aumentando ancora man mano che si avvicina alla strada. Arriccia il naso.

«Ho il cuore che batte da paura» dice.

Molly sospira. «L’amore».

«No, sul serio».

Molly fa spallucce. «Mmm, devi ancora dirmi com’è».

«Be’». Dario si gratta la testa. «Molto carina. Capelli neri e rossi alle spalle. Occhi rubino. Abbastanza magra. Più alta di te. Due  voglie sulle guance. Pinocchietti bianchi e maglia azzurra. Con un'aliena. Si chiama Eva. La ragazza, dico.».

«Quanta passione».

«...Non sono bravo a descrivere... e non ci sono parole per descrivere lei...».

Ormai sono a pochi passi da List. Vedono il semaforo rosso. Una piccola folla in attesa.

«Semmai me la indichi tu. Vuoi entrare o rimanere fuori? No, forse è meglio se rimani fuori. List non avrà il pienone. Oppure no. Quanta gente! Jordan?»

Jordan è pochi passi dietro di lei. Si è fermato.

Lungo il marciapiede non c’è solo tanta gente. Ce n’è molta di più, una vera e propria calca.

«Sembra successo qualcosa» suggerisce Mollt. Lo prende per mano e lo costringe a proseguire.

Jordan sente una fitta al cuore. Come se avesse un ramo conficcato. È qualcosa che non ha mai provato. Questo gli mozza il respiro.

«Mo…»

«Prova a guardare tu, sei più alto. Chissà cosa… Oh».

Arriva la polizia, l’ambulanza, un’orchestra di sirene l’una insieme all’altra.

«Ommioddio, Jordan, hai visto? Una macchina ha fracassato la vetrina». Si rivolge a una donna lì vicino. «Scusi? Ci sono feriti?»

Jordan è a testa china. Suda freddo. Se Molly non lo tenesse stretto per mano non saprebbe neanche come stare in equilibrio, ma anche così non riesce a sentirsi la terra sotto i piedi.

«Due. Una ragazza insieme ad un'aliena. L'aliena è solo ferita. La ragazza è grave...».

Dario oscilla. Si porta le due dita al collo. Conta.

Uno.

«Oddio! Tu l’hai vista?»

Cenno di diniego.

Due.

«Spostatevi, lasciate lavorare i medici»

Tre.

«Ecco, la stanno portando fuori».

Quattro.

Arretrano. L’onda si ritira sulla sabbia.

Ogni battito è sempre più distante dall’altro, sempre più debole, sempre più ovattato.

Cinque.

Sempre più distante, sempre più debole, sempre più ovattato.

«Oh, Jordan».

Sei.

Molly gli stringe la mano.

Sette.

Non ci vede più. Non ci sente più.

(Bradicardia).

«Andiamocene».

Otto.

Distante, debole, ovattato.

«Andiamo, forza. Jordan? ...Jordan?»

Nove.

Lascia cadere la mano.

«JORDAN!»

Smette di contare.

Il cuore smette di battere.

Dieci.







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Okey... vi avverto subito che dopo questa mia uscita... mi nasconderò
nell'angolino più remoto dell'universo, nel caso che mi vogliate ucci-
dere... non so come mi sia venuta, è proprio orribile... quindi non ab-
biate paura di dirmi quello che pensate... spero solo che abbiate pietà
di me... ho scritto questa cosa perchè mi girava per la testa già da un
pò... e poi ho voluto far finire la mia storia come finisce la vera storia
ma... in maniera più tragica, lo so... mi sono lasciata andare...
* Molly, lo so che sarebbe il nome "alter ego" di Eva, ma mi piaceva
troppo quindi ho dato questo nome alla cugina di Jordan.
*... Eh eh... qui mi sono lasciata andare un pò... dovevo pur dire quan-
t'è figo Jordan? ^///^...



Un bacione enorme Hachi4ever




  
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