Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: May_08    26/08/2010    3 recensioni
"La verità era semplicemente che stavo male dentro. Lo stomaco mi si contorceva al solo pensiero di quelle immagini e il groppone mi saliva in gola, impedendomi di respirare. La verità era che sapevo di non poterlo mai avere. Non l’avrei mai avuto. Non sarebbe mai stato mio."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Introduzione.
Saaalve geenteee! Bene, premetto che questa è la mia prima long, perciò siate clementi! XD E' in cantiere da un po', ma ho sempre "avuto paura" a pubblicarla, per tanti motivi (troppo stupida-troppo banale-no così non va-bleah!!-CANCELLACANCELLA-mio dio che cacchio ho scritto?!?!-Cirinuncio-Che schifo u.u<--i miei pensieri durante la stesura XD)
E' nata da un mio sogno(ehehehehe) riguardante i JoBros(ma vaaa XD). Mi stupisco terribilmente perché nonostante il mio preferito sia Joe, ho sognato Nick u.u Perciò la mia fic riguarderà lui :):)
Come modello per la mia protagonista ho preso Nicole Anderson/Macy Misa in Jonas. Mi sono ispirata molto a lei, perché rispecchia particolarmente il mio personaggio. (vi pubblicherò anche qualche fotina ^^)
NON E' UNA NACY E/O NICKOLE. Semplicemente sia fisicamente che nei modi è adatta. Punto.
Ammetto che per un attimo, quando l'ho vista, mi è venuta la tentazione di sostituirla completamente con il mio personaggio. Però non mi sono convinta del tutto, così ho deciso di non "toccare" la mia protagonista.
Vabbé, questo era tutto quello che c'era da dire. Spero vi piaccia e spero che mi commentiate e mi invogliate a continuare(ho scritto pochi capitoli per il momento).
Ps: so che esistono altre storie con questo titolo, ma si addice troppo alla mia storia per questo ho dovuto metterlo :)
Peace, Love 'n' Jonas.
Vostra May

Can't Have You



1.



Era tutto terribilmente sbagliato. Inequivocabilmente sbagliato. Non c’era niente che andasse bene. Di solito, a diciott’anni, una normale ragazza dovrebbe sprizzare gioia da tutti i pori, godersi la sua gioventù, preoccuparsi solo di guadagnare voti eccellenti a scuola e di divertirsi con le amiche… No. Non era il mio caso. Non trovavo niente di interessante, di stupefacente e di soddisfacente in me stessa e nella mia patetica vita.
Insomma, c’erano una serie di cose che non potevo sopportare e che, ovviamente, non mi rendevano felice.
All’inizio della lista c’era il mio nome.
-Melanie!!! E’ pronta la colazionee!- ecco appunto. Mia madre gridava a squarciagola dal piano inferiore.
Melanie, o meglio Melanie Jane Ebbel. Infantile, ridicolo, “troppo zuccheroso”. Lo odiavo. Tanto che preferivo farmi chiamare Mel, Mels, Mely o addirittura Mela – che era anche peggio- l’importante che non fosse pronunciato il mio nome per intero. “Jane” non lo prendevo nemmeno in considerazione.
-Buongiorno piccola principessa dormito bene?- mi chiese mio padre, John Alan Ebbel, una volta che fui giunta in cucina.
-Mmh-mmh-
-Non sei di molte parole stamattina!-
-Mmh-mmh-
In secondo luogo c’era l’altezza. La lunghezza delle mie gambe non era pervenuta. Ero microscopica, invisibile, minuscola tanto che venivo scambiata per una bambina di dodici anni, nonostante la mia “veneranda” età. Decisamente umiliante.
-Mel sembri uno spaventapasseri-
Mio fratello Jamie amava farmi arrabbiare. Era più grande di me di due anni, infatti frequentava il secondo anno al college.
-Sì Mely sei inguardabile oggi!- cinguettò Hayley, la mia sorellina. Aveva dieci anni ed era insopportabile. Doveva per forza accordare con Jamie su tutto.
Sghignazzarono in coro.
Li guardai storto, addentando in silenzio il mio pancake.
Poi c’erano le mie rotondità. Non che fossi eccessivamente in sovrappeso, ma le detestavo comunque, mi sentivo “orribile”, anche se più di qualcuno mi diceva che erano ben disposte, che mi rendevano assai proporzionata e graziosa. Alcuni affermarono addirittura di preferire le ragazze “con le curve”. Io non ci ho mai creduto, o meglio non volevo crederci, perché la mia bacata mente non riusciva a concepire il fatto che alla fine potessi essere una ragazza carina come tutte le altre. Soprattutto, non mi entrava in testa che “l’apparenza non è tutto.”
In conclusione, mi sentivo un po’ stretta dentro quel corpo.
Diedi una rapida ripulita al mio piatto, per poi fiondarmi di sopra a vestirmi. La divisa era sulla sedia, lavata e stirata come sempre. Afferrai gli abiti e li portai in bagno, trovandomi di fronte al mio peggior nemico: lo specchio. La mia immagine vi si rifletteva, così mi osservai storcendo il naso per il disappunto e sbuffai. Non mi piacevo per niente.
Altro irrimediabile guaio era il fatto che non fossi bionda. Sì perché ero stranamente convinta che se avessi avuto i capelli chiari avrei potuto ottenere il potere, lo sciame di ragazzi e la stima di chiunque.
I miei invece erano di un bel castano intenso, simile al cioccolato, e facevano risaltare i miei occhi verdi smeraldo. Ecco, il colore dei miei occhi era tutto ciò che amavo immensamente di me stessa. Notai che stavo facendo ritardo perciò mi scaraventai giù per le scale, correndo il rischio di rompermi l’osso del collo.
Difatti, un ulteriore problema di cui mi vergognavo era la mia goffaggine. Ero imbranata. Inciampavo nei miei stessi piedi, scivolavo ovunque, specialmente durante le ore di ginnastica. Di conseguenza, non tolleravo lo sport per colpa del mio precario equilibrio. Non partecipavo a nessun tipo di gara sportiva, tanto che preferivo dedicare le ore extra-scolastiche ad attività intellettuali e “meno pericolose”. Seguivo il corso di arte, di fotografia, di musica e facevo parte anche del coro. Sì, tutte cose noiosissime.
-Ciao mamma!! Ci vediamo più tardi!- gridai dal portone di casa.
-Melanie! Melanie il pranzo!-
Mia madre mi raggiunse, tutta trafelata, portando in mano un sacchetto.
-Grazie-
-Buona giornata!- disse sorridendo. Mia madre Grace era sempre felice.
-Ehi Mel!!-
E poi c’era lui, il peggiore dei miei mali. Il mio migliore amico. La causa di tutte le mie paranoie. Non che mi avesse presa in giro o che mi avesse ferita. Tutt’altro. Semplicemente perché volevo essere perfetta ai suoi occhi. Perché lui non era uno qualunque, nel vero senso della parola.
Avvampai improvvisamente, sentendo la sua voce chiamarmi.
-Buongiorno anche a te rockstar!- dissi con ironia e con una calma apparente. Lo fissai per un attimo. Portava la tracolla in una spalla, mentre con l’altra mano reggeva la sua adorata chitarra. I morbidi riccioli erano leggermente scossi dal vento, mentre sul viso spuntò un mezzo-sorriso.
-Siamo di buon umore?!- rispose divertito.
-Può darsi!-
Rise insieme a me.
Lui era Nick, ovvero Nicholas Jerry Jonas dei “Jonas Brothers”, una delle boy band più amate dalle ragazze. Avevo per amico un cantante e musicista di successo, conosciuto in tutto il mondo, insieme ai suoi fratelli Joe e Kevin. Non riuscivo a credere che avevo modo di stare accanto ad un ragazzo, per cui milioni di persone avrebbero fatto follie. Le mie amiche ritenevano che non apprezzassi sufficientemente la mia "buona sorte".

“Mia cara, forse non ti è chiaro che razza di fortuna ti ritrovi!! Possibile che tu sia così ingenua?! L’avessi io!!” disse Allie
“Già-già” ripeteva Lizzie
“E’ Nick Jonas, dico Nick Jonas, pagherei oro solo per poter passare un pomeriggio in sua compagnia!”
“Già-già”
“Lizzie, vuoi smetterla di ripetere già-già?!” gridammo all’unisono io e Allie


Mi venne in mente la nostra conversazione e sorrisi divertita. Dopodiché tornai ad osservare Nick, così cominciai a perdermi nei suoi occhi color cioccolato, mentre parlava di qualcosa a me, in quell’istante, sconosciuto.
- Mely mi ascolti?-
-Uhm?! Oh sì certo-
Era proprio quello il problema sostanziale, il motivo per il quale non mi “accettavo”, perché ero convinta di non essere abbastanza. Non riuscivo a capire la causa del mio insolito atteggiamento, o meglio non volevo capirla, non volevo ammetterlo a me stessa. Ero solo consapevole del fatto che qualunque fosse la ragione, non era niente di giusto. Neanche un po’.
“Sì, è decisamente e maledettamente tutto sbagliato”

  
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