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Autore: harinezumi    27/08/2010    3 recensioni
Arthur Kirkland è un impegnato banchiere a Londra, che sembra impiegare il proprio tempo solo ad accumulare denaro. ma un giorno eredita la villa dello zio in Francia, dove riscopre emozioni che aveva da tempo soppresso.. {una rivisitazione in chiave "hetaliana" del film omonimo del 2006; probabilmente lo ammazzerò a colpi d'ascia, siete avvertiti *-*}
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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capitolo uno – in cui si viene a conoscenza di Mr. Kirkland

 

{qualche vendemmia fa – Francia}

Un ragazzino dagli scarmigliati capelli color paglia sta seduto sulla sedia da giardino in ferro, dondolando le gambe che non toccano terra. Ogni tanto aggrotta le folte sopracciglia, osservando con aria sempre più nervosa la scacchiera sul tavolo davanti a lui e i pezzi che vi sono disposti sopra.

Annoiato da tutto quel pensare alla prossima mossa da fare, alza gli occhi sulla sedia vuota di colui che fino a poco prima stava giocando a sacchi contro di lui. È entrato a prendere da bere, quel suo zio che non si cura affatto dei suoi dieci anni, e gli offre sempre il vino; probabilmente si è stufato di aspettare che il ragazzino faccia la sua mossa, rimandata in continuazione perché è ormai imminente la sua sconfitta.

Il viale della villa dello zio è vuoto e solitario, ma tra gli alberi che lo costeggiano spira sempre dolcemente il vento. È un buon posto per mettersi a giocare a sacchi, a pochi passi dalla porta di servizio della cucina.

Il ragazzino sbircia proprio all’interno della cucina, cercando con gli occhi lo zio. Vedendo che è sparito verso l’atrio, prende curioso il sigaro che ha lasciato nel posacenere, e se lo posa sulle labbra, senza tuttavia inspirare. Un’altra occhiata alla porta e allunga la mano verso un pedone avversario della scacchiera, spostandolo.

Fa appena in tempo a barare in quella maniera spudorata e a riposare il sigaro al suo posto, che lo zio è tornato, e gli allunga due bottiglie, entrambe di vino rosso, perché scelga.

«Visto che è la tua ultima notte qui, Arthur, pensavo di stappare qualcosa di speciale» spiega Henry, lanciando solo uno sguardo alla scacchiera, ma senza dire una parola a proposito del pedone spostato.

«Bandol» indica Arthur, con decisione, toccando con l’indice una delle due bottiglie.

«Ottima scelta» afferma lo zio Henry. «È un vino davvero forte…». E parte con uno dei suoi aneddoti. Allo zio piace raccontare aneddoti, e parlare in quella maniera studiata.

Arthur già si aspetta la morale di tutta la faccenda, che arriva puntualmente, mentre lui finge di essere ancora concentrato sulla scacchiera e beve ogni tanto sorsi dal calice che gli è stato offerto.

«Arthur, ti ho mai detto perché faccio il vino?»

«Ma non sei tu a farlo, zio Henry. È quel tale Vargas».

«In Francia, è il proprietario terriero che fa il vino. E mi piace farlo perché il vino è assolutamente incapace di mentire». Piccola pausa ad effetto, tipica di Henry, mentre i suoi occhi si fissano su quelli del nipote, ora che è di nuovo seduto davanti a lui. «Ora che sai perché amo così tanto il vino… non c’è qualcosa che vorresti dirmi?»

Arthur ignora il riferimento alla loro partita a sacchi, e sorride innocentemente, sorseggiando un altro po’ di vino e successivamente posando il calice. Sporgendosi sul tavolino, prende il proprio cavallo e lo sposta davanti al re, alzando poi gli occhi sullo zio. «Sì. Scacco matto».

«Che piccolo bastardo!»

 

{molte vendemmie dopo – Inghilterra, a Londra}

Quel tipo in completo nero, auricolari e microfono non somigliava affatto al ragazzino degli scacchi, mentre era intento a spronare con parole seccate ogni singola persona nell’ufficio. Il suo assistente, giovane e inesperto per quanto diligente, continuava a seguirlo da una scrivania all’altra, tenendo tra le mani fasci di carte e libri, assieme ai due cellulari di Arthur Kirkland.

«Il segreto della ricchezza, mezzeseghe… è lo stesso della commedia» affermò Arthur, salito sul soppalco dove si trovava il suo ufficio di broker, sopra a quelli degli impiegati, ai quali ora parlava in un tentativo di incoraggiamento. «… i tempi».

«Siamo a 115.10…» squittì ansiosamente l’assistente di Arthur con la sua vocina bassa e tremula, osservando preoccupato il monitor appeso sulla parete dall’altra parte dell’ufficio.

«Non ancora, Alf» rispose stancamente il signor Kirkland, appoggiandosi con le mani alla balaustra e fissando il monitor a sua volta, incurante del fatto che tutti aspettavano ansiosamente un suo ordine.

«Perché continui a chiamarmi Alf? Il mio nome è Matthew…» mormorò l’assistente, con un tono all’inizio un po’ contrariato, ma via via affievolendo la voce e abbassando lo sguardo. Era leggermente più basso di Arthur, aveva i capelli biondi con un buffo ciuffo sulla testa e gli occhi azzurri; gli scivolavano in continuazione gli occhiali dal naso, e nonostante tutti lo maltrattassero e ignorassero era docile come un agnellino.

«Non ho tempo adesso, Alf…» lo liquidò infatti Arthur con un gesto stizzito della mano.

 «Siamo a 116.10… la gente comincia a comprare…» balbettò Matthew, che aveva scaricato il suo carico di roba sulla scrivania di Arthur e leggeva lo schermo del computer. Ma non ebbe il coraggio di aggiungere altro.

«Ok, vendi» disse all’improvviso Arthur.

Immediatamente, l’ufficio si riempì di urla e squilli di telefono, mentre la maggior parte degli impiegati si alzava in piedi e cominciava a vendere le azioni, gesticolando. Fu solo quella sera che quel brusio si acquietò, quando tutto l’ufficio si ritrovò attorno ad Arthur, mentre qualcuno stappava addirittura lo champagne.

«Congratulazioni, abbiamo fatto uno spettacolare mucchio di soldi a spese altrui!» esclamò allegramente Arthur, salito in piedi su una delle scrivanie, mentre gli impiegati lo acclamavano. «Ricordatevi… vincere non è tutto…».

Un coro di voci finì la frase con lui: «… è l’unica cosa».

Già, vincere era diventata la ragione di vita di Arthur Kirkland. Amava la sensazione di potere quando giocava in quel modo con i titoli azionari, amava il fatto che la gente lo trovasse temibile e spaventoso, per quanto stronzo e senza amici. Gli affari sembravano essere l’unica cosa che lo interessasse: non aveva nemmeno una fidanzata, perché non aveva tempo né voglia per una cosa del genere; a quel tipo di cose pensavano più gli stupidi francesi.

Lui recitava la parte di un dannato gentleman, e insieme era una di quelle persone che ti fregano e ti guardano annegare nella disperazione con il sorriso in faccia.

***

«Sono pronto per le e-mail dei fan» esclamò allegramente Arthur, entrando nel suo lussuoso ufficio e chiudendo la porta vetrata dietro di sé. Si sedette mollemente sul divano, attendendo che Matthew prendesse parola, mentre quello impacciato si aggiustava gli occhiali.

«Ehm… questa dice che sei un bastardo» mormorò l’assistente leggendo il foglio, in piedi davanti a lui. «Questa che dovresti bruciare all’inferno… anche quest’altra… questa dice “muori”. Ah, questa dice “sei il mio eroe”!»

«Chi la manda?» chiese Arthur, sorpreso, smettendo di compiacersi per gli insulti che gli venivano rivolti, che avevano come unico effetto quello di far accrescere la sua stima in sé.

«Il tuo avvocato».

«S-senti Arthur, quest’altra viene dalla Francia» mormorò dopo un po’ Matthew, con gli occhi fissi sull’ultimo foglio di e-mail stampate. «Credo che dovresti leggerla da te…» continuò, passandolo al proprio capo con aria assolutamente afflitta.

Arthur lo prese tra le mani, lanciando al suo emotivo assistente un’occhiata perplessa. Ma quando lesse ciò che c’era scritto nella lettera gli si seccò la gola ed impallidì visibilmente, mentre non ascoltava più Matthew biascicare con quella sua vocina che certo non si confaceva ad un uomo. Tornò a sentirci quando ormai quel discorso era giunto alla fine.

«… sembra che tuo zio non abbia scritto un altro testamento in questi vent’anni, così hai ereditato la sua proprietà, in quanto ad unico parente stretto. Il notaio francese ci ha messo un mese per rendersene conto e avvertirti…»

«Il che è tipico di quei mangiarane» reagì finalmente Arthur, con uno sbuffo stizzito. «Dovrei decisamente vendere tutto, anche il vigneto. Va bene, che dovrei fare?»

«Hai un appuntamento con il notaio francese alle tre di domani pomeriggio. T-ti ho prenotato un aereo».

«Kenny!» esclamò Arthur, alzandosi in piedi e arrossendo immediatamente per la rabbia. Come aveva osato quella parodia di assistente? «Non ho intenzione di andare in Francia, mi sembra evidente che ho molto da fare qui e…»

«M-ma hai ereditato ogni cosa… e non volevi bene a tuo zio? Quando gli hai parlato l’ultima volta?» cercò di chiedere l’assistente, ignorando ancora una volta il fatto che il suo capo non si fosse ricordato il suo nome.

«Certo che gli volevo bene!» sbottò Arthur, come se il solo confessarlo fosse una cosa spregevole. «Ma non ci rivolgevamo la parola da molto tempo».

«E perché mai?»

Arthur sospirò, passandosi una mano sul viso ed avvicinandosi alle vetrate dell’ufficio, al quarto piano, per guardare giù. «Ha probabilmente a che vedere con il fatto che sono diventato uno stronzo».

«Quanto grande è questa tenuta? Posso cominciare a cercare degli acquirenti mentre tu sei via!» si affrettò a cambiare argomento Matthew, decisamente poco convinto che tirare fuori i buoni sentimenti di Arthur fosse una cosa positiva.

«Sono undici ettari… c’è il parco, il vigneto, la piscina…» mormorò il suo capo, senza togliere gli occhi dall’affollata strada londinese sotto di loro.

«Lascia fare a me! Vedrai, non dovrai preoccuparti d’altro che di fare questo viaggio, ci metterai un giorno al massimo» disse con entusiasmo Matthew.

 

 

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*non uccidetemi*

salve a tutti (cioè buon sonno a voi che avete il buonsenso di dormire)! ho deciso di inserire questa storia nella notte e nel buio, perché in verità l’idea mi ha preso parecchio, ma non so com’è venuta e ho il terrore di farla leggere °-° quindi è probabile che prima di mattina ci ripensi ed elimini tutto xD

per il titolo ho mantenuto quello inglese “A Good Year”, in italiano s’intitola “Un’ottima annata”. mi scuso in anticipo se per qualcuno rovinerò quel bel film ç_ç

questo più che un capitolo è un breve prologo (infatti non succede una cippa); ho cercato di attenermi alla trama e alle scene del film, tranne per il finale che ho stravolto completamente a mio piacimento (per dei motivi validi eh u.u). è possibile che i personaggi risultino un po’ OC, ma conosco Hetalia appena da un mese e comunque spero di essere giustificata, li ho sballottati in un AU é.è

per quanto riguarda la scena di Arthur che vende le azioni (o almeno credo siano tali) °-° ehm… io non so come funzioni il mondo della finanziaria, ho scritto tutto a casaccio.

un’altra cosa che devo dire è che non ho nessunissima esperienza in scene yaoi a raiting alto u.u’ perciò ho messo arancione, spero che non me ne vogliate se non riuscirò a fare un granché.  

beh che dire ancora, buonanotte e sogni d’oro a tutti :D

harinezumi

  
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