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Autore: Meggie    27/08/2010    16 recensioni
Michiru la osservava di continuo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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NOTHING WITHOUT A WOMAN

Michiru vedeva ciò che per gli altri era il nulla. Aveva degli occhi capaci di catturare il più piccolo attimo, il più piccolo gesto. Aveva degli occhi capaci di cogliere l’essenza delle persone. Aveva occhi che racchiudevano un po’ di quel mare che amava tanto. Aveva degli occhi profondi, sfuggenti, pericolosi.

Michiru era riuscita a vedere oltre ogni cosa e per questo aveva lo Specchio. Così, poteva vedere anche oltre il cuore delle persone, oltre il bene e il male.

Con Haruka, però, non le era mai servito niente del genere. Le era bastato vederla. Un’occhiata sfuggente e si era donata a lei. Per la prima e unica volta nella sua vita aveva lasciato che qualcuno oltrepassasse quella barriera di indifferenza che si portava addosso. L’aveva lasciata entrare perché l’aveva guardata negli occhi e aveva visto il suo destino.

E il suo destino era lei.

Ogni tanto, sperando di non essere vista, la osservava ancora. La osservava di continuo. Come si osserva qualcosa di raro a prezioso. Un’opera d’arte. D’altra parte, per lei, Haruka era esattamente quello.

La guardava mentre dormiva, con i capelli biondi che le donavano un’insolita aria angelica, così diversa dall’aria da dura che voleva sempre sfoggiare.

La guardava mentre cucinava, arrabbiandosi e maledicendo sottovoce i fornelli e le pentole e tutto quanto, quando qualcosa andava storto. E andava sempre storto qualcosa.

La guardava mentre si lavava i denti, con l’aria assonnata, i capelli disordinati, e la postura con il minor grado di eleganza immaginabile.

La guardava mentre leggeva, assorta e silenziosa e bellissima, rannicchiata in un angolo del divano, prima di andare a letto. Proprio come quel momento.

Michiru si spostò dallo stipite della porta contro cui era appoggiata e si avvicinò ad Haruka, con passi silenziosi, appoggiando i piedi nudi sul pavimento per poi strisciando sul divano per accovacciarsi accanto a lei. “Che leggi?”

Le appoggiò la testa sulla spalla nuda, sbirciando le pagine del libro e riuscendo a captare solo qualche frase.

“Niente di importante, aspettavo te, ci metti sempre le ore in bagno” borbottò Haruka chiudendo il libro e appoggiandolo sul tavolino davanti a loro. Michiru ridacchiò contro la sua spalla e lei riuscì a sentire il tremolio della voce di Michiru direttamente sulla pelle. E la fece rabbrividire.

“Devo essere bella, per forza devo metterci del tempo”

Haruka scosse la testa. Evitò di dirle che non aveva di certo bisogno di trucchi, ore in bagno, e chissà quant’altro per essere bella. Michiru faceva già girare la testa a troppi, che essendo uomini, ed essendo anche stupidi, pensavano di poterla conquistare con qualche parola carina, un mazzo di fiori e un appuntamento.

Pensavano di conquistarla come qualsiasi altra donna.

Non avevano capito niente di Michiru, era evidente.

“Devi solo andare a letto, non pensavo ci volesse così tanto tempo”

“Pensavi male” mormorò Michiru, spostandosi dalla sua spalla e sorridendole con aria furba. Allungò una mano fino a sfiorare con la punta delle dita il viso di Haruka, accarezzandola poi lungo il collo e la spalla, fino ad incontrare il cotone della canotta.

Silenziosa come solo lei sapeva essere, ed elegante come sempre, le appoggiò una mano sul ginocchio, facendole distendere leggermente le gambe rannicchiate sotto di lei. Le si avvicinò ancora di più, guardandola da sotto le ciglia e osservando l’espressione quasi impassibile di Haruka. Ma c’era quella luce negli occhi e quella piega nelle labbra che trasmetteva una nota di divertimento. E lei, lei che la guardava di continuo, sapeva riconoscere tutto.

Le scivolò addosso, portando una gamba oltre il suo corpo e sedendosi sopra di lei. Haruka inclinò la testa, ora visibilmente divertita da tutto quello. “Che stai facendo?” disse, sorridendole e appoggiando le mani sui suoi fianchi, coperti dalla leggerissima canotta del pigiama, che lasciava decisamente poco all’immaginazione.

Ma c’era solo lei, Michiru era solo sua, quindi non se n’era mai lamentata. Sarebbe stata stupida a farlo.

La stoffa era quasi inconsistente sotto le sue dita. Era liscia e morbida, e ricadeva sul corpo di Michiru come una carezza.

Michiru si scrollò i capelli dalle spalle e le sorrise. “Sto cercando di sedurti…” mormorò, facendo scorrere le mani sulle sue braccia, accarezzandola piano, gustandosi con il tocco delle dita la pelle di Haruka.

Haruka scoppiò a ridere, inclinando la testa all’indietro e permettendo a Michiru di allungarsi per baciarle il collo. “Stai cercando? Non è che ti serva un grande sforzo, sai…”

Michiru non le rispose, troppo presa dal lasciare una scia leggera di baci umidi e talmente lievi da sembrare quasi irreali. Ma erano verissimi. Haruka riusciva a sentire la pressione delle labbra di Michiru contro la pelle, riusciva a sentire il suo respiro caldo e i colpetti leggeri che ogni tanto le dava con la punta del naso.

Michiru si allontanò da lei, i suoi occhi ora erano più scuri, le ciglia leggermente abbassate le conferivano un’aria ancora più misteriosa di quanto già non possedesse abitualmente. Senza dire una parola fece scorrere le mani sulle proprie braccia, fino ad arrivare alle minuscole spalline di quella canotta dal tessuto inconsistente che indossava. Le abbassò, fermandosi solo un attimo dal spingerle completamente verso il basso, per slacciare il fiocchetto che adornava il bordo superiore. Allentando il cordino che permetteva al tessuto di arricciarsi attorno ai seni, riprese a spingere verso il basso le spalline e poi l’intera canotta.

Haruka non spostò mai lo sguardo dal viso di Michiru. Si dimenticò di respirare, quello sì, perché quando vedeva Michiru in quello stato non riusciva mai a ricordarsi bene cosa doveva fare per sopravvivere. Era abbastanza guardarla. Guardarla e basta. Guardarla mentre spingeva quello che un tempo era stato il suo pigiama,  attorcigliandolo attorno alla vita. Guardarla mentre le restituiva uno sguardo di sfida, di devozione. E con talmente tanti altri sentimenti che ogni tanto sembravano quasi troppi.

Haruka si sporse verso di lei, baciandola sulle labbra mentre le sue mani percorrevano la sua schiena ormai nuda. Michiru gemette, premendosi contro di lei e infilandole le mani tra i capelli, attorcigliando le dita attorno alle ciocche bionde.

“Vuoi andare a letto?” mormorò Haruka contro le sue labbra premendo il palmo della mano sulla sua schiena per farla rimanere lì, ferma, contro di lei. Come se Michiru, poi, avesse qualche desiderio a spostarsi.

Michiru annuì, baciandola piano e allacciando con forza le gambe contro la vita di Haruka.

E Haruka non se lo lasciò ripetere. Si alzò dal divano, assicurandosi che Michiru non cadesse, e si avviò verso la loro camera da letto continuando a baciarla.

Il libro che stava leggendo solo qualche istante prima rimase abbandonato sul tavolino.

*

Michiru amava osservare. E osservare Haruka era uno dei suoi passatempi preferiti.

La guardava di continuo, cercando di coglierne ogni sfumatura, ogni più piccolo dettaglio. E si ritrovava a scoprire di continuo che amava tutto, tutto quanto.

E la guardava in quel momento, sdraiata a pancia in giù sul letto, con il lenzuolo che  non riusciva a coprire che una misera parte de suo corpo. Per fortuna. Le braccia piegate sotto il cuscino, il viso appoggiato sopra di esso e l’espressione serena.

Stava dormendo e Michiru la trovava bellissima. Ogni tanto glielo diceva, ma Haruka non le credeva mai. Si metteva a ridere, la guardava fisso per qualche istante e poi scuoteva la testa, come se fosse stata senza speranze.

Michiru, senza speranze, lo era veramente.

Ma per motivi totalmente diversi.

Motivi che riguardavano sempre e solo Haruka. Haruka che non amava essere guardata, ma che lei non riusciva a fare a meno di osservare come se fosse stata il più bello dei suoi quadri.

Dipingeva ogni tratto nella sua mente, cercando di ricreare quella ragazza che le aveva rubato tutto, il cuore, la vita, il futuro, ma non era mai riuscita a terminare quel quadro immaginario.

Michiru sospirò, avvicinandosi ad Hakura e appoggiando la testa sulla sua spalla. E pensò che, forse, aveva bisogno ancora di tempo. Di qualche dettaglio in più. Di un’ulteriore sfumatura.

E fino a quando il tempo era dalla loro parte, Michiru avrebbe continuato il suo lavoro, proprio come aveva sempre fatto. Con devozione e precisione.

Haruka era il più bel ritratto di sempre, e non aveva neppure dovuto crearlo.

Note: COS’E’ QUESTA COSA? T_T Non lo so, ok? Non lo so proprio.
Prima di tutto, è colpa della mia twit-list, che è formata da folli che si guardano Sailor Moon tutti insieme, tipo famiglia felice. Seconda cosa, è colpa di Liz, perché è sempre colpa sua. E voglio dire *indica cos’ha scritto*, è CHIARAMENTE colpa sua. Io che scrivo yuri. Cioè. Senza mai aver letto qualcosa, tra l’altro (forse un paio. E giusto perché chi le ha scritte era, appunto… Liz?). Quindi se fa schifo, ecco, sapete perché :X
E niente, stanotte l’ho pensata e oggi l’ho scritta. Doveva essere anche più piccina e indolore, ma si sa che con me le cose difficilmente sono piccine.
E basta, spero non faccia troppo schifo. A me, tutto sommato, non dispiace neppure O.o

Ah, nota sul titolo: viene dalla canzone “It’s a man’s man’s man’s world”. C’entra poco (o niente) con la storia, ma mi piaceva troppo :3

   
 
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