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Autore: callistas    27/08/2010    16 recensioni
Ciao a tutti! Ogni tanto devo pubblicare qualcosa,altrimenti va a finire che mi dimentico come si usa l'html. Dunque... A parte che il titolo direbbe già tutto, ma anticipo qualcosa: Hermione non vuole dare a Draco una certa... cosa. Ma cosa? Spero perdiate un secondo del vostro tempo per darci un'occhiata. Grazie in anticipo!
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Me la fai annusare? Hola carissimi!
^_^
Sono tornata con una cazzatina, giusto per non perdere l’abitudine. A dire la verità avevo programmato solo il primo pezzo. Poi, come al solito, non sono stata capace di fermarmi e ho continuato a pigiare i tasti sulla tastiera (ma va? Pensavo sul pianoforte…) ed ecco qua questa cosuccia.
Spero vi piaccia.
In attesa di meglio.









Me la fai annusare?




“Dai, ti prego Granger… fammela annusare. Solo un pochino…”
“Merlino, Draco! Ho detto di no!”
“Ma che ti costa? Un’annusatina veloce veloce! Non te ne accorgerai nemmeno!”
Hermione prese il libro che stava leggendo e andò a sedersi da un’altra parte, visto che la presenza assillante di Draco Malfoy, alias il suo fidanzato, non si decideva ad evanescere da sola.
“Mione… Mionuccia… Mionuncina… ti prego… un’annusatina! Ehi! Ho fatto anche la rima!” – fece un alquanto stupito Draco.
Hermione lo fulminò con lo sguardo per l’oscena storpiatura del suo nome.
“Smettila.” – lo rimproverò lei.
Dietro di lei, Draco saltellava, sperando in una sua clemenza.
“Dai… un’annusatina proprio veloce veloce!” – fece lui, con gli occhioni che brillavano.
“No, perché poi non ti fermeresti all’annusatina.” – rispose lei, che lo conosceva come le sue tasche. Hermione si sedette sulla poltrona di vimini, posta nel patio, si rilassò contro lo schienale, per quanto l’insistente sguardo di Draco le fosse perennemente davanti. Per rimediare, alzò di qualche centimetro il libro, coprendosi totalmente la visuale.
“Ti giuro che mi fermerò! Posso fermarmi!”
Stizzita, Hermione mise a terra il libro e lo guardò in faccia, sfidandolo a ripetere quella colossale bugia.
“Non mentirmi!”
Colto in flagrante, Draco mise su un broncio che fece vacillare la sicurezza di Hermione.
“Io… ma che ti costa?” – sbottò il biondo, colto sul vivo. – “E’ chiedere tanto? Sei la mia fidanzata o sbaglio?”
“Questo non include che io debba lasciarti fare tutto quello che vuoi!”
Avvolto dalla frustrazione, Draco fece l’ultima cosa che si era ripromesso di fare: si prostrò ai piedini della sua ragazza.
“Hermione, amore mio…” – disse, iniziando con la stessa serietà con la quale si potrebbe formulare una proposta di matrimonio.
La riccia alzò gli occhi al cielo, ma non si sforzò più di tanto di negare a se stessa che quando Draco si comportava in quel modo la faceva sentire la padrona del mondo.
“… luce dei miei occhi, fonte di tutte le mie gioie, dea scesa tra i comuni mortali per arrecare gioia alla mia vita, ti prego… ti supplico, ti scongiuro! Fammela annusare!”
“Draco… e sentiamo. Dopo averla annusata cosa vorresti farle?”
Draco, colto da una sorta di raptus maniacale, continuò a descrivere ciò che avrebbe fatto volentieri in seguito.
“Oh…” – si umettò le labbra, sinceramente incerto di essere in grado di proseguire. – “… sarebbe cortese da parte tua se me la facessi anche toccare… con queste dita.” – disse, mostrandogliel, facendo sfregare i polpastrelli. – “Le darei anche una leccatina veloce, giusto per non dimenticarmi il sapore…” – gli occhi del ragazzo erano ormai spiritati. – “… la… la leccherei per il lungo e il largo, la bagnerei per bene e… e la succhierei.” – concluse, chinando di colpo la testa.
Hermione, dal canto suo, era a dir poco sconvolta.
“Se te la do, prometti che questa è l’ultima volta?”
La testa di Draco si alzò alla stessa velocità di quando si era abbassata.
“LO GIURO SOLENNEMENTE!” – urlò il biondo.
“E allora prenditela!”
Draco si aprì in uno smagliante sorriso e corse dentro casa per prendere la tanto bramata e ultima sigaretta.




Ecco qua. A dire il vero volevo troncarla qui, ma come già detto, non ne sono stata capace.
Eccovi il seguito.




Tornò dalla sua fidanzata, totalmente stravolto. Dovette appoggiarsi più di una volta a dei sostegni per arrivare da lei sulle sue gambe.
Hermione lo fissò, incredula che la dipendenza dal fumo potesse ridurre un uomo in quelle pietose condizioni. Draco collassò sull’altra poltrona di vimini e chiuse gli occhi, come se gli avessero appena diagnosticato il cancro.
“Soddisfatto?” – chiese la ragazza, senza sollevare gli occhi dal suo libro.
Draco si girò e la fissò con uno sguardo liquido, lo stesso che aveva dopo che avevano fatto l’amore.
“Sì…” – disse, la voce ridotta a un flebile sussurro.
Stizzita, Hermione chiuse di scatto il libro.
“A proposito… non dovevi dirmi qualcosa?” – chiese, ripresosi quel tanto che bastava per dedicare a Hermione la dovuta attenzione.
La ragazza, però, non accennò ad aprir bocca. Sistemò la coperta che aveva sfatto e rientrò in casa, mentre un curioso Draco la seguì con lo sguardo.
E poi le andò dietro.

Hermione non ci poteva credere.
Tutto quell’erotismo per una… SIGARETTA! Se prendeva chi le aveva inventate lo avrebbe trucidato con il Cruciatus!
“Mione, fermati!”
Ma per tutta risposta la ragazza aumentò l’andatura e di conseguenza anche Draco.
“Hermione, ma che ti prende?” – le chiese una volta raggiunta. La fece girare e s’impanicò quando la vide piangere. – “Ma… che succede?”
“Niente!” – urlò lei e divincolandosi dalla sua presa. Scappò in camera, sperando che Draco non la seguisse.
Ah, vana speme!
L’attimo successivo alla chiusura della porta dietro di lei, questa si aprì di nuovo, facendo entrare un preoccupatissimo Draco.
“Hermione, cosa succede?”
“Niente! Torna dalla tua sigaretta!” – urlò la ragazza dai cuscini.
A Draco venne da ridere.
“Non… non mi dirai che sei gelosa di una sigaretta, vero?” – disse, andando a sedersi accanto a lei.
Hermione si alzò, furiosa.
“No, Malfoy! Non sono gelosa di una sigaretta! È che tu sei cieco come le talpe!”
La cosa si stava facendo sempre più strana. Che c’entravano le talpe, adesso?
“Hermione, con calma… vuoi spiegarmi che succede?”
“Oh… hai del tempo da sprecare con me, adesso? Va ad annusare e a leccare la tua sigaretta!” – fece per buttarsi di nuovo sul cuscino ma lui, con sorprendente velocità, la fermò e la obbligò a guardarlo in faccia.
“Mione?” – non sapeva se ridere o se piangere.
“Mione un corno!” – urlò lei.
E Draco finalmente lo notò. Notò quella piccola ombra di terrore che velava gli occhi di Hermione da un mese a quella parte. Non vi aveva badato più di tanto, perché pensava fosse per il progetto della sua ragazza che aveva presentato al ministro: un’intera area di verde da adibire a parco giochi con annesso un giardino botanico. Era una cosa molto importante per lei e ancora il ministro non si era pronunciato al riguardo.
“E’ per il progetto Area Sicura? Perché il Ministro non ti ha ancora detto niente?”
I campanelli d’allarme di Draco suonarono a festa quando vide lo sguardo incendiato di Hermione. L’attimo successivo, ricordò.
“Oh cazzo…”
“Tu… tu…”
“Aspetta, non arrabbiarti, dai… me l’ero scordato!” – tentò di difendersi lui.
“Ma la leccatina alla tua sigaretta non te la scordi, vero? Va al diavolo, Malfoy!” – urlò con quanta più foga aveva nei polmoni.
I capelli di Draco veleggiarono all’indietro, tanta fu la forza di quell’urlo. L’attimo successivo gli ricaddero davanti agli occhi, tutti spettinati.
“Hermione, di cosa stai parlando, allora?”
“Scordati che te lo dirò, biondastro!”
Draco iniziò a pensare a quali fossero le cose che Hermione odiava più di ogni altra cosa al mondo.

1.    Dimenticare anniversari, compleanni o date comunque importanti.
2.    Dimenticare di ritirare dalla tintoria i vestiti, in previsione di un gala o di un avvenimento mondano importante.
3.    Dimenticare di cambiare il rotolo della carta igienica.
4.    …

Non gli sembrava che ci fosse altro. Quelle erano di sicuro le cose più importanti per Hermione. Il resto passava sempre in secondo piano.
Ma evidentemente, qualcos’altro c’era.
Ma cosa?
“Mione… dimmi cosa non va.”
“NO!” – tuonò la ragazza.
“Ma se non me lo dici come faccio a…”
Sembrava di stare al raduno dei campanelli, da tanto che quelli di Draco stavano suonando.
“Io ci ho provato, zuccone! Ma tu eri sempre impegnato!”
“Io…” – non volle nemmeno provare ad azzardarsi a rispondere così si arrese. – “… hai ragione. Ora vuoi dirmi cosa non va?”
La ragazza, incerta, prese fiato tre-quattro volte prima di fornirgli una risposta, a suo dire, chiara.
“Sono in ritardo.”
Draco sospirò.
“Tutto qui? Merlino, Granger! Tutto ‘sto casino per un po’ di ritardo?”
Hermione lo fissò con tanto d’occhi.
“Ma…” – per non parlare di quando lo vide avviarsi verso il suo armadio e cercare tra i suoi vestiti. – “… che cosa stai facendo?”
“Non ti preoccupare. Ora risolvo la faccenda. Dove devi andare?”
Hermione era entrata nel panico. Ma era scemo o cosa?
“Ma cosa stai dicendo?”
“Hai detto che sei in ritardo, no? Bene, provvediamo subito a non farti perdere altro tempo. Con chi ti vedi? E bada bene che non sia Lenticchia o San Potter o peggio, tutti e due, perché li eviro! Quei due, ultimamente, ti guardano troppo insistentemente per i miei gusti. Opterei per un pantalone e un maglione a collo alto. Così almeno non prendi freddo. E quei due avranno gran poco da guardare. Ti vanno questi?” – quando si girò, Draco non si aspettò minimamente di ottenere, al posto di un “grazie”, un sonoro schiaffone da Guinnes dei Primati.
“TI ODIO!” – urlò la ragazza, per poi smaterializzarsi da qualche parte a sua insaputa.




“… io l’ho sempre detto che oltre ai capelli, quello ha il cervello ossigenato!” – fu il laconico commento di Ron Weasley, divenuto ormai Play-Station dipendente.
Ginny Weasley roteò gli occhi e staccò la spina dalla play, con sommo orrore di Ron, che era riuscito a raggiungere il livello 5 de “Il Codice Da Vinci.”
E mentre il rosso si esprimeva pittoricamente nei confronti della sorella, che manco lo calcolava di striscio, Ginny andò da Hermione e cercò di consolarla.
“E cosa pensi di fare, adesso?” – le chiese, accarezzandole la testa.
“Non lo voglio più vedere!” – replicò immediatamente la riccia.
“E non avevo salvato…” – intervenne Ron, con gli occhi spalancati di fronte allo schermo, ormai nero.
Ginny lo guardò, commiserandolo.
“Non essere sciocca. Hai fatto carte false per stare con lui e ora non lo vuoi più vedere?” – le fece notare.
Hermione la guardò. Sapeva bene che non lo avrebbe mai fatto, ma in quel momento le sembrava un’opzione decisamente interessante.
“Non mi ascolta mai…” – disse la riccia, con sofferenza. – “… continua a farsi assegnare dei lavori in ufficio! Rientra tardi e non stiamo mai insieme!”
“E non avevo salvato…” – cantilenò Ron, sul punto di una crisi di nervi.
Ginny grugnì in sua direzione, sperando di essere stata più esplicita.
“E ha ripreso anche a fumare.” – nuove lacrime si aggiunsero a quelle nuove, mentre Ginny cercava di non ridere.
“Secondo me è un periodo… passerà.”
“E quando? Gli parlo e non mi ascolta!”
“E non avevo salvato…”
“Silencio!” – urlò Ginny, ben poco paziente in quel momento.
Ron si ritrovò boccheggiante e iniziò a correre da una parte all’altra della stanza, tenendosi la gola e bocheggiando ai quattro venti.
“Gli chiedo di non fumare perché mi da fastidio, ma invece di smettere cambia posto! Che devo fare?”
“Glielo hai mai detto apertamente?”
“Giuro che ci ho provato, Ginny! Ma o fa finta di niente o…” – lo sguardo di Hermione divenne vitreo e la rossa se ne preoccupò non poco.
“O cosa? O cosa, Hermione?”
“O… o lo sa già e non ne vuole sapere.” – la riccia si girò verso l’amica, tutta impanicata. – “Lo sa ma non lo vuole! Sarebbe mezzosangue! Non… non vuole figli mezzosangue! Lui…”
Nel bel mezzo del vaneggiamento, Ginny la schiaffeggiò, lasciandola muta.
“Scusa…” – fece la rossa, leggermente in imbarazzo per quell’azzardo. – “… Hermione, tu vaneggi. È rimasto con te in barba al suo nome e alle minacce dei suoi genitori. Io credo che se ti ha preso allora prenderà anche questo.”
“Ma… non era previsto…”
“Perché? Albus sì, secondo te?” – chiese la rossa, con un sopracciglio alzato. – “Adesso vieni con me.”
“Dove?”
“Facciamo un bel bagno caldo e poi metti in bocca qualcosa.”




Nel frattempo.
“POTTER! POTTER DANNAZIONE A TE! RISPONDI!”
Harry si sbrodolò il cappuccino sulla divisa linda e pulita di Auror, che Ginny gli aveva premurosamente fatto trovare sull’appendino quel mattino.
“Fanculo e doppio fanculo!” – mormorò il moro, guardando il danno. Fortuna che era un mago. – “Gratta e netta!” – e la divisa tornò come prima. – “Porca troia, Malfoy! Sai dov’è il mio ufficio, no?” – sbraitò Harry, quando lo vide entrare come una furia nella stanza.
“Poche ciance, Potter! Lei dov’è?”
“Lei chi? La frase, oltre che da un predicato verbale e un complemento oggetto è composta anche dal soggetto. Se non lo metti l’interlocutore non può…”
“Cazzo è, Potter? Una lezione di grammatica? Hermione! Dov’è?”
“Mi risulta sia a casa tua, o no?”
“Se te lo chiedo, significa l’esatto opposto, non credi?”
“E sentiamo… che hai fatto stavolta?”
“Perché dai per scontato che sia… ok, ok… non guardarmi così. Mi ha mollato uno schiaffo! Guarda!” – Draco girò la faccia e gli mostrò la patacca viola che gli si stava formando in faccia.
Harry fece una faccia solidale con il biondo. Doveva avergli fatto un gran male.
“Eppure lo sapevi che Hermione sa usare bene le mani.”
“Oh, tranquillo. Lo so benissimo…”
Harry divenne bordeaux.
“Un’altra battuta simile su Hermione e ti caccio a pedate!”
“Suvvia… ok, che ti chiamano San Potter, ma non credevo fossi santo fino a questo punto.”
“Sei l’unico che mi chiama “San” Potter, Malfoy. Che hai fatto per meritarti una cosa simile?”
“Niente! Lo giuro!” – si affrettò ad aggiungere. – “La stavo aiutando a scegliere un vestito per vedere te e Lenticchia, ma mi ha preso a schiaffi!”
Harry corrucciò un sopracciglio.
“Vedere chi, scusa?”
Draco corrucciò un sopracciglio.
“Voi, no?”
Harry scosse la testa.
“Decisamente no. Hermione sa che durante la settimana non ci possiamo vedere per via del mio lavoro e quello di Ron. Non per niente prendiamo gli appuntamenti per i fine settimana.”
“E allora chi…” – lo sguardo del biondo divenne pece. – “… si è fatta l’amante!”
Di nuovo, Harry si sbrodolò col cappuccino!
“Merlino infame!” – sbottò il moro, alzando gli occhi al cielo. Ignorò bellamente Draco e le sue elucubrazioni sulla vita sessuale di Hermione con l’amante, mentre Draco era fuori, o di dove avrebbero potuto farlo in sua assenza.
“… nel bagno!” – sbottò il biondo d’un tratto.
“Merlino tienimi…” – berciò Harry, ripulendo per la seconda volta la divisa.
“… sul tavolo da cucina!”
“Ma che schifo!” – urlò Harry, mentre s’immaginava le molteplici volte in cui erano stati a cena da Draco ed Hermione e avevano mangiato a quel tavolo. – “Non una parola di più!” – tuonò Harry.
Draco si girò verso di lui.
“Tu sai chi è, non è vero? Dimmelo!”
“Per quanto tu sappia quanto la relazione tra te ed Hermione non mi garbi affatto, e quanto il mio cuore soffre quando lei mi dice che con te si sente al posto giusto, ti confermo che no: Hermione non ha l’amante.”
“E come fai a saperlo?”
“Tanto ti basti. Ora voglio sapere per filo e per segno quello che è successo tra di voi.”
Draco, per quanto non andasse d’accordo con Potter per via della ragazza che avevano in comune, si mise a spiegare ciò che era successo. Eppure, proprio perché Harry glielo diceva apertamente, Draco era più propenso a riterenere il Bambino-Che-E’-Sopravvissuto, un degno confidente.
Gli disse tutto, dalla sigaretta, fino all’appuntamento in ritardo di Hermione.
Harry lo fissò con sgomento, chiedendosi dove fosse la tanto decantata intelligenza dei Malfoy.
“… ti rendi conto? Mi dice che è in ritardo e quando l’aiuto a sbrigarsi cosa fa? Mi prende a schiaffi!” – Draco si era steso sul divanetto dell’ufficio di Harry, come se fosse ad una seduta di psicoanalisi.
Che gli servirebbe, pensò Harry sgomento.
“Ma-Malfoy… ma stai scherzando, vero? Hermione ti dice che è in ritardo e tu le prendi dei vestiti?”
Draco si era messo a giocare con un boccino, lanciandoselo per aria e riprenderlo. Guardò Harry, confuso, poi, si mise a sedere sul divano.
“Potter, non ti ci mettere pure tu. Che dovevo fare?”
“Congratularti con lei? Dirle che eri felice? Che toccavi il cielo con un dito?” – ironizzò il moro, esponendo le opzioni all’idiota biondo.
Che corrucciò un sopracciglio.
“Certo, bravo Potter. Così se le dicevo che era contento che era in ritardo, mi avrebbe…”
Il boccino gli cadde dalle mani ed Harry urlò al miracolo.
“Buon giorno principino, eh?” – ironizzò il moro, anche se era contento per loro.
Nonostante non avesse mai visto di buon occhio quella relazione, in cuor suo l’aveva accettata, perché se Hermione era felice con Draco allora anche Harry era felice per Hermione. Quando l’amica parlava di lui o semplicemente lo nominava, i suoi occhi brillavano di luce propria.
Come poteva non essere felice per lei? Non esserlo avrebbe significato che non le era veramente amico e no: Harry Potter era il miglior amico di Hermione Granger.
Nessuno avrebbe mai potuto cambiare quella sacrosanta verità.
“E’ in ritardo…”
“Oh, ti sei ricordato di prenderle anche le scarpe, oltre ai vestiti?” – gongolò Harry.
Draco passò dal bianco cadaverico al rosso magenta in due secondi.
“Il tuo sarcasmo non è gradito in questo momento, Potter!”
“Nemmeno la tua stupidità, se è per questo.” – ribattè Harry. – “Dunque… presupponendo che tu abbia capito il “ritardo” di Hermione, ti suggerisco un mazzo di orchidee. Sono le sue preferite.”
“Conosco i gusti della mia ragazza, grazie.”
Harry si fece serio d’un colpo. E Draco lo seguì.
“Ma non conosci abbastanza Hermione da capire quando qualcosa la turba in modo particolare.”
Il biondo abbassò lo sguardo. San Potter aveva stramaledettamente ragione.
“Malfoy, parliamoci chiaro una volta per tutte, vuoi?”
Il ragazzo alzò lo sguardo e, guardandolo fisso negli occhi, annuì.
“Non è un mistero per nessuno che la relazione che Hermione ha con te non mi vada giù. Non ci provare a interrompermi che non ho finito.” – fece Harry. – “Non mi va giù, ma l’accetto. L’accetto perché Hermione è innamorata di te al punto che si è messa contro me e Ron pur di seguirti. Non si è mai lamentata, quando all’inizio vivevate in quella specie di topaia, anzi. Prova ancora una sorta di malinconia nell’aver lasciato quel posto, perché è stata la prima cosa che voi due avete avuto insieme. Hai continuato a farti assegnare casi su casi dal ministro, per poterle dare ciò che meritava e di questo te ne do atto. Hai lavorato sodo e hai acquistato una proprietà, grande quanto il vecchio Malfoy Manor. Ora ha il lusso che merita, ma non è felice, Draco.”
Il biondo sgranò gli occhi. Harry lo chiamava per nome solo quando c’erano questioni serie da risolvere. Ed Hermione era una di quelle.
“Non è felice, perché ha una bella casa, ma non quella vera. Perché è sempre via per lavoro.”
Draco chinò lo sguardo e lo puntò sul boccino che era a pochi passi dalla scrivania di Harry.
“Quello che voglio dirti, Draco, è che Hermione, in queste condizioni, non ce la voglio vedere. Credi sia possibile dedicare il giusto tempo alle cose e alle persone?”
Non vi fu modo di far trattenere al biondo un singulto di sorpresa. Non solo Harry non lo aveva riempito di botte come, per inciso, avrebbe meritato, ma gli stava dando il via libera, l’ok, la sua benedizione – cosa che avrebbe reso Hermione la ragazza più felice di questa terra e universi affini – alla loro relazione.
“Non la trascurerò più, Harry. Hai la mia parola.”
Harry ghignò.
“Ed Hermione avrà le tue palle se non sarà così. Credo sia da mia moglie, adesso.”
Con il classico “bop” della smaterializzazione, Draco si diresse a casa Potter. E pregò che Hermione lo perdonasse.




“E non avevo salvato…” – fu l’ennesimo commento di Ron che cacciò un urlo quando si vide davanti allo schermo la faccia di Draco Malfoy.
“Dov’è Hermione?” – chiese Draco al rosso, guadagnandosi di rimando un’occhiataccia sbieca.
“A cercarsene uno meglio di te, spero.” – fu l’acida risposta.
Draco, già bollente di suo, non esitò a prendere Ron per il colletto e alzarlo di mezzo centimetro da terra.
“Stammi bene a sentire, Weasley, perché te lo ripeterò una volta sola: Hermione è mia e di nessun altro, chiaro?”
“Se non vuoi essere accusato di omicidio, perpetrato in casa di un Auror, ti consiglio vivamente di metterlo giù.” – fu la frase di Ginny che in quel momento stava scendendo le scale.
Draco lo mollò malamente e se lo scansò di torno.
“Dov’è?”
“Non è qui.”
“E dove?” – chiese uno spaventato Draco. – “Io devo vederla!”
“Allora guarda una sua foto!” – fu il commento soddisfatto di Ron. Non gli era mai andata giù che Hermione avesse preferito una persona che l’aveva insultata per anni a lui.
Lo sguardo che Draco rivolse a Ron ebbe il potere di incenerirlo.
Metaforicamente.
“Sta zitto, Lenticchia.”
“Peggio di due bambini…” – mormorò Ginny, massaggiandosi le tempie.
“Weasley…” – fece Draco, rivolto alla rossa. – “… dov’è camera tua?”
“Camera mia è off-limits per te, Malfoy.” – disse la ragazza, seria.
E Draco capì che per arrivare a Hermione doveva prima passare dalla signora Potter.
“Io… ho bisogno di vederla. Le devo parlare.”
“Oh, ora tu hai bisogno di parlare. E quando ne aveva bisogno Hermione?”
A Ginny, certi atteggiamenti, non andavano giù. E il fatto di pretendere senza mai dare, era uno di questi.
“Ho sbagliato, lo so, ma vorrei rimediare.”
“Spero che Hermione sia intelligente al punto giusto da non darti una seconda possibilità.” – disse Ron.
Ginny e Draco si girarono contemporaneamente.
“Sta zitto!” – urlarono insieme.
Ron, a causa di quel sincronismo, sobbalzò.
“Sai, Malfoy… credo non sia un mistero che tu ed Hermione siete come il diavolo e l’acqua santa.”
“Senti… questo discorso me lo ha già fatto tuo marito. Risparmiamelo e dimmi dove si trova Hermione!” – fece Draco, impaziente di vedere la sua ragazza.
“Oh, mi spiace. Ma visto il tuo atteggiamento, credo che tu non abbia colto il punto.”
“E quale sarebbe?”
“Che sei troppo poco per Hermione.” – disse Ron.
Draco non ce la fece più e decise di mettere a posto le cose con il rosso una volta per tutte.
“Cos’è che ti rode Weasley, eh? Che abbia scelto me invece che te? Che con me i suoi occhi sorridano? Che sta con me perché è l’unica che si è presa la briga di guardare un po’ più in là? Cosa ti rode? Dimmelo e facciamola finita!”
“Mi scoccia che una persona intelligente come Hermione abbia deciso di stare con te, nonostante tutti gli anni di sofferenza che le hai causato. Chi c’era con lei la prima volta che l’hai chiamata Mezzosangue, eh? Chi? Non hai mai notato quanto le tue parole le tagliassero il cuore in mille pezzi ogni volta. Vederla spegnersi per colpa tua era una cosa che non potevamo sopportare! Ma io e Harry siamo riusciti a ricucire la vecchia Hermione e lei che fa?” – chiese un allibito Ron. – “Si va a mettere con te. Io spero che dopo questo lei apra gli occhi e ti veda per come sei veramente: uno stronzetto che ha paura di perdere le sue cose, come se Hermione non valesse abbastanza da essere trattata come merita. Lei è speciale e andrebbe portata sul palmo di una mano e mostrata a tutti! Dì un po’?… nell’ultimo anno quante volte l’hai portata fuori a cena o le hai fatto un complimento per un vestito nuovo?”
Draco abbassò gli occhi. Aveva trascurato Hermione in quel modo orribile?
“Te lo dico io: mai. E lei, nonostante tutto, ti difendeva, ti scusava e ti perdonava. E la volta dopo era sempre la stessa storia. Spero che ora il concetto ti sia un po’ più chiaro.”
Ginny non avrebbe mai detto che suo fratello potesse essere più profondo di una pozzanghera. Magari lei avrebbe usato un po’ più di tatto, ma il succo era quello.
“Sebbene io avrei usato un tono più moderato, diciamo che il succo del discorso era questo, Draco.”
Il ragazzo la guardò.
“Ron, puoi lasciarci soli un attimo? Per favore.” – aggiunse, vedendo quanto il fratello volesse esprimere il suo disappunto.
Ron obbedì e uscì di casa per farsi un giro.
“Draco… ho bisogno di sapere cosa senti in questo momento.”
“Cosa sento?” – chiese lui stranito dalla domanda. – “Sono preoccupato per Hermione! Devo parlarle!”
La rossa scosse la testa.
“No, non intendevo questo. Cosa provi a sapere che stai per diventare… papà.”
Fu una specie di bomba atomica. Quella semplice parolina fece scoppiare una bomba nelle orecchie di Draco, il sangue gli salì al cervello e il suo cuore prese a battere forte. Aveva capito cosa comportava il “ritardo” di Hermione, ma sentirselo dire apertamente era un altro paio di maniche.
Si toccò la faccia e sentì che era bollente.
“I-io…”
La sentì ridere e la guardò, spaesato.
“Harry reagì allo stesso modo.”
Il biondo abbassò lo sguardo.
“Draco… Hermione mi ha raccontato tutto di te, del tuo passato e della tua famiglia. E mi dispiace molto che tu abbia dovuto passare tutto questo. Ma hai avuto il coraggio di scegliere Hermione, una mezzosangue. Hai scelto lei e le sue origini e hai mandato a quel paese le tue. Avete passato momenti duri, ma ce l’avete fatta. Tu più di tutti noi sai cosa significhi vivere con genitori assenti. È questo quello che vuoi per tuo figlio? Lasciare tutto sulle spalle di Hermione?”
“No!” – rispose lui, terrorizzato alla sola idea.
“Mi fa piacere sentirtelo dire, ma sarai in grado di mantenere la promessa?”
“Sì, certo!”
“Sicuro? E con i lavori che ti ha affidato il Ministro? Come farai?”
“Prenderò un assistente o due, o tre!”
“Toglimi una curiosità, prima… perché ti facevi assegnare tutto quel lavoro?”
“Perdonami, ma è una cosa troppo personale.”
“Capisco. Spero tu la possa dire a Hermione, però…”
“Sì. Ora dimmi dov’è!”
“Non ti piacerà saperlo, ma… si trova al San Mungo.”




“Signorina Granger?”
“Sì?”
“Venga con me.”
Hermione si alzò lentamente e seguì l’infermiera che la condusse in una sala d’aspetto, dove si trovavano altre tre ragazze che dovevano entrare prima di lei.
“Perché lo fai?” – le chiese una ragazza mora, di fronte a lei.
Hermione alzò lo sguardo sulla ragazza e si indicò con l’indice, chiedendo se avesse parlato con lei.
“Sì, tu. Perché lo fai?”
“Sono la fidanzata di Draco Malfoy.” – alias, non sono in grado di occuparmi da sola di un bambino, vista la scarsa presenza di Draco a casa.
Le tre ragazze sgranarono gli occhi, ma poi compresero.
“Oh, capito…” – fece la mora. – “E tu?” – chiese ad una ragazza biondina, seduta poco più in là.
“Io? Io non lo vorrei fare, ma i miei genitori non ne vogliono sapere di avere un nipote con poteri magici. Hanno faticato a sopportare me…” – disse.
“Mi spiace… e tu?” – chiese, all’ultima rimasta.
Stranamente, la ragazza sorrise.
“Io? Io mica devo abortire.”
“E perché sei qui, allora?”
“Sto aspettando mia zia. Fa l’infermiera in questo reparto e oggi mi ricoverano.”
“Oh, stai male?” – chiese Hermione.
“Sono allo stadio finale della malattia di Isfide.”
Le tre sgranarono gli occhi.
“Ma… allora devi…”
“Sì… morirò. Ma non prima di aver messo al mondo la mia bambina.” – fece la donna, toccandosi la pancia leggermente rigonfia di vita.
“Signorina Martens?” – chiamò l’infermiera. – “Tocca a lei.”
Samiria Martens, la biondina, si alzò titubante e seguì l’infermiera. Quando fu uscita, l’attenzione si calamitò nuovamente sulla ragazza malata.
“Ma perché lo fai?” – chiese Hermione.
“Perché portare con me mia figlia, quando so che potrà vivere?”
Hermione la guardò. Sembrava serena, in pace con il mondo. Aveva accettato la sua condizione con una forza interiore che Hermione sapeva che non avrebbe mai posseduto.
“Ora che la Grande Guerra è finita, ho un motivo in più per mettere al mondo la mia bambina.”
“Amelia?”
La ragazza malata alzò lo sguardo e vide sua zia.
“Ciao!”
“Sei pronta?”
“Sì… ciao e auguri. Qualunque sia la vostra scelta.”
Hermione la vide sparire dietro la porta dal vetro zigrinato e quando questa si chiuse, il cuore della riccia sussultò.
Non… non poteva farlo.
Non doveva nemmeno prendere in considerazione l’idea!
Si alzò di scatto, facendo sussultare l’ultima ragazza rimasta.
“Io… non posso!” – disse, e corse fuori in giardino.




“… 4° piano, saletta 2.”
“Grazie!” – urlò un trafelato Draco, mentre si faceva quattro piani di scale tutte di corsa. Quando arrivò al piano incriminato si prese mezzo secondo per riprendere fiato e corse verso la saletta 2, sperando che fosse ancora lì.
Trovò solo una ragazzina mora, che lo guardava con tanto d’occhi.
Non trovandola fece per uscire, ma la ragazzina lo fermò.
“Cerchi Hermione Granger?”
Draco tornò indietro alla velocità della luce.
“Sì! Non dirmi che…”
La mora scosse la testa.
“No. Non ha voluto. Se ne è andata due minuti fa.”
“Dove?”
La ragazza fece le spallucce, mortificata.
“Non lo so. Ma l’importante è che non l’abbia fatto, no?”
Draco non le rispose e abbassò lo sguardo.
“Grazie!”

Hermione era seduta su una panchina di fronte a una fontana asciutta. La fissava, sperando che da uno dei suoi getti fuori uscisse la risposta alle sue domande.
Si strinse nel giaccone. Faceva freddo, ma non aveva voglia di rientrare. Infilò le mani sotto la giacca e si toccò la pancia. Di lì a nove mesi sarebbe diventata una mongolfiera.
Sorrise a quel pensiero, ma l’attimo successivo la tristezza tornò a fare da sovrana.
“HERMIONE!”
Alzò di scatto la testa, credendo di aver sentito la sua voce. Ma non lo vide. Riabbassò la sua, doppiamente afflitta.
“HERMIONE!”
No, non se l’era sognata. Lui era lì! Si alzò di scatto dalla panchina e lo cercò con lo sguardo.
Quando Draco la vide sentì un macigno evaporare dal cuore. Le corse incontro, mentre lei fu solo in grado di muovere un paio di passetti incerti, per poi essere stretta forte forte contro il suo petto.
Voleva stritolarla.
E voleva rimproverarla per l’insana idea che, ringraziando Merlino, non aveva messo in pratica.
“Come stai? Stai bene?” – la ispezionò da cima a fondo. Le baciò il viso e i capelli. – “Non farmi più prendere un colpo simile!”
Hermione non disse nulla. Si strinse al suo maglione e lasciò che la smaterializzasse a casa loro.




“Ecco, tieni…” – Draco le mise davanti una tazza di the bollente.
Hermione la prese e iniziò a sorseggiarlo lentamente. Draco rimase a fissarla. Non distolse mai lo sguardo da lei, come se avesse potuto smaterializzarsi via da lui. Poggiò la tazza sul comodino e si strinse addosso la coperta.
La ragazza tenne sempre lo sguardo basso. Provava un forte senso di vergogna per ciò che stava per fare, che non aveva il coraggio di guardare in faccia Draco.
“Mi guardi?”
Lentamente e timidamente, alzò lo sguardo. Draco si avvicinò a lei e l’abbracciò.
“Quando non ti ho trovato in quella saletta d’attesa pensavo fossi già… andata.”
Hermione cominciò a piangere. Infossò la testa nell’incavo della sua spalla e si lasciò cullare, come una bambina.
“Sai…” – e rise a piano. – “… pensavo avessi l’amante.”
Hermione si alzò di scatto e lo guardò, credendo di aver capito male.
“Perché?”
“Quando mi dicesti di essere… in ritardo… ho pensato a un appuntamento con Harry e Ron.”
Hermione sgranò gli occhi. Non li chiamava mai per nome.
“Quando poi Harry mi ha detto che con loro non ti dovevi vedere, ho pensato che avessi l’amante.”
“Ma come hai potuto?” – chiese lei.
“L’ufficio di Harry mi ha folgorato. Ho capito solo allora di che ritardo stavi parlando.”
“Sei lento…”
“Te ne do atto. Era per quello che non volevi che fumassi?”
“Mi… mi dava fastidio.” – ammise la ragazza.
“Scusa. Non fumerò più.”
“Lo hai già detto.” – disse, guardandolo in faccia.
“Te lo dico stavolta e manterrò la promessa. La leccatina e l’annusatina la darò a qualcos’altro…” – fece lui, malizioso, tanto da far arrossire Hermione fino alla punta dei capelli.
“Draco!”
Lo sguardo del ragazzo però si concentrò sul ventre di Hermione. Voleva tanto toccarlo, ma aveva paura di profanare qualcosa di sacro, qualcosa a cui si sentiva quasi… estraneo.
“Vuoi toccarla? Non… non si sente tanto, ma è un po’ aumentata.”
Il biondo la guardò e le sorrise. Hermione allora gli prese la mano e se la portò fin sotto al maglione.
Era vero!, pensò il biondo. La pancia era aumentata un pochino.
“Che effetto ti fa?” – chiese la riccia.
Draco sospirò, non sapendo cosa dire.
“E’… un bell’effetto, sì…”
Hermione sorrise e Draco con lei. Nuovamente, il sorriso di lei si spense.
“Cosa c’è?” – chiese lui, ritraendo subito la mano. Pensava di aver fatto qualcosa che non doveva.
“Io… no, nulla… non ti preoccupare…”
“No, Hermione… guardami. Non rifarò lo stesso errore. Cosa c’è?”
Timidamente, Hermione gli palesò i suoi dubbi.
“E’ che tu hai tanto lavoro e…”
“… e non ti devi preoccupare. Domani cercherò un paio di assistenti che mi aiutino, così posso stare di più con te. Va bene?”
Il viso di lei si illuminò.
“Lo… lo faresti?”
“Lo farò.”
Draco se l’attirò al petto e l’abbracciò.
“Ricominciamo, ti va?”
Lei annuì e si scambiarono un piccolo bacio.









9 MESI DOPO…

Un fagottino azzurro fu sistemato nella culla, che poteva ospitarne altri sei, per il riposino pomeridiano.
Hermione si perse a guardare suo figlio, Alexander Devon Malfoy, sonnecchiare con una tutina a stampe colorate a pancia in su.
Era appena arrivata l’estate e già aveva programmato tutto: le serate con gli amici, le uscite e la tanto desiderata visita ai genitori di Hermione, che sarebbe avvenuta quel pomeriggio, dopo il sonnellino di Alex.
“Mione, hai preparato tutto?”
La ragazza si girò e sorrise in direzione di Draco e annuì.
“Sì. Le cose di Alex le ho messe nella sua borsa azzurra e le tue in quella blu.”
“Potevamo rimandarlo a più avanti. Hai appena partorito.”
“Sto bene…” – disse, tornando a guardare il suo piccolo capolavoro. – “… e poi mia madre mi ha dato ordine tassativo di andarla a trovare. Mi riposerò da lei.”

Un paio d’ore dopo Alexander reclamò, con lo stesso ardore del padre, la tetta di Hermione. Una volta ottenuto il suo scopo, prosciugò la riserva della tetta destra e si attaccò vorace alla sinistra.
“Questo l’ha preso da te.” – osservò Hermione.
“Almeno sa già come si fa.” – fece Draco, guadagnandosi un’occhiata divertita dalla donna.
“Siete due porcellini!” – esclamò Hermione, baciando la manina del bambino.
Quando anche la riserva sinistra fu esaurita, Alex si ritenne soddisfatto. Hermione se lo accoccolò al petto e lasciò che il suo compagno la smaterializzasse in casa dei suoi.

“Ragazzi, bene arrivati!” – esclamò una raggiante Jean, mentre correva per vedere il suo nipotino.
Il piccolo guardò la donna e si aprì in una smorfia che somigliava tanto a un sorriso. Jean andò in estasi.
“Ooooohhh!… vieni qui amorino della nonna tua! Robert! Robert ti muovi?”
Un aitante quarantenne scese le scale e si precipitò a salutare la coppia.
“Hermione! Draco! Finalmente!” – quando vide la moglie tenere in braccio un fagotto azzurro si precipitò da lei e lo prese in braccio.
Hermione andò a sedersi sul divano.
“Ti porto qualcosa, Hermione?”
La ragazza negò con la testa.
“No, tranquilla. Me lo prendo io.” – fece Hermione, ma si risedette pesantemente sul divano, visto che un capogiro l’aveva colta.
Draco fu subito da lei.
“Non fare la zuccona e dimmi cosa vuoi.”
“Acqua e zucchero.”
Jean andò in cucina e prese un po’ di the freddo. Hermione si sentì decisamente meglio.
Capogiro a parte, passarono un fine settimana tranquillo. Il piccolo Alexander ebbe modo di conoscere i suoi nonni e viceversa e Draco ebbe modo di conoscere un po’ di più il mondo da cui proveniva metà di Hermione. Fu un’esperienza nuova per il biondo, considerando che la Londra non magica era per lui l’equivalenza per un babbano dell’uomo nero.

Quando tornarono a casa, Draco mise a letto Hermione e subito dopo il piccolo Alex. Da quando li aveva riportati a casa, e cioè appena una settimana prima, Draco aveva mantenuto le promesse che aveva fatto a Hermione.
Le sigarette? Andate in fumo. Letteralmente.
Il lavoro? Aveva sbolognato tutto in mano ai suoi assistenti, mentre a lui toccava solo il lavoro di supervisore.
Cambiò il piccolo Alex senza tante storie. A parte quando a suo figlio, il suo degenere figlio, veniva in mente di fargli la pipì in faccia, ma per il resto tutto ok. Poi, quando ebbe finito, lo mise nella culla dove si addormentò come un sacco di patate.
Solo che qualcosa decise di turbare la piccola atmosfera felice di casa Malfoy-Granger.




Un mese più tardi alla visita di Hermione, Draco e Alexander a casa dei nonni materni, qualcuno andò a trovare l’allegra famiglia.
“…e io ti ho detto che non so cosa farci. Sposatela tu, se proprio ci tieni.”
Hermione stava ancora dormendo, ma si svegliò quando delle voci arrivarono fino alla sua camera.
“Ma che…” – si svegliò molto lentamente, sperando di averle solo sognate, ma quando sentì un urlo di Draco, si svegliò di colpo.
Anche il piccolo Alex non aveva gradito quel risveglio così brusco e fece notare alla madre la propria presenza, dando fondo alla sua riserva d’aria.
“No, no… vuoi che andiamo a vedere chi è che fa tutta questa confusione, eh?” – chiese Hermione, prendendo in braccio il piccolo.
Alex allungò le braccine come se avesse capito e con i lucciconi agli occhi, scese le scale con la madre.
Che sentì pietrificarsi sotto di sé.

“Ho detto di no! Non vi siete mai fatti vedere in tutto questo tempo e pretendete che vi accolga a braccia aperte? Mai!”
“Draco non essere sciocco. Hai un nome da portare avanti, che ti piaccia oppure no!” – fece niente popò di meno che Malfoy Senior, torreggiante sul figlio.
“Un nome, dici? Dov’era quel nome quando decisi di stare con Hermione? Dov’era quel nome quando mi buttaste fuori di casa senza tante cerimonie?”
“Amore che succede?”
Tre sguardi schizzarono verso le scale, dove Hermione era rimasta impalata con suo figlio in braccio.
“Torna su, Hermione. Me la sbrigo subito!” – fece Draco sprezzante.
Ma Alex non gradì quel tono di voce e scoppiò a piangere.
“Hermione, va di sopra con il bambino!”
“No! Voglio sapere che sta succedendo!” – fece la ragazza a gran voce, cosa che irritò il piccolo Alex ancora di più.
“Questi… signori mi rivogliono.”
“Siamo i tuoi genitori, Draco.” – fece Narcissa, altera come sempre. – “Portaci un po’ più di rispetto.”
Draco provò l’intenso desiderio di ucciderli.
“Rispetto? Voi volete rispetto?! Uscite subito di qui prima che non accada qualcosa di irreparabile!”
“Draco, sii ragionevole.” – fece Lucius, con la sua solita supponenza. – “Sposerai Astoria Greengrass, com’era stato stabilito in passato.”
Draco ed Hermione si guardarono con gli occhi sbarrati da tanta faccia tosta.
“E, anche se so che sarà una fatica enorme per lei, chiederò alla secondo genita dei Greengrass di occuparsi anche di quel… bambino.” – fece, indicando con sprezzo Alexander.
“Tocca mio figlio e sei un uomo morto.” – sibilò Draco.
In serpentese.
A Hermione venne la pelle d’oca. Sapeva che lo parlava, ma sentirlo fare era stato veramente orribile.
“Draco, la mia è una proposta allettante. Io l’accetterei, fossi in te.”
“Ma ringrazio Merlino ogni santo giorno, che Draco non sia come lei, signor Malfoy.” – Hermione decise d’intervenire.
“Nessuno ha chiesto…”
“Stia zitto.” – fece la ragazza. – “Non ho finito di parlare. Draco non è lei, e lei non è Draco. Siete venuti a casa nostra per imporre nuovamente la vostra volontà su vostro figlio. No. Non lo accetto.”
“Tu non sai niente…” – tentò Narcissa, zittita da Hermione.
“So fin troppo, signora Malfoy. So quanto ha sofferto Draco per la vostra ottusità. So quanta sofferenza ha patito nel fingere che la cosa non gli importasse e so che ha fatto un’immensa fatica ad accettare il dato di fatto che voi non lo abbiate mai amato. Ora Draco ha una sua vita. Con me, che vi piaccia oppure no. E ora abbiamo un figlio. Che vi piaccia oppure no. E se pensate che io vi permetta di portarmelo via, beh… siete proprio due idioti di proporzioni cosmiche. Prima che io commetta un omicidio davanti a mio figlio, siete pregati di andarvene. Ora.”
Nel frattempo, Draco si era avvicinato a Hermione e si era messo accanto a lei, per rafforzare le sue parole e per dimostrare a suo padre che oramai non aveva più controllo sulla sua vita.
“Dunque è la tua decisione definitiva?” – chiese Lucius.
“L’avevo presa ancora quando vi dissi di Hermione.” – fece Draco.
“Molto bene. Sappi che da questo momento in avanti tu non sarai più un Malfoy. Non sarai nessuno.”
“Sbagliate.” – disse Hermione. – “Draco ha acquisito nuovo presigio presso il ministero della magia e il Ministro stesso. Tutto ciò che vedete se l’è guadagnato da solo. Non ha dovuto fare il vostro nome per poter entrare al Ministero. Ha dimostrato di essere una persona in gamba e fidata. Non ha mai avuto bisogno di voi, anzi. È sempre stato il contrario.”
“Insolente ragazzina…” – sibilò Narcissa.
“Vorrebbe negare?” – chiese Hermione, sfidandola a ribattere. – “Non ha fatto neppure in tempo a venire al mondo che già aveva tutta la vita programmata. Per non parlare di quando lo avete mandato al macello per salvarvi il culo!”
E meno male che Alex è ancora piccolino, pensò Draco.
“Ve lo ripeto per l’ultima volta. Andatevene e non fatevi mai più rivedere.”
“Un giorno te ne pentirai, Draco. Sappilo.”
“No, Lucius…”
Lucius e Narcissa guardarono Draco con tanto d’occhi.
“Non mi pentirò mai di aver scelto con la mia testa. Ora andatevene.”
Quando al posto dei genitori di Draco vi fu nuovamente il vuoto, i due giovani rimasero a fissarlo per un tempo infinito.
“Stai bene?”
Quando Lucius e Narcissa erano scomparsi, per un brevissimo istante, una frazione di secondo, Draco se ne era pentito. Aveva dato l’addio definitivo alle due persone che, nel bene e nel male, erano state la sua prima famiglia. E non sapeva se aveva fatto la scelta giusta.
Ma quando si girò e vide Hermione con in braccio il piccolo Alex che allungava le braccia per andare in braccio a lui, per averlo vicino, per essere amato, i dubbi e le incertezze vennero spazzate via da quegli occhioni azzurri che avrebbero versato nuove lacrime se suo padre non lo avesse preso in braccio all’istante.
Lo prese in braccio e abbracciò Hermione.
“Adesso sì.”









Tempi verbali a parte, di cui mi scuso in caso di errori/orrori siamo alla fine.
Mancava solo la nuvoletta di zucchero filato e poi era perfetta, no?
Per chi mi conosce, sa che i lieto fine vanno sudati e guadagnati con fatica. Questo era stato proprio una cosetta di passaggio per alleggerire gli animi.
Spero che lo stile di scrittura sia piaciuto, così come l’ironia.
Bene!
Felice di avervi strappato un sorrisetto, sempre se ne sono stata all’altezza.
Slinguazzamenti a nastro!
  
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