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Autore: Salice    30/08/2010    4 recensioni
1.[NejixHinata]Dimentico del lungo corridoio buio che aveva attraversato e della sua uniforme nera, in quel momento tutto intorno a lui era bianco. Fumi bianchi, vestito bianco, pelle bianca, occhi bianchi. Fuori la neve era bianca, sotto una luna bianchissima.
2.[Sasuke]Un fiore di ciliegio. Sakura.
Galleggiava lento davanti a lui e lo sguardo andò oltre. Mise a fuoco l’acqua attorno a lui. Ovunque si rifletteva il rosa. Per la prima volta dopo molto tempo - Anni? – Sollevò lo sguardo. Sopra di lui si stendevano le chiome rosate di un ciliegio in piena fioritura. Quel colore delicato era come i capelli di Sakura.

3.[Gaara]In questo momento tutti lo guardavano, carichi di attesa. Avevano fiducia in lui, nelle sue azioni e nelle sue decisioni. Non avevano paura di lui.
Quattro storie, squarci di vita di persone diverse, sentimenti diversi, divise in quattro stagioni
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga, Sabaku no Gaara , Sasuke Uchiha
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Estate – Sudore e Pietre


Quando attraversò le strade del suo villaggio scortato dai suoi fratelli maggiori, il Kazekage si guardò intorno con aria costernata. Sebbene fosse difficile intuire i suoi pensieri dietro al volto apparentemente impassibile, chi lo conosceva bene sapeva comprendere i suoi stati d’animo dai minimi cambiamenti d’espressione. Per questo Temari e Kankuro gli camminavano così vicino, quel giorno: ovunque intorno a loro c’erano i segni dell’ultimo attacco. Le perdite erano state irrisorie grazie all’intervento del Kazekage, ma molti edifici portavano evidenti i danni dovuti alla battaglia. Troppe case erano state sventrate e le pietre si erano sparse disordinatamente ovunque. Ingombravano le strade e le poche porte e finestre che erano rimaste intatte. Gaara era immobile in tutta quella desolazione, mentre Kankuro e Temari lo fissavano, in attesa dei suoi ordini. Il ragazzo raggiunse quello che era stato il centro del villaggio e si guardò attorno. I suoi Ninja lo osservavano con espressione incerta, e lui per un attimo si sentì vacillare.
Cosa poteva fare, lui, per quella gente? Per la sua gente. Erano tutti esausti e stanchi, ma lo sguardo di Gaara venne calamitato da una ragazzina, affiancata da quelli che sembravano i suoi nonni. La bambina tirava con tutte le sue forze un grosso macigno che ostruiva la porta di quella che era stata la loro casa.
Rimase ad osservarla per qualche istante, mentre tirava con forza la pietra, senza riuscire a smuoverla che di qualche centimetro.
Strinse i pugni e con uno scatto fu accanto a lei. Si chinò sopra la bambina, che si ritirò impaurita dalla sua ombra. Lui girò lo sguardo su di lei, mentre allungava le braccia verso la pietra, e le sorrise.
Temari e Kankuro si scambiarono uno sguardo, perplessi.
Gaara si mise a tirare la pietra, finché non riuscì a smuoverla dalla porta, liberando lo spazio necessario a passare. Sotto il sole del deserto si sollevò, asciugandosi il sudore della fronte con il dorso della mano. Tutto il villaggio aveva il fiato sospeso, nell'aria bollente e tremolante.
Aveva gli occhi di tutti i presenti puntati addosso, ma li ignorò, chinandosi invece sulla bambina. Le sorrise ancora, mentre lei lo fissava intimorita.
- E' libero, potete passare ora. Non preoccuparti: ricostruiremo insieme il villaggio, e sarà meglio di prima. - La bambina gli sorrise, dapprima timidamente, poi si lanciò verso di lui e gli abbracciò le ginocchia. Gaara rimase pietrificato per qualche secondo, mentre i nonni lo fissavano allibiti.
Per la prima volta in vita sua si rese conto che il volto gli stava andando in fiamme, e con tutta probabilità era arrossito. Annaspò leggermente, girando lo sguardo in cerca d'aiuto verso Temari.
Sua sorella era seria e leggermente stupita, ma assunse immediatamente un'espressione decisa, mentre annuiva, forse un po' troppo bruscamente.
Lui tornò a guardare la piccola, e con estrema delicatezza, le posò una mano sulla testa.
L'intero villaggio, che sembrava essersi fermato al gesto della bambina, sembrò sospirare. Si alzò un vento sottile e secco, di quello che trasporta la sabbia. I turbini, di un giallo polveroso, ammucchiavano la polvere ocra agli angoli delle strade, tra le pieghe dei vestiti, appiccicandosi alle pozze di sangue e alle guance rigate di lacrime dei bambini.
Gaara strinse i pugni. Doveva fare qualcosa, lui, che era il Kazekage.
La bambina era stata tirata via delicatamente dai nonni, che ora lo fissavano con espressione reverente e timorosa. Quell'anziana coppia aveva combattuto sotto il comando di suo padre, li ricordava bene.
Tornò a guardarsi intorno: tutti lo stavano fissando, ma non erano gli sguardi carichi d'odio e di timore che aveva ricevuto da bambino.
In questo momento tutti lo guardavano, carichi di attesa.
Avevano fiducia in lui, nelle sue azioni e nelle sue decisioni.
Non avevano paura di lui.
Senza dire una parola, passò alla finestra accanto alla porta che aveva liberato, e con le mani prese a scostare i detriti e la sabbia. Lentamente e con cura, come se temesse di svegliare i mattoni cotti al sole che costituivano i muri.
Posava con delicatezza i detriti accanto alla porzione di muro rimasta in piedi, con costanza. Proseguì sotto lo sguardo attonito dell'intero villaggio, fino a creare un grosso tumulo di pietre e mattoni, fino a che anche la finestra non fu libera.
Quando ebbe finito, si passò la manica sulla fronte sudata, ansimando e fissandosi per qualche istante le mani impolverate e sporche. Gli anziani proprietari della casa erano immobili.
Kankuro gli si avvicinò e allungò una mano verso la sua spalla. Gaara si voltò prima che potesse sfiorarlo.
- Gaara, non c'è bisogno che lo faccia tu... -
Lo sguardo serio che ricevette indietro fece quasi vacillare il marionettista.
- Devo farlo. Darò l'esempio. Naruto lo avrebbe fatto, al mio posto, e io voglio farlo. - Sibilò Gaara, voltandosi nuovamente e riprendendo a spostare le macerie. Kankuro deglutì a vuoto, poi si mise accanto al fratello e prese a spostare anche lui i sassi che ingombravano un passaggio tra due case. Temari fissò i suoi fratelli per un secondo, poi spostò uno sguardo feroce sul resto degli abitanti del villaggio, indicando con un gesto imperioso Gaara e Kankuro:
- Allora? Volete far fare tutto al Kazekage? Muovetevi! Chi può lavorare lo faccia subito, mentre gli altri vedano di non ingombrare il passaggio! -
Sotto gli ordini secchi e precisi di Temari, l'intero villaggio prese a muoversi. Prima solo alcuni, titubanti, poi via via tutti presero ad adoperarsi. C'era chi spostava le macerie, chi recuperava i materiali e chi iniziava già a ricostruire. Infine, chi non poteva fare nulla di questo portava acqua ai lavoratori.
Dopo poco Gaara sollevò la testa dal suo lavoro, trovandosi circondato da una folla vociante di persone che gridavano indicazioni, spostavano oggetti, e di tanto in tanto gli scagliavano un'occhiata ammirata.
Fino a qualche anno prima una cosa del genere sarebbe stata impensabile, a cominciare dal comportamento di Kankuro e Temari, che lo avevano subito appoggiato e avevano addirittura spronato il resto del villaggio a fare altrettanto. Cercò di soffermarsi su quella sensazione strana che all'improvviso lo scaldava da dentro e gli faceva tremare le mani. Ora aveva un motivo più importante per impegnarsi nella missione che si era scelto. Non aveva più nulla da dimostrare. Doveva... No. Voleva essere all'altezza della nuova fiducia che gli era stata accordata, a costo di scorticarsi le mani su tutte le pietre del villaggio. A costo di impastare la sabbia con il suo sudore e il suo sangue, non avrebbe mai più che tornassero i tempi oscuri su cui aveva governato suo padre. Il villaggio non avrebbe più avuto carenza di missioni, e a nessun bambino sarebbe mai stata imposta la tortura che avevano riservato a lui. Mai, mai, mai più.
Sollevò lo sguardo verso il cielo. Per contrasto a quello sconfinato blu lucido, terso e senza nuvole, i muri delle case sembravano ancora più gialli e caldi, attorno a lui. I raggi bollenti del sole non trovavano ostacoli e picchiavano ovunque, le ombre rese piccole e pallide dalla mattinata che avanzava.
Gaara era concentrato su ogni singolo sasso che spostava. Avrebbe ricostruito un villaggio migliore. Avrebbero. Tutti insieme.
Si tolse con un gesto quasi rabbioso la giacca scura, e poi, senza pensarci due volte, si sfilò anche la sottile maglia nera che gli aderiva come una seconda pelle, ormai madida di sudore.
Ne emerse una pelle bianco latte, tesa e leggermente lucida sui muscoli che guizzavano, mentre il Kazekage si tergeva dalla fronte il sudore con l'avambraccio nudo. Si passò le mani con le dita aperte più volte tra i capelli rossi, scompigliandoli e lasciandoli irti all'indietro, fradici.
Sotto il sole di mezzogiorno, i lavori presero a rallentare, ma Gaara decise di non fermarsi. Era in grado di sopportare la fatica per molti giorni, se necessario, e lui non avrebbe avuto riposo finché non avessero ricostruito il villaggio.
Mentre i ninja cercavano ristoro nel fresco umido delle casa scavate nel tufo, un piccolo gruppetto si stava radunando attorno a Gaara: molte ragazze non avevano perso l'occasione di poter ammirare il Kazekage seminudo e lo osservavano rapite mentre lui proseguiva il suo sforzo senza dar segno di accorgersi di loro. Più attenti di lui erano stati i suoi fratelli, e, dopo un breve sguardo tra loro, si erano avvicinati alle ragazzine sospiranti con fare risoluto. Temari si era piazzata tra loro e il fratello minore, fissandole con uno sguardo di brace che mal si accordava ai suoi occhi verdi. Aveva aperto il ventaglio con aria minacciosa e non c'era stato bisogno di parole per far capire chiaramente che non avrebbe tollerato quel comportamento. In breve il gruppo si disperse in un mormorio deluso e un soffio di vento.
Distratto dal rumore, di nuovo vigile e attento a ciò che udiva attorno a sé, Gaara sollevò la testa per guardarsi intorno: ogni strada era sgombra, e in ogni angolo c'era una famiglia, una coppia o un gruppo di amici che si riposavano negli scampoli d'ombra offerti dalle tettoie o dai muri ancora in piedi.
Si lasciò sfuggire un sospiro, a metà tra il soddisfatto e il deluso: molto era stato fatto, tra lui e il villaggio, e da lui per il villaggio, ma molto era ancora da fare.
Si girò, pronto a scandagliare la zona alla ricerca del secchio d'acqua più vicino, quando la scena che si trovò davanti lo fece sobbalzare.
A qualche metro da lui, Temari aveva piantato il suo ventaglio a terra, inclinato per far sì che proiettasse un'ombra gradevole e leggermente trasparente, mentre si agitava mosso dal sottile vento del deserto. Sua sorella aveva sulle ginocchia una confezione di cibo e gli faceva cenno di avvicinarsi con un sorriso soddisfatto. Accanto a lei Kankuro aveva già preso quanto gli spettava, e si sbracciava a sua volta nella sua direzione, guance piene.
A quella vista le labbra di Gaara si piegarono impercettibilmente all'insù.
Se era quella scena ad aspettarlo, avrebbe potuto lavorare altri mille anni sotto il sole.




Dedica: Elos, eccola qua! L'hai già letta, perchè non avevo il cuore di farti aspettare ancora una settimana per questa roba... Mamma mia che difficile far spogliare Gaara!
Mi spiace che non sia granchè, ma è quel che mi è venuto. Per questa si ringrazia in particolar modo slice, senza la quale sarei ancora fossilizzata sulla prima metà! Grazie cara!

@Elos: su Sasuke non commento :) in compenso Gaara almeno mi è simpatico, è tanto dolce! (beh, da quando non tenta più di squartare le persone, almeno)

@slice: Grazie mille per aver apprezzato quel Sasuke. Scrivere di lui è stato un incubo! Ma soprattutto, grazie per avermi sbloccato questa storia, che era ferma a prender polvere da nonsoneanchepiùioquanto! Grazie!


Sproloqui dell'Autrice: ecco l'altro uomo impossibile! Come si fa a spogliare uno con quell'espressione lì? Uno che se ne sta con il cappotto pure in mezzo al deserto, aggiungerei. Questo è quel che è venuto, di meglio non mi veniva!
   
 
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