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Autore: mery_wolf    30/08/2010    5 recensioni
“Mi piace essere preparato, per sapere la verità.”
“Tieni gli occhi aperti, allora. La verità ha una sola via per arrivare a te e corre a tutta velocità. Non ci sono strade secondarie, né curve per farla rallentare.”
“Io sarei capace di sconfiggerla.”
[Una coppia che odio io stessa. Ma cio ho scritto una fic. E che ci posso fare XD]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note principali e scletoriche:

L'AMORE ESISTE! /O/

Ma purtroppo non è in questa fanfic, quindi abbandonate ogni speranza, oh voi che entrate! (cit.)Si tratta di una coppia tipo maltrattata, spesso, e ignorata. Forse odiata. Ma è proprio perchè la maggior parte della gente la odia, che deve commentare. Deve. Intanto ringrazio appassionatamente tutte le buonissime e stantissime anime belle che mi hanno lasciato un loro pare <3. Vi voglio bene.

P.S. il titolo della fic è lo stesso dell'omonimo e nuovo CD di Ligabue, appunto, "Arrivederci, Mostro!" (è pubblicità?), che io stra-amo. Ma va? Godetevi 'sta cosetta, vah!

 

 

ARRIVEDERCI, MOSTRO!

 

È dura non essere al sicuro e vedere sempre un po’ più piccolo

Il futuro.

Quanto più è profondo il pozzo, meno arrivano gli spruzzi,

quanto più ristagna il tuo disprezzo.

- La Verità E’ Una Scelta, Luciano Ligabue -

 

 

 

Tonf – ecco, adesso poteva riprendere fiato.

Un respiro, un altro, e invece di appiattirsi tutto si gonfiava, cresceva e palpitava con un’eco sorda. Lui cercava solo di distinguere le crepe dei muri da quelle che pulsavano immaginariamente nel suo culo.

Non accadeva mai che commentassero quello che accadeva una volta che Ed l’aveva aiutato a scavalcare la finestra, stringendogli l’avambraccio con tutta la forza dell’auto-mail.

I piedi del letto che grattavano per terra, lo stridore delle dure molle del materasso che soccombevano sotto il loro peso, i gemiti sgraziati, tutti quei rumori si fondevano e colavano bollenti e metallici sul suo cervello. Prendevano forma. Prendevano significato.

Prima di quello era sempre stato dedito al dividere ciò che succedeva quelle notti da ciò che era – o credeva di essere? – quello che sognava e cercava di raggiungere. E da suo fratello.

Quello che cercava da scrollarsi da dosso si chiamava scopare.

Oppure si diceva in un altro modo, non se lo ricordava bene. Non aveva mai avuto il tempo d’imparare per bene i termini che descrivevano l’atto dell’unione fisica e passionale.

Se così si poteva definire-

“Envy.”

Lui aveva già ripreso il controllo di sé stesso, rivestito e pronto per dileguarsi; mentre Ed, nudo, era ancora spiattellato sul letto sfatto. “Che vuoi?” chiese aspramente.

“Fammi un favore:” il soffitto era sempre stato così basso?, meglio chiudere gli occhi. “quando ti stancherai di questo... dimmelo. Avvertimi, intendo, magari due giorni prima o anche uno solo.”

“Così avrai il tempo di piangerci sopra, eh?” ghignò.

Dischiuse le palpebre e storse la bocca, guardandolo male. “Così avrò il tempo di prenderti a pugni!”

“Oh, povera p—“

“Mi piace essere preparato, per sapere la verità.”

“Tieni gli occhi aperti, allora. La verità ha una sola via per arrivare a te e corre a tutta velocità. Non ci sono strade secondarie, né curve per farla rallentare.”

“Io sarei capace di sconfiggerla.”

“Sentiti, stai peccando di superbia, sai?”

“Tu cerca di mandarmi un segno.” Sbuffò.

Aprendo la finestra entrò una folata di vento che lo immobilizzò. Assomigliava ad una fastidiosa stilettata, la stessa che gli dava quel sorriso vitreo che luccicava duramente sulla faccia pallida.

In quei momenti si accorgeva di quanta crudeltà poteva contenere, quel guscio che aveva addosso solo qualche minuto fa.

“Arrivederci, piccoletto.“

“E STAI ZITTO E VATTENE!”

Mettendosi a sedere di scatto scoprì che la stanza era già vuota e il vento gli veniva addosso più prepotentemente di prima – e quasi gli sembrò più gelido.

Si ficcò le unghie della mano sinistra nella guancia e fece per ributtarsi sul letto. Ma rimase fermo, a guardare la coperta di nuvole cupe che coprivano le stelle di una luce fioca.

“Mostro.” Offese il nulla.

Solo di nuovo, si ristese dando le spalle all’aria fredda.

Quanto a lungo aveva da aspettare?

  
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