Mh, mi ero ripromesso di non mettermi a scrivere di nuovo nel cuore della notte, ma questi sono i momenti migliori nei quali scrivere: c’è calma, niente in TV e, soprattutto, silenzio¾
Comunque ho
deciso di cambiare Fandom e quindi eccomi qui¾
Quando per la prima volta
ho letto i primi numeri di Tsubasa, non davo troppo peso al personaggio di
Shaoran, ma invece è il vero protagonista della storia! In fondo è il nostro
caro prescelto no?
No, non guardate
così lo schermo, sto scherzando! Figuratevi se uno come me potrà mai mettersi a
scrivere di un inutile-essere quale Shaoran...
Quindi
tranquilli, non mi metterò MAI a scrivere su di lui, mi sta pure un po’
antipatico a dire la più sincera verità... E un po’ è solo un
eufemismo.
Come fervente sostenitore del personaggio di Kurogane, non potevo non mettermi a scrivere una storia su/con lui... Oltre alle preposizioni a caso, mi impegnerò con tutto me stesso per rendergli onore.
Sarà che io
adoro il suo personaggio, che è il mio ideale di uomo perfetto e tutte queste
cose qui... Per questo mi prodigherò per scrive una storia quantomeno
decente.
Il titolo è Annex, vorrebbe dire dipendenza... ah e non lasciatevi abbindolare, in realtà la storia non è che finisca poi tanto male xD. Buona lettura, spero di non aver stuprato troppo questo bel manga.
Disclaimer: Io non posseggo alcun personaggio di questa storia che invece appartiene interamente a quel gruppo (di pazze sclerotiche) denominato CLAMP.
Annex
Fay dipendeva completamente da
Kurogane.
E no, non si parla solamente dei fatti
avvenuti nella dimensione della Tokyo futura. Lo era diventato nel corso del
tempo, nemmeno tanto a dire la verità.
Mano a mano che
passavano di dimensione in dimensione e che i loro corpi erano esposti alle
fatiche o ai danni che l'ingaggiare battaglia comportava, diventavano sempre più
uniti. Sì, insomma, nei limiti del possibile.
Il problema tra loro era che, oltre ad una qualche
incomprensione dovuta da certi lati del carattere che talvolta sembravano
collimare, si volevano bene. Già... Per la gente normale, quella che non deve
maneggiare katane o usare strani trucchetti di magia, questo non sarebbe stato
un problema, perché in fondo quando un legame è forte è in grado di vincere ogni
cosa. Ma per loro era solo causa di divertenti dissapori degni di uno scatch
comico di altri tempi.
Però, a dire la verità più
spassionata, il fatto che avessero un buon "rapporto di amicizia", notare bene
le virgolette, stava facilitando le cose ad entrambi.
Kurogane poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo:
in fondo l'eccentrico mago biondo che camminava al suo fianco con uno strano
sorriso stampato sulle labbra e che canticchiava a denti stretti una strana
filastrocca, aveva finalmente trovato una specie di sghemba gioia di vivere a
stare insieme ai suoi amici. Per lo meno non doveva ucciderlo.
Dal canto suo Fay, aveva finalmente smesso di cercare la
morte ogni volta che gli si presentava l'occasione e cioè ogni tre o quattro
volte il giorno, pasti compresi, e cantilenava una nenia mentre camminava
tranquillo e allegro accanto alla maestosa ombra nera, ben poco amichevole del
ninja moro che invece strascinava i piedi come al solito.
Un quadretto perfetto non c'è che dire.
A questo quadretto poi andrebbero poi aggiunte tre figure:
uno pseudoconiglietto bianco e ciccione, una principessa abbastanza rimbambita e
svampita, a dire il vero, e un antipatico ragazzino.
Kurogane era
sdraiato supino su un futon molliccio e scomodo a dire il vero. Fissava il
soffitto in silenzio, inspirando lentamente l'aria. La faccia gli bruciava, più
propriamente sarebbe corretto dire che ogni singola cellula, ogni poro della sua
pelle stava ardendo con profonda violenza, anche abbastanza insistente.
«Kuro-in?».
Si voltò su un fianco
cercando di ignorare quella voce.
«Kuro-pan?».
Sprofondò la testa nel cuscino duro, probabilmente era
pieno di buccie di spighe di grano saraceno o forse era stato fortunato e gli
era capitato quello pieno di calce.
«Kuro-puu?».
Il ninja strinse le palpebre forte, come a volersi
dimenticare cosa stesse succedendo intorno a lui. Non poteva lasciarsi andare,
non un'altra volta, non ancora.
Sì, le cose sembravano andare
proprio bene. Decisamente.
Le persone che Kurogane
odiava di più erano quelle che si lasciavano andare, che perdevano la voglia di
vivere ancor prima che le loro speranze fossero finite.
In effetti all'inizio Fay era all'inizio della sua
personalissima lista di persone-che-odio-di-più, tutti ne hanno una no? E Fay
era in cima a quella di Kurogane.
Ma le cose cambiano,
no? E ora per uno strano scherzo che fa il cuore, alle volte, Fay non c'era più
su quella lista.
«Kuro-ten?».
Quel maledetto letto
era diventato improvvisamente scomodo, caldo e fastidioso. Cominciavano a
prudergli addirittura i polpacci.
«Kuro-koi?».
Ora davanti al giapponese c'era una finestra chiusa che
dava sul buio di un grosso nembo nero, minaccioso e carico di pioggia.
«Kuro-bau?».
Strano, eh? Non cercava neppure di zittire quella vocina
impudente peggio della tortura cinese.
Però in effetti
l'aveva voluto lui, si era chiesto tante di quelle volte perché all'improvviso,
una volta che si era sentito chiamare da lui col suo vero nome, c'era rimasto
così male.
E quindi ora gli andava più che bene sentire
quella vocina continuare a chiamarlo insistentemente. Gli faceva anche piacere
sentirsi chiamare così.
Le cose andavano di bene in meglio.
Un giorno tutto cambiò.
«Kuro-sama?» aveva mugugnato Fay aggrappandosi alle spalle
larghe del ninja che strascinava i piedi come al suo solito.
Kurogane ruotò gli occhi al cielo e sbuffò profondamente.
«Che cosa vuoi ancora?».
«Niente, volevo solo
chiamarti».
«Dio, sei così pedante!» brontolò il moro
cercando di scrollarselo di dosso ma quel dannato mago si aggrappava forte e,
sgusciava agilmente da una parte all'altra fuggendo tranquillamente quelle mani
grandi e ruvide.
«Come mi diverto con te, Kuro-fou!»
rideva tutto contento.
Alché, demoralizzato, avvilito e
distrutto, il povero ninja si arrese inginocchiandosi a terra. «Okay, hai vinto,
cosa vuoi ora?».
Kurogane si rigirò nel letto
cercando di fare in modo che quella specie di piumone sgualcito e lurido
coprisse anche il piede che penzolava fuori dal materasso, decise poi di
raggomitolarsi quasi in posizione fetale, coprendosi addirittura la testa.
«Kuro-run?».
Le cose andavano bene perché ora,
sembravano, anzi, erano sereni. Tutti e due.
Mentre gli altri dovevano ancora raggiungerli, loro
ridevano e guardavano il cielo seduti a terra.
«Non mi
hai risposto, Yui.» mugugnò Kurogane.
«Non chiamarmi in
quel modo¾» brontolò Fay con tanto
di gomitata nella schiena del povero ninja.
Sul volto
del giapponese si dipinse una certa espressione beffarda e ammiccante. «Oppure
che fai, sentiamo? Devo per caso ricordarti che sono io quello che ha i
nomignoli più assurdi?!».
I loro volti furono
pericolosamente vicini per un istante, poi Fay sorrise. «Ne vuoi uno solo? Che
duri per sempre?».
«Ngh... no, a dire il vero mi va bene
questo».
«Kuro-kun?».
Stavolta non fece
nulla, anzi, Kurogane restò appallottolato sotto le coperte in una posizione
degna di un ghiro contorsionista alto due metri, buttando fuori respiri caldi e
inalando l'aria tiepida che si concentrava sotto il piumone.
«Kuro-pin?».
Le cose andavano proprio bene, fino
a quel giorno.
Già, quel giorno. Quello per la cui quasi
metà, avevano riso spensierati seduti a terra sull'erbetta fresca e umidiccia.
Quel giorno, che non era altro che un normale e comunissimo giorno come tanti
altri, il suo cielo si abbuiò definitivamente diventando più scuro di un enorme
nuvolone temporalesco nero che si avvicinava gravido di pulviscoli e
pioggia.
Quel giorno tutto cambiò.
Il cielo s'abbuiò di botto, e qualcosa scosse la terra come
un terremoto.
Kurogane impugnò l'elsa della sua katana
mentre una pioggia di colpi si abbatteva in terra, proprio dov'erano seduti loro
due un momento prima.
Loro
due.
Un barbaglio di energia bianca esplose a ricacciare
indietro quelle tenebre, rivelando una strana e oscura figura imponente e
minacciosa.
Avvenne tutto davvero troppo velocemente per
essere in grado di descriverlo con dovizia di particolari, tanto che i ricordi
di Kurogane faticavano ancora a comporsi per bene e nitidamente.
Aveva sentito all'improvviso una violenta stretta al collo
che lo disarmò del tutto. E quando dico disarmò vale a dire che la sua potente
spada cadde a terra e lui venne sbalzato all'indietro con una tale veemenza di
un urgano.
Si sentì chiamare proprio nel momento in cui
il suo robusto corpo si scontrò con il suolo.
Come una
furia, forse più per il fatto di essere stato sbalzato via, per una questione di
onore insomma, si avventò contro quell'enorme massa di muscoli e magia.
«Kuro-tako?».
Kurogane si scoprì la
testa e tornò nella posizione iniziale, a pancia all'aria.
«Kuro-puu?».
La voce che lo aveva chiamato quella
volta lo avvertiva di fare attenzione. E quella stessa voce venne seguita da un
altro barbaglio infiammato di luce di un bianco sfavillante.
E Kurogane era un tipo accorto, forse un po' impetuoso in
certi gesti, certo nelle situazioni non è che si presentasse in punta di piedi,
ma faceva atenzione: di certo non è che si volesse fare ammazzare.
Intanto arrivò anche Shaoran a portare aiuto. In effetti in
due contro un bestione simile, alto più di nove piedi, non potevano cavarsela
tanto facilmente.
Ma fu rapidamente lanciato indietro
anche lui.
Per non parlare di Fay. Era già la seconda
volta che, con una specie di colpo di frusta veniva lanciato in aria, ma almeno
ogni tanto riusciva a contrattaccare.
«Kuro-pin?».
Kurogane, nel vedere Fay cadere a
terra in un modo talmente innaturale da gelargli il sangue, abbassò la guardia,
e venne trafitto da, non si sa cosa, forse un'ombra.
L'aria cominciò a graffiare e pesare nella sua gola con
impudente insistenza e non riuscì nemmeno a restare in piedi, perché qualcosa
gli strappò via anche la forza delle gambe, frantumando le ossa,
polverizzandole.
Si sentì chiamare di nuovo, con più
forza stavolta, con più insistenza da una voce che non era poi tanto lontana da
lui.
L'ennesimo barbaglio rischiarò il buio definitivamente.
«Kuro-bau?».
Davanti ai suoi occhi ora c'era di
nuovo il cielo terso.
«K¾Kuro¾Kuro-fou?» la voce, la solita, lo chiamò di
nuovo.
Kurogane trasalì e cercò di tirarsi su in piedi,
senza nemmeno ricordarsi che le sue gambe ora non si muovevano più.
Si portò prono, bocconi e con la forza delle braccia cercò
di arrivare fino alla fonte di quella voce.
«Kuro-po?»
Arrivò fino alla fonte di quella
voce. Fay.
«K¾Kuro-tan?» bofonchiò il biondino appena lo vide.
Devastazione. Questo vide il ninja, davvero tanta
devastazione.
«Per¾ché?» bisbigliò il mago con un filo di voce.
«Perché mi¾mi guardi così,
Kuro-rin?».
Non era cambiato granché dal loro
primo incontro-scontro: forse, dopo tutto quel tempo, Fay non cercava più di
farsi bellamente ammazzare dal primo che gli capitava a tiro, cercava in effetti
di vivere un po' più oltre le aspettative, ma continuava a cercare di aiutare
sempre le persone a cui teneva.
Kurogane ringhiò un qualcosa come tappati la bocca, ma il
biondino continuò. «Perché?».
«Avevi... avevi promesso
che avresti¾» il ninja si fermò
ancora prima di finire la frase, non riusciva a parlare. Era riuscito ad
arrivare fin lì. Sebbene le forze che gli erano rimaste erano poche, a seguito del
combattimento, che in effetti era durato anche più del previsto, e per i danni
riportati che erano dannatamente ingenti, c'era riuscito.. Ora riusciva a stento a tenere gli occhi aperti, e forse avrebbe
fatto bene a chiuderli, piuttosto che vedere una tale devastazione.
«So¾lo so.»
annuì.
No, forse qualcosa era cambiato, ma in Kurogane. Era sempre il solito ninja serio, rude, coraggioso e che si infuriava (per un nonnulla), ma forse quel problema di cui si parlava prima, il volersi bene non aiutava granché la sua concentrazione, soprattutto negli ultimi tempi.
«Kuro-ron? Per... è per questo?» domandò con un filo di
voce prima di cominciare a tossire.
Il ninja non
rispose, riuscì solamente a fare la cosa più normale del mondo, cioè sollevargli
la testa per aiutarlo a respirare. Le sue dita ruvide, sporche e ferite
arrivarono dietro il collo del mago.
Kurogane rabbrividì
all'improvviso: le vertebre del collo del biondino erano più morbide del burro
lasciato per due ore a temperatura ambiente.
«Tu¾» mugugnò.
«Dici che... rivedrò mio fratello? Kuro¾» tossì di nuovò stavolta con più trasporto di
prima.
«Non ti permetto di morire, Fay. Non te lo
permetto.» ringhiò il moro con tanto di denti digrignati.
Sorrise. «Non... puoi fare nulla.» sospirò il mago
spensierato. «Mi¾».
«Sì che posso!» ringhiò.
«Kuro-bau?».
Fay chiuse gli occhi. «No, non
puoi.» sembrò triste, in effetti chiunque da lui, conoscendo i suoi trascorsi,
si sarebbe aspettato che sarebbe stato sollevato nel vedersi morire. «Sapevo...
a cosa¾a cosa andavo incontro.»
sospirò.
«Perché l'hai fatto?» bofonchiò Kurogane
prendendogli la mano e stringendola più forte che poteva, vale a dire
debolmente.
«Piuttosto che... piuttosto che vederti
morire¾» sussurrò riaprendo gli
occhi. «Mi spiace Kuro¾».
«Perché ora dici questo?!». il ninja cominciava a sembrare
un bambino che chiedeva i perché del mondo, ora.
«Mi
spiace, davvero... Kurogane.» mormorò fiaccamente.
«Perché mi chiami così?» domandò.
Un'espressione serafica si dipinse sul volto del mago prima
che parlasse di nuovo. «Beh... è il tuo nome, no?».
Ecco
che si presentava di nuovo, eccola, dura e violenta coltellata al centro del
cuore. «Ma¾».
«Mi dispiace averti... averti infastidito così tanto.»
annuì.
Infastidito?
Lo aveva infastidito? No.
Certo,
uno come Kurogane doveva anche avere una pazienza di ferro per sopportare
quell'eccentrico mago biondo, ma dopo un po', veramente poco, si era abituato,
anzi gli piaceva.
«Ma che dici?» domandò ricacciando indietro la voglia di
prenderlo a ceffoni.
Sospirò. «Ti ho dato... tanti
grattacapi, no?».
«Fay non... non dire così.» Kurogane
poggiò la fronte contro quella del mago e restò in silenzio.
«Ma... ti ringrazio anche¾» strinse le labbra fine in un altro sorriso.
«Sei... mi... hai¾».
«Basta parlare, se solo avessi la forza... ti porterei via
di qui.» mormorò.
«Per dove?» sospirò. «Non devi
più¾non devi più preoccuparti per
me.» sorrise. «Hai fatto... davvero tanto...».
«Smettila, Fay!» ringhiò Kurogane senza però avere la forza
di sfoderare una faccia quantomeno minacciosa.
Le cose erano decisamente cambiate.
Kurogane, il freddo e serio ninja, non era più tanto freddo
ora.
Si chinò sul volto dell'amico, di nuovo ad una distanza
davvero troppo ridicola per definirla tale. «Non ti permetto di morire».
«Kuro-tan... perché mi guardi così?» farfugliò lasciando
correre due dita ad incatenarsi ai capelli mori del giapponese.
«Non ti permetto di morire.» ripeté.
Il mago sospirò, schiudendo piano le labbra, un soffio
appena tiepido.
Ma quel soffio venne carpito dalle
labbra di Kurogane che ora coprivano quelle di Fay.
«C¾Cos'è era
quello?» biascicò una volta che la bocca secca di Kurogane fu abbastanza
lontana.
Il ninja sospirò. «Proprio quello che sembrava,
Fay».
«E perché?» lo guardò con fare interrogativo.
«Perché se devi morire, non puoi farlo così male.» sospirò
ancora.
«Grazie, Kuro-tako.» annuì. «Grazie».
«Non devi ringraziare per queste cose, lo sai?» si chinò e
lo baciò di nuovo, almeno la forza per baciarlo era sufficiente.
«Kuro-pin?».
Kurogane si alzò a fatica dal letto e spinse due dita
contro il vetro gelido della finestra per aprirla. Era quasi ora di andare.
Il petto gli faceva sempre più male e non sarebbe servito a
nulla lamentarsi, si sdraiò di nuovo e tornò a guardare fuori il cielo nero
uggioso.
«Kuro-ku?».
«Fay.» cominciò a dire dopo un altro
bacio e un altro ancora.
Il mago sorrise. «Kuro-ron...
salutami... salutami Sakura... e gli altri».
«Lo farai
tu.» mormorò.
Le dita di Fay scivolarono sulla guancia
umida di Kurogane. «Il tuo mantello è... proprio bello... Kuro-fou...» mormorò
con un sospiro soffocato in gola. «Io...».
La sua mano
abbandonò il volto del ninja in un gesto fluido, mentre la testa ciondolava
all'indietro con un'espressione serafica dipinta sul viso.
«Fay? Ehi? Fay!» lo chiamò e richiamò più e più volte,
scuotendolo piano senza volergli fare troppo male.
Ma
poi riuscì a trovare la forza per abbracciarlo.
Lo
strinse forte e affondò la faccia sotto il suo collo, nascondendo il viso dal
cielo e da chi altro era lì intorno.
E restò così a
lungo.
«Ti amo.» mormorò contro la pelle ormai gelida
del mago.
«Kuro-po?».
Kurogane sorrise nel sentire ancora quella voce.
Da quando Fay era morto, non si era più ripreso. Nei giorni
che seguirono, la ferita non accennava a migliorare soprattutto perché lui non
voleva miglirare.
Sentiva in continuazione la sua voce,
e voleva solo raggiungerlo, e finalmente era arrivato il momento, l'aveva aspettato anche troppo.
Sospirò un ultimo sospiro soffocato. «Ti amo, Fay.» ripeté
un'ultima volta prima di chiudere gli occhi.
In effetti non era solo Fay a necessitare di Kurogane per vivere...