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Autore: Edward    04/09/2010    2 recensioni
[Lavi-centric] [Nonsense; Suspance; Song-fic]
Aprì piano la bocca, lasciando uscire il fiato dai denti, e cercò di capire da dove provenisse la musica. La sentiva alla propria destra, ma quando si girò ce l’aveva alle spalle.
C’erano le ombre, le sentiva anche senza aprire gli occhi. C’era il peso della luce sfocata che gli premeva sulle spalle, e c’era il sibilo del giradischi che non smetteva di ansimare, dandogli l’impressione che la punta di ferro scorresse direttamente sopra le sue ossa.
Genere: Song-fic, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rabi/Lavi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Hush Hush Hush – Here Comes the Boogeyman

Titolo: Hush Hush Hush – Here Comes the Boogeyman
Fandom: D.Gray-man

Personaggi: Lavi

Rating: Giallo
Genere: Song-fic; Suspance; Nonsense
Avvertimenti: Alternative Universe; One-Shot
Note: Scritta nel giro di un’ora, o forse di mezz’ora, tra le due e le tre di notte. Non è un capolavoro –probabilmente non è neanche gradevole- ma sinceramente pazienza, dato il periodo di magra che ho avuto in questo fandom, un po’ me l’aspettavo. Il titolo della fanficion è preso da una canzone, quella alla quale mi sono ispirata, e –giusto per rompere un po’- vi consiglio di ascoltarla, un po’ perché è fantastica e un po’ perché altrimenti metà della suspance va a puttane.

E ora, farò qualcosa di estremamente imbarazzante ed estremamente nonsense.

 

Dedico questa fanficion a Kicchina, non tanto per la trama in sé, ma perché ogni volta che scrivo in questo fandom lei c’è e recensisce, e mi va sentire Dio per quei cinque minuti, e considerando che essere un Dio è una gran cosa e cinque minuti sono un sacco di secondi, non mi dispiace affatto.

Quindi. Grazie <3

 

 

 

 

 

Hush Hush Hush

Here Comes the Boogeyman

 

 

 

 

Era cominciata con un motivetto lento ed inquietante, di quelli fatti apposta per farti deglutire silenziosamente e ridere con aria nervosa. Un po’ incalzante e un po’ lenta, piacevole all’udito ma fastidiosa al cuore. Si era poi placata, con un piccolo colpo di piatti tonanti, e la voce aveva preso a cantare.

 

Children have You ever met the Bogeyman before?

No, of course You haven't for

You're much too good, I'm sure;

Don't You be afraid of him if he should visit You,

He's a great big coward, so I'll tell You what to do:

 

Lavi inizialmente si era corrucciato. Si era passato una mano sul viso, grattandosi la guancia nella speranza di scacciare la stanchezza, e aveva lasciato ruotare la sedia per dare le spalle alla scrivania.

« Mh? » aveva detto, non troppo convinto. Si era sfilato le cuffie, guardandosi attorno con aria attenta –il negozio puzzava di vecchio e di umido, di legno scricchiolante e lampade ad olio consumato- e non si era mosso. La musica continuava a risuonare, pacata a imperterrita, tra le pagine ingiallite dei libri.

Quindi, Lavi si era alzato.

 

Hush, hush, hush, here comes the Bogeyman,

Don't let him come too close to You,

he'll catch you if he can.

Just pretend that you're a crocodile

And you will find that Bogeyman will run away a mile.

 

Aveva riso piano, seccato da quell’improvvisa distrazione, e con un breve sospiro –inspira dal naso ed espirando dalla bocca- aveva preso a camminare.

Scostando tendine di perline dai colori spenti e filami di ragnatele argentee, aveva mosso il primo passo verso la musica. Il secondo lo aveva mosso un po’ in obliquo, chinandosi per raccogliere la mazza da baseball poggiata sul vecchio quadro che nessuno voleva mai comprare, finendo con il muovere il terzo e, dopo un istante, fermarsi.

C’era un altro rumore, di sottofondo.

 

Say "Shoo shoo" and stick him with a pin

Bogeyman will very nearly jump out of his skin

Say "buzz buzz" just like the wasps that sting

Bogeyman will think you are an elephant with wings

 

Lento, fugace. Fastidioso, un ronzio seccante, quel tipo di suono che senti e solitamente ignori, ma che se senti e basta non puoi far altro che odiarlo.

Lavi chiuse gli occhi. Entrambi, nonostante ci vedesse da uno solo, e sospirò nuovamente. Deglutì, più rumorosamente di poco prima, e mosse un altro passo. Al quale ne seguirono altri, meno incerti dei precedenti, fino a quando il secco rimbombare delle suole contro il pavimento non si mescolò al miagolio di sottofondo che si era improvvisamente aggiunto.

 

Hush, hush, hush, here comes the Bogeyman

Tell him you've got soldiers in your bed

For he will never guess that they are only made of lead

 

Lavi era solo nel negozio di antiquariato, lo sapeva. Lo sapeva con una certezza –così disarmante- che per un istante ne dubitò. Quindi abbozzò una smorfia, tra il ringhio e il sorriso –tra la morte a tradimento e il pugnale alle spalle che in fondo ci si aspetta sempre- e serrò la presa sulla mazza.

Era di legno, solida, scheggiata nei punti più improbabili. Lavi si mosse ancora.

 

Say "Hush hush", he'll think that you're asleep

If you make a lovely snore away he'll softly creep

Sing this tune you children one and all

Bogeyman will run away, he'll think it's Henry Hall!

 

Non ricordava se fuori fosse notte o giorno, si era svegliato con quel rumore nelle orecchie e per un attimo non aveva saputo cosa dire. Dormiva, ne era certo, ma si era ritrovato con lo sguardo fisso sullo schermo del computer completamente seduto. Non ricordava cos’era successo prima di quello –prima delle musica e prima di svegliarsi, prima di sognare e prima ancora di addormentarsi- tanto che gli sembrava di essere stato appena creato, tanto che si chiese se non fosse nato proprio lì, proprio in quel momento.

Di nuovo, chiuse gli occhi. Continuò a camminare.

 

When the shadows of the evening creep across the sky

And your Mummy comes upstairs to sing a lullaby

Tell her that the bogeyman no longer frightens you

Uncle Henry's very kindly told you what to do

 

Aprì piano la bocca, lasciando uscire il fiato dai denti, e cercò di capire da dove provenisse la musica. La sentiva alla propria destra, ma quando si girò ce l’aveva alle spalle.

C’erano le ombre, le sentiva anche senza aprire gli occhi. C’era il peso della luce sfocata che gli premeva sulle spalle, e c’era il sibilo del giradischi che non smetteva di ansimare, dandogli l’impressione che la punta di ferro scorresse direttamente sopra le sue ossa.

Percorse il corridoio, tra scatole di cartone e pile di libri barcollanti, strizzando gli occhi quando la luce della sala lo accecò.

 

Hush, hush, hush, here comes the Bogeyman

Don't let him come too close to you, He'll catch you if he can.

Just pretend your teddy bear's a dog

Then shout out, "Fetch him, Teddy!" and he'll hop off like a frog.

 

Che era come tutte le altre, caotica e soffocante. Lucida, perché la polvere era talmente tanta da sembrare inesistente, e sistematica. C’era un tavolo, e uno specchio. Un mobile, delle librerie, una finestra sprangata da assi di legno.

C’era anche la musica, a galleggiare a mezz’aria, sopra il giradischi di nero e lucido conforto.

« Ah. » disse Lavi, ma la sua più che un’esclamazione sembrò un verso, di tensione e irritazione. Sopirò, scuotendo la testa, e sentì il cuore diventargli leggero. Passò davanti allo specchio –che era uno di quelli lunghi e stretti, verticale e inclinato all’indietro- e aggirò il tavolo. Chinò collo mento e sguardo, con la mazza da baseball premuta contro il fianco, mentre allungava un mano per impedire al suono di violare così insistentemente i suoi pensieri.

Sollevò lo sguardo.

 

Say "Meeeeoow", pretend that you're a cat

He'll think you may scratch him that make him fall down flat

Just pretend he isn't really there

You will find that Bogey man will vanish in thin air

Here's one way to catch him without fail

Just keep a little salt with you

and put it on his tail

 

« NO! »

L’urlo gli gelò il sangue, così come lo gelò al bambino seduto tra le ante del mobile, e fu come se tutta l’aria fosse stata risucchiata via. La musica cessò, la luce si spense all’improvviso.

Il bambino sgusciò fuori, tese una mano verso Lavi mentre qualcosa lo afferrava per spalle vita e nuca, serrando le dita attorno al suo collo. Lavi indietreggiò, cadde all’indietro e sbatté contro il vetro.

C’erano un gatto in una gabbia e uno sciame d’api in una boccia di vetro.

Il vetro dello specchio si ruppe e gli si conficcò tra costole e sterno, il sangue non sgorgò dal taglio profondo e le dita gli si serrarono contro la gola.

Qualcuno alle sue spalle rise, diede uno strattone e Lavi scivolò dentro lo specchio.

Poi, ci fu solo il silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il bambino singhiozzava silenzioso, ma non piangeva. Non era la prima volta, non sarebbe stata l’ultima.

Sistemò la gabbia del gatto, che soffiava spaventato, e serrò bene il vaso con le api, per non lasciarle uscire. Tirò su con il naso, rimise frettolosamente il giradischi al proprio posto e la musica prese a scorrere nel giro di pochi istanti.

Si girò, esitando, e fissò lo specchio.

Indietreggiò, senza distogliere lo sguardo, e allungò a tentoni le mani per serrarle sulle ante del mobile. Inspirò, trattenne il respiro ed esitò di nuovo.

Così si chinò, piegando le ginocchia e tirando le ante. Ci si chiuse dentro e questa volta non lasciò al mondo nessuno spiraglio.

 

 

 

End.

   
 
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