Note:
E’
una storia brevissima, lo so. Il
fatto è che sono due giorni che non faccio altro che
piangere ogni volta che mi
guardo l’ultima puntata uscita domenica. Non che non mi
aspettassi la scena,
seguendo io il manga, eppure con quella musica di sottofondo io non ho
resistito.
E, lo ammetto, ho pianto anche
nello scriverla.
Come d’abitudine mi sono lasciata
guidare dalle note di una canzone, http://www.youtube.com/watch?v=kSVv7LWAkuo&feature=related,
di cui questo è il link.
Che altro posso dire?
Solo Garp ultimamente mi ispira, e
non in modo positivo visti i risultati.
Comunque sia non volevo tenerla
nel computer senza uno scopo, e ho preferito postarla.
Spero che qualcuno sia rimasto
colpito quanto me da quella scena, di cui qui ho riportato anche le
frasi!
Detto questo.. torno nel mio
angolino a deprimermi!
Accidenti a
te, Ace.
Un passo.
Un gradino. Un ricordo.
Un vecchio
uomo come lui dovrebbe essere stanco di quello.
Non ha
nient’altro da fare.
Varca la
soglia di quella casa sperduta su un altura, alle sue spalle il piccolo
villaggio di Foosha.
È un
odore familiare, un calore soffocante e un’amara solitudine
quello che lo
accoglie.
In un
angolo una sedia a dondolo, davanti ad una finestra sul mare, rimane
immobile
fino a quando lui non ci si lascia andare sopra.
Teneva tra
le mani un bambino, la prima volta che si sedette lì.
Pochi capelli,
occhi neri, sangue maledetto.
Ma un
bambino resta un cucciolo d’uomo,
qualunque sia il suo nome.
Dall’altra
parte un letto.
Ricorda due
corpicini magri dormirci sopra e ricorda anche sé stesso
coprirli con un
lenzuolo, senza svegliarli.
“Voglio solo
stare qui”
Non ci
sono altre parole. Eppure
non è il suo
angolo di paradiso, quella misera casetta in legno. Un tempo lo era,
quando i
suoi capelli erano ancora per metà neri, le sue cicatrici
meno evidenti, e i
suoi pugni più vigorosi.
A lui
piaceva tornare lì, passare le giornate spiando i suoi due
nipoti in mezzo alla
foresta, da soli a cavarsela.
Ore che
gli resta? Un silenzio opprimente.
Un marine
e un nonno. Lui era sempre stato entrambe le cose, con orgoglio.
Abbassa il
capo, con nuove lacrime attorno agli occhi.
“Non
provo pietà per i furfanti…. Ma non vale lo
stesso per la famiglia”
Lui desiderava
così tanto averne una.
Nessuno riuscirebbe
ad essere indifferente di fronte ad una morte, come si può
chiedergli di
esserlo davanti a quella del suo primo nipote.
Si lascia
dondolare un poco dai movimenti della sedia, posando lo sguardo sopra
al
pavimento coperto da segni rigati. Colpa
di quello stupido attrezzo che Makino l’aveva obbligato a
comprare. Un girello,
così si chiamava. Da Ace era passato a Rufy, come secondo la
più antica
tradizione. Abbozza un sorriso, Garp.
Quello strumento
non aveva fatto altro che permettere alle gambette dei due mocciosi di
seguirlo
per l’intera stanza, senza tregua. Ed in più aveva
rovinato il legno.
Il problema
era suo però, se n’era accorto troppo tardi.
E alla
fine non aveva potuto fare nulla.
Impotente,
di nuovo.
“E io…
cosa ti aspetti che faccia?”
Qualcuno
bussa
alla porta, piano.
Tossisce un
attimo, nascondendo il misero dolore ed asciugando le lacrime.
Impreca, con voce grossa, in un imbarazzo mal celato. Si regge
sulle gambe, malfermo, dirigendosi verso l’entrata.
Ma poi si ferma.
Che importa?
I suoi piani, tutti falliti.
I suoi ideali, tutti scemati.
I suoi nipoti…