Salve a tutti! Innanzitutto grazie per aver aperto questa storia, è la prima volta che scrivo una UsaUk e spero vi piaccia, visto che a me questa coppia non fa impazzire ò.ò dunque. Scrivo queste due righe per avvertirvi che i personaggi OC inseriti in questa storia (Scozia, Isole Ebridi, Galles, Irlanda del Nord, Isole Vergini, volendo parlare di nazioni) sono stati -escludendo Scozia- espressamente creati da me e il mio maritino unicamente per questa fancition e il GDR di Hetalia su Facebook. Troverete tutte le informazioni a fine capitolo~ Buona lettura!
Come essere un perfetto gentiluomo
1.
Tea
caldo. Una dolce, aromatica tazza di tea caldo. Arricchito con una
punta di miele, ambrato, zuccherato al punto giusto. Tea caldo. Lo
stesso tea caldo che lo accompagnava tutti i giorni alle cinque
precise di pomeriggio e non solo, lo stesso tea caldo che riusciva a
rilassarlo anche più di un bagno bollente. Lo stesso tea
caldo che
gli stava andando di traverso in quel preciso istante.
“Co...
cosa?!” tossicchiò Arthur Kirkland, giovane
commerciante di spezie
di appena ventitré anni, capelli biondi, occhi verdi,
sopracciglia
un po' folte, ma non se n'era mai realmente fatto un problema. Anzi,
secondo lui denotavano uno charme che solo un inglese poteva
avere.
Una
bella signora sulla quarantina, capelli castani raccolti sulla testa
in morbidi boccoli, rigirò il cucchiaino dorato
nella tazza,
prima di scuoterlo leggermente sul bordo e posarlo sul piattino.
Posò
la mano sul grembo e rivolse un bel sorriso al suo nipotino,
aggiustandosi i lunghi guanti bianchi di seta che le arrivavano
all'avambraccio.
“Converrai
con me che è l'unica resa attuabile” sorrise lei,
prendendo tra le
mani la tazzina finemente decorata e portandola alle labbra, bevendo
un leggero sorso. “La pregevole famiglia ci ha postulato un
simile
favore, sarebbe spregevole da parte nostra declinare”
allargò il
sorriso, assottigliando gli occhi come solo lei sapeva fare.
Piegò
la testa, fissando il nipote dritto negli occhi, con quello sguardo
al quale non si poteva di certo dire di no. “Domandare
è lecito,
rispondere è cortesia.” continuò,
“Sicché non vorremmo bensì
gettar sfregio sulla nostra famiglia esimendo la gentile
richiesta...”
“N-no,
certo che no...” biascicò lui, posando il
fazzoletto di seta con
il quale si era pulito il viso. Certo che no? Era una catastrofe!
Come poteva quella stupida famiglia caricarli di un peso tale?! Ma
cosa... cosa?!
“Sublime,
invero” squittì lei, prendendo nuovamente la tazza
tra le dita.
“Mi aspetto una risultanza impeccabile come tua abitudine,
Arthur”
“Oh...
immancabile, zia... tenterò di non disattendere le tue
prospettive”
biascicò Arthur abbassando il viso e mordendosi un labbro,
invaso
dalla rabbia.
“Nevvero”
concluse la donna, poggiando la tazzina ormai vuota sul piattino,
poggiando nuovamente le mani sul grembo e rivolgendogli un sorriso
benevolo... o almeno così tentava di essere. Arthur
conosceva quel
sorriso, e significava tanti guai.
“Se
ora volete congedarmi, zia, mi accomiato per riordinare le
idee...” si alzò, con un leggero inchino della
testa, e la zia concesse
l'uscita con un leggero segno della mano.
Arthur
chiuse la porta alle sue spalle, prendendo un grosso respiro e
cominciando a camminare a passo deciso per il corridoio di marmo.
Salì le scale velocemente, quasi travolgendo una cameriera
che stava
trasportando delle lenzuola probabilmente da lavare, e
arrivò al
piano rialzato, attraversando il lungo corridoio e infiltrandosi in
uno più piccolo, aprendo poi l'ultima porta sulla destra. La
sbattè
alle proprie spalle ansimando pesantemente, tenendo stretta la
maniglia tra le dita.
“Non
è possibile... ma cosa!” esclamò,
colpendo con un calcio il
piccolo tavolino posto di lato, per fortuna libero da qualsiasi
oggetto. “Cosa! Sono tutti impazziti, per chi cazzo mi hanno
preso?!” continuò, togliendosi la giacca e
scaraventandola per
terra, tirandosi il fiocco che aveva al collo per slegarlo e lanciare
anch'esso in qualche punto imprecisato della stanza. “Qui
sono
tutti pazzi! Tutti! E stanno cercando di fare impazzire anche
me!”
continuò ad urlare, per poi dirigersi verso il letto e
buttarvisi
sopra a peso morto, portando una mano sugli occhi.
Aveva
già un sacco di problemi da solo, gestire il commercio,
regolare il
trasporto delle spezie, delle sete, scegliere con cura la gente con
la quale lavorare, gestire il traffico... insomma, non aveva di certo
tempo per le stupidaggini!
Prima
ancora che potesse inveire nuovamente, il suo telefono cellulare
squillò, diffondendo l'inno inglese per la stanza.
“Sì?”
rispose, con un sospiro enorme.
“Signor
Kirkland? La macchina è in cortile, la aspettiamo”
rispose una
voce seria ma giovanile dall'altra parte.
“Uhm...
sì, arrivo” fece, chiudendo la chiamata e andando
a recuperare la
giacca, optando per una cravatta, molto più... 'moderna', se
vogliamo dire così, rispetto a quel fiocco così
tremendamente
retro.
Scese
nuovamente le scale, non incontrando per fortuna nessun membro della
sua famiglia, e si diresse verso l'ingresso, dove il suo maggiordomo
lo stava attendendo.
“Da
questa parte, signore” disse in tono pacato, con la testa
leggermente inclinata verso il basso e una mano sul petto.
“Grazie,
Rupert” rispose Arthur, massaggiandosi la tempia e uscendo
dalla
porta di casa, già stata precedentemente aperta dalle
cameriere. Il
suo maggiordomo lo seguì tenendo tra le mani un registro.
L'auto,
una audi A8 nera, era poco fuori l'enorme portone di casa Kirkland,
con l'autista che manteneva spalancata la portiera passeggero. Arthur
entrò massaggiandosi ancora la tempia, seguito da Rupert.
L'autista
chiuse la portiera e corse al posto guida, mettendosi subito al
volante.
“Va
tutto bene, signore? Devo prenderle un'aspirina?”
domandò il
maggiordomo, posando sulle gambe il registro.
“No...
una pistola, forse...” mormorò lui. Poggiandosi al
bracciolo e
continuando a massaggiarsi la tempia.
“Signore...”
biascicò lui, con un'occhiata quasi di rimprovero.
“Lo
so, Rupert, lo so...” sospirò Arthur, passandosi
la mano sul collo
e aggrottando le sopracciglia. “Sono stanco di essere preso
per un
idiota! Ho un lavoro anche io a cui badare!”
esclamò, affranto.
“La
signora ha comunicato le nuove direttive” rispose lui,
aprendo il
registro e estraendo una penna dal taschino.
“Oh,
certo. Evviva. Dimmi tutto” sospirò ancora,
accavallando le gambe
e chiudendo gli occhi.
“La
data del matrimonio è fissata per il cinque agosto, abbiamo
già
contattato l'organizzazione che sta provvedendo a sistemare tutto
ciò
che riguarda la cerimonia e il ricevimento, la sala è stata
prenotata, domani pomeriggio la sarta andrà a casa della
sposa per
il vestito. Quanto a... quel problema...” mormorò
l'ultima frase,
guardando sottecchi il suo signorino, alzando leggermente le
sopracciglia, preoccupato.
Sentì
provenire un grande sospiro da lui, che si posò una mano
sugli
occhi. “Dimmi...”
“Dovrebbe
arrivare oggi in città, ho già incaricato un
autista di andare a
prelevarlo dall'aeroporto. Dovreste incontrarvi stasera stessa per
cena”
“Oh,
non vedo l'ora.” commentò ironico Arthur,
incrociando le braccia
sul petto. “Puoi ripetermi quanto tempo ho?”
“Due
mesi e mezzo, signore”
“Vale
la pena suicidarsi, allora...”
L'impresa
commerciale Kirkland era sorta a metà 1800 e si era subito
affermata
nel grande viavai mercantile che caratterizzava quegli anni. La sua
vicinanza alla casata reale e gli stretti rapporti con la compagnia
delle Indie, seppur nel suo periodo di crisi, avevano aiutato la
piccola impresa ad evolversi sempre di più e diventare il
colosso
del management di spezie e seta proveniente dalle Indie che era oggi.
Arthur
Kirkland, nonostante i suoi soli ventitré anni, era alla
stregua del
presidente, suo padre, ormai troppo vecchio per curare ogni dettaglio
fino in fondo.
Ogni
membro maschile della famiglia Kirkland lavorava nel complesso. Anche
se erano tutti figli di donne diverse, erano fratelli e comunque si
sentivano una sola famiglia.
Il
fratello maggiore, Logan, era il figlio della prima moglie del signor
Kirkland, ed era di origini scozzesi. Infatti Logan aveva i capelli
rossi e qualche sparuta lentiggine, gli occhi verdi e un carattere
piuttosto irrequieto, e piuttosto 'libero'. Aveva ventisette anni e
nell'impresa si occupava delle relazioni estere. Dopo c'era Arthur,
che si occupava della gestione interna dell'azienda, e da qualche
tempo aveva sostituito il padre nel ruolo di presidente del gruppo,
diventando, se possibile, più sclerato di prima. Sua madre
era
inglese, ed era la moglie ufficiale del signor Kirkland. Il terzo
figlio si chiamava Sky, diciott'anni, allegro, gioviale, anche lui
con i capelli rossi e gli occhi verdi, lentiggini sul viso. Sua madre
proveniva dalle isole Ebridi, nella Scozia nord-occidentale. Aiutava
Logan nella gestione dei rapporti esteri. Il quarto figlio era Ray,
un piccolo scricciolo di appena un metro e sessantuno troppo spaurito
per fare qualsiasi cosa. Sua madre era di origini gallesi, e lui era
stato preso nella famiglia sin da piccolo a causa della sua morte.
Aveva diciassette anni e, a differenza di tutti i suoi fratelli,
aveva occhi nocciola e capelli castani. Nel gruppo era il
responsabile superiore della contabilità. Il più
piccolo era Kain,
di appena quindici anni. Insieme a Ray frequentava ancora la scuola,
e non aveva ancora un vero ruolo nella gestione dell'azienda. Come
gli altri due fratelli, aveva occhi verdi e capelli rossi, sua mamma
era originaria dell'Irlanda del Nord.
Arthur
amava molto i suoi fratelli, anche se ognuno aveva i suoi difetti.
Logan lo trattava sempre male, e non perdeva occasione per deriderlo,
Sky parlava troppo ed era sempre invasivo, al contrario, i suoi due
fratelli minori non fiatavano affatto. Tutto sommato, il suo rapporto
con loro era piuttosto armonioso.
Il
telefono cellulare del suo maggiordomo squillò
all'improvviso,
risvegliandolo dai suoi pensieri, quando voltarono nel parcheggio
della sede centrale del gruppo Kirkland.
“Pronto?”
ci fu un secondo di silenzio, durante il quale Arthur vide il suo
maggiordomo cambiare espressione almeno cinque volte.
“...cosa?! È
molto grave. Cercatelo dappertutto!” esclamò, con
gli occhi fuori
dalle orbite. “Tenetemi informato” chiuse il
telefono con uno
scatto, poi prese un respiro voltandosi verso Arthur.
“...
il signorino è scomparso dall'aeroporto. Ha eluso le nostre
guardie
del corpo e sembra che si sia allontanato con la sua auto da
solo”
“...
come hai detto?!” sbottò Arthur, quasi dando una
testata al
tettuccio della macchina. No, no... no! Perché,
perché succedeva
tutto a lui?!
L'auto
si fermò davanti alla sede centrale del gruppo Kirkland,
l'autista
scese e aprì la portiera ad entrambi, che si precipitarono
fuori
quasi schizzando.
“Chiama
tutti quelli che puoi, chiama la polizia, chiama l'esercito, chiama
chi vuoi! Ma trovalo. Entro questa sera lo voglio alla mia scrivania!
Poi ci penserò io a come ucciderlo lentamente e con
dolore” sibilò
tra i denti, stringendo i pugni delle mani.
All'improvviso
ci fu il rumore rombante di una frenata, e una Audi spyder bianca,
così bianca che luccicava tremendamente sotto il sole di
giugno,
comparve dall'angolo della strada sgommando a velocità
probabilmente
non concessa nemmeno ad Indianapolis.
Con
un altro terribile, stridulo freno l'auto si fermò giusto
davanti ad
Arthur e al suo maggiordomo, perplessi, shockati, senza parole.
Le
guardie del corpo circondarono l'auto, ma Arthur, con gli occhi
ancora spalancati dallo stupore e dallo spavento, alzò una
mano per
farli allontanare.
Il
finestrino scuro si abbassò lentamente, e un musica
assordante
cominciò ad uscire da quel colosso di auto.
Una
testa bionda, con un ridicolo ciuffo che spuntava e stava in piedi
per chissà quale strano fenomeno fisico, un viso nascosto da
un paio
di occhiali da sole neri e un odioso, odioso sorriso spuntarono da
quell'auto bianca e luccicante.
“Ehilà,
come va~?”
----------------
Grazie
di essere giunti fin qui<3 spero questo capitolo vi sia piaciuto
nonostante la scarsa lunghezza. Come promesso, ecco i profili e degli
identificativi dei fratelli di Arthur.
Logan: come
già scritto, è il maggiore dei fratelli Kirkland,
e rappresenta la Scozia. Tenterò di mantenere il suo
carattere così com'è descritto nel fandom, anche
se ovviamente lo manipolerò a mio piacimento :D non me ne
vogliate!
Sky: le
Isole Ebridi sono un gruppo di isole raggruppate in interne ed esterne
accanto alla Scozia. Sono state di dominio norvegese fino al 1280 prima
di passare nuovamente nelle mani della Scozia. Il nome di Sky
è preso dal nome di una delle principali isole, Skye. E' il
secondo dei fratelli Kirkland ed è un vero logorroico,
capace di mettere in difficoltà chiunque gli parli
perché non sta mai zitto.
Ray:
rappresenta il Galles ed è veramente piccolo e silenzioso,
molto spaurito e soprattutto non riesce a reggere i suoi tre fratelli
maggiori così pieni di vita e chiacchieroni (soprattutto
Sky). Non è molto abituato ai rapporti umani e per questo,
se gli succede qualcosa, piange spesso. La sua camera è
piena di libri e passa un sacco di tempo in biblioteca.
Kain: in
irlandese il suo nome significa 'testa rossa', e rappresenta l'Irlanda
del Nord. Il suo carattere è simile a quello di Ray, ed
è perennemente in agitazione, con la paura di essere
lasciato indietro dai suoi fratelli. Il fratello con il quale
è più legato è Ray, oltre che per il
carattere simile, anche per la passione per la lettura.
L'Irlanda è rappresentata niente poco di meno che dalla famosa cugina di Arthur che presto andrà in sposa ad uno dei fratelli Jones~ <3