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Autore: nightswimming    10/09/2010    5 recensioni
Brian Molko. Matthew Bellamy.
E, beh... Una papera.
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: per carità, non fanno niente di quanto scritto di seguito - anche perchè, se lo facessero, avrebbero seri problemi :D Brian e Matthew ovviamente non sono miei ma appartengono solo e soltanto a loro stessi. Nessuno mi paga per scrivere codesta scemenza, prova che in fondo per alcune cose il mondo gira nel verso giusto XD








Quella mattina il cielo era terso e un venticello fresco muoveva leggermente le tende della finestra lasciata aperta. Era primavera e il sole irradiava un piacevole, discreto tepore nella stanza: ed era stata proprio quella soffice sensazione di calore a svegliarlo.
Lentamente, aveva stiracchiato gambe e braccia allungandosi per tutta la larghezza del letto e aveva abbracciato il cuscino con un gesto languido e soddisfatto. Le lenzuola fredde e il comodino sgombro da oggetti gli fecero capire che Matthew era sparito - probabilmente verso le tre o le quattro di mattina.
L’istintivo, famigliare vuoto all’altezza dello stomaco venne immediatamente sostituito da una rassicurante memoria: l’aereo, il tour improvvisato in Giappone, la sua preannunciata assenza. Ah già.
Brian si mise pigramente a sedere e gettò uno sguardo placido fuori dalla finestra. Almeno era una bella giornata. E poi, pensò con tranquilla praticità, sarebbe andato in bagno e finalmente avrebbe potuto fare tutto con calma, senza che quel nevrastenico del suo fidanzato si fosse piantato davanti alla porta a bussare ogni cinque minuti e a rompergli le scatole sul fatto che quando ti chiudi là dentro le ore a impataccarti col mascara mi sembra davvero di stare con una maledetta donna. Brian fece un gesto spazientito con una mano, come ad allontanare l’immagine sbraitante di Matthew dalla mente. Al diavolo lui e il suo vizio di lasciare gli asciugamani bagnati in giro e lo specchio coperto di condensa. Quella mattina sarebbe finalmente stato padrone assoluto della casa e del tempo necessario alle dovute abluzioni.
Si infilò nella doccia decisamente euforico, pregustando la libertà che avrebbe vissuto nella settimana a venire.
Avrebbe potuto farsi il caffè in santa pace senza dover passare ore a smadonnare su quella benedetta caffettiera che Matt ogni volta chiudeva fino allo spasimo, lucchettandola in una morsa malefica che niente poteva sciogliere tranne Matthew stesso.
Avrebbe potuto vagolare per casa senza trovare malinconici calzini spaiati di colori aberranti sparsi in ogni dove, sulle lampade, sotto i divani, nell’armadietto dei sanitari.
Avrebbe potuto ingozzarsi di croissant senza sentirsi nelle orecchie la sua fastidiosa vocina - che assomigliava spiacevolmente a quella della sua coscienza – sussurrargli che ormai a quarant’anni quasi compiuti perdere peso non sarebbe stato facile come a trenta e che già lui aveva una predisposizione a prendere su chili come niente.
Erano quelli i momenti in cui Brian si chiedeva per quale disgraziato motivo si fosse invischiato in una storia con quel paranoico, scheletrico, stridulo pseudo-trentenne frutto del peggio dei dintorni industriali di Manchester. Per farsi rompere le scatole in quel modo? Per sorbirsi ogni santo giorno terribili filippiche sulle mappe della problematica mondiale e la spaventosa attualità di 1984? Per sciropparsi maratone di puntate di Twin Peaks e Lost in rotazione continua, rischiando di perdere il senno e il contatto con la realtà invece di uscire e, per Dio, avere uno straccio di vita sociale?
Scosse la testa, chiudendo gli occhi per godersi il getto bollente della doccia che gli inondava la faccia. Quella settimana sarebbe stata diversa. Quella settimana sarebbe stata un paradiso.
E quando Matthew fosse tornato, sarebbe stato completamente rinvigorito e pronto per dedicargli tutto il suo amore.
 
*
 
Inutile dire che mentre si stava insaponando coscienziosamente suonò il campanello.
Brian sbuffò scocciato, chiudendo l’acqua e cercando a tentoni l’asciugamano per togliersi il bagnoschiuma dagli occhi. Sporgendosi in avanti perse l’equilibrio, scivolò sul fondo – perché Matt aveva di nuovo tolto il tappetino di pelo che odiava e trovava ruvido…! – e precipitò sulla parete a soffietto che delimitava il posto doccia, scardinandola dal muro con uno schiocco secco e potente come una fucilata.
- Porca putt…!! – urlò per il dolore, il respiro mozzo, tenendosi il fianco che aveva sbattuto sul metallo con una mano e zoppicando a fatica fuori da quella trappola mortale. Il campanello suonò di nuovo, impaziente, e Brian gli indirizzò tutte le maledizioni che conosceva. Con una zampata delle sue mani smaltate afferrò l’accappatoio come fosse stato un’arma e si avviò con passo claudicante verso la porta, furioso come un toro in una corrida. All’ennesimo trillo Brian cominciò a indisporsi sul serio e sbraitò un “Arrivo, e che cazzo, sono le nove di mattina!” che evidentemente ebbe il potere di spaventare il visitatore, perché il suono tacque d’un tratto e si avvertirono passi frettolosi allontanarsi lungo il corridoio del pianerottolo. Quando Brian aprì la porta con una violenza che non credeva di possedere, infatti, si trovò davanti il vuoto. Non c’era nessuno.
- Mais vas t’enculer, sale fils d’une pute! – sbottò fuori di sé, bagnato e dolorante, stringendosi con un gesto assassino il nastro dell’accappatoio attorno alla vita. Fantastico, stava gocciolando su tutta la moquette! Chissà quanto gli avrebbe rotto le scatole la vicina di fronte! Riusciva già a sentirla, con quella sua voce da chihuaua, spettegolare con l’altra zitellaccia del terzo piano: “quello lì, quel Molko, quello che  sembra un corvo del malaugurio, sempre tutto vestito di nero – ma sì, ti dico, Rose, se lo mette pure sulle unghie, il nero! Come mia nipote Catherine, quella di tredici anni! Una femmina! – ecco, già non è contento di dividere la casa con quell’altro svitato, quel Bellamy che ha proposto di tingere le pareti dell’ascensore di verde marziano, e Dio solo sa cosa fanno di notte, quei pervertiti, che si sentono dei rumori terribili… Comunque, stamattina è uscito in accappatoio e ha allagato tutto il corridoio, con quei capelli lunghi che si ritrova – perché è un omosessuale, lui -, e ha quarant’anni, Rose, pensa che gente…”
Brian alzò istintivamente il medio in direzione della porta di fronte e fece per girare i tacchi e rientrarsene in casa, ma sentì il piede urtargli contro qualcosa. Abbassò lo sguardo.
Era una casa delle bambole.
E una decisamente sontuosa, tra l’altro, piena di torrette e porticine e finestrelle curate nei minimi dettagli: vi era persino una finta fontana di marmo completa di bocche di tritone che sputavano lucidi pezzi di vetro.
Stava ancora cercando di raccapezzarsi in quella situazione paradossale quando la signora Whittaker, dell’appartamento di fronte, uscì con il carrellino della spesa. Brian mise insieme il suo miglior sorriso di circostanza.
- Buongiorno signora Whittaker, come sta? – disse amabilmente, memore dei cazziatoni che Matthew gli faceva sempre riguardo la sua maleducazione nei confronti delle vecchiette ultrasettantenni – una in particolare.
La donnina lo squadrò dall’alto in basso, registrando il suo accappatoio – nero, ovviamente – e i suoi capelli umidi e pieni di shampoo con uno sguardo vagamente accusatore.
- Signor Molko, - lo salutò, ergendosi in tutta la sua modesta altezza – dovrebbe tornare dentro, sta sgocciolando sulla moquette! –
Brian fece appello a tutta la sua pazienza e digrignò silenziosamente i denti.
- Il campanello ha suonato con estrema insistenza, - cominciò, conciliante – e immagino che lei concorderà  sul fatto che dovessi aprire, anche se mi trovavo nella doccia e avrei preferito di gran lunga continuare indisturbato la mia pulizia personale. Poteva essere importante, mi capisce? –
- Ma certo – rispose lei, sussiegosa. Poi notò la casa delle bambole e aggrottò le sue ispide, grigie sopracciglia. – Che cos’è quella? – disse, indicandola con il bastone come fosse una carogna di animale.
- …Una casa delle bambole. – rispose poco fantasiosamente Brian con la sua miglior faccia di bronzo, alla disperata ricerca di una scusa credibile – E’… E’ per mio figlio. – disse infine, con un sorriso nervoso.
La vecchia spalancò gli occhi.
- Suo figlio Cody?! – esalò, incredula – Un maschio?!
Di fronte a quella frase Brian sentì qualcosa dentro di sé ruggire e rompere gli argini, fregandosene di tutti gli ammonimenti del suo ragazzo..
- Come diceva sempre mia madre, signora Whittaker, non si pongono limiti alla Divina Provvidenza! Bisogna sempre lasciare tutte le opzioni aperte! – trillò, allegro, trascinando oltre lo stipite il misterioso oggetto – Buongiorno, signora Whittaker! – la salutò, facendole ciao con una mano.
- Ma… Ma… - balbettò la vecchia, allibita. Ma Brian le aveva già chiuso la porta in faccia.
 
*
 
Espèce d’une sorcière” borbottò tra sé e sé rivolto alla porta chiusa. Poi sentì il bisogno acuto di fumarsi una sigaretta - anche se erano le prime ore del mattino e non aveva ancora fatto colazione – perché quell’affare della casa delle bambole gli suonava come una gran casino.
Si appoggiò al tavolino che reggeva l’abat-jour sotto al quale Matthew abitualmente leggeva pessimi romanzi paperback di fantascienza, recuperò il portacenere e il pacchetto che gli stava accanto, si accese  una sigaretta con gesto flemmatico, inspirò una prima boccata che gli lasciò nella gola un’orrenda sensazione di fango e si voltò finalmente a fronteggiare l’imponente palazzo in miniatura.
Che si trattasse di uno scherzo di qualche fan, suo o di Matthew – suo, data la sottile frecciatina alla sua androginia? Possibile. Sulla punta di uno dei comignoli, in ogni caso, stava attaccato un post-it che pareva suggerirgli il passo successivo nella soluzione di quel mistero. Aprimi!, recitava gioiosamente il post-it.
E Brian decise che l’unica era obbedirgli.
Armeggiando intorno al portoncino d’ingresso scoprì la fessura che faceva scattare il meccanismo di apertura, ma non appena si fu avvicinato un po’ di più si ritrasse con un balzo spaventato.
C’era qualcosa, in quella casa delle bambole.
Qualcosa che raschiava.
Inquietantemente.
Le bombe non raschiano, si disse, cercando di tranquillizzarsi. Cosa diavolo ci possono aver infilato dentro?
Troppo curioso per sentire una vera sensazione di inquietudine, Brian si chinò circospetto e con delicatezza socchiuse la parete centrale, aprendo la facciata in due come un uovo di Pasqua. Il qualcosa che raschiava si interruppe d’un tratto. Brian non resistette oltre e mandando al diavolo la vocina che nella sua testa gli sussurrava “guai” spalancò con decisione le due metà.
Davanti al suo piedi sinistro ruzzolò, confuso e leggermente spaesato a causa dell’improvvisa esposizione alla luce, un papero.
 
 
 
 
 
 
Note: okay, non dite niente, mi dico già tutto io da sola XD
E’ stata una demenziale, fulminante ispirazione improvvisa a cui non ho potuto umanamente resistere. Ridevo anche solo a pensare le parole “papero” e “Brian” nella stessa frase XD
Vi spiegherò tutto alla fine, promesso. Tanto si tratta di poca cosa, ancora uno o due capitoli al massimo – e poi mi dedicherò a tempo pieno a cose serie (…?) come The End.
Tante care cose!
P.S.  l'insulto in francese che faccio pronunciare a Brian  è lo stesso, testuale, che il giocatore della nazionale francese Anelka ha spassionatamente rivolto al suo allenatore Domenech durante i Mondiali di questa estate, e che è comparso a lettere cubitali sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport francese il giorno dopo XD non potevo non riprenderlo XD
La traduzione, più o meno, consiste in "va' a farti fottere, sporco figlio di puttana"
   
 
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