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Autore: Jemei    11/09/2010    5 recensioni
"Ucciderei per riaverti con me.
E se non poteva riaverti, allora..."

Quando l'amore diventa tragedia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don't Say Goodbye


Ucciderei per riaverti con me.”

E se non posso riaverti, allora...”


Chiuse la porta dietro di sé con un calcio ignorando il rumore forte che probabilmente aveva infastidito tutto il palazzo. Destreggiandosi tra una scarpa lasciata in giro ed il gomitolo del gatto riuscì per un qualche miracolo a lui sconosciuto a non far cadere le buste che aveva tra le braccia ed a raggiungere la cucina, posandole sul tavolo; sospirando si guardò intorno per assicurarsi che tutto fosse in ordine, a partire dai piatti lavati fino al pavimento pulito.

“Tesoro ? Sono tornato!”
Sorrise sentendo la risposta della donna dall'altra parte della casa intenta a sistemare la camera da letto, così impegnata da non poterlo andare nemmeno ad accogliere alla porta. Si dimenticò del tutto della spesa decidendo di sistemarla più tardi, dirigendosi verso la loro stanza e sorridendo alla vista della sua ragazza.

“Neanche mi saluti?” chiese divertito abbracciandola alla vita e strappandola ai lavori domestici, chiedendo un bacio che non tardò ad arrivare; si perse nella morbidezza della sua bocca, nel sapore di fragola causato dal lucidalabbra che portava sempre, immergendo le dita tra i lunghi boccoli corvini e giocandoci senza annoiarsi mai. Era il ritratto della passione, dell'amore, di un uomo perdutamente innamorato della donna davanti a sé.

Mi sei mancato”, sussurrò lei con quella solita voce bassa e morbida, piacevole, simile ad una coperta di puro velluto, qualcosa di caldo e di rassicurante. Aveva sempre amato la sua voce, fin dalla prima volta che l'aveva vista, sei anni prima, quando lei era una ragazzina di neanche diciotto anni e lui un uomo di ventitre anni.
Le accarezzò il viso con la stessa cura con cui si tiene tra le mani un pezzo di cristallo raro e prezioso e, soprattutto, fragile – lei era sempre stata fragile, così delicata ed innocente. Ammirò per l'ennesima volta gli occhi di quel caldo colore dorato, simile al sole, crogiolandosi nel suo profumo e nelle forme morbide del suo corpo giovane.

“Anche tu”, ammise baciandola un'ennesima volta, sdraiandosi sul letto e portandola con sé, ignorando le sue proteste da brava ragazza innocente.
“'Sear...Seah, ehi! Ho appena rifatto il letto, dai!” esclamò divertita ma senza più scalciare, preferendo concentrarsi sul calore del corpo dell'uomo e sui suoi occhi azzurri, simili al cielo d'inverno.

Quando si erano conosciuti anni prima si erano odiati. Era stato un sentimento immediato, violento e furioso che mesi e mesi dopo era sfociato in un primo bacio aggressivo, dato per rabbia e per dispetto – e che aveva portato poi ad altro, ad un solo rapporto fisico inizialmente, fino a tramutarsi in qualcosa di più speciale, di più profondo.
Era diventato amore, quell'amore con la A maiuscola, quello che ti fa vedere tutto sotto un'altra luce e ti fa sorridere sempre, nonostante la differenza d'età ed i litigi, le discussioni, i pianti e le gelosie.

La gelosia era sempre stato un problema nel loro rapporto, pensò distrattamente mentre le sfiorava le ciocche scure lasciandole scorrere tra le dita, sorridendo per un altro bacio. C'erano stati momenti in cui erano arrivati ad un punto di rottura, all'esasperazione; una volta avevano chiuso del tutto, per qualche tempo. Solo perchè... perchè lui li aveva visti.
Aveva visto quel ragazzo toccarle il viso, toccarle i capelli, avvicinarsi
troppo a lei, che era solo sua.
Aveva visto lei sorridere ed arrossire indietreggiando, ricordò stringendosi ancora di più al suo corpo caldo, riposando con il capo sul suo petto come un gatto che si lascia coccolare dal padrone.
E quando quell'uomo si era avvicinato troppo... la tentazione di ucciderlo era stata forte, atroce, una forza impetuosa che non era riuscito del tutto a reprimere ed era divenuta una lotta, con la conclusione di un naso rotto e di un paio di manette attorno ai suoi polsi.

Ricordava le lacrime nei suoi occhi d'oro, lo sguardo liquido e preoccupato, stanco, di chi era arrivato al limite di quella storia che non era mai stata sempre rosa e fiori ma dove non erano mai mancate le spine.

“Eileen”, la chiamò piano accarezzando il suo nome con le labbra, pronunciandolo lentamente.
“Mh?”
“Mi ami?”

Alzò il viso per guardarla, per perdersi ancora una volta in quella bellezza fragile come quella di una farfalla – una farfalla, come il ciondolo che portava al collo, un suo regalo – attendendo con ansia una risposta. Glielo chiedeva spesso negli ultimi tempi. Ed ogni volta, la risposta era la stessa.

Ammirò la sua bocca piegarsi in un sorriso dolce come un miraco, i suoi occhi brillare di un sentimento troppo profondo e troppo forte, qualcosa di simile all'ossessione.

Ti amo, Searis. Ti amerò per sempre.”

E lui sorrise ancora, come ogni volta, strattonandola verso di sé per strapparle un bacio, per divorare la sua bocca e respirare il suo profumo – per vivere di lei, solo di lei, com'era sempre stato.

Rimasero su quel letto per ore, abbracciati come due amanti anziani ed al tempo stesso come due adolescenti fuggiti da casa; risero a bassa voce ignorando le lancette dell'orologio che andavano avanti, ignorando il sole che calava. Quando chiusero gli occhi Searis appoggiò il capo sul cuore di Eileen, sentendolo battere ad un ritmo regolare e rassicurante, un braccio attorno alla sua vita sottile.

Avrebbe voluto morire così, un giorno.


Fu il campanello a svegliarlo bruscamente, riportandolo alla realtà; sollevandosi si assicurò che Eileen dormisse ancora, sorridendole e baciandole la fronte, prima di alzarsi per andare a rispondere.

“Sì?” chiese tranquillo, rimanendo sorpreso quando davanti si ritrovò tre uomini della polizia in divisa.
“Searis Morgan?” chiese il primo, mostrando il distintivo. Annuì perplesso, senza capire, chiedendosi se ci fosse qualcosa che non andava.
“Sono io. C'è qualche problema, agente ?”

Gli uomini si guardarono in viso, prima di tirare fuori una foto e mostrare una ragazza di ventidue anni, dai capelli scuri ed ondulati e gli occhi d'oro.

“Ha visto questa ragazza recentemente?”
Che domanda stupida. Certo che l'aveva vista, dormiva con lui!

“Certo. Sta dormendo, ora. Perchè la cercate?”
Eileen non poteva essersi cacciata nei guai; era una brava ragazza, talmente rispettosa della legge che non passava mai neanche col rosso.
I poliziotti sembrarono persino imbarazzati, tanto che neanche notò le loro mani scivolare alle pistole.
“Signor Morgan... Eileen è scomparsa da una settimana, ormai. I genitori temono le sia accaduto qualcosa e ci hanno dato il suo indirizzo”, spiegò con pazienza uno di loro, cercando di sbirciare all'interno della casa.
Non potè fare a meno di scoppiare a ridere, suscitando la sorpresa altrui.
“Sanno benissimo che vive con me, non le è accaduto nulla. Vi ripeto, sta dormendo”, assicurò con un sorriso, allontando le ciocche lunghe e scure dal viso pallido.

I poliziotti si guardarono e sospirarono di nuovo, prima di avanzare di un passo.
“Le dispiace se entriamo?”
Non era davvero una domanda, quanto più un ordine e ci misero poco ad entrare. Uno di loro storse il naso al sentire uno strano odore provenire dalla cucina, calciando via con un piede un gomitolo ormai impolverato.

“Dov'è Eileen?”
Sbuffando continuò a ripetere che dormiva, che non voleva la disturbassero, ma li condusse nella camera da letto, cercando di non infastidire la sua ragazza.
“E' qui, ma fate piano, o si sveglia...”, avvertì sperando che non accadesse nulla, preoccupato come un padre per la figlia.

I poliziotti aprirono piano la porta ed inizialmente non videro nulla se non la ragazza sdraiata sul letto. Poi uno di loro chiuse gli occhi, mormorando qualcosa di simile ad una preghiera.
“Signor Morgan, lei è in arresto”, sentenziò il capitano, estraendo le manette per imprigionarlo. Searis sgranò gli occhi azzurri senza capire, indietreggiando.

“Cosa ? Ma che state dicendo ? Sta bene, non vedete ? Sta dormendo!” esclamò esasperato, senza sapere come farglielo capire. Certo che erano ottusi, eh.
Il più giovane, forse impietosito, si avvicinò a lui, mentre un altro chiamava il coroner al telefono.

“Signor Morgan...Searis. Eileen è
morta.”

Scoppiò a ridere senza riuscire a fare altrimenti, gettando il capo indietro. Se le inventavano tutte, eh...
“Ma che state dicendo ? Sta perfettamente, avanti. Se è uno scherzo non è divertente”, sibilò infastidito, avvicinandosi alla donna che per puro miracolo dormiva ancora. Si sedette di fianco a lei accarezzandole i capelli, sorridendo.

“Searis. Eileen è morta da una settimana. Guardala”, suggerì uno di loro, sempre il più giovane, senza allontanarsi, le manette ancora pronte.

E lui, tanto per accontentarli, la guardò.
Morta, dicevano. Come poteva essere morta se fino a poco prima gli sorrideva e rideva con lui ? Se il suo cuore prima batte... batteva... ?

Sbattè le palpebre perplesso, senza capire perchè improvvisamente il cuore di Eileen fosse fermo. Stava male ? Forse era solo debole, stava dormendo in fondo, era normale...
La guardò di nuovo, senza stancarsi mai, cercando di svegliarla.
“'Leen? Ehi, svegliati... i tuoi amici ci hanno fatto un brutto scherzo. Svegliati, tesoro”, insistette sorridendo, scuotendola piano per non farle male.
Ma gli occhi di Eileen rimasero sigillati ed il suo cuore spento.


C'è un momento in cui tutto crolla. In cui le speranze vengono meno, in cui non importa più se si è vivi o morti, se il mondo sta finendo o se qualcuno ti sta minacciando con una pistola.
Ed è il momento in cui ogni illusione scompare e torni alla realtà.
Il momento in cui il tuo sogno diventa un incubo ad occhi aperti.


Guardando la camera vide il letto in disordine, i cassetti aperti; dalla cucina proveniva un odore di sporco e di piatti non lavati, di cibo lasciato lì a marcire perchè a nessuno interessava davvero mangiarlo. Il gomitolo del gatto che avevano una volta era per terra, impolverato e non usato da molto.
E sul letto... sul letto...

Eileen giaceva immobile, bella come era sempre stata; ma il suo calore era scomparso, la pelle non più morbida ma gelida, dura come il marmo, le labbra bluastre ed insensibili. Le stesse labbra che prima aveva baciato ora erano ferme e chiuse. Gli stessi occhi d'oro che aveva ammirato, di cui si era innamorato, erano nascosti dalle palpebre serrate, il petto statico.
I boccoli corvini non erano più lucidi e morbidi ma spenti ed opachi, una mano posata sul ventre e l'altra vicino alla sua, così fredda da farlo rabbrividire.

Al collo c'era ancora il ciondolo con la farfalla, ma anche quello sembrava morto.
Morto come lei. Morta, con quel...

Gli sfuggì un grido quando notò la macchia rossa sul suo abito, esattamente dove si trovava il cuore. Sangue ormai secco che nascondeva una ferita al di sotto dell'abito, uno squarcio causato da un pugnale che le aveva trafitto il petto da parte a parte, simile ad un fiore scarlatto che sboccia.

“Leen.. Leen ? Eileen... svegliati, dai. Tesoro...”, continuava a chiamarla a bassa voce, cercando di svegliarla, cercando di ignorare le lacrime che pungevano gli occhi e rigettando indietro i suoi ricordi che ora, sfuggiti dalla scatola dentro al quale erano stati chiusi, tornavano prepotenti alla memoria.

La gelosia era sempre stato un problema nel loro rapporto, lo aveva detto.
Per questo quando aveva visto quell'uomo avvicinarsi non aveva notato Eileen arrossire di irritazione e sorridere freddamente, allontandosi per evitarlo; aveva visto solo ciò che la sua mente gli suggeriva – la sua mente, che ora avrebbe voluto distruggere.
L'aveva picchiato e l'aveva fatto sanguinare, ma era stata lei a piangere, a dirgli che era finita, che non ce la faceva più con quella continua gelosia. Che lui era troppo, troppo geloso e non si fidava, perchè lei non l'avrebbe mai tradito.

Non era geloso. Era solo... innamorato.
Ed era per quell'amore che quando lei gli aveva dato le spalle l'aveva abbracciata pugnalandola al cuore, sorridendole e sussurrando che l'amava. Che sarebbero rimasti insieme per sempre.
Che avrebbe ucciso per riaverla con sé.
E l'aveva fatto.

“Signor Morgan, deve venire con noi. E' in arresto per omicidio volontario.”

Non li sentì neanche. Continuava a mormorare il suo nome, a ripeterlo all'infinito, ignorandoli ed estraendo dal cassetto qualcosa.
“Eileen...Eileen...”
Continuava a ripeterlo come una nenia, una ninna nanna cantata ad un bambino per farlo addormentare.


Si sdraiò di fianco a lei, abbracciandola in una posizione gemella a quella di poche ore prima, mentre gli agenti cercavano di fermarlo. Ma non si può fermare un uomo innamorato.

“Eileen... mi ami?”

Il rumore dello sparo risuonò per tutto il palazzo.

E se non posso riaverti, allora...
… allora verrò con te.”



Author's Note: Non scrivevo qualcosa di drammatico – noir da tempo. Oggi ho avuto un raptus improvviso e non mi sentivo così bene da mesi, credo. I due personaggi, a cui sono stati cambiati i nomi, appartengono a me e ad una mia amica e vengono utilizzati in un gioco di ruolo.
Il titolo è di una canzone degli Skillet, Don't Say Goodbye.
Spero vi sia piaciuta.
Jemei.

  
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