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Autore: Isyde    12/09/2010    1 recensioni
A nessuno arriva mai qualcosa che non sia in grado di sopportare. Storia che partecipa al concorso "Come un film" indetto da Remvsg.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cedric Diggory, Cho Chang, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Storia che partecipa al concorso "Come un film" indetto da Remvsg.

 
 
 

12 Dicembre.
 
Piccoli fasci di luce illuminavano un sentiero in pietra che si srotolava lungo la piccola città di Saint Hoover.
Una donna camminava velocemente lungo quella strada, evitando con cura le pozze di acqua gelata.
I lunghi capelli neri ciondolavano in un movimento ondulatorio sulle sue spalle, il corpo era avvolto in una morbida giacca scura, che nascondeva le sue forme ammorbidite. Ai piedi indossava stivali dalla suola in legno che con il loro suono sordo, spezzavano il silenzio della piccola città. Con la bacchetta nascosta nella giacca aprì un cancello cigolante e arrugginito. Davanti a lei si estendeva un campo dall'erba alta, intravedeva appena le punte curve delle varie lapidi grigie disseminate.
Rabbrividì leggermente ma lasciò che la tensione scivolasse via, s'incamminò velocemente per il campo, evitando le piccole buche di terra causate da animali bizzarri e dal pelo folto.
Ci impiegò qualche minuto, prima di arrivare di fronte ad una lapide ancora lucida.

Con caratteri gotici vi era scritto: Ciò che facciamo in vita, riecheggia nell'eternità. Cedric Diggory, un Eroe.

La donna sorrise.
Benché avesse pensato che un eroe si meritasse un intero mauseoleo, sapeva che infondo il suo Cedric avrebbe preferito un luogo più tranquillo e poco trafficato. Abbastanza vicino ai luoghi della sua infanzia e alla sua famiglia.
A qualche chilometro da qui, vi era ancora la bella villetta dei Diggory, con le aiuole colorate e ben tenute, con un paio di bici così normali ed anonime che nessun Babbano si sarebbe mai sognato di rubarle.
Si ricordò dell'unica estate passata lì. Del sorriso sincero di quel ragazzo, dell'orgoglio del padre e dell'allegria di sua madre.
Si ricordò delle notti passate a volare a cavallo di quelle bici, ridendo ed scherzando tutto il tempo. Delle ore passate a baciarsi e a scoprirsi.
Arrossì improvvisamente e distolse lo sguardo da quel nome segnato. Con una mano guantata pulì l'umidità sull'ultima parte della lapide.

-Ciao Cedric. Sono io, Cho.- sussurrò al nulla. Un groppo alla gola salì rapidamente verso i suoi occhi.

All'alba ormai dei suoi quarant'anni, era rimasta la giovane Corvonero emotiva. In tante occasioni avrebbe voluto dimostrarsi più forte e risoluta. Determinata, almeno. Ma lei non era certo Hermione Granger o sua cognata Ginevra. Lei era solamente Cho.

Ben poche persone l'avevano compresa e una di queste riposava qualche metro sotto di lei.

Si accucciò meglio, cercando di non tremare per il freddo pungente. Erano giorni che pensava a cosa dire o a cosa fare. In alcuni momenti fu tentata di non uscire di casa, di evitare lo sguardo preoccupato e ferito di suo marito e quello perplesso dei suoi figli.

Avrebbe voluto fingere che quella data non avesse più importanza, ormai. Dopo vent'anni di lui, di loro, non conservava che ricordi sbiaditi di un'adolescenza felice.

Ma l'urgenza e la fitta al cuore che la colpiva ogni volta che si pronunciava il suo nome, anche per caso, le rendeva impossibile ignorare quell'anniversario.

12 dicembre.

Non era certo la data della sua morte, ma quella del loro primo bacio. Quella che segnò più volte sui suoi diari, colorandola e cerchiandola più volte. Per anni la gente credeva che fosse rimasta fin troppo sconvolta dalla sua morte, troppi non erano convinti del suo matrimonio con Ronald Weasley, ma lei sapeva cosa la legava indissolubilmente a Cedric.

La sua morte le aveva portato via la sua allegria e voglia di vivere. Aveva dato inizio ad una stagione buia, costellata da morti e distruzione. Non solo aveva perso una persona che amava, ma anche un periodo felice della sua vita.

Scacciò rabbiosamente una lacrima che serpeggiava lungo la sua guancia.

Sua nonna le diceva spesso che Molte cose cambiano nel tempo, molte cose, ma non tutte le cose.

Piangere rientrava fra quelle cose, di lei, che non cambiavano mai.

Aveva pianto dopo aver infilato la fede a Ronald, quando aveva scoperto di essere incinta e quando sentiva o vedeva scene romantiche.

Cedric non si stupì quando la vide piangere la prima volta, semplicemente l'accolse in un abbraccio. Da lui, anche se per poco, ebbe comprensione e calore.

Stare insieme, divertirsi, andare al ballo tenendo il suo braccio ben stretto, ignorando le occhiate invidiose delle altre. Lasciarsi avvolgersi da quegli occhi scuri e impenetrabili, farsi abbagliare da quel cuore generoso che batteva in lui.

Il loro era un sogno, poteva solo essere sussurrato, perchè qualunque cosa più forte di un sussurro l'avrebbe fatto svanire.

E quando quel vento di tempesta e morte lo colpì, quel sogno scomparve, risucchiato da una nube di dolore e sofferenza.

Credette più volte di essere sul punto di morire, pensò che forse andarsene e seguire Cedric oltre il velo, potesse essere una fine gloriosa, accettabile. Ma avrebbe rinunciato alla felicità di avere una famiglia, di innamorarsi di un goffo ed insicuro ragazzo dal cuore d'oro, capace di farla ridere,arrabbiare e piangere nello stesso momento.

Non avrebbe avuto i suoi tre figli, tutti birbanti e talmente innocenti, che l'avevano fatto ptovare le gioie e i dolori dell'essere madre.

Avrebbe perso tutto questo se durante la battaglia avesse deciso di non combattere.

-Grazie Cedric.- mormorò alzandosi. Con un semplice incatesimo tagliò le erbacce intorno alla lapide e decise di voltarsi e ritornare a casa.

Alzò il viso verso il cielo e notò la serenità delle nuvole bianche che spingevano via quelle grigie.

Cho chiuse gli occhi e sperò che quel segno, non fosse altro che un messaggio di Cedric ad andare avanti sempre.

Un sorriso leggero increspò le sue labbra pallide per il freddo e s'incamminò lungo il sentiero, smaterializzandosi nel giardino di casa.

Notò subito le urla di uno dei maschietti contro il loro cane, la chioma rossa di suo marito spuntare dietro un pupazzo sbilenco di neve.

Avanzò lentamente e d'improvviso decise di compiere un gesto affrettato, l'abbracciò violentemente, stringendolo con tutte le sue forze. Trascinandolo poi a terra, sulla neve fresca.

Non c'erano bisogno di parole.

Nè di gesti.

Quello bastava per entrambi.

 

 A nessuno arriva mai qualcosa che non sia in grado di sopportare

 

   
 
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