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Autore: vert    12/09/2010    3 recensioni
C’erano analogie tra loro (e altrettante differenze). Ginny e Regulus.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Regulus Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Classificatasi quarta a pari merito nel contest "A Griffin for a Snake... Make your choice!" di Vogue91

Analogia Entis

Il tronco butterato di nodi sorge come un’illusione –oro sbiadito ne disegna le fronde- nel buio angoscioso di Grimmauld Place. Gli occhi polverosi appartengono ad altrettante facce, l’imperitura testimonianza della perversione dei Black incisa nei tratti storti.

Ma Ginny non si cura dei loro sguardi sdegnati, mentre cerca nelle generazioni più recenti. Quando l’ha individuato, non sa più cosa l’abbia spinta a cercarlo. Forse vuole  osservarlo meglio in solitudine,

forse spera di leggere un’ombra di dissolutezza nelle iridi leggere che rispondono al suo sguardo, una ruga licenziosa nella fronte distesa. Qualcosa –una cosa qualunque- che la liberi da quel senso opprimente di analogia.

No. Non è così. Loro non sono per niente simili.

Lei non ha mai scelto… È stata coinvolta suo malgrado, non l’ha mai voluto. Non l’avrebbe nemmeno permesso se le fosse stato possibile.

Riporta gli occhi sull’arazzo. Su quel particolare ritratto.

Una data -perentoria e dispotica come la mano che l’ha tracciata- ne decreta una morte precoce e il volto ritratto sembra essere rimasto congelato nel tempo.

Ginny rifugge l’idea che sarebbe potuta finire allo stesso modo, perché la colpa di essersi fidata è insopportabile. Non aveva avuto dubbi, inizialmente. Era stato facile –e giusto- trovare qualcuno con cui confidarsi, che non la considerasse una bambina –la sorellina minore, sempre la sorellina minore- fino a quando non aveva scorto l’oscurità dietro la sua bella grafia allungata. Le ore mancanti strappate al suo controllo non le sarebbero state restituite. Mai.

Le parole di Sirius saturano ancora l’aria –si era fatto coinvolgere fino ad un certo punto, poi è stato preso dal panico- l’ultimo epitaffio per questo fratello perso, scomparso. Ucciso per codardia –ha detto Sirius- con l’insofferenza tipica di chi non conosce incertezza, anche nelle imprese folli e nelle scelte sbagliate.

Immediatamente le si prospetta un corpo abbandonato da qualche parte [in una camera proibita, magari], sempre più debole e mentre il battito si fa flebile, gli occhi bruciano e non si ha minimo dubbio di cosa sta per accadere: perché la vista è già appannata e non c’è nessuno e Ginny ha sempre avuto paura di morire sola, quindi questo dimostra che c’è una giustizia al mondo, che merita di essere abbandonata per quello che ha fatto.

Ripercorre le lettere del suo nome [R-E-G-U-L-U-S] ed è disturbata dalla liceità della sua espressione, dalla franchezza dei suoi tratti eleganti.

Ha tempo di chiedersi perché? E immediatamente si dà della stupida e si alza. Con un gesto deciso si spolvera la gonna dalla polvere e dai dubbi: probabilmente non c’è nessun perché.

Si scopre turbata e si allontana da questa stanza il più velocemente possibile con sguardo deluso, vuole pensare. O meglio, tentare di non pensare affatto.

 °-°

NdA: Ehm… Lo so è un’idea assurda, ma mentre pensavo a cosa potevo tirare fuori da questi due, ho immaginato Ginny davanti all’arazzo e all’improvviso (anche col senno di poi, per carità) mi si sono palesate le similitudini tra i due e ho pensato di scriverci qualcosa. Il tutto influenzato da una recente rilettura del Ritratto di Dorian Gray (l’idea del ritratto e della correlazione anima-apparenza e l’ultima riga è un libero adattamento di un passaggio di Wilde).

Il titolo è un’espressione usata in filosofia, che si applica per spiegare come notare un’analogia tra due cose è come notarne le differenze, perciò mi sembrava che si adattasse ai personaggi.

  
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