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Autore: Fuffy91    13/09/2010    1 recensioni
Strinse il pugno sul suo bastone magico, aggrottando il viso, corrucciato. Era ancora vigile, su di loro, e pronta ad attaccare. Poteva avvertire il suo respiro gelido sulla sua pelle e il suo risolino beffardo scuotergli le viscere. Sbarrò gli occhi, alzandosi dal suo seggio di scatto, attirando l’attenzione di Frodo e di Aragorn, che seguì lo sguardo di Legolas, dilatato e teso, verso un punto indefinito della boscaglia.
“ Arrivano.”
Sussurrò, nel momento esatto in cui una massa brulicante di orchi fuoriuscì dagli alberi, urlando e sguainando le loro armi.
AGGIUNTO 25° CAPITOLO!!! BACISSIMI, FUFFY91!!!^____^***
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aragorn, Frodo, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 25

La Leonessa navigava leggera fra le onde calme del mare, sulle cui acque cristalline, veniva riflesso il bagliore arancio del sole al tramonto, unito a quello blu scuro della notte incombente.

Erano trascorsi due giorni dalla loro partenza dal porto di Murnirm. Gli eserciti di Holmes, Ruer e Murnirm, insieme con il popolo degli Yoria e delle Amazzoni, condividevano i luoghi dei tre galeoni in un clima di rispetto e di attesa.

Il capitano Devis sorrideva entusiasta, mentre urlava ordini agli uomini del suo equipaggio, conducendo il timone con grande destrezza e decisione. Il suo entusiasmo derivava non solo dalle ottime condizioni meteorologiche, ma anche dalla prospettiva di una nuova, rischiosa avventura.

“ Il rischio è il pane di cui mi sono sempre cibato. Non mi stupirei se, un giorno, non giocassi a carte con la Morte.”

Si trovò a commentare un giorno, durante l’ora del pranzo, ad un Aragorn interessato alla sua vita sregolata, che del resto egli stesso, durante la sua lunga esistenza di ramingo nelle Terre Selvagge, aveva vissuto. Aragorn aveva subito conquistato la fiducia di Devis, con cui si trovava a dialogare molto spesso, immersi in discorsi a volte seri, a volte leggeri.

Gandalf si limitava ad osservarli e non poche volte Frodo lo aveva trovato a sorridere e a sghignazzare divertito. Devis lo considerava un po’ come il suo nuovo balocco, chiedendogli spesso di fare una magia, magari per impreziosire la sua nave, che lui definiva:

“ Migliore di qualsiasi confidente e più testarda di un’amante.”

Inoltre, Frodo aveva notato che il riso e il divertimento erano l’ordine del giorno per quei mercenari fuori dal comune. Alcuni, nonostante contassero molti più anni del loro capitano, discutevano con lui come se fosse un loro pari, e nei loro occhi risplendeva una luce di ammirazione.

Mentre Sam trascorreva il suo tempo parlando con Frodo o insegnando al cuoco di bordo, un uomo corpulento, armato di coltelli da macello, qualche sua squisita ricetta, Merry e Pipino erano diventati ufficialmente i giullari di bordo, intrattenendo l’equipaggio con le loro melodie e filastrocche scanzonate, ballando su di una musica inesistente, a ritmo di applausi e gorgoglii di risate strascicate. Quella di Will era sempre la più squillante e contagiosa.

Anche il cavaliere di Amlach si era inserito perfettamente nel gruppo, conquistando la simpatia e il rispetto dei mercenari, con i suoi racconti coloriti, su donne e avventure passate, e il ruolo delicato che il destino aveva deciso per lui.

Taras, insieme ad Aragorn, Devis e Gandalf, era tutto preso dal suo compito di abile stratega, imbandendo comizi su come affrontare al meglio gli eserciti diabolici e mostruosi di Venia.

Legolas era affascinato dalla vita di bordo, osservando il lavoro frenetico dei marinai, che trottavano di qua e di là sul ponte della nave, eseguendo gli ordini del loro capitano e, talvolta, aiutandoli. Gimli sembrava quello più intollerante a viaggiare per via mare. Barcollava fra un capo e l’altro dell’imbarcazione, a volte trattenendo un singulto di nausea, borbottando fra sé, mentre gli altri, guardandolo, stiracchiavano le labbra screpolate dalla salsedine, in un sorriso divertito e compassionevole, spingendolo a sedersi, ignorando i suoi rimproveri.

Ma quella che attirava più sguardi di tutti, era la bella e distaccata Luthien. Non avendo mai osservato così da vicino una donna-elfo, per giunta una principessa di sangue reale, addestrata come una guerriera, era facile fonte di sguardi avidi e di distrazioni. Seduta sul parapetto della nave, come se fosse stato costruito a posta per lei, osservava il mare argenteo srotolarsi nell’orizzonte, giocando con le dita fra i lunghi capelli castani.

I suoi occhi color nocciola fungevano da magneti per gli uomini abbagliati, bloccandoli nel momento in cui erano intenti ad annodare cime ai propri estremi, oppure a trasportare pesanti carichi nella stiva, già ricolma. Più di una volta, Frodo aveva sorpreso Dedalus a ciondolare su una fune, a testa in giù, ad annusare a pieni polmoni il profumo emanato dai suoi capelli al vento, oppure quello più nascosto fra le pieghe del suo collo.

In quei momenti, conoscendola, Frodo temeva vivamente per l’incolumità di Dedalus. Ma i suoi timori, fortunatamente, venivano dissipati dallo scarto invisibile di Luthien che, seppur ignorandolo, avvertendone la presenza, si dileguava per poi apparire il più lontano possibile da lui, confuso ed interrogativo.

La Gemma del Destino continuava a brillare a singhiozzo, seguendo i battiti regolari del suo cuore, inondandolo di calore ad ogni suo più tenue bagliore. La sua luce, aveva notato Frodo, era diventata ancora più abbagliante, con l’avvicinarsi di una notte malvagia. Già, malvagia, perché all’arrivo di un nuovo giorno, il terzo, come anche Devis aveva annunciato, preparando la Compagnia e l’equipaggio, sarebbe stato anche l’inizio della definitiva battaglia contro Venia, la Signora dell’Oscurità, la Dama delle Tenebre.

Frodo liberò dalla stretta del suo pugno destro la Gemma, che per un attimo, giacendo sul suo piccolo palmo, emanò una luce che quasi lo accecò.

Egli stesso si rendeva conto, che risultava sempre più difficile resistere alla carezza benefica, con cui la Gemma leniva il male eterno che l’Unico Anello del Potere aveva inciso sulla sua pelle e nel suo cuore.

Ma era sempre più consapevole, che presto avrebbe dovuto abbandonare ogni proposito di possederla. Lui non era il suo padrone, ma soltanto il suo portatore. La Gemma doveva appartenere esclusivamente a Venia, ma soltanto quando lui, Frodo, l’avrebbe riposta nella Nicchia di Luce, del Palazzo di Cristallo. Ma se la Nicchia fosse stata distrutta? Taras aveva affermato il contrario, ma se Venia, intanto, l’avesse sgretolata con uno dei suoi raggi neri d’odio e malvagità, scaturito dal suo scettro d’ametista?

Frodo scosse la testa. No, niente scuse. La Gemma del Destino era sia l’arma che la chiave per distruggere la Signora delle Tenebre e far risplendere la Strega della Luce, la Signora dell’Ovest.

Una mano sulla spalla, lo strappò ai suoi pensieri. Si voltò ad incontrare lo sguardo corrucciato di Sam.

“ Padron Frodo, cosa fate qui?”

Frodo assunse un’espressione interrogativa. Si guardò intorno e si sorprese di trovarsi seduto sulle assi scheggiate del ponte della nave, stranamente silenziosa, appoggiando la schiena sul parapetto, nell’incavo della prua. Era buio, ormai. Il sole sembrava essere tramontato da molto tempo.

Ritornò a guardare Sam, il sui viso bonario era ora distorto da un’espressione ansiosa. Frodo gli sorrise, per rassicurarlo.

“ Nulla, Sam. Pensavo.”

Sam non rispose, ma agì, invitandolo ad alzarsi dal pavimento. Entrambe le gambe di Frodo, costrette fino ad allora in una posizione statica, una volta ritornate erette, furono entrambe attraversate da un formicolio addormentato, ma non era fastidioso, come si poteva pensare. Anzi, lo invitava a proseguire al fianco di Sam, che continuò a parlare:

“ Venite, Padron Frodo. Dovete riposare. Domani sarà un gran giorno…”

Sembrò voler aggiungere altro, forse un “ …e forse anche l’ultimo”, ma sembrò trattenersi o forse ripensarci, visto che scosse la testa, improvvisamente ottimista.

Frodo ricambiò il suo sorriso accennato, scendendo con lui le scalinate che conducevano ai dormitori. Merry e Pipino già dormivano, mentre Sam e Frodo si distendevano sulle loro amache, oscillando a destra e a sinistra, avvolti in un silenzio rotto solo dallo scricchiolio delle corde, che reggevano il loro peso.

“ Cercate di dormire, Padron Frodo.”

Frodo sbatté gli occhi, nascondendo il luccichio della Gemma, che ancora brillava febbrile, nei risvolti della sua camicia, sorridendo a mezzo tono.

“ Si, Sam. Buonanotte.”

Gli sussurrò, mentre lo sentiva mettersi sul fianco.

“ ‘Notte, Padron Frodo.”

Frodo lo imitò, cercando una posizione più comoda sulla sua amaca di paglia.

Cullato dal ronfare e dal respiro regolare dei suoi compagni e di quelli acquisiti, che lo circondavano, ascoltando i passi silenziosi di qualcuno che si spostava sopra di loro, sul ponte, chiuse gli occhi, cercando di riposare, svuotando la mente da qualsiasi pensiero cupo. Non si accorse di essere spossato dalla stanchezza, solo quando scivolò in un sonno senza sogni.

Intanto, sul ponte, un marinaio di fiducia conduceva il timone, mentre Devis, giaceva addormentato su di una panca di legno, dietro di lui. Dedalus era di vedetta, avvolto in una coperta malridotta, con un occhio aperto, puntato su ogni spiraglio di terra all’orizzonte, e l’altro socchiuso dalla stanchezza.

Legolas girovagava sul ponte, deliziandosi dell’aria ricolma di salsedine che riempivano i suoi polmoni, deliziandolo. Era stuzzicato dal desiderio di attraversare ben oltre quel mare inesplorato, di andare al di là delle terre dei suoi padri, di oltrepassare i confini del mondo. Convenne fra sé, che dopo quell’ennesima battaglia, se mai ci fosse stato un futuro, avrebbe intrapreso un viaggio alla ricerca di altre avventure per i mari. Era sempre stato affascinato da un’idea di quel tipo, ma ora che la viveva in prima persona, seppur per poco tempo, la voglia d’impresa era acuita in lui, come una fiammella alimentata fino a divenire un incendio.

E quando voltò lo sguardo ad ammirare la figura argentea di Luthien, seduta sul parapetto, le gambe rivolte all’esterno, il viso sollevato ad abbracciare il cielo, l’incendio divenne indomabile. Ah, se solo l’avesse convinta a seguirlo! Sarebbe stato tutto perfetto.

Ma la fiamma si affievolì, all’apparire di un suo sorriso amaro. No, non doveva illudersi prima del tempo. Aveva promesso a sé stesso che le avrebbe dato il suo spazio, che le avrebbe dato la possibilità di pensare a lui, a loro. Sospirò. Al momento, era un ipotetico loro. Ma non voleva del tutto disperare. Illudersi no, ma sperare…quello si.

Sorrise, tornando a posare lo sguardo azzurro-mare su di una Luthien ignara, forse, di lui. Non era tipo da arrendersi. Avrebbe lottato fino all’ultimo, per conquistarla.

Legolas si avvicinò al parapetto, la mente sgombra da tutti i pensieri, inebriata dal profumo salato del vento, unito a quello dolce di fiori traspirato da Luthien, che non si voltò a guardarlo, nemmeno quando, sicuramente, lo aveva avvertito sostare accanto al parapetto, qualche metro lontano da lei, le mani grandi e dalle dita sottili, da abile arciere, posate sul legno vivo.

“ Le stelle si nascondono e i raggi della luna si fanno più radi.”

Disse, dopo attimi eterni di silenzio. La sua voce, come sempre, era una melodia soffice, trasportata dalla natura.

Legolas sollevò lo sguardo, rabbuiando le sue iridi limpide, a causa del manto nero del cielo notturno.

“ Siamo vicini ad Isidras. La natura si ritira, alla presenza di tanto male.”

Le disse, tornando ad osservarla, rimpiangendolo subito dopo. Era difficile imbandire una conversazione a mente lucida ed impersonale, senza rimanere incantati dalla sua bellezza.

I suoi lisci capelli di seta, danzavano nelle ombre della notte, accarezzando le sue spalle, scoprendo la sua schiena, coperta da una veste d’arciere bianca, con riflessi d’argento, resistente ma elegante, con arabeschi argentei ricamati sul tessuto. Notò un leggero scintillio in alcuni punti, come sulla schiena, sugli avambracci, sui lati delle gambe e sul petto coperto ed incuriosito, la osservò meglio. Comprese che il bagliore era dovuto all’imbottitura dell’armatura, che impediva alle lame delle spade o alle punte affilate delle lance e delle frecce nemiche, di lacerare in profondità la sua pelle.

Eppure, c’era qualcosa di diverso. Era troppo prezioso, per essere solo semplice metallo lavorato.

Sgranò gli occhi, quando comprese del vero materiale dell’armatura.

“ Midhril.”

Sussurrò, fra sé, come ad auto-convincersi di quella incredibile scoperta.

Eppure, quel semplice bisbiglio, bastò per attirare la sua attenzione. Luthien, infatti, si voltò ad osservarlo, un cipiglio interrogativo increspava i suoi bellissimi occhi. Per un attimo, Legolas ne fu rapito, e non comprese immediatamente ciò che gli disse, tanto che dovette sbattere le palpebre più volte, per riprendere il controllo di sé.

“ Come?”

Le chiese.

“ Conoscete il Midhril. Immagino, grazie alle conoscenze di Mastro Gimli.”

Ripeté, senza menzionare il motivo della sua improvvisa confusione.

“ Si, ma anche Frodo possiede una camicia lavorata con il Midhril. Lo ha protetto in molte occasioni.”

Disse, distogliendo con certo sforzo lo sguardo da Luthien e puntandolo verso l’orizzonte più nero.

“ Voi, come fate a possederla?”

Le chiese, curioso.

“ Mia madre è la sola amica fidata dei nani delle Montagne Grigie. Si trovano ai confini di Bosco Bianco. In passato, mio padre ha cercato di conquistarle, ma hanno dimostrato grande resistenza.  Così, grazie anche all’intercessione di mia madre, abbandonò l’impresa. Da allora Gaal, il re dei nani, nutre una grande ammirazione e una profonda devozione per lei. In suo onore, donò coperte di Midhril, il più pregiato e resistente che possedesse, con cui in seguito, mia madre, fece cucire dalle sarte di corte dei vestiti per me. Ne possiedo molti, di questo tipo.”

Disse, percorrendo con le dita, i ricami sul suo petto, fatti con fili sottili di Midhril.

“ Sono molto resistenti e difficili da trafiggere. Con una veste così, non avrete problemi, in battaglia.”

Luthien annuì alle sue parole, ritornando ad osservare, questa volta, l’orizzonte sempre più buio.

“ Isidras è molto vicina, ora.”

Bisbigliò, quasi fra sé, portandosi una mano, stretta a pugno al petto, abbandonando l’altra sul fianco sinistro. Legolas notò che era preoccupata. Il timbro della sua voce era ancora più modulato e melodioso del solito e le iridi dei suoi occhi più brillanti e più scure. Era ovvio che l’influsso diretto dei poteri maligni di Venia, che saturavano l’aria, divenuta più gelida e secca, al loro avanzare, acuisse il suo dono incantatore. La maledizione di Venia avrebbe potuto facilmente compromettere il suo operato e, a giudicare dall’ansia e dalla tensione che cercava di nascondere, anche Luthien era del suo stesso avviso. Ma l’ansimare che scuoteva il suo essere, alzando ed abbassando il suo petto, unito al palpitare frenetico del suo cuore, la smascherava.

Incapace di rimanere impassibile, troppo preso da lei per ignorare il suo turbamento, le si fece vicino e catturò la sua mano stretta al suo petto, con la propria, in una presa avvolgente, ma non pressante.

Luthien non si ribellò, ma alzò il viso ad incrociare i suoi occhi, sospesa fra la sorpresa e l’indecisione.

I suoi occhi non erano mai stati così incantevoli. L’attrazione che esercitavano su di lui, talmente innamorato di lei da soffrirne, era palpabile e lo avvolgeva in un nodo stretto, difficile da sciogliere.

Le si fece ancora più vicino, lasciandosi trasportare dal suo stesso corpo, incurante dei rischi e dei voleri della sua mente, ora fin troppo intollerante a non assecondare il suo naturale istinto che, fin ad allora, era sempre stato l’ingrediente fondamentale per sopravvivere in battaglia. Ma adesso, mentre osservava rapito quei due pozzi scuri e brillanti di stelle, sapeva di essersi perso in essi, ancor prima che la sua coscienza annebbiata glielo suggerisse.

Quando parlò, si sorprese del tono nuovo della sua voce, sommesso e quasi seducente.

“ Non temete, mia signora. Io riesco a capire i vostri timori.”

Disse Legolas, per poi rafforzare la presa della sua mano nella sua, attirandola gentilmente a sé, lasciando che adagiasse il capo sul suo petto, perdendo se stesso, nella nuvola di profumo irresistibile emanata dal suo corpo, ora così vicino al suo, vincendo i suoi dubbi, stringendola a sé, accarezzandole con entrambe le mani la schiena, sentendo al tatto la consistenza del Midhril e il tepore nascosto della sua pelle, donandole conforto con carezze che sperò essere leggere.

“ Non abbiate paura. Ci sono io, con voi.”

Le sussurrò, stupendosi delle sue stesse parole, avvertendo il suo cuore gonfiarsi d’emozione.

La sentì trarre un profondo respiro, freddo e profumato come una notte di primavera, accompagnata dal gelo dell’inverno. Rabbrividì, ma non sciolse la sua presa gentile, riempiendosi i polmoni della sua inconfondibile fragranza di donna, eppure così diversa da ogni altra cosa avesse mai sentito. Era così inebriante, così potente, da annullare l’odore limpido della salsedine marina.

La sua vicinanza, cominciava a spossarlo, a renderlo ubriaco d’amore, confondendolo ancora di più di quanto già non fosse. Ma Legolas, ancora una volta, non la lasciò, nonostante avvertisse un languore caldo e soffuso ammorbidirgli le membra, tanto che sentì scivolare le braccia lungo la sua schiena, involontariamente, e le sue ginocchia diventare molli ed instabili, come se fosse stato troppo a lungo in piedi, nella stessa posizione, senza mai sedersi. Tuttavia, arpionò gentilmente le mani alla sua vita ed impose alle sue gambe di reggerlo, impedendogli di crollare.

Stava accadendo qualcosa a Luthien. Il suo dono indesiderato si stava espandendo sempre di più. Alla luce tremolante delle lampade ad olio accese, notò i suoi capelli diventare ancora più morbidi nelle sue dita, quasi inconsistenti, tinti di un colore più scuro del suo castano naturale, quasi neri, come quella notte sempre più oscura.

La sua pelle, nivea ma rosea in alcuni punti, calda come il primo raggio di sole d’estate, stava perdendo tutto il suo calore e pallida come il ghiaccio. Poteva sentire, sotto il palmo della sua mano, quella di Luthien diventare sempre più fredda.

Cercò di scostarsi, per raggiungere con gli occhi il suo viso, ma lei glielo impedì, nascondendolo fra le pieghe della sua veste, scuotendo il capo e strofinando il volto sul tessuto ruvido.

A quel movimento improvviso, il suo odore indescrivibile lo colpì come una schiaffo, tanto da costringerlo a chiudere gli occhi, gemendo di piacere. Sarebbe stato così facile, così semplice abbandonarsi a lei, completamente, diventando creta nelle sue mani, da modellare a suo piacimento. Completamente ed incondizionatamente suo, il suo eterno e devoto schiavo. Schiavo?!

A quel pensiero inaspettato, Legolas si riscosse, tornando in sé, sorprendendosi nel ritrovarsi in ginocchio, le braccia inerti lungo i fianchi, il volto reclinato al cielo. No, non al cielo, si ritrovò a costatare, sbattendo le palpebre più volte, per scacciare quel velo lacrimoso che gli offuscava la vista, rendendo il suo limpido sguardo, vacuo e fisso. Trasalì, quando si trovò a fissare un viso divino, perfetto, scolpito nel marmo più pregiato, liscio, privo di qualsiasi imperfezione, tanto da risultare ultraterreno. Nemmeno i Valar potevano competere con tanta, struggente bellezza.

Due occhi incantatori, neri come la pece, riflettevano il suo volto stupito. Una bocca sanguinea colorava di rosso vivo quel viso di porcellana e un ciuffo di capelli scuri, lisci e dritti, perfetti in ogni più piccola punta, offuscava di poco il lato destro di quel volto inumano.

Il giovane principe di Bosco Atro sussultò quando dita sottili ed affusolate, ma fredde come l’acqua ghiacciata del fiume d’inverno, sfiorarono i lati del suo volto, ancora proteso, rabbrividendo inconsapevole.

Per un folle, breve attimo, Legolas si chiese chi fosse mai quella dama di ghiaccio, ma subito dopo i suoi occhi si riempirono di consapevolezza. Lui conosceva quel viso! Quante volte lo aveva scorto nel corso del suo lungo viaggio? Poche volte aveva sfiorato quelle labbra, ma le sue, frementi, le avevano subito riconosciute. Quante volte si era perso nell’abisso profondo di quei due occhi color nocciola intenso? Nocciola, si, era il colore delle iridi di Luthien, la sua amata Luthien. Allora, perché, ora, erano così scure? Perché i suoi capelli non erano di qual vivo color castano scuro? Perché le sue guance non erano macchiate da un leggero strato di rossore? Perché quella bocca appariva così innaturalmente rigida, e non morbida, arrendevole e soffice come i petali di una rosa appena sbocciata?

No, quella creatura, che prima gli era parsa così bella, così perfetta ed incontaminata, ora era solo motivo di profondo disgusto. Cosa stava avvelenando il corpo etereo della sua Luthien?

Osservò lo spicco di cielo, che incorniciava quell’immagine ora intollerabile. Era nero, ma intriso di malvagità. Scrutò più a fondo, più in là dell’apparenza, al di là del suo normale sguardo, allargando le pupille per scrutare teso due occhi iniettati di sangue, neri più di quella notte dannata.

Si allontanò, scottato da tanta insana perfidia. Erano gli occhi di Venia, quelli che Legolas aveva appena scorto. Un loro pallido riflesso, si trovò ad ammettere amareggiato, albergava in quelli ancor incolori di Luthien.

Si sciolse, non senza alcuna fatica, da quello stato di statica prostrazione, levandosi con grazia, allontanando gentile quel tocco freddo sulla sua pelle, a cui Luthien non sembrò turbarsi. Per la prima volta, da quella strana notte, Legolas riuscì ad ignorare il suo profumo annebbiante i suoi sensi, più acuti e vigili che mai, il suo sguardo ipnotizzante, quelle labbra socchiuse che reclamavano a gran voce i suoi baci, e, racchiudendole il volto alterato fra le sue mani, fece scontrare la sua fronte bollente con la sua gelida.

Fu con sforzo ancor maggiore, che riuscì a parlare, e mai la sua voce gli parve più fievole, come se Luthien gliel’avesse succhiata via con l’inganno, in quei brevi momenti d’incoscienza. D’altronde, uno schiavo adora ed esegue gli ordini della sua padrona. Che motivo avrebbe di parlare?

Mia signora, vi prego, ridestatevi. Sono qui, vicino a voi. Sarò sempre vicino a voi.

Le sussurrò in elfico, incoraggiato dal suo improvviso affanno, come se stesse combattendo con se stessa, per liberarsi da quell’insana prigionia.

Non abbandonò il suo sguardo, fino a quando non vide i suoi occhi ritornare del loro naturale colore di sempre. Sorresse una Luthien improvvisamente stanca e priva di forze fra le braccia, fino a quando il suo respiro non ritornò regolare e i suoi occhi non ritrovarono i suoi.

Legolas sorrise, osservandola. Aveva vinto. Era tornata quella di sempre. Splendidi capelli castano scuro, che rilucevano di scintillanti riflessi dorati alla luce delle lampade ad olio, che ricominciarono a lambire la sua pelle, nuovamente rosea sulle guance morbide e nivea sul resto del corpo. Le sue labbra, ritornate alla loro arrendevole morbidezza, di dischiusero in un dolce e grato sorriso, che Legolas ricambiò di buon grado, amabile e più consapevole d se stesso.

“ Grazie.”

Sussurrò, inaspettatamente. La sua voce era musica per il suo udito, ma non così angelica e dannata insieme.

I suoi occhi color nocciola, brillarono nuovamente, investendolo con la loro ritrovata luce.

Legolas inclinò il capo in un breve inchino, senza parlare. Le parole, in quei casi, risultavano superflue.

Fu Luthien a sciogliere l’abbraccio, scostandosi per poi ravvicinarsi a lui, come presa da un ripensamento. Sorpreso, Legolas la vide allungarsi verso di lui, sfiorandolo appena, una mano poggiata sul suo petto, improvvisamente scosso da un improvviso affanno. La vide socchiudere gli occhi e dischiudere di qualche millimetro le labbra, le lunghe ciglia scure a solleticargli la pelle fremente delle guance, tanto che erano vicini. Legolas reclinò il capo in avanti, chiudendo gli occhi, pronto a ricevere il suo bacio, il cuore che voleva quasi trapassargli la cassa toracica, i battiti frenetici che gli rimbalzarono alle orecchie, offuscandogli l’udito, l’olfatto deliziato dal suo profumo di fiori e frutti di bosco, che gli accarezzò le narici, il suo respiro così fresco e dissetante, il calore delle sue labbra che stuzzicava le sue, così vicine, così pronte ad accogliere le sue, in un’unione mai così tanto desiderata, perché era lei, questa volta, a volerla. Deglutì emozionato, il cuore gli era saltato in gola, ostruendola. Ormai era così vicina da poter sentire la consistenza dei suoi capelli sul collo rigido e palpitante. Non aprì gli occhi, per gustare al meglio il momento, celando tutto il resto, tranne lei. Le sue labbra sottili si sporsero di un millimetro, cercando di accelerare il percorso delle sue. Non capiva il desiderio di tanta fretta. Era più un’urgenza, una voglia dolorosa della sua bocca, del suo sapore, del suo respiro, di lei, insomma. Legolas non si era mai sentito così in bilico, così abbandonato nelle mani di un’altra persona. Ma era così dolce lasciarsi andare. La sua mente era sparita, nel momento in cui l’aveva vista protendersi verso di lui.

Al gesto di catturare le sue labbra prima dei suoi tempi, l’aveva sentita sorridere e ritirarsi un po’, maledicendosi per la sua impazienza. Si impose, nonostante la situazione, calma e premura.

Ma il suo sangue era difficile congelarlo. Scorreva come lava nelle sue vene, infiammandolo in ogni angolo del suo essere, concentrandosi sulle guance, che avvertì ribollire di rossore, sul collo, sulla punta delle orecchie, sempre all’erta ad ogni suo spostamento, e in punti più intimi e delicati del suo corpo.

Sembrava passata una vita terrena, quando Luthien decise di ritornare a tenerlo in pugno, a pochi millimetri di distanza tra le sue labbra e quelle di lui. Legolas sapeva che era giunto il momento decisivo, quando avvertì una sferzata d’aria gelida e ricolma di salsedine, profumata di lei, rinfrescare il suo viso in fiamme, il suo cuore cessò di battere e la gola si liberò in un gemito strozzato e fievole di piacere, quando la bocca di lei si chiuse, con suo grande dispiacere, sulla sua guancia destra, mentre l’altra venne coperta dalla sua, libera.

Dopo un breve attimo, Luthien si distaccò, accarezzando la sua guancia sinistra, mentre lui apriva gli occhi, traendo un respiro liberatorio.

Incrociò i suoi occhi, quasi ridenti e si beò ancora del suo tenue sorriso.

Gli accarezzò la fronte e i capelli lunghi e biondo-miele, quando gli bisbigliò soave ed in elfico:

Siete nobile, mio signore. E non solo, perché siete principe.

E con queste parole, in un guizzo argenteo, si dissolse dal suo sguardo, lasciandolo accaldato e febbricitante.

Legolas si riprese solo quando una brezza leggera raffreddò il suo spirito rovente d’amore.

Tracciò con le dita il punto in cui, le labbra di lei, avevano lasciato un marchio indelebile. Sorrise, a malincuore.

Alzò lo sguardo, verso un cielo plumbeo, dove il sole, appena sorto, rendeva cupe e tuonanti di rabbia e di rancore acido.

Sentii qualcuno accostarsi ad entrambi i suoi fianchi, ma nessuno di loro, era Luthien.

“ Sorge un’alba nera.”

Disse, ad Aragorn, che annuì impercettibile, gli occhi dalle iridi di un azzurro primaverile, brillanti di determinazione.

“ Il momento è giunto.”

Disse Gandalf, voltandosi ad incrociare lo sguardo consapevole di Frodo, affiancato da Sam, che portò lo sguardo ambrato dal suo padrone allo stregone bianco. La Gemma brillò sul petto del piccolo hobbitt, tremante d’aspettativa.

“ La battaglia decisiva, dove si decideranno i nostri destini, si compirà, fra breve. Armiamoci  di coraggio e speranza, perché ne avremmo bisogno, in momenti più bui di questo cupo preludio.”

Frodo annuì, rispecchiandosi nelle iridi cristalline del suo vecchio e saggio amico, cominciando ad avanzare verso di lui o per meglio dire, verso il suo destino.

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Perdonate il ritardo madornale, ma credo di essermi fatta perdonare, in qualche modo!!! Dedico questo capitolo, a tutti quelli che amano il romanticismo più sfrenato!!! Il prossimo, miei cari e miei cari, sarà ricco d’azione e d’avventura!!! Sono dolente nel dovervi annunciare, che tra pochi capitoli la storia terminerà!! Qualcuno dirà: “ E finalmente!”, ma per me è comunque un peccato!!! Ma credo, che, si, La Gemma del Destino abbia compiuto il suo corso, e sia giunta al capolinea!!!

E ora, bando ai sentimentalismi e passiamo ai…

 

Ringraziamenti a…

LadyElizabeth: Come vedi, Elly, ti ho accontentata!!! Ti è piaciuto il cap?? Conoscendo il tuo amore per la coppia Legolas/Luthien, penso proprio di si!!!XD Che dici? Secondo te, il nostro “Dio Greco Biondo” Legolas ha stuzzicato un po’ il cuore della nostra bella e complicata Luthien???

Io credo di…be’, che gusto c’è a dirti la mia opinione, che sono la narratrice???XD Voglio conoscere la tua, che sei la lettrice, e quindi, la più importante!!! Grazie mille per i tuoi commenti!! Sperio che tiu, non mi abbia abbandonata! Sai, confesso che mi sono impegnata a terminare un’altra storia, dopo questa!!! Ma ora, le mie energie saranno tutte per La Gemma del Destino!!! Grazie ancora per il tuo sostegno!! Bacissimi  a presto-promesso-Fuffy91!! ^__^*

_Elentari_: Ciao, Elentari!!! Grazie mille per i tuoi commenti, i tuoi complimenti e le tue opinioni!!! Ti è piaciuto il cap dedicato al “Legolas innamorato”???XD Spero di si, vivamente!!

La battaglia comincia, e non sarà facile come sembra!!! Povero, Frodo! Sempre nei guai!! Ma io lo adoro anche per il coraggio!!! Fammi ancora conoscere le tue opinioni!!! Bacissimi e a presto Fuffy91!! ^__^*

 

Bacissimi anche a voi, miei carissimi lettori e mie carissime lettrici!!! Grazie sempre per il vostro sostegno silenzioso!!!

Sempre vostra, Fuffy91!!!

^___________________________^***

  
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