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Autore: Yuaki    14/09/2010    3 recensioni
Mi sono sempre chiesta come sia stata la vita di Rekla, personaggio che io per prima non ammiro... Ecco, mi sono data una risposta.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1
L’inizio

 

 

Era un normale pomeriggio nella Terra del Mare.

Rekla si era nascosta dietro a un muretto, vicino alla piazza, e come sempre stava passando il pomeriggio a spiare giocare gli altri bambini.

Lei non era mai stata molto popolare tra i ragazzi, era sempre muta e silenziosa, e loro la evitavano. Lei invece era troppo timida per attaccare bottone, e preferiva rimanere in disparte a guardarli giocare.

Spesso, quando si annoiavano, li vedeva prenderserla con qualche animale, sentiva le loro risate, e ne provava invidia.

Non si sapeva spiegare perchè, ma quello spettacolo la disgustava e la affascinava insieme.

Così iniziò a farlo anche lei, ma non come gli altri.

Buly, Granda e gli altri lo facevano in gruppo, era una specie di rito che li faceva sentire più forti.

Per lei era diverso. Lei lo faceva da sola, e ci provava gusto. Sapeva che era una cosa brutta, e che non avrebbe dovuto farla, ma non riusciva a trattenersi. Guardare l’agonia dei piccoli animaletti che catturava divenne un sottile piacere alla quale non poteva più sottrarsi.

I suoi non avrebbero mai approvato una cosa del genere, e per questo diceva a sua madre che andava a giocare con gli altri bambini, con i suoi amici. La verità era che lei non aveva amici, lei non aveva nessuno. Certo, era vero che lei non era proprio una persona sociale, ma era anche vero che erano gli altri che volevano stare alla larga da lei.

Tutti al villaggio sapevano quello che accadeva nella sua famiglia, ma Rekla era l’unica che si rifiutava ad accettare la verità.

Un giorno rientrò a casa un po’ prima, e vide sua madre pulire le verdure.

Stava per dirigersi in camera sua quando lei la fermò “Mi hanno detto che tu non giochi con gli altri bambini” disse con aria severe e fredda. Rekla arrossì leggermente. Sua madre continuò “Lo direi a tuo padre, ti meriti di essere picchiata, ma non lo farò, perché se no se la prenderebbe anche con me. Però non azzardarti a raccontarmi mai più bugie hai capito?” Rekla annuì timidamente e scappò in camera sua.

“Sei cattiva Rekla, sei una persona cattiva! Non devi farlo mai più capito?” ma il giorno dopo ci cascava sempre.

Sua madre aveva ragione, ma sentiva di non poter smettere.

Per Rekla sua madre era distante come e più di un’estranea. Che ricordasse, non l’aveva mai abbracciata, non l’aveva mai consolata quando era triste, non aveva mai avuto una parola d’affetto per lei. La accudiva come se fosse un dovere cui si piegava con riluttanza e dolore, e non le rivolgeva mai la parola se non per raccomandarle di non far arrabbiare suo padre.

Con lui poi, era anche peggio. Era molto più vecchio di sua madre, e puzzava sempre di birra.

Non era raro che alzasse le mani su di lei per qualcosa che aveva fatto, e quando si stufava con lei,toccava a sua madre.

Lei saliva in camera sua e si copriva le orecchie con le mani per non sentire, ma per quanto premesse riusciva sempre a sentire le urla di sua madre. Poi all’improvviso tutto finiva, suo padre usciva per bere un’altra birra e sua madre restava a casa a piangere.

Il comportamento dei suoi le rimase a lungo inspiegato, fino a quel pomeriggio.

Stava tornando dal bosco quando vide due ragazzini della sua età parlare, e non potè evitare di ascoltare.

“Lo sanno tutti che non la volevano! Suo padre prese con la forza sua madre! Lei lo disprezzava perché era un vecchio ubriacone fatto sta che rimase incinta e i suoi la costrinsero al matrimonio per coprire lo scandalo!” Rekla a quelle parole non potè più trattenersi “Non è vero!” urlò sbucando fuori dal muretto. Il ragazzino sorrise con ferocia “E allora come lo spighi il loro comportamento? Loro non ti volevano e non ti  vogliono neppure ora!” Rekla era accecata dall’ira e gli saltò addosso senza pensarci.

Morse, tirò calci e pugni ma fu tutto inutile: il ragazzo era molto più forte di lei e in breve tempo la mise con le spalle al muro “Non provarci mai più” sibilò e detto questo si girò e andò via.

Rekla tornò a casa sporca di sangue e appena il padre la vide iniziò a picchiarla. Lei assorbiva i colpi con le lacrime agli occhi, e con gli acco ancora appannati vide sua madre nascosta in un angolo, che la guardava: nel suo sguardo non c’era compassione, né pietà, solo odio. Ma lei ancora non voleva crederci, ancora non poteva crederci…

 

* * * * *

 

 

Ci volle poco più di un mese perché gli insetti non le bastassero più. Ormai conosceva a memoria tutte le loro agonie. Lei voleva qualcosa di nuovo.

Così iniziò a catturare conigli. Si divertiva a vederli morire, ma alla fine perdevano interesse. Non poteva portarli a casa o suo padre l’avrebbe certamente punita. Allora iniziò a costruire delle trappole, e guardava gli animali provare a scappare verso la salvezza. Poi ci giocava.

Il sangue le faceva impressione, ma era qua che stava il bello. Non sapeva spiegarsi il perché, ma quello spettacolo la terrorizzava, e contemporaneamente la attraeva. Così continuò a farlo sempre più spesso, stando molto attenta a lavarsi le mani prima di tornare a casa. Scoprì che era portata per la caccia: si muoveva velocemente, furtiva ed elegante, senza far rumore, e costruire trappole diventava sempre più facile e veloce.

Si sentiva inutilmente forte e terribilmente meschina. Era cattiva, e maledetta.

 

 

 

* * * * *

 

 

 

 La scoprirono quando quel gioco andava avanti da molto ormai.

Quando si lavava vedeva il fiume macchiarsi di rosso, e lei si sentiva pulita.

Non lo farò mai più’ si ripeteva, ma era inutile. Dopo qualche giorno ci cascava di nuovo. 

Faceva finta di unirsi ai suoi compagni e dopo poco si allontanava nella foresta con passo felpato.

Sua madre però un giorno la segui, per scoprire cosa facesse la figlia invece di comportarsi come le altre ragazzine della sua età.

Quando la vide, uscì dagli alberi e il suo sguardo era di puro terrore, e un po’ di ribrezzo per la

figlia “Che diavolo stai facendo?” le urlò contro.

Per la prima volta fu lei a picchiarla. La colpiva con violenza, come se ci provasse un piacere immenso. E mentre la picchiava le ripeteva che era un mostro, che un essere unmano non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

Tuttavia non lo disse al marito. Lo faceva solo perché se no lui avrebbe picchiato anche lei. Chiuse Rekla in una stanza e la tenne senza mangiare per un po’. Rekla normalmente avrebbe rubacchiato qualcosa da mangiare, e sarebbe uscita di nascosto, ma quasta volta no. Sentiva di meritarserlo, come poteva darle torto? Ma era troppo tardi. Quello che era iniziato come un gioco tra stupidi ragazzini si era trasformato in una vera e propria ossessione. Ma sarebbe cambiata. Distesa sul suo letto pensava a come fare a smettere. Fu così che iniziò a punirsi: a volte restava in ginocchio finchè non piangeva per il dolore, altre volte lasciava le mani nell’acqua ghiacciata finchè non perdeva la sensibilità, altre si faceva del male. Provò persino ad essere normale. Provò a ridere delle cose più sciocche, pensare ai loro stupidi problemi, ma niente. Non ci riusciva proprio. Mescolarsi con gli altri era impossibile, perché lei aveva fatto cose orribili, era maledetta. Allora si chiese perché smetterla se non c’era posto per lei? Ci cascò ancora, e ancora, e ogni volta si riprometteva di non farlo più. Spesso veniva scoperta, ed era sempre sua madre a farlo, contenta di aver trovato una scusa per picchiare la figlia.

Si ripeteva sempre più spesso  che non lo avrebbe fatto mai più, ma era tutto inutile.

Una sera ….

 

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Scusate se quata parte era un pò simile al libro della Troisi, ma era per non fare confusione, per iniziare tutto dall'inizio per poi procedere.

 

  
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