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Autore: Lylasly    16/09/2010    19 recensioni
La guardò sfogliare un libro con dita vivaci, mescolare il contenuto del calderone impugnando il mestolo con una forza che tra poco le sarebbe mancata, scambiare qualche parola con Potter e Weasley incosciente del fatto che quelle sarebbero state le sue ultime rivolte ai due migliori amici. Inconsapevole che di lì a meno di un’ora lei sarebbe parsa addormentata sul pavimento di un bagno del settimo piano, e che Draco, intento adesso ad osservarla sentendosi affossare da sentimenti troppo annodati per poterne in qualche modo venire a capo, sarebbe stato il primo a trovarla in quelle condizioni, uno dei tanti a pensare di provare indifferenza, l’unico ad avere la possibilità di vederla ancora respirare e poterla riportare in vita.
« Malfoy… »
« Sì, Granger? »
« Perché guardi in continuazione l’orologio? »
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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time turner







[Confusion that never stops
Closing walls and ticking clocks, gonna
Come back and take you home
I could not stop that you now know, singing

Come out upon my seas
Cursed missed opportunities
Am I a part of the cure?
Or am I part of the disease, singing

You are...]

Coldplay, Clocks



11:08 am.


Nostalgiche note di pianoforte si disperdevano, al ritmo del battito d’ali di farfalle irrequiete, su un prato scosso dal vento di un Maggio più fresco dei precedenti.
L’aria era pungente e stuzzicava l’atmosfera di un clima rigido che stentava a combaciare con l’idea di lieta, calda primavera su cui la maggior parte degli abitanti di Hogwarts aveva in precedenza riposto le proprie speranze. Le rapide carezze della inclemente temperatura scozzese, pugnali profumati di neve e brina che sferzavano guance slavate dalle frequenti burrasche, inducevano chiunque a desistere dal mettere piede fuori dalle mura ben riscaldate e perfino i finesettimana a Hogsmeade, celebri escamotage da tutto ciò che interessava le attività scolastiche, non erano mai stati guardati con più biasimo e ritrosia.
L’opaco velo di brina che ammantava le colline lontane non accennava a sbiadire; la spruzzata argentata di nuvole cariche di pioggia annebbiava già da molte ore l’insorgere di un timido sole che non dava più sue notizie da almeno una manciata di giorni.
Uscire dal castello e sottostare alla crudele frescura di quella giornata era un’idea che ciascuno evitava senza avere l’aria di volerci sprecare troppi pensieri sopra, eppure, come accade di solito nelle circostanze svestite da ogni sospetto e considerazione altrui, c’era chi aveva afferrato l’opportunità al volo e reso una banale giornata fredda l’espediente migliore per svagarsi in tutta tranquillità. I giardini deserti e le panchine appartate erano le condizioni ideali in casi come quelli; nessuno avrebbe scorto alcunché dalle finestre appannate di foschia, e loro sarebbero stati in grado di individuare eventuali soggetti in avvicinamento dalle fronde dei cespugli paralizzati di gelo e dalla ragnatela di rami spogli che li proteggeva dai ficcanaso posti più in alto.
Una spolverata di tabacco magico, di quello reperibile nelle botteghe fuori mano di Hogsmeade, cartine e il resto dell’attrezzatura necessaria. Pochi movimenti furtivi, prudenti, sicuri.
Avevano cominciato fin da subito e in breve tempo il freddo circostante si era impregnato dell’odore del fumo di gusti sempre diversi.
Menta, cannella e limone svaporavano in direzione del cielo in nebbioline di candidi riccioli trasportati dal vento e i loro sottili, frizzanti aromi sembravano continuare a danzare sulla distesa d’erba bagnata sulla quale sostavano alcuni dei presenti.
I mantelli di Tiger e Goyle erano fradici di una primavera largamente tardiva e loro stessi, a giudicare dalle ombre cupe che sovrastavano i loro volti, sembravano sforzarsi intensamente di non pensarci, inchiodati lì al suolo da niente di peggio di un ordine diretto e ciononostante privi del più piccolo barlume di ribellione. La loro natura polemica, benché tesa come una corda vibrante di rancore e desiderio vendicativo, poteva essere ulteriormente forzata e al loro capo quest’ultimo dettaglio non era certamente sfuggito.
Lui sapeva bene che la fiammella delle discordie, per essere in grado di bruciare e divorare tutto ciò che lo circondava, avrebbe necessitato di un solo alito di respiro; e allora questa si sarebbe alzata, ardendo del fervore della somma dei torti, delle ingiustizie e delle prepotenze, facendogli pagare tutto quanto non aveva mai avuto vera inclinazione nel saldare.
Era soltanto questione di tempo, sì. Ma a che pro pensarci? Draco Malfoy, quella giornata, si era svegliato con la ferma intenzione di non permettere a nessuno di turbare la quiete che si era imposto, e niente al mondo sarebbe mai stato in grado di scavalcare una convinzione così tenace e radicata.
Scivolato sulla panchina umida, la chioma di capelli chiari che si riversava al di là dello schienale di pietra, i suoi occhi si rispecchiavano con un cielo dei più toni più lugubri mentre, con gesti così abituali da rasentare l’automatismo, la sigaretta veniva portata fino a labbra sempre più secche e allontanata al ritmo di un respiro ogni volta più profondo del precedente.
C’era qualcosa di confuso e ambiguo in tutto ciò che lo riguardava; Draco Malfoy, fotografia sfocata da un tempo che aveva sembrato travolgerlo, anziché accompagnarlo, bruciandogli una pelle che appariva spenta nella desolazione di un fiore appassito, soppesava la giornata in un cipiglio cupo che dava facilmente modo di intuire, anche allo spettatore più stolto, il grande conflitto che infuriava nel suo animo in una guerra così cruenta da lasciare lui stesso, oltre a coloro che tentavano invano di districarsi da un tale, arcano caos di emozioni, totalmente privo di parole.
Soffiare il fumo contro il cielo dava la parvenza di costituire un vero e proprio sforzo fisico, e niente lo distraeva dalla contemplazione dei riflessi consumati di luce che incorniciavano le sagome sempre più vaghe delle nuvole sospinte dal vento. Le sue palpebre erano sbattute di rado, quasi per caso, lo sguardo lievemente sgranato costantemente fisso verso l’alto.
Talvolta la sigaretta si consumava tra le sue dita e lui era costretto, con stizza, a gettarla via e accenderne un’altra subito dopo.
Dal suo campo visivo, che comprendeva l’accecante presenza di un cielo terso di onde dolcemente movimentate, spuntava all’estremità un filo di parete muraria adornata da una delle finestre che davano sui corridoi più alti. Poco prima gli era parso di intravedere l’ombra di una sagoma appostata proprio in quel punto; ma nel girarsi di scatto, scoprendo che in realtà nessuno li stava spiando, aveva ben presto confinato l’avvenimento in un angolo della sua mente liquidandolo come uno strano scherzo della luce inesistente di quella mattina.
L’acuto presentimento era sfumato in indifferenza così come era comparso e Draco, nel giro di pochi istanti, fu di nuovo inghiottito dal torpore in cui aveva versato fin da quando si era seduto su quella panchina. Più niente era stato in grado di attirare la sua attenzione, né di incuriosirlo.
I discorsi di Nott, seduto a suo fianco, erano così ripetitivi da essersi privati immediatamente del suo apprezzamento. Una buona mezz’ora era scivolata via facendogli rendere conto di non aver ricavato il minimo accenno di buonumore da tutto ciò; però era sempre meglio di sorbirsi due ore di Pozioni, si disse con convinzione Draco subito dopo.
I buoni - e interessati, ovviamente - rapporti che Piton aveva tessuto con loro e con i rispettivi genitori, permettevano a Draco e al suo giro il lusso di poter saltare qualche lezione senza andare incontro a sanzioni di alcun genere. Il patto era che si tenessero fuori dai guai e dalla vista dei professori più accorti.
Ovviamente, il lato Serpeverde di ognuno di loro dava il meglio di sé anche se c’era di mezzo un accordo stipulato tra i membri della stessa Casa, ragion per cui i quattro studenti non avevano esitato a trasgredire un po’ le regole, anche se in questo caso i rischi erano ridotti al minimo; nessun professore usciva mai dal castello in quello specifico orario, e il clima sfavorevole di certo assicurava a tutti loro riparo dalla vista di qualsiasi altro studente.

Draco chiuse gli occhi per un momento. La campanella doveva essere suonata da almeno un quarto d’ora, e ciò significava che era in ritardo per l’allenamento di Quidditch.
Le sopracciglia si corrugarono al reale fastidio che gli infondeva la sola prospettiva di doversi subire l’ennesima sfuriata di Urquhart. L’idea di non presentarsi affiorò tra i suoi pensieri così come fu all’istante rimandata indietro; non ci teneva a peggiorare le cose, né a perdere la prossima partita. La sola idea di alzarsi di lì, però, sembrava annullare ogni sua forza e affondarlo ancora di più nella pietra gelata su cui era seduto.
Ci volle ancora qualche istante perché Draco riuscisse a convincersi a riaprire gli occhi, e addirittura qualche minuto perché trovasse lo stimolo di rimettersi seduto in modo composto. Niente di ciò che lo circondava sembrava essere cambiato; Nott era immerso nei suoi usuali discorsi di politica e Tiger e Goyle, consumando ininterrottamente sigarette al limone e con l’erba circostante invasa di mozziconi, nonostante non comprendessero una sola parola tra quelle che si sentivano rivolgere, avevano ben presto imparato ad annuire ogni qual volta Theodore indirizzava loro, o forse a sé stesso, domande puramente retoriche, togliendosi così dall’impiccio di sentir ripetere tutto quanto.
Draco sentì sfuggirgli dalle dita una eventuale ragione per ritardare l’allenamento e fu con contrarietà, che si vide costretto ad alzarsi. I muscoli si erano intorpiditi e la pelle appariva più cerea che mai, nel pallido riflesso di un cadavere appena risorto da una fossa di petali bianchi profumati di menta.
Ne sentiva impregnati i lembi dell’uniforme e sperò che nessuno, meno che mai un professore, sarebbe stato così avveduto da notarlo.


11:16 am.


« Te ne vai? »
Draco colse quella domanda nel respiro mozzato di una valle rumorosa, così densa di voci, colori e confusione da poterla a malapena tenere d’occhio per più di qualche breve battito di ciglia, e quando si ritrovò ad abbassare lo sguardo il volto di Nott sembrò emergere da una nuvola di vapore tossico. Impiegò un attimo di troppo per riflettere su ciò che aveva appena udito, e ancora di più per mettere insieme una risposta anche solo lontanamente accettabile.
« Sì. - Disse. - L’allenamento ».
Perfetto, si ritrovò a pensare.
Forse, per la fine della giornata, sarebbe addirittura riuscito a comporre una frase completa e provvista del senso che intendeva davvero dargli. Non che ci fosse mai stato qualche problema con le parole; semplicemente non era un tipo a cui piaceva molto parlare, almeno non da un anno a questa parte.
Con l’avanzare del tempo, aveva semplicemente scoperto i vantaggi del manifestare il disprezzo con un’occhiata raggelante piuttosto che con un insulto, i quali, come suo padre gli aveva rammentato più di una volta, consistevano unicamente nel privare certe persone dell’attenzione che non meritavano, palesandosi soltanto con chi era ritenuto degno dello stesso livello sociale.
In quanto a Tiger e Goyle, ormai ne sapevano abbastanza dei suoi capricci d’umore per indovinare con estrema esattezza gli ordini che il loro capo non si sprecava mai troppo nel divulgare, senza ovviamente mancare di ammonirli di ottusità subito dopo; una volta tolta di mezzo la sua attività più importante, ovvero il bullismo esercitato su compagni e non, le occasioni in cui Draco Malfoy proferiva parola durante la giornata si potevano a stento enumerare sulle dita di una mano. Era in verità divenuto un grande amante del silenzio, il quale ogni volta lo allietava in una beatitudine che difficilmente, di quei tempi, riusciva a provare in compagnia di chiunque altro, e in particolare sentiva di apprezzare l’isolamento completo dal resto delle persone.
Non sapeva cosa gli stesse prendendo esattamente; forse si trattava soltanto di un periodo, o magari c’era davvero qualcosa di concreto ad infastidirlo. Qualunque fosse la verità, Draco era meno incline che mai a curarsene e fu con un lieve cenno del capo, dato più per abitudine che per altro, che si congedò dagli altri aggirando la panchina e inviandosi in direzione del portone d’ingresso.
L’erba era gelata e lui poteva avvertirla tentare di aggrapparsi agli orli dei suoi pantaloni di pelle in lacrime di rugiada e miele; le mani affondate nelle tasche, le gambe lo guidavano in modo del tutto automatico lasciando ai pensieri il piacere di dirigersi altrove, magari verso l’alto e tra le nuvole fitte di pioggia, in sella alla scopa da Quidditch che di lì a poco avrebbe inforcato.


11:21 am.


C’era stato un tempo in cui Draco Malfoy aveva reputato impossibile potersi fare degli amici.
La prodigiosa bolla di sapone in cui i suoi genitori si erano ben premurati di allevarlo, a suon di vizi e immoralità, coltivando un ego che già in età precoce non aveva avuto alcun bisogno di incoraggiamento, gli era valso il repentino allontanamento, nel corso degli anni, da qualsiasi rapporto un poco più stretto della normale conoscenza e il distacco totale dai sentimenti più benevoli e consueti che uno qualunque dei suoi compagni avrebbe potuto donargli.
Ben presto, il Draco terribilmente borioso che era stato si era accorto che effettivamente, ben lungi da ciò che suo padre aveva continuato a rassicurargli, lui stesso si trovava al di fuori delle leggi che aveva sempre desiderato e, per un certo periodo di tempo, creduto di impartire, essendosi tirato fuori dalla società proprio nel momento meno opportuno. La sua bolla era esplosa in schizzi di sapone e sogni infranti e non era valso a niente commiserare il latte versato.
Lui che additava gli ‘sfigati’ della sua scuola, era il primo a non avere amici; Tiger e Goyle erano pagati per sottostare ai suoi ordini e nessuno gliene aveva mai fatto parola; aveva creduto di essere considerato un Dio a Serpeverde, ma non era necessaria una grande sensibilità d’animo per rendersi conto che Draco Malfoy, più di chiunque altro, era tenuto a costante distanza dagli altri quasi come si trattasse dell’insetto più sgradevole del mondo.
Venire a conoscenza di queste circostanze e assorbirle fintantoché non avessero provocato altro dolore, aveva costato un processo di lunghezza non indifferente che, contrariamente a ciò che si potesse pensare, non avevano provocato alcun mutamento nel carattere di Draco. Forse l’amarezza derivata dalla cattiva fama che, come un marchio scavato a fuoco, gravava sul suo nome in lampi di inimicizia e intolleranza sempre più frequenti, aveva a sua volta scatenato una sorta di rancore verso tutti gli altri che in quasi due anni non si era ancora sopita; i miglioramenti, invece, erano stati pochi e superficiali.
Blaise Zabini era forse la miglioria più riuscita, anche se ovviamente ci sarebbe stato ancora da lavorare. Avevano poco in comune, se non un patrimonio da far girare la testa e un disprezzo generale per tutti gli estranei alla loro cerchia, ma a quanto pare questi pochi elementi erano stati sufficienti per andare d’accordo e con il trascorrere del tempo, delle sporadiche conversazioni e una simpatia e comprensione reciproca che crescevano assieme all’avanzare degli anni scolastici, Zabini era diventato per lui uno dei pochi punti abbastanza fermi della sua vita.
Qualcosa di simile a un amico, benché Draco non ne conoscesse il significato, e tuttavia una sconosciuta concezione che gli recava un certo sollievo.
Non uno che venisse pagato dai genitori per sopportarlo, almeno.
L’angolo della bocca di Draco si sollevò impercettibilmente; adesso il suo sguardo era puntato in una direzione ben precisa e sfiorava volutamente una sagoma familiare che si era arrestata già da un pezzo al di sotto dell’arcata a sesto acuto.
Zabini sembrava un tutt’uno con l’uniforme scura. Una di quelle ombre che vengono narrate, nei libri, attraverso l’oscurità di una notte insanguinata o di una stanza troppo buia e sconosciuta. Un alto Uomo Nero che studia e inganna con il suo solo mimetizzarsi nelle paure più irreali dell’animo umano; ma non si ha mai troppa paura di ciò che appare banale a prima vista. Draco lo raggiunse in passi sempre più lunghi, la bocca semichiusa ad esalare un respiro che si era fatto troppo opprimente per essere celato, le fattezze di Blaise che emergevano poco a poco dalla pozza color pece dei colori che lo adornavano.
Il compagno stava impiegando il tempo riponendo alcuni libri nella borsa a tracolla e, quasi come avesse stimato il percorso restante di Draco e la velocità della sua camminata, sollevò gli occhi proprio nel momento in cui l’altro poté ritrovarsi faccia a faccia con lui.
« Zabini ».
« Fumo. - Blaise lo squadrò con un’occhiata che gli fece arricciare il naso. - Si sente parecchio ».
Del tutto nella norma che Zabini criticasse per l’ennesima volta il suo insano apprezzamento per, come amava definirla, quella insulsa robaccia babbana.
Draco era sempre stato sicuro che, al di là della sua facciata di disapprovazione, l’amico fosse un ammiratore almeno quanto lui di quella roba; l’unico problema sembrava stare nell’odore che lasciava sui vestiti e sulla pelle una volta consumata. Uno dei tanti princìpi Serpeverde stava proprio nel concedersi a vizi il cui effetto portava con sé eventuali prove in grado di ricondurli alla loro persona; donne, scommesse, alcool. Il fumo era perciò contemplato soltanto dagli studenti più arditi della Casa. Si trattava di un vizio che lasciava troppe tracce e ben pochi erano coloro che si assumevano la responsabilità di perdersi tra i pericoli che il suo utilizzo avrebbe comportato.
« Un giro sulla scopa e torno come nuovo. - Minimizzò Draco con una breve alzata di spalle. - A meno che tu non debba dirmi qualcos’altro ».
« In effetti sì. - Replicò Blaise velocemente. - Lei mi ha chiesto come mai tu ti stia comportando in questo modo ».
Al solo comprendere a chi il compagno intendesse riferirsi, le palpebre di Draco si serrarono in una morsa di acuto fastidio.
Non ci voleva.
« Cosa le hai risposto? » domandò freddamente.
« Che non ne sapevo niente. - Fu la risposta di Blaise, data con lieve disarmo. - Mi ha detto però che ti avrebbe aspettato nella Stanza delle Necessità subito dopo lezione, e di avvertirti se mai ti avessi incrociato. Malfoy, seriamente, - aggiunse, con voce più bassa e impaziente - dovresti dirle come stanno le cose. E scappare come hai appena fatto non servirà a placarla ».
« Scappare… non esageriamo. Ho soltanto rimandato un momento che non ho alcuna voglia di affrontare ».
« Mettila pure in questo modo. - Sul volto di Blaise si aprì un ghigno perspicace. - Ma ti consiglio di raggiungerla subito, prima che si decida una volta per tutte ad avvelenare la Granger. - Prese ad allontanarsi, alzando lievemente la voce. - Non troverei certo qualcosa in contrario, in tal caso, ma sai com’è fatta Daphne; le sue mosse sono sempre così azzardate che saremmo tutti quanti indagati prima ancora di sapere del suo successo ».
« Blaise… cosa diavolo c’entra la Granger? » fu la domanda a tono di Draco, che però non trovò risposta; il compagno si era voltato ed era già ad almeno una decina di metri di distanza.
Meditare sulla stranezza del nominare Hermione Granger, quando questa non era più parte dei loro discorsi da almeno il sesto anno, costò a Draco la riflessione di un breve attimo prima che tralasciasse l’avvenimento nella consapevolezza di una preoccupazione ben più pressante.
Ben presto l’incontro con Daphne squillò nella sua mente in un rullo di assordante avvertimento e fu con una lieve smorfia, che Draco varcò la soglia del castello procedendo successivamente su per le scale.


11:25 am.


Non ho alcuna intenzione di sposarti.
Il fuoco della ribellione, con il passare degli anni, lo aveva superato in altezza in maniera così eclatante da sopraffarlo e lo stesso Draco, sentendosi avvolgere e riscaldare dalle moltitudini di braccia avide e ridenti delle sue stesse fredde catene, ben presto si era arreso alle loro strette abbandonandosi in una vampata di sfumature vermiglie.
Il bieco riflesso del Draco Malfoy che i suoi genitori avevano sempre tentato di imporgli, profilo smorzato di vivacità infilato in una veste di ali di corvo, si era poco a poco confuso con quella strana - e diversa, così diversa - immagine che lo specchio continuava incessantemente a rimandargli ed era stato naturale, quasi immediato, rendersi conto che qualcosa non quadrava con le sue reali volontà.
Draco non credeva di aver mai amato Daphne Greengrass; e se lo aveva fatto, il tempo era stato capace di prosciugare tutto ciò che poteva esserci stato di buono in un rapporto come il loro, lasciandoli a piedi nudi, incapaci di camminare e muoversi, come su una lastra di crudele ghiaccio invernale.
Oh, lei era sempre stata così ostinata. Accortasi molto presto della ormai palese indifferenza del suo fidanzato, aveva astutamente desistito dal chiedergli dirette spiegazioni guidando il loro rapporto attraverso i fitti reticoli di una routine ben studiata, finché questo, assecondando le speranzose previsioni della ragazza, non vi era rimasto clamorosamente impigliato, favorendo la totale esasperazione da parte di un ragazzo che non sapeva ormai da quale parte cominciare a districarsi.
In questo modo Daphne aveva evitato a Draco il disturbo di mettere le cose in chiaro, e in possesso di un fidanzato che ancora, dopo tutti quegli anni, si chiedeva impotentemente cosa non quadrasse esattamente nel loro legame, lei ancora ricavava piacere nel vantarsi di lui con le amiche e immaginarsi, in sogni sempre più appaganti, nelle comode vesti della signora Malfoy.
Si era così imposta una cecità che Draco non aveva ormai più intenzione di tentare di guarirle; la sua marcata indifferenza nei confronti di Daphne, il tono svogliato in cui le rispondeva, i ripetuti tradimenti di cui lei aveva presto smesso di accorgersi, e il totale disinteresse per tutto ciò che la riguardava, non erano stati nemmeno lontanamente sufficienti a placare le mire che la ragazza continuava costantemente a tenere puntate su di lui. Sarebbe stata disposta a sopportare qualsiasi cosa pur di raggiungere l’obiettivo di infilarsi nella famiglia Malfoy, e Draco questo lo sapeva bene.
La cosa più allarmante dell’intera faccenda era però che Daphne, di punto in bianco, aveva cessato di essere accomodante; al contrario, ultimamente continuava a lanciargli a tradimento vaghe domande sul futuro alle quali lui la degnava a fatica, ogni volta, di risposte monosillabiche e avvilenti come poche che però non erano in grado di scoraggiarla nel modo più assoluto.
Lei era più decisa che mai a sposarlo e versava, in modo evidente, nell’impaziente attesa che Draco le facesse la proposta; avvenimento che, almeno secondo il giovane Malfoy, avrebbe avuto ben poche possibilità di manifestarsi.
Non ho alcuna intenzione di sposarti.
Non ho mai avuto alcuna intenzione di sposarti.
Draco si accigliò; le sue riflessioni l’avevano portato fino al settimo piano e fu con familiare riluttanza, che si trovò a fronteggiare l’idea di svoltare davvero quell’angolo e darsi in pasto alle fauci spalancate di Daphne. Pochi passi, e liscia parete muraria della Stanza delle Necessità avrebbe pacificamente assecondato il suo silenzio nell’attesa di qualcosa che risvegliasse il ricordo della sua entrata.
Draco si era immobilizzato sul pianerottolo ed era come se qualcosa di duro, nel centro del suo petto, lo affondasse al suolo impedendogli di proseguire. Fu sufficiente il solo pensiero di doversi sorbire l’ennesima sfuriata di Daphne a fargli desiderare ardentemente di posticipare l’infelice momento, e assecondando lui per primo quel forte impulso, non riuscì più a scorgere alcuna ragione per proseguire.
Era vero, Blaise gli aveva detto di essere chiaro; ma niente gli impediva realmente di ritardare ancora l’avvento del finimondo che Daphne avrebbe sicuramente scatenato. Soltanto qualche minuto, o forse un’ora, magari il giorno dopo.
Lievemente indeciso sul da farsi, Draco capì di necessitare di altro tempo per giungere alla conclusione giusta e si voltò, casualmente, procedendo nella stessa direzione; i suoi occhi colsero l’entrata di un bagno vicino e si mosse subito sa quella parte. Il cartello GUASTO, sbeccato e dalle lettere consumate, pendeva storto sulla superficie di legno bianco nella perfetta imitazione della desolazione di cui Draco aveva bisogno in quel momento: un posto isolato, pacifico e privo di compagnie sgradite.
Fu rasserenandosi in quel lieve sollievo che spinse la porta con dita impazienti, smuovendo, senza accorgersene, il cartello dalla sua posizione facendolo oscillare minacciosamente.


11:28 am.


Non ci era voluto molto, se non il respiro spezzato di un tempo colto di sorpresa, perché Draco capisse in quale folle incubo fosse appena sprofondato.
Era stato come precipitare su un suolo di scivolosa crudeltà, atterrare in spine acuminate di cocci di vetro e avvertire il corpo piegarsi di un dolore che lo trafiggeva da parte a parte; turbinio di vento gelido e pioggia, grandine infausta e neve violenta, tutto sembrava colpirlo e ferirlo in una morsa di veleno e sangue spingendolo aggressivamente, in urla di penoso strazio, sul confine della piatta realtà che si era dato impotentemente pena di trarre a sé.
La sentì fuggire da lui scivolando tra le sue dita intorpidite e abbandonarlo in un oceano di assordante silenzio; tutto, ogni più insignificante dettaglio che si era avvalso della sua attenzione negli ultimi minuti, qualsiasi cosa ancora si spaziasse al di là dei suoi occhi sgranati, le gambe adesso tremanti di stupore e sgomento, si era capovolto in una confusione di immagini, suoni e soffi di aria fredda che lo faceva vibrare e tremare sul suo stesso posto. Il respiro, mozzato in gola dai sentimenti più spaventosi che animavano il suo animo, aveva preso ad uscire a fiotti veloci e soffocati e in breve svuotarono l’aria del suo più tragico motivo di quiete.
Non era possibile.
Draco si ritrovò istintivamente a indietreggiare, la schiena rigida urtò con la porta già chiusa in uno spasmo di impotenza e le mani, congelate e fossilizzate dallo stesso freddo turbinio di emozioni che lo avvolgeva, corsero ad aggrapparsi a stento alla maniglia e al bordo di un lavandino incrostato di polvere su cui ben presto lasciò crollare tutto il suo peso. Gli occhi, pallidi ragni che dapprima si erano mossi nel nervosismo dettato dal poco interesse che i dintorni avevano esercitato su di lui, adesso si erano immobilizzati su un punto preciso di quel bagno abbandonato senza poter fare a meno di separarsene.
Su una distesa sconfinata di neve e fango, nel biancore consumato delle piastrelle a tratti spaccate, gli specchi solcati da infiniti petali di crepe e la trascuratezza con cui le finestrelle alte e opache, i cubicoli fuori uso e i lavabi arrugginiti sembravano essere stati contemplati, si apriva una chiazza color petrolio insignita delle fattezze di una visione in cui Draco non avrebbe mai e poi mai sperato di trovarsi.
Un mucchio di oggetti dall’aspetto del tutto ordinario, accatastati sul pavimento, incorniciava il quadro più agghiacciante a cui avesse mai assistito e fu in uno slancio, un’opaca penombra della poca lucidità che era miracolosamente affiorata dalla sua valle di torpore, che riuscì a trovare di nuovo la forza di sostenersi sulle proprie gambe.
Non devo farmi trovare qui.
Veloce e immediato, l’impulso di andarsene ebbe per un breve istante la meglio su di lui; una volta afferrata per la seconda volta la maniglia fredda, però, qualcosa lo trattenne dal ruotarla e lasciarsi definitivamente alle spalle ciò che lo aveva sconvolto in modo così grottesco da permettergli a malapena di formare pensieri coerenti.
Mettila pure in questo modo. Ma ti consiglio di raggiungerla subito, prima che si decida una volta per tutte ad avvelenare la Granger.
Le unghie di Draco premettero contro il metallo alterato dal tempo; le dita sbiancarono di panico e il respiro si fece ancora più veloce e pressante.
Blaise… cosa diavolo c’entra la Granger?
La sua mente lo portò a concentrarsi ancora sulla scena dimenticandosi di non averla in realtà mai abbandonata. Gli attimi di terrore durante i quali l’aveva fissata, per quanto fugaci, sancivano la sua diretta condanna verso le soglie di incubi e ossessive visioni che lo avrebbero tormentato fin quando avrebbe avuto una vita e una mente per ricordarle.
Codardo, gli sussurrò qualcosa che emergeva dal profondo del suo animo inquieto.
Draco si vergognò della sua stessa reazione, e si impose un sangue freddo che l’aveva abbandonato in una vampata di calore e sangue fin dal primo momento in cui aveva varcato quella maledetta soglia. Ne aveva passate abbastanza da sapere che farsi trovare in quel luogo, alla luce della tinta cremisi che adesso lo inondava in una venatura di spettrale drammaticità, era di quanto più sciocco avesse mai potuto fare; eppure, per qualche motivo ignoto perfino a lui, non riusciva ad andarsene.
Non adesso che si era abbastanza abituato a quello spettacolo da riuscire a frenare del tutto l’impeto di una veloce ritirata, non adesso che le gambe avevano smesso di tremare, il respiro era tornato lievemente a regolarizzarsi e la mano aveva finalmente lasciato la maniglia della porta ancora chiusa.
Il pavimento sembrava ancora vibrare in un terremoto che a fatica gli permetteva di stare in piedi, ma Draco sopportò quella fine alterazione di realtà serrando la mascella in una morsa di pacatezza da cui ancora non era stato completamente ingabbiato. Incurante delle braccia e delle gambe formicolanti, avanzò di un piccolo passo.
Il liscio rumore delle sue suole fu del tutto coperto da un respiro che, nelle vesti del traditore più ripugnante, si era di nuovo velocizzato come intuendo le intenzioni del ragazzo e facendo il possibile per impedirgli di compierle; lo sguardo di Draco era però ancora puntato su uno sprazzo preciso di pavimento e, cercando il più possibile di rimanere fedele a sé stesso, si fece ancora più vicino. I passi continuarono a farsi più veloci e decisi finché infine non furono in grado di arrestarsi.
Ogni pensiero scemò dalla mente di Draco come in preda alla burrasca più impetuosa; sospeso in un cielo sconosciuto, immerso in una quiete che sembrava divorarlo assieme a ciò che i suoi occhi non avrebbero mai più fatto a meno di rimirare, era combattuto tra il feroce stimolo di lasciarsi cadere nuovamente in un mondo dalle braccia protettive e rassicuranti e lo spiccare il volo in direzione di uno sfacelo che avrebbe deturpato anche i più piccoli, insignificanti frammenti della sua esistenza.
Ma le sue ali si erano spezzate fin dalla prima volta in cui l’aveva vista in quel modo, troncate dall’opprimente profumo di veleno e petali di rose color avorio, e non c’era ormai più niente che potesse impedire a quelle candide piume di staccarsi dalla sua debole presa e precipitarsi ad abbracciare colei che meno di tutti gli altri aveva mai fatto in modo di meritarle.
Nelle dolci fattezze di una bambola di porcellana abbandonata su un prato di crisantemi invernali, lei sembrava dormire pacificamente in un mondo lontano da cui nessuno avrebbe mai potuto risvegliarla. I capelli di legno bruciato sparpagliati attorno a un volto candido di innocenza, le ciglia nere abbassate nel deperimento di un fiore appassito, le braccia apparivano disordinate e una di queste si riversava su un lato del petto sotto il quale niente aveva più capacità di battere.
Hermione Granger era morta, e lui, ormai perso ad osservarla, era un’inutile statua raggelata di turbamento e angoscia i cui unici propositi, in quel momento, stavano nel desiderare di andarsene in modo da poter dimenticare tutto quanto il più presto possibile.
Draco non seppe mai quanto tempo dopo riuscì finalmente ad allontanare gli occhi dal viso della ragazza, ma quando lo fece, non poté impedirsi di rimanere disorientato per l’ennesima volta da quando era entrato in quel bagno. A circondarla, si presentavano una moltitudine di oggetti che a prima vista appariva insignificante e privo di essere degnato di una qualsivoglia manifestazione di interesse; un calderone vuoto e fumante dalla fiamma spenta, una pila di libri lì vicino, sulla cima della quale uno di questi, il più voluminoso, era aperto in una pagina di fitta scrittura, un foglio sul pavimento, probabilmente opera della Mezzosangue, imbrattato di schemi e appunti andati perduti da qualcosa di liquido che doveva averlo da poco inzuppato, una scatolina rovesciata poco più in là, un petalo accanto ai capelli scuri della ragazza e un altro oggetto, ben più interessante e appariscente, posto in bella vista sul suo petto.
La mano vi sostava, immobile, vicina come se lo avesse in qualche modo utilizzato nei suoi ultimi istanti di vita e fosse stata costretta, in balia di un tempo troppo crudele per darle altre possibilità, ad abbandonarlo. Draco sapeva di cosa si trattava e non poté mascherare lo stupore nello scoprire che una Mezzosangue come lei potesse esserne in possesso, quando a lui stesso, molti anni prima, era stato negato con forza dal Ministero nonostante i vani e ripetuti sforzi che suo padre aveva fatto per procurarglielo.
Ma come una Giratempo potesse appartenere a Hermione Granger, non era ciò a cui adesso voleva pensare. Semplicemente, la sua mente intorpidita si era con lentezza dipanata dall’incessante flusso di domande, riflessioni e dubbi in precedenza attanagliati da una trappola di paura troppo losca per poter in qualche modo sfuggirvi, e una vacua punta di curiosità, affossata nel suo petto, si era acuminata tanto da interessarsi con sguardo sempre più attento a ciò da cui poco prima avrebbe soltanto voluto scappare.
Ancora non sapeva cosa avesse causato la morte di Hermione Granger, né aveva ancora in qualche modo cominciato a specularci sopra; ciò di cui poteva essere assolutamente sicuro, però, era che Daphne si presentava del tutto estranea a quella faccenda. Le parole di Blaise erano state sospettosamente ambigue, era vero, ma Draco dubitava fortemente che la sua ragazza avrebbe mai avuto il fegato di fare una cosa simile, e ciò che vedeva, in qualche modo, sembrava allontanare del tutto la possibilità di un avvelenamento.
Gli occhi di Draco sfiorarono di nuovo la Giratempo, oro cullato dalla pece dell’uniforme scolastica della Mezzosangue, prima di dirigersi una seconda volta sulla pila di libri.
Cautamente, si avvicinò alla pagina aperta e si chinò sopra di essa facendo ben attenzione a non provocare troppo rumore, come nel disperato tentativo di conservare intatto il mondo da cui era appena stato travolto, quasi timoroso di provocare la sua ira nello sconvolgerlo eccessivamente; con dita accorte sollevò l’ultima metà del libro e fu in grado di leggerne il titolo. ‘Lumi e Pozioni’, di Jhon Granville, brillava in lettere argentate su una copertina marrone invecchiato e, benché niente sulle prime sovvenisse alla memoria di Draco, lui si apprestò ugualmente a scorrere fino alla prima pagina nel desiderio di saperne di più.

E’ a John Granville, pozionista appartenente al XVII secolo, che è solita attribuire la teoria secondo la quale la miscelazione dei componenti di una specifica pozione può essere tratta in inganno dall’utilizzo di elementi costituiti dalle medesime proprietà. Fu in grado di dimostrare la validità dello scambio di fattori nel caso in cui questi presentassero una coincidenza di reazioni, portando alla velocizzazione del processo della combinazione delle sostanze per mezzo di una o più entità che, nella loro fisicità, erano in grado di concentrare le singole componenti di parti slegate tra di loro. La reale pericolosità della messa in pratica di tale sviluppo teorico ha sempre impedito a quest’ultimo di essere degnamente approvato dal Ministero; è infatti risaputo di come gli individui complessi sopracitati fossero, oltre che estremamente difficoltosi da adoperare, provvisti di un potente veleno derivato probabilmente dalla fusione di nature sempre diverse che, in casi molteplici e discordanti, hanno portato alla precoce morte coloro che ne hanno fatto utilizzo.

Gli occhi di Draco, vibranti di coinvolgimento, si persero spesso nella lettura tanto da costringerlo più volte a tornare all’inizio; le frasi continuavano a sfuggire alla sua comprensione e niente fu capace di attirarlo realmente come la parte finale, in cui la morte veniva presentata come il possibile esito dell’uso dei sopracitati ‘elementi complessi’ di cui, onestamente, aveva sempre ignorato l’esistenza.
Draco guardò ancora Hermione Granger, perfettamente immobile come l’aveva lasciata, e si chiese se la sua morte non fosse effettivamente collegata con ciò di cui aveva appena letto. Si sentiva agitato, ma in qualche modo adesso era in grado di ragionare.
Non sapeva perché lo stesse facendo, e nel chiederselo si ricordò di dover ancora leggere la pagina su cui il libro era aperto. In fretta, Draco tornò al punto segnato e si ritrovò all’inizio di un capitolo che raffigurava, sotto al titolo, il piccolo disegno di una rosa.

La Rosa d’Avorio è forse la più pericolosa dimostrazione della teoria applicata di Granville. Altamente difficile da reperire, racchiude in sé le principali peculiarità floreali del crisantemo, dell’artemisia e della margherita, rivelandosi utile nelle combinazioni che necessitano della presenza di uno di questi elementi. E’ risaputo che la Rosa, a causa del profumo altamente tossico di cui i suoi petali sono intrisi, una volta esportata dal suo contenitore si serva di sessanta secondi esatti per fare il suo effetto; ragion per cui il pozionista dovrà farne veloce uso entro questo limite di tempo senza arrischiarsi ad inalare aria. La respirazione accidentale del suddetto odore comporta la morte immediata della sua vittima. Trascorsi trenta secondi dalla sua estromissione dal contenitore, la Rosa si priva auto sufficientemente del suo veleno tornando allo stato originario.


11: 31 am.


La scatolina rovesciata.
Il petalo color avorio sul pavimento.
Che Hermione Granger fosse stata così stupida da cadere vittima di qualcosa di cui probabilmente aveva già studiato alla perfezione gli effetti?
No, si disse Draco immediatamente. Sapeva che non era così, eppure continuava a sfuggirgli la ragione per cui ne fosse così certo. C’era qualcosa che non quadrava con tutto il resto; dettagli che continuavano a dileguarsi, pensieri che non volevano saperne di evolversi e giungere alla fine di un possibile ragionamento.
Draco cercò di non guardare più la ragazza e concentrarsi sulla pagina appena letta. La Granger doveva essere morta respirando l’odore della rosa di cui la pagina aperta decantava la forte velenosità. Ovviamente aveva saputo a cosa andava incontro; ma perché lo aveva fatto lo stesso? Per quale motivo rischiare in quel modo? Non riusciva a capirlo, né a capacitarsi di una tale mancanza di ragionevolezza.
Hermione Granger, la paladina delle regole e della saggezza, che usufruiva di nascosto, in un bagno appartato del settimo piano, di un oggetto con tutta probabilità vietato sia dalla scuola che, come diceva il libro, dal Ministero, era qualcosa di così incredibile che Draco ancora sentiva di non averne colto la realtà.
Allontanandosi da un testo che, più che rassicurarlo, sembrava confondergli ulteriormente le idee, si avvicinò nuovamente al corpo della Granger in una parvenza di calma più accettabile di quella che avrebbe mai sperato. Si concentrò sulla Giratempo nella speranza che fosse quella la chiave di tutto quanto, che la Granger l’avesse seriamente usata magari in vista di un errore appena compiuto e desiderosa di correggerlo; era un’ipotesi folle e sconsiderata, eppure era l’unica a cui valesse la pena aggrapparsi.
Una volta placatosi, Draco fu in grado di ragionare su tutto ciò con meno timore e più acume, e forse fu proprio quest’ultimo a risvegliare in lui qualcosa di ritroso e contrariato che aveva da poco preso ad assillarlo.
In fondo, pensò, cosa gli importava di tutto ciò?
Era forse crudele da pensare, ma mai come in quel momento comprese la propria stupidità nell’essersi trattenuto lì per tutto quel tempo, nel rischio che qualcuno entrasse e lo scoprisse presente ad una scena del genere; i sospetti sarebbero volati su di sé in un baleno, e chi, se non Draco Malfoy, avrebbe potuto desiderare la morte della Mezzosangue che aveva pubblicamente sempre disprezzato e umiliato? Chi altri se non lui, a detta di tutti, si sarebbe volentieri macchiato di una colpa di quel genere? Chi avrebbe mai creduto alla sua innocenza, nella sua completa estraneità da tutto questo?
Draco continuò a guardarla e qualcosa di arrendevole, nel suo sguardo, rese il suo viso meno rigido.
Non gli era mai importato niente di lei, ma il fatto che l’avesse appena vista morta lo toccava in un modo che doveva ancora sforzarsi di comprendere.
L’aveva odiata, l’aveva seppellita di insulti e dispetti, ma c’era una grande differenza tra il divertirsi in questo modo e desiderare sul serio la morte di una persona; un divario di cui lui coglieva tutte le sfumature, ma che gli altri non si sarebbero mai dati la pena di considerare.
Non avrebbe voluto che lei morisse, pensò Draco. Per quanto insopportabile fosse, per quanto non fossero mai andati d’accordo, per quanto effettivamente, molti anni prima, avesse goduto nel dichiarare pubblicamente le sue speranze in una morte improvvisa della Mezzosangue Granger, in quel momento capiva che non lo aveva mai desiderato davvero. E di come fosse stato stupido e infantile a far credere il contrario a tutti gli altri.
Una volta appurato che non traeva alcun tipo di gioia da una situazione simile, Draco fu disturbato ancora una volta dal chiedersi cosa gli importasse, effettivamente, di scoprire per quale motivo lei fosse morta. Sarebbe stato più sensato andarsene, attendere che qualcuno scoprisse il suo corpo e lasciare a chi davvero le voleva bene il compito di indagare.
Avrebbe potuto farlo, sì.
Eppure…
Draco, perso nei lineamenti della Grifondoro, si chiese se fosse davvero giusto fare una cosa del genere. L’immoralità non era qualcosa di cui si fosse mai curato, ma in quel momento la sentiva pesargli addosso come un macigno ed era difficile, sul serio, decidere una volta per tutte di lasciarsi alle spalle tutto ciò e uscire con da quel bagno come se non avesse visto niente.
Come se non avesse mai trovato Hermione Granger morta, come se lui si fosse semplicemente chiuso in un cubicolo, pensando a Daphne e a come spiegarle che la loro storia era finita, uscendo mezz’ora dopo con le idee un po’ più chiare. Senza altri problemi, senza niente che lo affliggesse in modo così irrimediabile.
Privo di pensieri, Draco si accucciò accanto a lei. Sembrava quasi che la Granger dormisse, cullata dal semplice respiro del silenzio che la circondava, e lui era assorto in consapevolezze che non comprendeva e di cui ignorava gli sbocchi che avrebbero comportato. Non era mai stato un tipo molto deciso, ma in quel caso scegliere la prossima mossa da eseguire era di importanza così fondamentale che Draco si maledisse amaramente per la sua continua esitazione.
Gli occhi, grigi e cupi come il cielo di quel giorno che si intravedeva appena da una finestrella aperta che dava sul soffitto, si scontrarono ancora con la Giratempo abbandonata sul petto della ragazza e lentamente, quasi senza che lui stesso ne acquistasse piena consapevolezza, una strana idea si fece timidamente spazio tra i suoi pensieri nervosi.
Si arrestò a contemplarne l’aspetto, piccola clessidra di sabbia chiara cerchiata di un oro di abbagliante luminosità, pensando a quando aveva chiesto a suo padre di regalargliela per il suo ottavo compleanno. Ne aveva sentito tanto parlare nei racconti con cui sua madre, ogni sera, lo allietava prima di dormire, ed era rimasto così affascinato dal suo utilizzo che non aveva tentennato dal mettere a soqquadro la biblioteca di famiglia pur di saperne di più; e una volta scoperto com’era fatta, e di quanto fosse rara, era diventata la ricorrente ossessione che occupava la sua mente da quando si svegliava fino all’ora del riposo.
Non aveva fatto altro che chiedere a suo padre di procurargliela ed era stata una vera delusione quando, dopo mille promesse e speranze da parte di entrambi i genitori, aveva saputo che il Ministero non era disposto a vendere quelle che aveva a disposizione. Draco ripensò alla reazione avuta in quel momento e quasi sorrise; aveva pianto per una settimana intera, tenuto il muso ai suoi genitori e minacciato continuamente di scappare di casa.
Dopo un po’ di tempo ovviamente aveva lasciato perdere, ma adesso che se la trovava davanti, per la prima volta, non più figurata sui libri, ma reale e vera e tangibile, sentì affiorare attraverso il tempo tutto ciò che aveva letto a riguardo.
Sapeva bene come funzionava. Ad ogni giro corrispondeva il numero di ore indietro in cui lo avrebbe portato, e una voce, dentro di lui, gli suggerì in un sussurro di provare a utilizzarla.
Draco si trovò ad allontanare subito l’idea, ma quando sollevò lo sguardo, incontrando nuovamente il volto di Hermione Granger, qualcosa gli provocò un acuto brivido lungo la colonna vertebrale.
E se…
Stupite, le labbra di Draco si socchiusero come a pronunciare ad alta voce l’istinto che si era impossessato di lui nell’arco di quei pochi secondi.
Folle, si disse con convinzione. Come avrebbe potuto sperare di riuscirci? Come poteva davvero desiderare di farlo? Era così sorpreso, da sé stesso e da tutto ciò che si stava verificando nella sua testa, che a malapena poté rendersi conto di quello che stava accadendo.
Improvvisamente si figurò, in un’immaginazione tutto fuorché ostentata, prendere quella Giratempo, passarla attorno al collo e tornare indietro di almeno un’ora; avrebbe incontrato la Granger ancora viva, probabilmente, e lui…
Gli occhi di Draco si allargarono appena. Lui avrebbe potuto salvarla. Magari l’avrebbe sorvegliata, per scoprire in quale modo si fosse fatta del male, e avrebbe evitato la sua fine.
Un vero Grifondoro avrebbe sicuramente agito in questo modo; ma lui, Serpeverde fino al midollo e con niente che gli fosse più caro a parte sé stesso, per quale ragione avrebbe dovuto farlo?
La Granger non era niente per lui. Niente di niente. Non riusciva a trovare alcuna ragione per riportarla in vita, qualcosa che gli facesse desiderare di averla di nuovo nel mondo dei vivi.
Probabilmente a Potter sarebbe importato, e a Weasley, e a molte altre persone, ma a lui… a Draco Malfoy cosa sarebbe cambiato?
Perso in quelle riflessioni, il ragazzo si era appena reso conto di aver portato una mano sulla Giratempo, sfiorandola con dita quasi tremanti.
Era liscia, proprio come sembrava la pelle della Mezzosangue che non voleva toccare. Non aveva un vero motivo per salvarla, questo era ormai assodato; ma era necessaria davvero una giustificazione, quando vi era di mezzo la morte?
Non sarebbe stato nobile agire con disinteresse, riportarla in vita con semplicità, senza concentrarsi sulle conseguenze né sui propri sentimenti, che in questo caso avrebbero costituito un vero intralcio per i suoi intenti?
Lasciarsi andare al disprezzo provato per lei non lo avrebbe reso migliore, agire senza esitazioni, invece, avrebbe costituito per lui un bel cambiamento.
Draco non sapeva più cosa pensare; si sentiva più confuso di prima e non riusciva a capire cosa volesse davvero.
Fu in uno sprazzo di ribellione, forse per sé stesso, per i suoi stereotipi, per i suoi stupidi ripensamenti e per la sua follia, che senza perdere altro tempo sfilò la Giratempo dal collo della Granger e, senza sprecarsi ad osservarla ancora, la indossò. La catena dorata era fredda a contatto con la sua pelle, e la Giratempo più leggera di come si era aspettato. Draco continuò a stringerla nel pugno, deciso e ostinato, lanciò un’altra occhiata veloce alla Granger, una all’orologio da polso, - undici e trentatré del mattino -, e senza insicurezza ruotò la clessidra.
Soltanto quando questa si fu fermata tra le su dita, frullo dorato che balenò nei suoi occhi in una scintilla di un coraggio che non aveva mai sentito di possedere, Draco capì sul serio il gesto definitivo appena commesso e tutto ciò che questo avrebbe comportato; in linea con i suoi pensieri confusi, il mondo prese a sfocare attorno a lui in una finestra appannata di pioggia e, attraverso odore di petali e rumori di passi, presto tutto tornò al suo posto nella realtà appena vissuta.
Lui era immobile, accovacciato sul pavimento, con una Giratempo tra le mani tremanti e il pavimento era ormai sgombro di qualsiasi cosa. Soltanto quando fu pienamente cosciente di ciò che aveva appena fatto e, nel guardarsi intorno, scoprì che non vi era alcuna traccia della Granger o di libri, calderoni e strane rose, il suo volto si aprì in un lieve sorriso sollevato che annullò in una volta sola tutti i dubbi avuti in precedenza.
Ce l’aveva fatta.


10: 33 am.


Draco diede un’altra occhiata all’orologio da polso.
Era incredibile di come così tante cose potessero accadere in brevi sprazzi di tempo. Fare mente locale sulla situazione fu difficile e non immediato come aveva sperato in precedenza; occorsero vari istanti prima che potesse rendersi conto di chi fosse e dove dovesse essere in quel momento, e ancora di più per visualizzare il reale sé stesso e dove in realtà si fosse trovato alle dieci e mezza di quella mattina.
Lui non era niente, se non un ricordo futuro che ancora doveva manifestarsi nel vero presente, per cui la cautela era assolutamente d’obbligo.
Formicolante di eccitazione e paura, Draco si mise in piedi e si rese conto del proprio pugno vuoto, sollevato per aria a stringere qualcosa che in quel momento non era suo, nel ricordo di una Giratempo che doveva trovarsi ancora al collo di chi la possedeva. Al collo di Hermione Granger in vita.
A Draco balenò l’urgenza di doverla tenere d’occhio finché l’ora non fosse scaduta e cercò di ricordare. Pozioni, gli disse qualcosa nella sua testa. La lezione a cui lui, Nott, Tiger e Goyle erano mancati per starsene in giardino a fumare, come in effetti stava accadendo proprio in quel preciso momento.
Condividevano i sotterranei con i Grifondoro ed era ovvio che la Granger si trovasse lì; che dovesse presentarsi a lezione?, si domandò Draco con incertezza. Aspettarla fuori dall’aula sarebbe parso strano, e inoltre in questo modo avrebbe perso mezz’ora di tempo prezioso in cui forse, se sarebbe stato fortunato, lei avrebbe potuto tradirsi con atteggiamenti o parole che rispecchiassero la ragione per cui si fosse rintanata in quel bagno con quello strano libro e il suo calderone.
Era un piano abbastanza sconclusionato, si rese conto Draco in un breve momento di comprensione, ma l’unico che la sua mente confusa e irrequieta potesse offrirgli, quindi ne seguì i propositi senza pensarci oltre e, uscendo rapidamente dal bagno, si fiondò giù per le scale.
Tutto era più silenzioso di quanto si fosse aspettato, in una quiete che al contrario di rasserenarlo sembrava spaccargli i timpani di un’impellenza che sentiva sprofondare inesorabile dentro di lui, e non poté impedirsi di oltrepassare i corridoi con una circospezione di cui lo stesso Draco non concepiva il senso. Lui era un intruso in una realtà che non gli apparteneva più; aveva sul serio fatto la cosa giusta, ad agire in un modo tanto impulsivo e avventato?
La stessa considerazione fu sufficiente a far montare nel suo animo, già costellato dei sentimenti più ansiosi, una sensazione simile al panico che lo portò addirittura a dubitare dei suoi stessi calcoli. Draco diede ancora una rapida occhiata all’orologio, sentendosi crollare. Era davvero sicuro che lui stesso, alle dieci e mezzo del mattino, si fosse trovato in cortile a fumare con gli altri? Non era, per caso, andato prima da qualche parte?
Se dapprima Draco era stato certo di una risposta assolutamente negativa, adesso si sentiva assalire dai dubbi e dalle incertezze più superficiali e fu con palpabile agitazione, scorgibile dal fiato corto e dagli occhi lievemente sgranati, che si precipitò alla prima finestra che dava su quell’ala del giardino. Il vetro, offuscato di freddo e brina, disegnava le colline in lontananza in linee sfocate e tremolanti e gli alberi, il prato e le panchine al di sotto della facciata si riducevano a un unico alone verdastro privo di tratti decisi.
La mano di Draco scattò a sferzare quella nebbia che gli impediva la vista e fu sufficiente il lieve tocco del suo dorso per dissolvere buona parte dell’impedimento visivo; seguendo la scia della sua mano, il paesaggio apparve con precisione di fronte alla sua vista e il cuore di Draco tremò appena nello scorgere, proprio lì sotto, un gruppo familiare di ragazzi appostati nei dintorni di una panchina protetta da folti cespugli. Qualcosa, dentro di lui, si placò nello scoprire con certezza di dove il suo sosia si trovasse, e si diede immediatamente dello sciocco per aver sul serio dubitato di tutto quanto. Dalla visuale che si affacciava al suo sguardo, poteva scorgere le sagome di Tiger e Goyle sedute alle radici di un albero e due teste, una scura e l’altra chiara e inconfondibile, affioravano dal retro della panchina di pietra dandogli le spalle.
Draco Malfoy, quello lontano e ancora incosciente dell’avvenimento che, tra breve, gli avrebbe sconvolto qualcosa di più che fosse la semplice giornata, portò le braccia all’indietro sul dorso dello schienale e lasciò riversare la testa oltre di essa in un movimento inaspettato. Draco, con almeno un secondo di ritardo, trattenne bruscamente il fiato prima di scostarsi da lì velocemente e togliersi dalla sua vista; inconsapevole del fatto che il sosia, in lontananza, si fosse appena voltato di scatto nel cogliere un brusco movimento provenire proprio da quella finestra.  


10:39 am.


Mancavano ormai circa venti minuti alla fine della lezione, quando Draco varcò la soglia dell'aula di Pozioni.
Fortunatamente la sua entrata in scena, orribilmente tardiva e sconsiderata, fu colta da soltanto un quarto delle persone presenti del sotterraneo e ignorata da Piton, che si volse dall’altra parte in modo da evitargli una paternale che, a detta di tutti gli altri, un alunno in ritardo di un'ora abbondante avrebbe sicuramente meritato, ma che nel caso di Malfoy si poteva perfettamente evitare. Tutti gli alunni presenti, tra Grifondoro e Serpeverde, erano così indaffarati con i propri calderoni fumanti che soltanto pochi di loro si accorsero dell’improvvisa partecipazione di Malfoy, i quali però non si esentarono dall’esprimere sottovoce la propria indignazione per le continue dimostrazioni preferenziali che Piton rivolgeva agli studenti della sua Casa.
Draco, trovandosi improvvisamente annebbiato dal denso fumo di Pozioni che gravava nei sotterranei soffocanti, si fece rapidamente strada tra un tavolo e l’altro sentendo i mormorii seguire i suoi passi e fu con un certo sollievo che prese posto accanto a Blaise, talmente concentrato nel tagliare le sue radici da non averlo nemmeno notato.
« Malfoy! - Sbottò, sorpreso. - Allora hai cambiato idea? »
Draco annuì in fretta, senza nemmeno sforzarsi di comprendere a cosa si riferisse il compagno, e lasciò vagare lo sguardo nei dintorni. Molti altri incrociarono il suo; Grifondoro ostili, Serpeverde curiosi, una Daphne minacciosa proprio a pochi banchi di distanza, ma la persona che cercava si lasciò individuare soltanto quando Dean Thomas si spostò senza continuare ad impedirgliene la visuale.
Il profilo di Hermione Granger emerse tra sbuffi di vapore e cime di calderoni ed era chino e concentrato sulla propria pozione. Benché Draco non riuscisse a distinguere granché, da quella distanza, non poté impedirsi di provare una strana sensazione nel vederla viva. Nello scorgere i suoi occhi aperti, le gambe che la sostenevano, il respiro che gonfiava il suo petto a intervalli regolari e rassicuranti.
La guardò sfogliare un libro con dita vivaci, mescolare il contenuto del calderone impugnando il mestolo con una forza che tra poco le sarebbe mancata, scambiare qualche parola con Potter e Weasley incosciente del fatto che quelle sarebbero state le sue ultime rivolte ai due migliori amici. Inconsapevole che di lì a meno di un’ora lei sarebbe parsa addormentata sul pavimento di un bagno del settimo piano, e che Draco, intento adesso nell'osservarla sentendosi affossare da sentimenti troppo annodati per poterne in qualche modo venire a capo, sarebbe stato il primo a trovarla in quelle condizioni, uno dei tanti a pensare di provare indifferenza, l’unico ad avere la possibilità di vederla ancora respirare e poterla riportare in vita.

Qualcosa di accorto, dentro di lui, gli disse che la Granger avrebbe dovuto sapere a cosa stava per andare incontro; che quella fosse la sua ultima lezione, che stava per dire addio a tutte le persone presenti in quell’aula, che ogni suo respiro era numerato e scandiva, uno dopo l’altro, il tempo che ancora le rimaneva da vivere.
Poi capì che in realtà nessuno avrebbe mai voluto sapere una cosa del genere; lui per primo avrebbe preferito rimanerne all’oscuro, e in generale credeva che la gente fosse molto meno coraggiosa di ciò che volesse far credere, compresi i Grifondoro. L’avrebbe sconvolta, scioccata, traumatizzata. No, Draco doveva agire in assoluto segreto ed impedire la sua morte senza cercare di entrarci eccessivamente in contatto.
La Granger non avrebbe dovuto insospettirsi, né incuriosirsi di lui; ne andava degli stessi risvolti che avrebbero seguito una possibile riuscita dei suoi intenti, o della sanità mentale di entrambi, per lo meno.
« Draco, cosa stai guardando? »
Risvegliandosi dai suoi pensieri, il volto di Draco si cosparse di un’ombra di fastidio nel trovarsi Daphne proprio vicina a lui.
Doveva essere lì già da un pezzo; magari lo aveva chiamato fino a quel momento e lui non l’aveva nemmeno sentita. Con le braccia incrociate, la Serpeverde continuava a guardare ininterrottamente Draco, poi la Granger, poi di nuovo Draco, in un barlume perplesso e diffidente nello sguardo che fece sprofondare il ragazzo in una rabbia del tutto ingiustificata e irragionevole.
« Niente. - Fu la sua secca risposta. - Torna alla tua pozione ».
« Veramente stavo per chiederti come mai hai saltato la prima ora di lezione ».
« Perché mi andava ».
« Non me lo avevi detto, però » rispose Daphne a tono, testarda, e Draco si trovò così disarmato che fu dura, sul serio, resistere alla tentazione di estrarre la bacchetta e metterla a tacere con un Incantesimo Silenziante.  
Per tutta risposta, lui decise di ignorarla. Voltandosi verso Blaise, che cercava platealmente di trascurarli fingendo di dedicare eccessivo interesse alla fiamma del calderone, attirò a sé alcuni ingredienti a caso e si preparò per cominciare anche lui a lavorare.
Quando ebbe finalmente acceso anche lui il paiolo e versato l’acqua al suo interno, Daphne sembrò stufarsi di starsene lì immobile ad attendere una risposta che non sarebbe mai arrivata e, con uno sbuffo, se ne tornò al suo tavolo. La schiena di Draco si rilassò appena e Blaise, nello scorgere la sua consolazione, non riuscì a reprimere un ghigno divertito.
« Credo che ti aspetti una giornata stressante, Malfoy ».
Gli occhi di Draco volarono nuovamente in direzione della Granger. Aveva appena riso a una battuta di Weasley e, scuotendo poi la testa in un gesto esasperato, si era abbassata per aumentare la fiamma alla sua pozione. Sbatté le palpebre soltanto quando Dean Thomas, ancora una volta, si rimise seduto ostacolando la vista della ragazza.
« Già. - Mormorò. - Non immagini neanche quanto ».
Non fu affatto facile, nella consapevolezza di trovarsi in una situazione del genere, fingere di comportarsi normalmente; Draco fu costretto, per non insospettire Blaise o qualcun altro, a lavorare sulla stessa pozione di tutti gli altri e dedicarsi continuamente a ingredienti così ardui a tagliare e sminuzzare che ben presto, al limite della pazienza, il ragazzo ficcò interi nell’acqua del calderone senza nemmeno curarsi di quel che ne sarebbe venuto fuori.
Se avesse potuto avrebbe semplicemente mollato tutto quanto, appostandosi poi vicino alla Granger per origliare i suoi discorsi e spiare le sue mosse, ma le condizioni attuali gli impedivano di farlo e Draco dovette accontentarsi di guardarla da lontano, pressoché ininterrottamente, lavorare con impegno alla sua pozione e chiacchierare ogni tanto con i suoi amici.
Era così strano, tutto quanto, che Draco a malapena sentiva di rendersi pienamente conto dell’enormità di ciò che stava per compiere.
Stava per salvare la vita alla Granger.
Ad una Mezzosangue.
Se soltanto glielo avessero detto il giorno prima, non avrebbe esitato a considerarla un’eventualità così sconsiderata da essere a fatica degnata di considerazione; figurarsi se lui, Draco Malfoy, si sarebbe in qualche modo messo in pericolo per qualcuno di cui non gli era mai importato niente e che anzi, costituiva di per sé un bersaglio su cui sfogare la sua cattiveria e crudeltà più abissali. Immerso in quelle considerazioni, Draco stavolta fece a meno di chiedersi per quale assurda ragione in realtà lo stesse facendo. Non sarebbe probabilmente venuto a capo di niente nemmeno in tale occasione, e come se non bastasse, si trovava così confuso che ripetersi domande senza risposta avrebbe ulteriormente aggravato il conflitto in cui il suo cervello versava al momento.
Forse era meglio non pensarci; lasciare da parte i vecchi pregiudizi e le considerazioni personali, e concentrarsi unicamente su di lei come persona, senza badare al sangue, al ceto sociale o alla Casa di appartenenza.
Draco ci rifletté per un attimo e pensò che fosse una buona idea; qualcosa di troppo vergognoso e umiliante per essere ammesso ad alta voce, ma comunque una buona idea.
« Non per fare il ficcanaso, Malfoy, - disse Zabini all’improvviso, con indifferenza, - ma stai fissando la Granger da quando sei arrivato, e l’occhio di falco di Daphne ha avuto la meglio anche stavolta. Se ci fai caso, non ha un’espressione esattamente civile ».
Stupito, Draco si volse prima verso Blaise e poi in direzione di Daphne, che fissava la Granger in modo deliberato e ostile.
Ma ti consiglio di raggiungerla subito, prima che si decida una volta per tutte ad avvelenare la Granger.
« Comunque sia, perché lo stai facendo? Cosa c’è, adesso ti piacciono le Sangues… »
« Hai frainteso tutto quanto. - Ringhiò Draco, imponendosi una calma che sentiva svaporare di minuto in minuto. - E così anche la mia cara fidanzata ».
Non troverei certo qualcosa in contrario, in tal caso, ma sai com’è fatta Daphne; le sue mosse sono sempre così azzardate che saremmo tutti quanti indagati prima ancora di sapere del suo successo.
Blaise… cosa diavolo c’entra la Granger?
Collegamenti, pensò Draco in un moto di profondo stupore.
Era stato tutto collegato. Tutto quanto.
La conversazione sotto l’arcata con Blaise, che sul momento gli era parsa soltanto un po’ inusuale, adesso assumeva le dirette forme criptiche di qualcosa di importante che gli era sfuggito e fu con irritazione, che si ritrovò a passare tutto quanto al setaccio delle sue analisi. Aveva incontrato un Blaise appena uscito dai sotterranei senza sapere che lui stesso, probabilmente pochi minuti prima, aveva partecipato alla lezione che credeva di aver saltato; una lezione in cui aveva fissato Hermione Granger così avidamente da far insospettire Daphne e provocare in lei il desiderio di vendetta ai danni della ragazza.
Tutto era già stato tracciato alle sue spalle. Draco cominciò a sentirsi non più l’artefice del destino della Granger, ma una semplice pedina che avrebbe dovuto seguire tracce già calcolate e segnate. La vita di Hermione Granger, scritta a matita dal fato, che Draco Malfoy avrebbe dovuto rendere reale passandoci sopra con l’inchiostro.
I venti minuti di lezione trascorsero così velocemente che, all’annuncio con cui Piton li esortò a sbrigarsi con le loro pozioni, Draco si sentì sprofondare nel panico al solo pensiero di ciò che sarebbe accaduto dopo il suono della campanella.
Il professore prese a fare rapidamente il giro dei tavoli per esaminare il lavoro degli studenti e per fortuna, quando giunse alla pozione di Draco, di un giallo ocra quando quella di Blaise, eseguita alla perfezione, si presentava turchese, decise di minimizzare il fallimento con l’essere arrivato in ritardo e che per questo non sarebbe stato valutato. Draco scoprì di non provare alcuna gioia per questo inaspettato vantaggio; al momento, la pozione e le valutazioni erano davvero l’ultimo dei suoi pensieri. Poco prima che le due ore di Pozioni scadessero, Piton si ritirò alla cattedra e sorvolò con lo sguardo l’intera aula annebbiata di vapore.
« Confido - sibilò tetro, - che tutti voi ricordiate con esattezza l’importanza della pozione con la quale dovrete presentarvi alla prossima lezione. Poiché necessita di ventiquattro ore di riposo prima di poter essere conclusa, avrete una settimana per trovare il tempo di dedicarle appieno la vostra attenzione e consegnarla in un’apposita fiaschetta a lato della quale dovrete applicare una targhetta con il vostro nome. La riuscita della Pozione della Memoria influirà in modo decisivo con la valutazione con cui verrete portati ai M.A.G.O., ragion per cui un voto che non sia superiore ad Oltre Ogni Previsione porrà chiunque di voi a forte rischio di bocciatura nella mia materia. E’ tutto ».
Mentre Piton parlava, gli occhi di Draco si erano casualmente spostati di nuovo sulla Granger e da lì non si erano più allontanati. Forse era solo una sua impressione, ma lei sembrava davvero troppo interessata a ciò che diceva il professore; non era una novità che solitamente fosse l’unica ad ascoltare le direttive che venivano elargite a fine lezione, ma stavolta sembrava esserci qualcosa di diverso. Si era bloccata nell’atto di rimettere i libri nella borsa, lasciandoli sospesi al suo fianco, e da quando Piton aveva cominciato il suo discorso lei non aveva avuto occhi e orecchie per nient’altro.
Più volte aveva tirato una gomitata a Weasley per interrompere le sue chiacchiere, senza però distogliere l’attenzione dal professore.
Draco era sempre stato abbastanza bravo a cogliere lo stato d’animo delle persone, e l’espressione coinvolta, quasi avida, impressa sul volto della Mezzosangue, non poteva passare inosservata per lui. Perfino da quella distanza aveva colto lo scintillio balenante negli occhi scuri della ragazza; una luce che suggeriva desiderio, l’assoluta fermezza e decisione nello scavalcare qualunque cosa, avvalersi di qualsiasi mezzo e infrangere le regole più ferree, a costo di ottenere quel conclusivo Eccezionale.
Proprio in quel momento, sulle soglie delle sue nuove considerazioni, la campanella trillò dai piani alti e tutti si alzarono dai tavoli. Draco lasciò perdere il calderone e si affrettò ad aggirare il tavolo; il cuore in gola e il respiro frammentato, stava cercando di individuare la Granger tra la moltitudine di persone che si affrettava a uscire, quando si sentì chiamare indietro dall’acuta voce di Daphne.
Fingendo di non udirla, Draco si infilò immediatamente nel flusso di studenti e si lasciò guidare fuori dall’aula.


11:00 am.


Lei mi ha chiesto il perché del tuo comportamento.
Scappare… non esageriamo. Ho soltanto rimandato un momento che non ho alcuna voglia di affrontare.
No, si disse Draco. Lui era davvero scappato, e solo adesso ne acquistava consapevolezza.
Se la stava squagliando su per le scale, assieme a tutti gli altri, e Daphne probabilmente aveva appena smesso di chiamarlo, chiedendo a Blaise come mai Draco la trattasse così male.
Lui le avrebbe risposto che non lo sapeva, e Daphne, dopo aver criticato la Granger, avrebbe chiesto a Blaise di dire a Draco che lei lo aspettava nella Stanza delle Necessità.
Allora Blaise avrebbe salito le scale, chiedendosi dove diavolo fosse andato Draco così in fretta, e uscendo pochi minuti dopo verso l’esterno, lo avrebbe visto dirigersi verso di lui dal giardino. Avrebbe commentato la puzza di fumo che emanava e la sua conclusione sarebbe stata che Draco fosse appena fuggito dall’aula con il solo scopo di farsi un tiro con Nott e gli altri.
Meglio così, fu la sua conclusione. Almeno i sospetti di Blaise erano sistemati; Daphne, invece, era un altro paio di maniche.
Sarebbe stato difficile più tardi, una volta tornato nel presente, fortuna permettendo, convincerla della totale estraneità della Granger sul fatto che lui desiderasse lasciarla. Era una preoccupazione pressante, quasi peggiore di ciò che sapeva si sarebbe trovato ad affrontare tra pochi minuti, e proprio per questo Draco decise di accantonarla finché non fosse stato completamente libero di pensare soltanto a questo.
Per il momento doveva occuparsi unicamente di Hermione Granger.
Draco continuò a salire le scale seguendo la scia dei Grifondoro, sperando di avvistarla il prima possibile, e ciò accadde quando si ritrovò alla sommità delle rampa e intravide il trio in lontananza, di fronte all’entrata della Sala Grande. La Granger si era portata via il calderone dall’aula e lo teneva tra le braccia con un mucchio di libri ficcati al suo interno.
Parlò per qualche istante con Potter e Weasley, poi fece loro un cenno di saluto e si avviò verso i piani alti; quando fu a circa metà della scalinata, Draco capì che era giunta l’ora di seguirla.


11:05 am.


Hermione Granger doveva certamente essere abituata alla prudenza, o almeno era ciò che Draco dedusse dal pedinamento.
Era estremamente attenta e vigile nei confronti di qualsiasi cosa la circondasse; i suoi piedi, acqua che scorreva su una coperta di seta, si dirigevano spediti verso la loro destinazione senza esitazione alcuna. Si muoveva veloce, guizzava da un corridoio all’altro con una tale decisione da rendere difficile riprendere le sue tracce e, a regolari intervalli di una decina di metri di distanza gli uni dagli altri, voltava appena la testa dirigendo lo sguardo al di là della sua spalla come se temesse di essere seguita.
Draco, mentre la tallonava, si era chiesto più volte se la Mezzosangue si fosse davvero accorta della presenza di lui, ma dal momento che non si era mai fermata, né, da quel che ne poteva vedere, aveva estratto la bacchetta, lasciò la preoccupazione a quando lei fosse giunta alla sua meta. Più la guardava, con i capelli che le ondeggiavano sulle spalle, il mantello smosso dal movimento e la schiena rigida come poche, più si ricordava di come l’aveva trovata nel bagno; aveva una vaga idea, quella Hermione Granger che vedeva di fronte a sé, di ciò che tra poco le sarebbe accaduto? Aveva saputo a cosa sarebbe andata incontro?
Ben presto il settimo piano si affacciò alla loro vista e Draco, avvertendo l’agitazione emanare dalla sua stessa pelle tremante, svoltò l’angolo appena in tempo per vederla entrare nel bagno.
Il cartello GUASTO, appeso sulla porta, cessò di oscillare soltanto quando Draco lo ebbe raggiunto e bloccato poggiandovi delicatamente due dita.
Poteva sentire il cuore vibrargli di concitazione; stava a lui, adesso, fare qualcosa, e il fatto che proprio in quel momento la Granger fosse lì dentro a adoperare gli stessi oggetti che dovevano aver provocato la sua morte, non faceva altro che porlo ancora di più in uno stato di agitazione quasi febbrile. Fu nello stesso istante, che Draco scelse di agire.
Piano, dolcemente, atterrito dal solo pensiero che la porta cigolasse o scricchiolasse, lui la sospinse in avanti di pochi centimetri. Accostandosi alla fessura, fu in grado di intravedere un poco di quel che stava accadendo senza però avere una degna visuale dell’intera scena.
Decidendo di osare e rischiare ulteriormente, la mano di Draco spinse la porta finché non fu soddisfatto e avanzò di un lieve passo, il viso vicinissimo all’apertura. Proprio nello stesso punto in cui lui stesso l’aveva trovata, quello che adesso appariva molto tempo prima, distesa e priva di vita, adesso Hermione Granger stava seduta a gambe incrociate dandogli le spalle.
I libri, il calderone e perfino il suo foglio di appunti erano posizionati esattamente come Draco li avrebbe trovati, tranne per un particolare; poggiata accanto a lei sul pavimento, stavolta, era posta una piccola scatolina ancora chiusa la cui mente del ragazzo la immaginò, in un solo soffio di tempo, rovesciata e aperta accanto al paiolo. Draco avvertì il battito accelerarsi e le dita si irrigidirono sulla superficie della porta.
E’ risaputo che la Rosa, a causa del profumo altamente tossico di cui i suoi petali sono intrisi, una volta esportata dal suo contenitore si serva di sessanta secondi esatti per fare il suo effetto.
Ecco dove si trovava la rosa. La causa di tutto, e ciò che Hermione Granger non avrebbe mai dovuto cercare di utilizzare.
In balia del suo stupore, allo sguardo di Draco sfuggì un rapido movimento commesso proprio a pochi centimetri di distanza da dov’era puntato; un volto giratosi per caso, magari avvertendo l’odore di un’intrusione malcelata, inchiodò in modo fulmineo l’attenzione su di lui e, nell’arco di una bacchetta estratta e una formula gridata al vento, l’incantesimo si diresse proprio in sua direzione.
Draco trattenne il respiro; richiuse la porta con uno scatto, che vibrò al contatto con la stregoneria appena lanciata dall’altra parte, e a sua volta estrasse la sua unica arma. La mascella serrata, impugnò la bacchetta con forza e ruotò la maniglia.
Stavolta l’incantesimo non lo colse impreparato e Draco, ricevendo le sue scintille in pieno volto, formò appena in tempo uno scudo protettivo che gli diede modo di farsi largo nella stanza e sbattersi la porta alle spalle.
Ne approfittò per bloccare la serratura; la difesa, che assorbì ogni stregoneria lanciata dalla Granger, resistette appena in tempo per un altro incantesimo, dopodiché Draco scivolò sul pavimento per evitare l’ennesimo attacco.
La caduta fu dura, ma il Serpeverde si rialzò subito dopo e l’istinto lo portò a puntare la bacchetta direttamente su di lei.
« Malfoy? »
Dal centro del bagno, Hermione Granger lo fissava turbata e infastidita. La bacchetta ancora in posizione di attacco, era ovvio che aspettasse soltanto un passo falso del nemico per poterlo aggredire di nuovo e Draco, in tutta onestà, non aveva il minimo timore che lei potesse davvero metterlo in difficoltà. Non per questo, però, cercò di provocarla in qualche modo.
Approfittò soltanto del breve istante di confusione della Grifondoro per osservare i dintorni, e ciò che vide gli rimandò con esattezza ciò che aveva avuto modo di studiare al momento in cui l’aveva trovata; tutto era identico a come ricordava, ad esclusione del corpo disteso della Granger proprio lì accanto.
Il foglio di appunti, poggiato in prossimità del calderone, era ancora salvo e le annotazioni della Granger si leggevano alla perfezione. Da quella distanza, Draco poté scorgere una lista di ingredienti e una serie di schemi complicati collegati a ognuno di questi.
Che vi fossero calcolate le proprietà di cui parlava quel tal Granville? Che la Mezzosangue si fosse adoperata per un vero e proprio esperimento di sua invenzione? Di certo era abbastanza intelligente per farlo, anche se stavolta, pensò Draco, le cose le sarebbero andate diversamente da come aveva pensato.
« Vattene. - Disse lei in risposta al suo silenzio, la bacchetta che non accennava ad abbassarsi. - Ho bisogno di stare sola ».
« Non prendo ordini da te, Mezzosangue ».
In uno sprazzo di audacia che di invadenza, per lei, ne aveva tutte le caratteristiche, Draco prese ad avanzare in direzione dei suoi oggetti; muovendosi velocemente di lato, la bacchetta ancora puntata su di lui, Hermione lo precedette e fece in modo di arrestarlo.
« Per l’ultima volta, Malfoy. - Disse imperiosa, evidentemente seccata dell’interruzione. - Non c’è niente qui che possa destare il tuo interesse. I miei amici sanno dove sono e mi raggiungeranno tra poco. Non potrai difenderti, senza i tuoi tirapiedi a pararti le spalle ».


11:08 am.


Nonostante fosse abbastanza dura da ammettere, Hermione Granger aveva sempre trovato il modo di stupirlo.
Sia in positivo che in negativo, c’era qualcosa di strano in lei che la portava ad agire nel perfetto contrario di ciò che la gente solitamente si aspettava. E così era successo anche con Draco; quando era rimasto sconvolto nell’accorgersi che una sporca Mezzababbana conoscesse la Magia perfino meglio di lui, dal sangue puro e nobile; quando, meglio di tutti gli altri, lei era stata capace di stuzzicarlo e ridicolizzarlo con le proprie saccenti considerazioni; quando poco più tardi, ad un suo insulto, si era visto rispondere con lo schiaffo più sorprendente e doloroso che avesse mai ricevuto in vita sua; quando, all’entrata in sala nell’occasione del Ballo del Ceppo, aveva lasciato tutti a bocca aperta in una dimostrazione di acuta femminilità fino a quel momento ben celata; e infine adesso, in quello sporco bagno che odorava di abbandono, nel tentare di salvarle una vita che lei adesso credeva essere in pericolo.
Era evidente che la Granger avesse paura di lui e che si sforzasse di mascherarlo in un cipiglio inalberato; per quanto lei fosse sicura delle sue capacità magiche, lui era pur sempre un ragazzo, era così alto e forte in confronto a lei, e in più erano soli e serrati in un bagno isolato.
Se avesse saputo la verità, si disse Draco, quasi percependo sulla propria pelle l’inquietudine della ragazza.
Se soltanto avesse compreso che la sua presenza lì sarebbe stata un bene, e non un male.
Nonostante le sue stesse labbra premessero per raccontarle la verità, per dirle chiaro e tondo che quella dannata rosa costituiva un pericolo per la sua vita, si sforzò di accantonare la tentazione e in un attimo di lucidità abbassò lo sguardo sugli appunti e sulla scatolina sul pavimento. Senza poterselo impedire, Draco sogghignò.
« Punto primo, Granger, i tuoi amici non sanno affatto che sei qui, perché stai per preparare qualcosa di illegale e non vorresti rischiare di essere scoperta da loro ».
Avanzando di un passo, aggirò la pila di libri e si chinò appena sulla scatolina, senza accennare ad allontanare la bacchetta da lei.
« Punto secondo, in effetti qui c’è qualcosa in grado di destare il mio interesse, ed è precisamente il contenuto di questa scatola. Viste le conseguenze dell’utilizzo della rosa, non c’è da stupirsi che sia proibita, quindi devo dedurre che tu abbia trovato il modo di sottrarla dalle scorte private di Piton. Un bel lampo di genio Granger, sul serio, peccato che qualcuno abbia scoperto tutto e non esiterà ad avvertire gli insegnanti nel caso in cui tu decidessi sul serio di adoperarla ».


11:11 am.


Ricatto.
Lo sguardo della Granger non lo accusava di altro e Draco, sentendosi ingabbiare dal suo risentimento, non poté fare a meno di distogliere l’attenzione da lei per fingere di dedicarla ancora agli appunti che era in grado di leggere dall’alto.
Le parti si erano rovesciate, e la Mezzosangue lo aveva capito; adesso comprendeva a fondo i guai in cui Malfoy non avrebbe esitato a lasciarla in balia nel caso in cui non avesse eseguito i suoi ordini, e allo svantaggio in cui lei stessa versava in quel momento. Draco sapeva di essere nel giusto riguardo ai suoi amici, ma la sorpresa della Granger era affiorata soltanto con l’ultima parte del discorso e fu questo, più di ogni altra cosa, a fargli chiedere perché diavolo fosse così necessaria per lei l’uso di quella rosa e le stupide teorie a cui era legata. Cosa aveva avuto intenzione di fare? Come aveva potuto morire in modo così sciocco?
Improvvisamente allarmato, Draco lanciò un’occhiata all’orologio da polso e cominciò a domandarsi in quale arco di tempo era più probabile che la ragazza fosse deceduta. Le lezioni erano finite alle undici in punto; tolti i dieci minuti necessari per giungere al bagno e sistemare le sue cose, come l’aveva appena vista fare, qualunque ora successiva sarebbe parsa probabile. Però Draco l’aveva trovata: quale orario poteva essere stato? Sapeva all’incirca di aver lasciato Nott e gli altri almeno un quarto d’ora dopo il suono della campanella, e tra la conversazione con Blaise e il raggiungere il settimo piano, doveva aver trovato la Granger alle undici e mezza.
Approssimativamente, quindi, a meno che i suoi calcoli non fossero clamorosamente sbagliati, Hermione Granger doveva essere morta in un momento qualsiasi tra le undici e un quarto e le undici e mezzo; il che, considerata l’ora esatta di quel momento, significava che fra quattro minuti contati avrebbe dovuto fare molta attenzione a qualsiasi azione della Granger, e soprattutto a quella rosa ancora ben chiusa.
« Perché? - La domanda della Granger, che lo aveva fissato fino a quel momento senza dire una parola, affiorò spontanea e ferita. - Quale vantaggio otterresti nel controllarmi? Non devi immischiarti in quello che faccio ».
« Suppongo che tu abbia intenzione di preparare la pozione appena nominata da Piton. - Disse Draco, senza mostrare in alcun modo di averla sentita. - Allora fallo, qui davanti a me. Ma senza quella rosa. Con i veri ingredienti elencati nel libro di Pozioni ».
« Mi spieghi cosa diavolo ti prende? Cosa può importare a te di cosa… »
« Accio! »


11:13 am.


In un tenue svolazzo di foglie autunnali, la bacchetta fendé l’aria silenziosa depositandosi su un palmo bianco come il marmo; quando Draco strinse la bacchetta di Hermione, un sorriso istintivo affiorò sulle sue labbra soddisfatte e non si fece alcuno scrupolo a fingere di godere di averla in qualche modo in pugno, sia metaforicamente che letteralmente. Non cercò però in alcun modo di trarre soddisfazione dall’indignazione che doveva essere appena comparsa sul volto della ragazza.
Si limitò semplicemente a intascare la propria bacchetta e a rigirarsi quella della Mezzosangue tra le dita in un gesto meditabondo da cui traspariva una certa caparbietà di spirito.
« Adesso, - sibilò, più tranquillo di come in realtà si sentisse, - sono certo che mi ascolterai perfettamente, Mezzosangue. Prima, però, è necessario togliere di mezzo ancora un altro elemento di disturbo. Evanesco ».
Puntò la bacchetta di Hermione sulla scatolina che conteneva la Rosa d’Avorio, e questa si dissolse nell’aria lasciando perfettamente intatta la cima della pila di libri. La reazione della ragazza, respiro mozzato di indignazione e occhi scuri più grandi di come fossero mai stati, fu confinata in un trascurato angolo del suo campo visivo mentre le dita di Draco, lunghe e pallide, giocherellavano ancora con la bacchetta.
« Come osi? - La voce apparve spezzata come un debole ramo piegato dal vento. - Come puoi avere la presunzione e la sfacciataggine di irrompere qui e demolire il mio lavoro? »
« Granger… »
« Cosa diavolo ci fai tu qui? »
Bella domanda.
« Restituiscimi immediatamente la bacchetta, Malfoy, o ti giuro che… »
« Cosa? »
Tono profumato di curiosità, sguardo cosparso di cupa rassegnazione.
Draco sollevò finalmente gli occhi su di lei e la trovò forse più vicina di quanto ricordasse; il volto turbato di rabbia, il fiato mozzo, la minaccia che cercava di far trasparire fin dal suo ultimo centimetro di pelle. Il mento era sollevato in sfida e Draco seppe, al solo ricambiare la sua attenzione, che nessuna offesa l’avrebbe mai indotta a supplicarlo di lasciarla in pace. Le sue difese erano una cinta muraria di straordinario spessore e niente e nessuno, tantomeno lui, sarebbe mai riuscito a convincerla ad abbassarle.
La Granger era così simile a lui in questo. Forse, se fosse stato in lei, Draco si sarebbe comportato allo stesso modo. Le identiche parole, quella affettata, pallida dimostrazione di possedere il controllo di una circostanza che era sfuggita di mano già da troppo tempo.
« Non hai niente con cui minacciarmi, Granger. - Un sorriso sarcastico dipinse le labbra sottili di Draco. - E d’altra parte, non hai nessun motivo per farlo. Non voglio farti del male».
Sciocca Mezzosangue, voglio salvarti la vita.
« Perché dovrei crederti? - Hermione era insieme stupita e scettica. - Non è un mistero che mi odi. Sono disarmata, siamo soli, hai la possibilità di attaccarmi. Approfitterai sicuramente del vantaggio ».
« Non oggi, Granger. - Gli occhi di Draco caddero nuovamente sull’orologio da polso. - Non adesso ».


11:16 am.


Sarebbe stato sicuramente arduo, per lei, da pronunciare ad alta voce; quella morbida scia di zucchero che aveva cosparso la sua lingua al suono di campane più benevoli di quanto si sarebbe aspettata, affondare in occhi privi del mare crudele da cui erano stati precedentemente intrisi, tangibile e forte, di fronte a lei, una presenza che si sarebbe dissolta al più presto nell’aria senza lasciare alcuna traccia di sé.
Draco Malfoy sarebbe scomparso in sbuffi di polvere dorata e lei, fendendo l’aria con dita fragili e spalancate, avrebbe stretto il niente; quell’aria fredda che non aveva voluto, su cui aveva sputato il suo veleno più letale e segreto, la teneva adesso prigioniera in una cella che da cui aveva ben presto smesso di desiderare di evadere.
C’era stato qualcosa di insolito, nel modo con cui Draco Malfoy le si era approcciato e in cui ancora la stava valutando. Una forte ambiguità che la disorientava e la colpiva al tempo stesso, sussurrandole di continuare a porre le domande che vibravano di confusione sulla soglia delle sue labbra ora socchiuse, e poi all’istante ritirate fino in fondo al suo animo, lasciandosi alle spalle una risposta che non sarebbe mai arrivata.
Lo guardava essendo consapevole che la confusione non fosse ricambiata e tormentandosi, nello stesso istante, dello sguardo di Malfoy che le penetrava la carne in un turbinio di pioggia autunnale; lui aveva capito già tutto di lei, mentre Hermione non avrebbe nemmeno saputo da che parte cominciare a studiarlo, quali angoli deboli sfiorare per insinuarsi dentro la sua psiche proprio come Draco sembrava aver già fatto nei suoi confronti.
Lui continuava a ammirarla e ad attendere. Poteva avvertire lo scorrere incessante della piccola lancetta al suo polso e regolarizzare la sua avanzata col battito del cuore che si era fatto sempre più veloce, in un’angoscia dolorosa e snervante che sembrava togliergli le poche forze rimaste.
« Cosa vuoi da me? » domandò Hermione, i pugni stretti che sfioravano l’orlo di una gonna tremante.
« Soltanto che prepari quella pozione nel modo tradizionale. - Sibilò Draco, deciso e penetrante. - Niente di più. Io mi limiterò a sorvegliarti ».
« Immagino che non mi dirai la motivazione di una richiesta simile da parte tua ».
« Mettiamola così, Granger. - La voce di Draco si abbassò quel tanto perché Hermione non se ne sentisse più sovrastata. - Io non ti farò domande sul perché tu volessi infrangere le regole per una semplice pozione, tu non me le farai circa la mia presenza qui. E adesso comincia a lavorare; non ho tutto il pomeriggio da spendere qui ».


11:17 am.


Non era una semplice pozione.
Quel dardo breve e sottile, che oltrepassò gli occhi della Mezzosangue in una scintilla di collera, trafisse Draco della consapevolezza di averlo sempre saputo; forse se ne era reso conto fin dal primo istante in cui l’aveva vista distesa per terra, priva di vita, la sua immagine sormontata da un calderone vuoto e fumante a cui Draco non aveva saputo dedicare la minima attenzione, ed ecco che questo gli ripiombava nella mente rimandandogli al futuro che lui stava cercando di modificare.
No, non era mai stata una semplice pozione per lei.
Probabilmente non qualcosa per cui valesse la pena di perdere la vita, ma rischiarla, questo sì; il gusto di compromettersi, di agire in segreto e compiere studi mai immaginati prima d’ora, era il piacere dentro cui la Mezzosangue si era lasciata sprofondare senza mai più trovare modo di riemergerne.
In completa solitudine, con nessuna compagnia che non fosse una boccetta di inchiostro, una piuma affilata e pagine muffite di libri consunti, lei si era adoperata per brillare in un cielo oscurato di stelle che ogni notte si ritrovava a sognare con brama sempre più acuta.
Arrivare alla perfezione, al voto massimo, alle lodi più spregiudicate. Essere la migliore.
La migliore.


11:20 am.


La schiena della Granger era dritta come se sedesse su una coltre di spine appuntite di freddo.
Le gambe incrociate nella stessa maniera in cui l’aveva trovata pochi minuti prima, le dita si intrecciavano in ingredienti che aveva fortunatamente recuperato dal fondo della sua borsa e che, passando dal tocco caldo delle sue mani a quello bollente dell’acqua del calderone, godevano della sua piena attenzione. L’espressione della ragazza, a metà tra il concentrato e il risentito, lasciava intuire che nonostante il palese dispiacere derivato dalla fastidiosa presenza di Malfoy, non avrebbe per niente al mondo rischiato di eseguire in modo sbagliato una pozione, ed era forse per questo che si sforzava così vistosamente di fare attenzione al dosaggio piuttosto che lasciarsi andare agli improperi contro il Serpeverde.
China com’era sul suo calderone, con lo sguardo ostinatamente basso che si premurava bene di non spostare il campo visivo in direzione di Malfoy, non poteva sapere che la sua cautela nel somministrare le dosi degli ingredienti non era affatto necessaria, poiché il suo stesso antagonista si curava, con viva attenzione, che la ragazza non sbagliasse qualcosa nella preparazione.
Draco Malfoy si era seduto contro il muro; le gambe distese di fronte a sé, la tentazione di svagarsi con una sigaretta o due era stata bruciata all’istante dall’angoscia che lo aveva colpito fin dal primo momento in cui la Granger aveva cominciato a sottostare ai suoi ordini.
Con un solo calderone in ebollizione a dividerli, ben presto la Grifondoro sembrava aver percepito la schiacciante testardaggine di Malfoy ed era stato senza dire un’altra parola, che si era messa lì seduta in mezzo alle sue cose, come alte barriere che potessero separarla da lui. E così lei aveva cominciato a lavorare, sfogliando il vero libro di Pozioni alla ricerca della pagina giusta, catalogando gli ingredienti uno dopo l’altro proprio sotto allo sguardo meticolosamente vigile di Malfoy.

Cinque petali di crisantemo. Due lacrime di Mandragora. Venti grammi di uova di fata. Un crine di unicorno. Tre grammi di pietra lunare polverizzata. Erba fondente. Radici di margherita.

Tutto era passato tra le dita vivaci ed esperte della Mezzosangue in attimi così brevi da far desiderare che questi si fossero prolungati di ancora altro tempo; e così il biancore del crisantemo sembrò essersi unito alla chiarezza della pelle di quelle piccole mani, le uova erano state sorrette in un palmo contratto con inaspettata delicatezza e il crine di unicorno, sollevato con l’indice e il pollice appena uniti, aveva assunto il gracile aspetto di qualcosa incline a sgretolarsi da un momento all’altro.
Draco non l’aveva persa di vista per un istante e ben presto, dopo i primi minuti trascorsi nel nervosismo maniacale derivato dalla paura che potesse accaderle di nuovo qualcosa, fu rassicurato dal pratico armeggio della Granger nel trattare con le pozioni e si rasserenò un poco. Lo sguardo, tuttavia, continuava a correre all’orologio così incessantemente, nello smanioso desiderio di varcare l’orario ‘incriminato’, che l’inconscio lo portò a ripetere l’azione ad ogni intervallo di trenta secondi attirando su di sé qualche dubbiosa occhiata della ragazza, ignara della vera ragione per cui lui si comportasse in quel modo.
Completamente inconsapevole della motivazione per cui Malfoy fosse lì con lei e la vegliasse, gli occhi grigi piantati su ogni suo gesto ed espressione che correvano frettolosamente da lei a quell’orologio da polso senza mai trovare un attimo di respiro; e più il tempo scorreva, minuto dopo minuto, più Draco sentiva l’ansia abbandonarlo e i pensieri dirigersi verso la ragazza e alla breve conversazione che avevano avuto. Ovviamente, pensò, non avrebbe mai rinunciato a scoprire cosa davvero avesse indotto la Granger ad avvalersi di quelle strane teorie, se già non avesse maturato qualche idea per conto proprio.
Non sapeva se fossero esatte né le avrebbe domandato alcunché in proposito, ma poteva soltanto provare a immaginare i pezzi che mancavano, dentro al sua testa arrovellata di pensieri e speculazioni.
Assoluta verità.
Se soltanto avesse avuto in pugno anche quella.


11:24 am.


Quando l’immaginazione si rende sovrana di una mente incerta, non c’è niente che possa fermarla.
E così, tra sprazzi di pozioni e i primi fumi emanati dal paiolo, non fu difficile per Draco collegare tutto quanto allo sguardo di pura brama che aveva illuminato il viso della Mezzosangue alle parole di Piton, dettaglio insignificante a prima vista adesso ristagnante nella certezza che Hermione Granger, alunna modello dalla tenace ambizione, sarebbe stata capace di qualunque cosa pur di ottenere quell’Eccezionale.
E così eccola, il giorno prima, intrufolarsi tra le scorte di Piton e cercare con fatica l’ingrediente che cercava; celata allo sguardo da qualche astuto incantesimo, o forse soltanto da un manto di trasparenza, si era avvalsa delle descrizioni di “Lumi e Pozioni” per identificare la Rosa d’Avorio e sottrarla al possesso di un insegnante che non doveva temere abbastanza da impedirsi di farlo. Dileguandosi poi dal ripostiglio, si era inviata alla volta di un pomeriggio fatto di schemi e calcoli impressi sul foglio che, in quel momento, sostava inutilizzato accanto alle sue gambe, in bella vista quasi a reclamare il saldo del tempo speso ad essere riempito.
La Granger doveva aver lavorato duramente su quelle istruzioni, applicando la teoria di Granville su una pozione scolastica e prendendosi la briga, perciò, di doverle inventare con i soli frutti del suo ingegno. Aveva sicuramente modificato i tempi di posa e le quantità degli ingredienti; diviso i tempi a seconda delle circostanze, servendosi della pericolosa rosa al momento opportuno, probabilmente tesa nel dubbio di aver sbagliato qualcosa nelle sue ipotesi.
Quasi la si poteva vedere, Hermione, calcolare di poter sostituire le proprietà del crisantemo e delle radici di margherita con quelle della Rosa d’Avorio, per poi liberare quest’ultima dalla scatola dopo aver lasciato bollire le uova di fata per sette minuti esatti.
Conoscendo Piton, pensò Draco, la scatolina doveva essere stata progettata in modo che non potesse più chiudersi una volta aperta; così avrebbe scoperto se uno studente avesse davvero messo le mani dove non avrebbe dovuto, e in generale, era un metodo largamente utilizzato da chi aveva qualcosa di importante da nascondere necessitando della certezza che nessun’altro lo stesse cercando.
Si trattava di un fiore pericoloso, ma il suo uso garantiva, almeno secondo la Granger, la riuscita efficace della pozione che le avrebbe assicurato una ‘E’ alla fine degli esami e di fronte a quella vista non c’era niente che potesse scoraggiarla.
Draco la immaginò nervosa, nell’aprire quella scatolina; così nervosa che, mentre tirava fuori la rosa trattenendo il respiro, con un movimento incauto del gomito aveva urtato il calderone straripante di pozione facendone versare un po’ sui preziosi appunti che sostavano nelle sue prossimità.
E adesso, Granger?
Draco si figurò lo stupore della ragazza nel perdere le istruzioni che avrebbe dovuto seguire con attenta meticolosità, bocca spalancata e mani tremanti che ancora reggevano una rosa letale, il cervello che lavorava in fretta per decidere sul da farsi. Abbandonare la pozione conclusa per metà, oppure gettarvi i petali senza sapere con precisione le mosse da eseguire successivamente? Cosa avrebbe fatto lei?, si chiese Draco concentrato.
Ovviamente si sarebbe avvalsa dell’unica arma a sua disposizione, la Giratempo; sarebbe stato sufficiente tornare indietro di pochi minuti e cercare di mettere in salvo il foglio con le istruzioni. Era stata un’ipotesi azzardata, ma il fiato trattenuto della Mezzosangue non avrebbe potuto resistere ancora per molto, quindi lo aveva fatto senza pentirsene.
Magari nemmeno si era resa conto di ciò che accadeva realmente. Lei, sempre così noiosa e studiata e ferma, sprofondata per la prima volta in una situazione da panico, non aveva forse avuto abbastanza lucidità da mollare tutto quanto seduta stante.
Così eccola ricomparire accanto alla Hermione del passato, chiarendo seduta stante l’uso della Giratempo e della presenza delle sue buone intenzioni. Ovviamente l’altra Granger non poteva aver reagito bene, si disse Draco; sospettosa com’era di natura, probabilmente ci era voluto un po’ prima che si decidesse che la sosia appena comparsa non fosse un nemico pronto a neutralizzarla.
Ma la vera Granger non doveva averci badato molto, pensando a mettere al sicuro il suo prezioso foglio di appunti e prelevando lei stessa stavolta, sotto agli occhi sempre più scettici della sosia, la rosa dal suo contenitore.
Che fosse proprio quello il momento in cui la Granger del passato avesse cominciato a credere che ci fosse qualcosa di strano? Possibile che avesse incidentalmente distratto la vera Hermione dal porre i petali nel calderone, facendo sì che, sotto l’inconsapevolezza di entrambe, uno di questi fosse sfuggito dalla presa atterrando in un punto qualsiasi del pavimento?
Il petalo che Draco aveva trovato accanto ai capelli della Granger.
Il petalo che aveva così avvelenato la Hermione del passato, trascinando con sé quella del futuro.


11:28 am.


« Malfoy! »
Draco sbatté finalmente le palpebre.
Fu strano, sul serio, accorgersi pienamente di essere seduto su quel pavimento sporco e ghiacciato quando fino a un momento prima, molto lontano da quel luogo, lui si era trovato immerso in un passato da cui aveva avuto la sensazione di non riuscire mai più a liberarsi. Il battito accelerato di un cuore pronto a balzare in gola, Draco fissò lo sguardo sulla Mezzosangue e fu soltanto nello scoprire quale fosse esattamente il problema, che poté lievemente placarsi in un basso sospiro di cui lei nemmeno si accorse.
Al di là della testa della Granger, la maniglia della porta continuava ad essere ruotata dall’altra parte con una certa foga; l’irritazione nel trovarla chiusa a chiave, per chiunque fosse all’esterno della stanza, fu così palese che ci volle una buona manciata di secondi prima che la maniglia venisse rilasciata con uno scatto.
Seguirono alcuni istanti silenziosi: la Granger sembrava spaventata e alcuni passi, provenienti dal corridoio, li raggiunsero mentre si allontanavano. Le spalle di Draco si rilassarono.
« Se ne è andato ».
Me ne sono andato.
Draco colse la consapevolezza in un respiro più profondo e incontrò gli occhi della Mezzosangue, che si voltarono in sua direzione con il suo stesso sollievo, nella parvenza di un vero e proprio miracolo.
Sei viva.


11:29 am.


« Malfoy… » ripeté Hermione a bassa voce, mescolando la pozione senza allontanare gli occhi dal ragazzo.
Un breve scatto, nei dintorni delle labbra di Draco, tradì il principio di un sorriso nel rispecchiarsi con un cerchio di luce dorata in prossimità del suo polso meccanicamente sollevato.
Contorni sfocati di bagliore troppo accecante da poter osservare, piccola lancetta inclinata a formare il preciso angolo necessario.
Come il destino aveva previsto per lui, e per lei.
Ce l’aveva fatta.
« Sì, Granger? » la sua voce risuonò stranamente assorta.
« Perché guardi in continuazione l’orologio? »
Quando Draco sollevò il mento, in qualche modo si era già figurato gli abbozzi di ciò che avrebbe visto; occhi scuri in attesa di venire a capo degli stralci di confusione con i quali erano stati in precedenza contemplati, quel mestolo dai giri imperfetti, il silenzio tonante che sembrava comprimerlo da parte a parte senza dargli possibilità di respirare.
Tutto si riduceva a quel momento, l’istante fatale in cui la Mezzosangue era morta e nata una seconda volta, e adesso che questo era giunto assecondando le sue speranze, qualcosa era ancora in grado di lasciare Draco senza parole.
Forse era la vaga, sciocca impressione che la soddisfazione provata in quel momento andasse oltre a ciò che aveva pensato, tracciando nel suo animo una contentezza estranea e rifiutata con fermezza; lui aveva soltanto fatto ciò che era in suo dovere morale, si disse.
Non gli importava realmente qualcosa di lei. Avrebbe atteso che la pozione fosse finita, ovviamente, ma dopo questo non ci sarebbe stato nient’altro che avrebbe riguardato la presenza della Granger nella sua vita.
Dimenticare tutto quanto, e in fretta, ciò che lei non avrebbe mai dovuto sapere. Continuare a vivere nella coscienza di aver fatto almeno una volta, in vita sua, la cosa giusta.
« La pozione, Granger. - Mormorò Draco. - Sta traboccando ».


11:30 am.


Distrazione.
La Granger riparò alla svista abbassando immediatamente la fiamma del calderone, ma così come erano improvvisamente svaniti, quei petali di titubanza sfiorarono di nuovo il suo volto come trasportati dall’impeto della neve di cui profumava la pelle di Draco.
Lo guardò ancora una volta, accigliata, e lui si sentì irritare dall’esame di quello sguardo; sostenendolo con decisione e distacco, sperò di dissuaderla dall’insistere con le domande, ma la Mezzosangue non parve far caso al suo vero stato d’animo e le sue labbra si schiusero nel giro di brevi attimi di smarrimento.
« Non capisco. - Gli disse. - Non capisco perché tu stia qui con me invece di… bè, fare qualsiasi altra cosa. Sarebbe parso più logico se avessi usato tu la Rosa d’Avorio, invece te ne sei sbarazzato come se niente fosse e mi hai costretta a preparare la Pozione della Memoria nel metodo tradizionale. Quali vantaggi hai ottenuto da tutto questo? - Il suo tono era imperturbabile come il cipiglio in cui Draco la stava fissando. - Cosa ti è cambiato? »
« Non vorresti saperlo davvero, Granger » l’ombra di un ghigno accese per un istante il viso del ragazzo.
« Invece sì ».
« Fidati. La risposta corretta è no ».
Draco distolse l’attenzione da lei, fissando un punto imprecisato del pavimento accanto a sé passandoci il pollice in un gesto meditabondo. La polvere si attaccò sotto alle sue dita, ma non ci fece caso. La sua mente era ancora pienamente rivolta a quel che era appena accaduto e non ci sarebbe stato modo di pensare ad altro per molti giorni ancora; poteva prevedere una nottata costellata dagli incubi in cui una bruna bambola di porcellana gli teneva compagnia, proprio come la Granger stava facendo in quel momento, confondendogli la vista dell’obiettivo a cui aveva mirato.
Poteva vedersi cercare la sagoma di lei, in mezzo alle folle, soltanto per assicurarsi che stesse ancora bene.
Poteva ripensare a quel che era accaduto e giudicarsi in modo meno severo di prima.
« E’ per una scommessa? » la voce della Granger disturbò i suoi pensieri in un battito sorpreso di ciglia.
« Prego? »


11:32 am.


« Una scommessa con i tuoi amici. - Continuò la Granger, testarda. - Tenermi serrata quassù per avere modo di combinare qualcosa alle mie spalle. Malfoy, ci deve essere una ragione per cui tu ti stia comportando in questo modo ».
« Non puoi semplicemente badare alla pozione? »
« E’ inverosimile. Non mi hai offesa nemmeno una volta da quando sei qui ».
« Se ti fa stare più tranquilla, potrei ancora farlo ».
Hermione esitò; mordendosi il labbro, riportò per un attimo gli occhi sul libro e poi li diresse ancora sul ragazzo.
« Non mi importa niente della pozione. - Esalò, sopraffatta. - Voglio solo capire cosa c’è dietro ».
Leggermente stupito, Draco volse lentamente la testa verso di lei. Il contenuto del paiolo ribolliva tra di loro in un gorgoglio di bollicine e ingredienti e per un istante, un solo effimero momento di pazzia, desiderò che questo non si frapponesse ancora tra di loro.
Guardarla direttamente negli occhi, dirle che lui non era così cattivo.
Poterle ordinare in un sussurro di riprendere subito a lavorare.
Toccarle quelle guance che prima aveva volutamente evitato, scoprendo che lei era davvero viva ed era tutto merito suo.
Sentire il calore emanare da quella pelle.
Calda sotto le sue dita tremanti.
« Puoi benissimo lasciarla perdere, quella. - Draco accennò al calderone. - Ma quando sarai costretta a rifarla, dovranno esserci Potter e Weasley con te. Entrambi. Intesi? »
« Malfoy, non sono così stupida da… »
« Invece lo sei, Granger. - Draco la inchiodò con uno sguardo che di severità ne aveva soltanto l’ombra. - Sei la Mezzosangue più sciocca che abbia mai conosciuto. Ingegnosamente sciocca, aggiungerei, perché infilarsi in una situazione del genere non è certo cosa da tutti ».


11:33 am.  


« Quale situazione? »
Ad incorniciare le soglie di una vallata abbandonata, perduta emozione sospinta da una brezza articolata in nodi di caos e sconcerto, un peso gravò su entrambi nel medesimo istante che lui aveva precedentemente calcolato; in modi diversi, questo fu assorbito nella perdita e nel guadagno della chiave di tutto ciò che era appena accaduto e fu in un attimo di smarrimento, che i loro sguardi si incrociarono ancora in perle di domande sprofondate in acque ormai troppo fosche.
Così come Hermione ne avvertì la mancanza, Draco ne conobbe nuovamente il peso attorno al collo e fu in un barlume di comprensione, sullo scattare delle undici e trentatré del mattino, che le sue dita si infilarono in una fessura della camicia facendone scivolare all’esterno la catena dorata. Il ciondolo della Giratempo sembrava brillare di luce propria nella penombra di quel bagno e riluceva maestosa sotto agli occhi spalancati della Mezzosangue.
Ecco come tutto si chiudeva, si rese conto Draco osservando lui stesso la piccola clessidra poggiata al suo petto.
Ecco il preciso istante in cui lui, molto tempo prima, aveva preso la decisione di tornare indietro nel tempo e salvare la vita dell’ultima persona per cui avrebbe mai pensato di poter rischiare qualcosa.
Hermione Granger, paralizzata di uno stupore che non avrebbe mai compreso in profondità, rimirava la scena cercando senza successo di cavarne qualcosa di sensato. I suoi pensieri si stavano adoperando per arrivare a una possibile soluzione e Draco, prevedendo il pericolo, decise che era effettivamente troppo tempo che ormai stava bloccato lassù.
Lei non avrebbe mai dovuto saperne niente.
Lui stesso avrebbe cercato di dimenticare.
Lanciò la bacchetta alla Grifondoro, che la prese al volo, dopodiché fece forza sulle gambe intorpidite e si rimise velocemente in piedi. Fu come ricominciare a respirare davvero; come se tutto, improvvisamente, si fosse ricollocato esattamente al proprio posto ad una rapidità tale da scombussolarlo. Draco si sentì travolgere da qualcosa che non si seppe spiegare e fu istintivamente, in quel momento, che portò nuovamente lo sguardo sulla Granger ancora turbata e ammutolita.
« Questa la tengo io, Mezzosangue. - Le dita di Draco si allungarono ad oscillare la catena d’oro della Giratempo. - Dopotutto, ho appena dimostrato di saperne fare un uso migliore ».
E lo avrebbe rifatto, se avesse potuto, pensò mentre attraversava la stanza scavalcando il silenzio di ghiaccio della ragazza. Forse in realtà qualcosa gliene importava; o magari se lo stava ripetendo soltanto in un’affettata dimostrazione del buon cuore che non aveva mai realmente posseduto.
Qualunque fosse la risposta, Draco Malfoy era abbastanza spossato da permettersi il lusso di non pensarci fino al giorno successivo, e fu con la marcata, sgradevole sensazione di lasciare in quel bagno qualcosa di importante di che si chiuse piano la porta alle spalle, a malapena cosciente del fatto che al di là di essa Hermione Granger, colta da un'improvvisa illuminazione, si fosse appena portata una tremante mano su una bocca socchiusa di sgomento e mortificazione.




















Ciao a tutti! L'idea per questa shot è stata ripresa da Vampires ~ Incubus & Succubus, posta però in un contesto del tutto differente, collegata alla scena - soltanto accennata - in cui Draco torna indietro nel tempo per poterla salvare.
Inutile dire che, nonostante fossi partita con l'idea di creare qualcosa di corto, il tutto si è irrimediabilmente allungato nelle vesti di un vero e proprio papiro; la prolissità è dura a morire, come tutti i difetti, ragion per cui tanto di cappello a chi è riuscito ad arrivare fin qui. xD

Spero che la lettura sia stata gradevole e che abbiate apprezzato! E' ancora troppo presto, per me, per imbarcarmi in una nuova long, ma in queste settimane mi farò viva con alcune shot di questo genere che, lo devo ammettere, sono una bella novità per me in quanto meno difficili da gestire, perciò la vivrò come una specie di vacanza continuando comunque ad essere presente in Efp.

A chiunque sarà così gentile da commentare, risponderò al più presto tramite mail. Un bacione a tutti!







   
 
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