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Autore: _Breath    22/09/2010    5 recensioni
Eva è una bella ragazza bionda di diciannove anni che si ritrova ad odiare il romanticismo perchè ha avuto una brutta storia. Non crede nell'amore, non crede in niente. Per lei i ragazzi sono solo " stronzi" visto che guardano solo il suo bel corpo. Un giorno però anche Eva si dovrà ricredere, arrendere e sottomettere sotto la freccia di Cupido quando incontra due occhi scuri.
Dal Primo Capitolo[...]Non avevo mai amato particolarmente i film patetici di quelli che adorano vedere le ragazzine quando sono in compagnie dei loro fidanzati. Avevo sempre trovato un certo disgusto per i film da ragazzine diabetiche in quanto mi sembravano una grandissima presa in giro per noi ragazze. Avanti, dove lo si trova un ragazzo sempre fedele e disponibile pronto a fare di tutto per amore tuo? Appunto, vi siete risposte da sole; nessuno. Come è vero che non esiste nemmeno uno di quei ragazzi che si mettono a correre come esauriti per la città in cerca del loro amore che sta partendo – proprio nello stesso momento in cui inizi la tua disperata gara atletica- e che alla fine non riesci a raggiungere perché già salita su un treno. Sono storie da film, belle, ma sempre impossibile. Storie da diario, piacevoli da leggere ma impossibile da vivere. Non capisco perché le ragazze della nostra generazione amino illudersi che il principe azzurro faccia cose tanto ridicole per loro. Avanti, è surreale la cosa![...]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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/1. Scuola

La mattina dopo quando andai a scuola non facevo altro che pensare a due occhi castani.
Mi ero sognata due occhi castani quella notte e no, non erano gli occhi del protagonista del film che ero andata a vedere ma erano gli occhi del ragazzo che stava seduto al fianco di Serena.
Gli occhi di quel Fabrizio.
Non lo avevo visto bene ma quel ragazzo mi era entrato nell’anima. Dentro.
Come un proiettile, come un piccolo minuscolo imbecille proiettile.
E io, più imbecille del proiettile, mi ero fatta colpire.
Non avevo sentito nemmeno il timbro della sua voce ma quella sera, nel mio letto, dormendo, lo avevo sognato.
Avevo sognato le sue labbra: belle, carnose, larghe,
Avevo agognato la sua fronte scoperta e soffice, senza imperfezione.
E poi avevo amato i suoi occhi.
Castani.
Con la testa poggiata sul palmo della mano e gli occhi socchiusi stavo in classe a seguire le lezione.
Avevo due occhiaie madornali e mamma, vedendomi la mattina stessa, mi aveva anche consigliato di non andare a scuola ma io, risoluta, mi ero fiondata fuori dalla porta.
Io amavo la scuola.
Non ero una secchiona ma trovavo gratificante quando i professori mi guardavano commossi per la mia genialità.
Non avevo mai preso un voto inferiore all’otto e ne andavo fiera.
«Venezi»mi chiamò la professoressa di matematica «potresti venire alla lavagna a svolgere l’equazione?»
Scuotendo la testa mi alzai sotto lo sguardo della classe avvicinandomi al patibolo senza la minima paura.
Sapevo di essere in grado di svolgere qualsiasi cosa in quanto ero preparata in quella materia ma rimasi scandalizzata quando i numeri disegnati con il gesso bianco iniziarono a ballare la samba davanti a me.
Che roba era quella?
La studiai vagamente prime di prendere il gesso che la prof mi porgeva e iniziare a scrivere quello che la mia mente mi suggeriva.
 
Una volta tornata a posto, con la mano nuovamente sul banco e la testa sopra di essa, maledivo la matematica.
«Avanti Eva, non ti demoralizzare. Doveva capitare anche a te di andare male una volta nella tua vita a scuola» mi sussurrò Maria.
Io brontolai un «lasciami in pace» poco convinto mordendo la penna con cattiveria.
Essere stata chiamata dalla mia professoressa preferita “asino” devo dire che non era stato molto gratificante come mi aspettavo.
E tutto a causa di quel maledetto moro del cavolo che mi aveva incantato il giorno precedente senza farmi dormire e venire a scuola riposata.
Il mio sguardo si voltò automaticamente verso Serena che, alla fila opposta alla mia, messaggiava con il cellulare senza curarsi nemmeno di nasconderlo dall’occhio dell’insegnate.
Ghignai.
Il sorrisino scomposto che la bionda tinta aveva tra le labbra mi faceva saltare i nervi in quanto sapevo che stava sicuramente spettegolando di qualcuno con qualcuno.
Chissà di chi e con chi!
Forse con una di quelle che lei reputava amiche o forse … forse parlava con il bel moro?
Gli occhi mi si dilatarono e iniziai a fare muovere la matita avanti e indietro in una lenta carezza.
«Eva?»mi chiamò Maria«Eva, sei strana da stamattina. Cosa è successo?»
«Come?»
«Dicevo che appunto sei strana.»mi disse« E’ tutta la mattina che non presti attenzioni alle lezioni e questo non è da te. Per di più stavi guardando la Denti con … interesse ecco»
«Cosa vorresti insinuare?»
«Niente» soffiò«ora non metterti a fare la suscettibile ma voglio sapere solo che ti succede. Sono o non sono la tua migliore amica?»
La guardai staccando lo sguardo da Serena e fissandolo in quello di Maria; valutandola.
Potevo veramente dirle che avevo incontrato un ragazzo, probabilmente il fidanzato di Serena, e che mi aveva incantato senza motivo?
Potevo dirle tale cosa senza cadere nel patetico.
Sbuffai; anche se Maria mi voleva bene e io ne volevo tanto a lei la situazione sembrava irreale anche a me stessa e allora le sorrisi «niente Mary, sono solo stanca»
Ero sempre stata una brava studente, una perfetta amica e una geniale attrice per questo non dubitò di me.
Che poi, cosa c’era da dubitare?
All’intervallo me ne uscii fuori dalla classe perché sentire gli schiamazzi di Serena che si vantava con le sue amiche – non so di che, non mi importa sapere di cosa- mi mandava in bestia.
Mi appoggiai alla finestra del corridoio facendomi invadere dalla aria fresca.
Non facevo altro che pensare alle parole di Maria, quelle dove mi diceva che ero strana.
Strana. Io?
Cosa c’era di strano nel mio comportamento?
Era vero, avevo due occhiaie da far paura ma apparte quello ero la stessa Eva di sempre.
La stessa Eva che andava bene a scuola ( sorvoliamo su questo punto) e che si innervosiva quando i primini passandole accanto cercavano di rimorchiarla.
Ero la stessa Eva di tutti i giorni.
«Ciao!»una voce dolce, una voce da bambina mi fece girare verso destra.
Una mora ragazzina che sembrava appartenere al primo massimo secondo anno ma che conservava ancora le fattezze infantili mi sorrideva tutta rossa in volto.
Le sorrisi.
«Ciao»
«Sono Tiziana»mi porse una mano calda e piccola «e faccio parte del corso di recitazione. Noi del corso vorremmo chiederti una cortesia; sempre se tu sei disponibile.»
Aggrottai le sopracciglia «corso di recitazione?»
«Sì» si animò« sai, quel corso che si tiene nel pomeriggio nel auditorium. Bhè, visto che sei una delle ragazze più ricercate della scuola vorremmo chiederti se sei disponibile a entrare a far parte della squadra. Sarebbe un onore per noi»
La mia faccia era sbigottita, non riusciva a credere a quello che stava dicendo.
«So che sarai sicuramente impegnata »riprese Tiziana « ma ci saresti veramente utile perché … vedi» divenne rossa«non sono molti quelli che si prestano a venire a vedere la recita di fine anno ma se ci sarà anche la “più bella dell’istituto” forse, chissà, almeno i ragazzi verranno»
Divenni furiosa ma anche lusingata.
«Ho capito bene?» le chiesi «vorresti usarmi come “carta vincente?” come “premio “ o peggio come “oggetto del desiderio?”» la guardai dall’alto in basso «dovrei essere “ l’esca?”»
«Sì» divenne rossa«cioè, no, però sai, s’intende, noi saremmo contenti se tu … cioè, loro, VOI vorreste a vederci. Ci stiamo impegnando tanto nella recita.»
Mi sarei dovuta arrabbiare, profondamente, ma invece qualcosa in lei mi fece pena.
Tenerezza.
E allora seppi cosa fare …
 
 
Anche se Tiziana mi aveva pregato per più di dieci minuti per farmi andare nel loro “ cast” mi ritrovai risoluta a negarle la cortesia.
In compenso, però, le promisi che qualche altra ragazza del quinto anno avrebbe preso parte alla recita: Maria.
Maria era sempre stata una patita per i film e per le scene romantiche  quindi si mostrò più che entusiasta a rendersi disponibile.
Il resto dell’intervello lo passai in compagnia di Maria e di Tiziana che parlavano e discutevano sulla recita che si sarebbe tenuta a fine Maggio.
«Sai»mi disse Maria mentre rientravamo in classe«è stata una bella cosa quella che mi hai proposto di fare. Grazie»
«Di niente» le sorrisi sedendomi al mio banco« sapevo ti avrebbe fatto contenta»
«Perché tu non vuoi partecipare, Eva?»
«Come?»
«Mi ha detto Tiziana che vorrebbe che anche tu recitassi con noi» le si illuminarono gli occhi«perché non lo fai?»
Sbuffai e poggiai la mia dorata mano sul banco «perché lo sai che io non sono brava a recitare. Non mi piace tanto come piace a te fare queste cose. Io preferisco ricoprire il tempo libero in altri modi.»
«Hai ragione»rise«la secchiona preferisce studiare»
La guardai storto prima di farle segno di tacere per seguire la lezione.
Non volevo beccarmi altri brutti voti in quanto,dopo avere speso sette euro in caffè alla macchinetta giù al primo piano, mi ritenevo abbastanza sveglia da seguire le lezioni attentamente.
E da prendere un bel nove!
 
 
Una volta che la scuola ebbe fine, almeno per quel giorno, me ne uscii di classe tutta contenta per il nove che avevo preso ad inglese.
Sorrisi mentre mi mettevo la cartella in spalla e sistemandomi i capelli riavviandoli sulla fronte.
«Venezi» la voce di Serena che continuava a smanettare con quel suo telefonino mi fece saltare i nervi « o forse dovrei dire “secchiona” »
«Cosa vuoi?» la guardai dalla testa ai piedi « e se mi dici niente giuro che le mie unghie troveranno sul tuo viso una superficie sulla quale limarsi»
Maria, dietro di me, rise cercando invano di non farsi sentire dalla potente arpia.
«Ho visto che come una  degna secchiona anche oggi hai preso il tuo abitudinale nove, eh?»
«E ho visto che anche tu, da somara della scuola, oggi hai preso il tuo agognato tre, eh?» la ripagai con la stessa moneta.
Lei sbuffò riavviandosi i capelli tinti che avevano, sinceramente parlando, bisogno di essere ritinti in quanto le si vedeva la ricrescita sulla cute.
Evitai di dircelo ma feci vagare lo sguardo per la classe distratta.
«Non so cosa tu debba fare questo pomeriggio, Venezi, ma io ho da fare. Quindi saresti pregata di farmi passare. » il mio sopracciglio scattò in alto arrivando all’attaccatura dei capelli.
La feci passare facendo schioccare la lingua sul palato e osservandola camminare tutta rigida sui suoi tacchi da dodici centimetri.
«Come è patetica» mi sussurrò Maria all’orecchio.
«Sì, Mary» la guardai ancora pregando che un tacco si rompesse sotto il suo peso «non sai quanto … »
 
 
La patetica ero io perché una volta arrivata fuori nel cortile della scuola mi crogiolai sbarrando gli occhi notando che Serena si sbaciucchiava il moro dagli occhi stronzi e indifferenti davanti a tutti.
Mi cadde un mito.
«Che guardi Eva?» mi chiese Maria affacciandosi oltre la mia spalla.
«Niente»risposi senza riuscire a staccare lo sguardo su quel ragazzo.
Vederlo al sole, e non in una stanza buia di un cinema, era molto meglio.
Era alto, come avevo pensato, magro e fascinoso.
Sembrava uno di quei ragazzi fanatici, perfetti per Serena ma qualcosa mi spinse a pensare che lui era troppo per lei.
«Andiamo» mi disse Maria prendendomi per mano «sennò perdiamo la corriera»
Lo guardai un ultima volta, non seppi perché come se sperassi che lui staccasse lo sguardo e le labbra da Serena e così fu.
I nostri sguardi si incontrarono non seppi come, non volli sapere perché ma alzando le sue iridi dalla testa bacata della bionda tinta, Fabrizio, incontrò il mio sguardo.
E fu davvero come uno di quei film che tanto criticavo.
Sentii qualcosa dentro di me rompersi, frantumarsi e distruggersi.
Come se il cordone ombelicale si rompesse solo ora, come se il mondo iniziasse solo quando, guardandomi, mi sorrise di sbieco.
«A chi sorridi?» la voce di Serena gli fece staccare gli occhi da me e, cosa che apprezzai molto, si staccò anche dal corpo di lei che continuava a cingerlo possessivamente.
« A nessuno» fu la sua laconica risposta mentre lei, stupida, annuiva slacciando le braccia dal suo corpo e avvicinandosi alla sua Ferrari rossa fiammante per salirci sopra.
Mi ero scordata di dirlo ma Serena era anche ricca in quanto i suoi genitori erano padroni di una linea di moda.
Bah, patetica al cubo!
A riportarmi nel paese dei vivi lasciando “ pateticoLand” fu il sorriso che Fabrizio mi rivolse prima di raggiungere Serena salutandomi con la mano.
Mi aveva riconosciuto.
Lui aveva riconosciuto in me la ragazza che il giorno prima gli era caduta ai piedi e, cosa che mi fece sorridere sadicamente e soddisfatta fu che quando raggiunse Serena, mentre lei cercava le sue labbra Fabrizio , invece, cercava i miei occhi.

'Giorno a tutti. Eccomi qui, anche se in ritardo, con un'altro capitolo.
Spero di vedere altre recensioni e in quanto alle vecchie veramente non so cosa dire in quanto mi hanno fatto piacere moltissimo *_*
In questo capitolo Eva si scopre un pò di più "Intessata" a Fabrizio.
Vi avverto: questo NON è un colpo di fulmine, il suo è SOLO  interesse ma chissà, forse .... magari ... xD
Grazie tantissime a:
SugarLudo=Ciao, come sempre, grazie. Sei troppo gentile Ludo. *_*
Mi piace scrivere originali perchè posso creare miei personaggi senza paura di sbavare oltre i confini dei personaggi credibili. ;) Grazie mille per i complimenti e in quanto alla storia spero che ti soddisfi. Un bacione!
music_dreamer= Ciaooo! Grazie mille. Eva si è molto simpatica, lo devo ammettere, ed è una di quelle ragazze che non si fanno mettere i piedi in testa.
Molte volte orgogliosa, iperattiva e ... arrogante ma anche simpatica, dolce, gentile e, ahimè, studiosa.
La sua passione per lo studio le rovinarà la vita ... * sisi*
Spero che anche questo ti sia piaciuto, un bacione =)
 
Angolo Spoiler:
«Come sei bella» la voce di Maria mi fece schioccare la lingua infastidita sul palato «dovrei fare la stilista da grande!»
La guardai con fastidio prima di voltarmi verso lo specchio«Mary, non credi di aver giocato troppo di … ehm … fantasia?»
«No»scattò all’erta, offesa«perché dici una cosa simile? Sei perfetta!»
Indossavo un jeans nero attillato che più che un pantalone sembrava una seconda pelle e una maglietta rossa scollatissima.
«No Mary» ribattei« sono patetica!»

  
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