A Shikamaru: 22-09-2010
Una
Domenica qualsiasi
di slice
L'oscurità
non è completa: dita di luce filtrano dalla persiana,
arrivando a fare sul muro disegni simmetrici.
Questa è
tutta la coscienza che ha di sé e di ciò che lo
circonda, per il momento. Chiude nuovamente gli occhi.
Sospira.
Lentamente si accorge dell'aria fresca fuori dalle
coperte. C'è anche un ticchettio da qualche parte.
Muove un
dito, giusto per riprendere possesso dei suoi confini che il sonno
confonde.
Non ha mai capito veramente come si faccia a non pensare
a niente, ma mentre sente il respiro occupargli la mente e le
palpebre pesanti come il corpo, sprofondato nel morbido e nel
torpore, crede di esserci arrivato. Per un momento ha questa vaga
sensazione, come di realizzazione. Per un momento.
Poi suona la
sveglia.
Che orrore.
Si volta pancia sotto, si accorge di avere
una vescica e che probabilmente esploderà a breve, infila la
testa sotto il cuscino, biascica, sentendo il sapore amaro del sonno;
la sveglia trilla insistente, invadente, incessante. Che odio
svegliare la sveglia!
Si allunga su un fianco, schiaccia la
stronza e ritorna sotto le coperte.
Riprendere possesso di quel
calore, di quella sicurezza, di quel niente mentale, è
fantastico. Dimentica la vescica, con la promessa implicita di
sognare di andare al bagno. Chiude gli occhi. Sospira.
La porta
della camera si apre. Si spalanca, a dir la verità, e picchia
pure sul muro a fine corsa.
“Shikamaru, alzati! Kurenai è
venuta presto e ha lasciato Nakaru,” dice sua madre, aprendo le
tende, le finestre, le persiane, la giornata... “Forza!”
lo incita, alzando la voce mentre lo scopre.
Il freddo lo
abbraccia, facendolo raggomitolare in posizione fetale, il niente
mentale si dirada fino a scomparire e l'unica sicurezza è
quella del calore ormai lontano. Non c'è niente di
fantastico.
Qualcosa si arrampica sul fondo del letto, gli graffia
un polpaccio, gli monta sul fegato e si ferma con una zampetta
sulla trachea.
“Shikka...” miagola la creatura,
sbavandogli sulla guancia.
“Sì,
ora Shikamaru arriva, resta seduto e bevi il latte.” Sua madre
parla con il pargolo, ma le occhiatacce sono tutte per lui. Che
onore.
Il bagno è un ottimo rifugio per alcuni istanti.
Nessuno lo brontola se è in bagno o, se lo fanno, quando dice
che è lì, in genere, l'affermazione viene accolta come
una giustificazione accettabile.
Allo specchio però c'è
uno con gli occhi mezzi chiusi, un espressione da funerale e i
capelli di un primitivo, ed è per questo che la prima tragica
decisione della giornata è quella di fare una doccia.
Subito.
È un sacrilegio. L'acqua è più fredda
del suo corpo per i primi momenti, porta quindi la leva tutta dalla
parte del bollino rosso e dopo poco si ustiona un braccio. Quando,
dopo un quarto d'ora di tentativi, raggiunge una temperatura
accettabile, scopre che manca lo shampoo. Zampetta ovunque, bagnando
il pavimento, prende lo shampoo e torna dentro. Cazzo che
freddo.
L'escursione tra l'acqua e l'aria, il sapone negli occhi,
i nodi nei capelli, la voglia di dormire che lascia spazio a quella
di riuscire a non scivolare là dentro, sua madre che apre
l'acqua facendolo ustionare o congelare senza preavviso.
Jsdhavduaqgsd!
Il freddo esterno è inevitabile come
l'accappatoio super lontano e le ciabatte dimenticate in camera,
quindi impreca e cammina in punta di piedi fino all'accappatoio,
lasciando delle impronte da cervo, poi stende a terra uno degli
indumenti che si è tolto e ci pattina fino in stanza, fino ai
calzini e alle scarpe. E vaffanculo le ciabatte.
“Shikamaru,
sei svenuto nella doccia?”
“Sì,” risponde
alla madre, mentre si siede a tavola.
In meno di venti secondi
Nakaru gli ha riempito la maglia di biscotti biascicati e quando sua
madre riesce a farlo smettere ci sono latte e biscotti lattosi
ovunque. Lui appoggia la testa sul palmo della mano e guarda il
figlio di Asuma e Kurenai ridere come un matto del biscotto fradicio
che cola dal proprio sopracciglio.
Poi appare una tazza di caffè
latte davanti al suo naso.
“Buon compleanno, morto di
sonno,” dice sua madre con un sorriso che contagia anche
Shikamaru e che sembra rendere più tranquillo Nakaru.
Poi
la magia si rompe e un biscotto mangiucchiato gli finisce nella
colazione con un odioso pluf.
“Ehy, com'è
che sei già in piedi?” lo accoglie Chouji alla locanda, mentre Ino
gli salta praticamente in braccio, in barba al fatto che lui tiene un
bambino di pochi anni per mano.
“Kurenai, Nakaru, mia
madre...” biascica lui, elencando le sue disgrazie senza un
ordine preciso.
“È tutto chiaro Shikamaru! Vuoi un
caffè, o dieci, venti?” bercia Ino, a due centimetri dal
suo orecchio.
“Buon compleanno Shikamaru!” dice Chouji
a tradimento quando lui si siede con loro.
Sorride, china la testa
e potrebbe anche ringraziare se non fosse strangolato da Ino e le sue
tette, mentre lo abbraccia nuovamente.
“Auguri... Oh che
bello! Sei invecchiato anche tu!” trilla lei, sfregando il viso
sul suo collo. Chouji sorride con gli occhi socchiusi e le patatine
in mano.
“Andiamo al parco?” dice poi,
salvandolo.
Shikaku sorride, qualche tavolino più là,
facendo un cenno d'intesa al figlio. Lui il regalo glielo farà
battendolo a Go, dopo pranzo, prima del sonnellino pomeridiano.
Nakaru
ride. Ride perché Ino fa delle facce strane, storcendo le
labbra e incrociando gli occhi; perché Chouji ha delle buffe
fossette sulle guance paffute e lui ci passa il ditino sopra,
cercando probabilmente di capire cosa siano; perché Shikamaru
sembra sempre così perso e sonnolento che sembra debba
crollare da un momento all'altro.
Così, con le risate del
bambino in sottofondo, Shikamaru si mette a sedere sulla discesa
dello scivolo, poco distante dalla panchina su cui stanno gli
altri.
Asuma gli ha insegnato che lo scivolo è l'ideale per
oziare, il suo maestro ne sapeva sempre una più degli
altri.
Si sdraia. Il corrimano ai lati gli impedisce di cadere, la
superficie è liscia, ma senza sporco ne insetti, la pendenza è
tale che vede il cielo come se si fosse sdraiato per terra, su una
collina. Ci sono alberi le cui fronde sono scosse dalla brezza, c'è
il cielo azzurro macchiato di spruzzi bianchi; e non c'è il
sole, invece, coperto dalla vegetazione. Quando torna giù, a
terra, intorno a lui c'è il brusio del mondo, le risate di
Nakaru sì, ma anche i rumori della civiltà mischiati
con quelli della natura. Ino che fa versi strani, il vento tra i
capelli, le nuvole chiare che forse osservano lui proprio come lui fa
con loro e Kurenai che appare sopra la sua testa, sorridente.
Magari,
in fondo, a volte, vale la pena alzarsi presto di Domenica.
Owari
Mh. Non
so cosa dire se non che mi vergogno alle volte a partorire certe
cose. Però è vero anche che non mi vergogno abbastanza,
evidentemente, perché poi le posto sempre.
Ahn, l'ambiente
è tipicamente occidentale - lo so, è una cagata - e mi
dispiace, ma non conoscendo a fondo quello orientale avrei finito per
dire cavolate. E i bagni giapponesi non li ho trovati sul web. u__ù
Buon compleanno amico mio, e fatti forza che, alla fine, ne vale la pena.
I personaggi e i luoghi non mi appartengono, e non c'è lucro.