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Autore: Simphony    27/09/2010    1 recensioni
[Partecipante al "The One Hundred Prompt Project" con la raccolta "Stagioni"] Quando decidi di rimediare, una nuova pugnalata si aggiunge alle altre. E allora, il cervello ti si annebbia e perdi inesorabilmente il controllo tue azioni.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Raccolta "Stagioni"'
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Piccola Shot facente parte della serie “Stagioni”. Questa e le altre fic di questa serie partecipano alla “The One Hundred Prompt Project” rimandabile al banner posto qua sotto.


The One Hundred Prompt Project

Spero vi piaccia

Simphony


*°*


Raccolta n.° 1 – Stagioni 03


Prompt 38 Primavera

Primavera


05 Giugno 2004


(P.O.V. Ohno)


Sono passati sei mesi da quando Nino si è praticamente dichiarato e io l'ho praticamente rifiutato.


Sospiro. Le prove sono finite da almeno un'ora e da altrettanto tempo sono nella doccia con il getto d'acqua fredda sulla testa.


Non lo so. Forse inconsciamente spero di prendere una broncopolmonite fulminante che mi liberi da questo mondo.


Bussano alla porta.


« Chi è? » borbotto senza spegnere l'acqua.


« Emh... Riida, si può sapere che hai? »


E' Sho.


« Mi sto lavando. Non si vede? »


« Ecco... Stanno chiudendo la palestra. Credo che vogliono che tu esca da qua dentro e te ne vada a casa. »


« Non ho finito di lavarmi. Non si vede? » ripeto mesto alzando la faccia verso il getto d'acqua.


« Si... Riida, diciamo che hai abbondantemente superato l'orario di chiusura. Diciamo di almeno 2 ore. Hanno chiuso un occhio perché sei il leader degli Arashi, ma anche loro hanno una famiglia! »


Sbuffo. Chiudo l'acqua, indosso l'accappatoio ed esco dalla doccia. Le luci sono chiuse e le uniche anime che popolano questa palestra sono il guardiano che mi fissa truce sulla soglia dello spogliatoio e Sho seduto accanto alla mia borsa.


« Ecco, adesso me ne vado. » borbotto seccato infilandomi i pantaloni e la maglietta. Infilo restio anche le scarpe, il giacchetto e la borsa a tracolla.

Sho rimane al mio fianco senza dire nulla, fino a che non arrivo fuori dalla palestra. Mi fermo sul marciapiede, a respirare l'aria fresca della notte, nonostante sia quasi fine giugno.


Si sta bene. Mi piace l'estate, di notte, quando il caldo e l'afa si sono calmate e quando si può finalmente respirare.

Mi piace fare una passeggiata per la Tokyo ancora brulicante di vita.


Eppure sento che nulla di tutto questo mi può importare.

Ogni istante dell'ultimo incontro natalizio con Nino è impresso nella mia testa a fuoco, come un tatuaggio.


Sospiro. Sho dondola sui talloni e sulla punta dei piedi, poi mi guarda.


« E' successo qualcosa con Nino, vero? » mi chiede, schietto.


Rimango in silenzio. Con che coraggio posso guardare Sho negli occhi e dirgli che cosa ho fatto? Io stesso mi ritengo una persona abietta per questo. Cosa potrà pensare di me lui?


« Senti Satoshi. » inizia lui « So che è successo qualcosa. Si vede lontano un chilometro. E quando vedi Nino... ecco, si capisce che avete discusso. »


Faccio scivolare a terra il borsone e mi siedo sul marciapiede. Lui mi imita.


« Sho, io mi sono comportato male. A Natale lui... mi ha detto che voleva stare con me. Che voleva qualcosa di più di quello che avevamo. » concludo a fatica.


« Ma non è quello che volevi? Riida, a te piace da impazzire Nino. » esclama lui fissandomi a bocca aperta.


« Si. » accenno una risata, con gli occhi lucidi « Ma non potevo. Capisci? Non potevo rovinare la sua vita, non potevo rovinare la vostra carriera, non potevo permettermi di andare contro la casa discografica e i giudizi della gente. Non potevo accettare i suoi sentimenti, nonostante... io lo ami più di qualsiasi altra cosa. »


Sputo tutto in un fiato i miei pensieri e con loro anche le lacrime iniziano a scivolare lungo le guance.


« Tu non sei tipo da preoccuparsi della gente, Riida. »


« Se i piani alti avessero scoperto di me e lui, ci avrebbero cacciato fuori. » sibilo guardandolo « Non potrei sopportare una cosa del genere. Nino senza lavoro! E' assurdo. » commento pianissimo, senza nemmeno avere il coraggio di parlare.


Sho rimane in silenzio, si porta la testa fra le mani, respirando profondamente, come se gli mancasse anche a lui l'aria.


« Riida, non so che dire. »


« Per favore. Non dire nulla. Sono già abbastanza giù senza sapere che mi disprezzi. »


Sho alza la testa come se fosse stato punto da una vespa.


« Ma che idee ti fai? Io non ti disprezzo. Hai fatto una scelta. L'hai ponderata. Hai valutato i pro e i contro. E nonostante tutto, hai fatto un buon ragionamento. Non potrei mai disprezzarti per una cosa del genere. »


« Meglio. Perché il disprezzo che provo verso me stesso è già sufficiente. »


« Riida, hai più parlato con Nino? » mi chiede.


« No. Non di quello che è successo a Natale, insomma come potevo parlargli? »


Sho di ostina nuovamente dietro una barriera di silenzio dopo la mia risposta. Mi sento sulle spine come se dovessi dare un esame importante.

Nemmeno prima di un concerto sento l'ansia avvolgermi lo stomaco come se qualcuno dovesse strapparmi le budella dal mio corpo.


« Io penso che tu dovresti parlarci. Seriamente Riida. » conclude ignorando il mio tentativo di parola « Non puoi continuare così. Alla fine non sarà la tua relazione con Nino a disturbare le attività del gruppo, ma il non averlo fatto. Sei sempre distratto, sbagli i passi, non canti bene. Risolvi questa situazione. E risolvila nel migliore dei modi. »


Annuisco. Non so che dire. Probabilmente Sho ha ragione. Dovrei darmi una mossa e avere il coraggio di andare da lui e parlargli.


Ma cosa dirgli? Come guardarlo negli occhi e spiegargli i miei gretti e materialistici motivi? Di nuovo.


Sospiro. Di nuovo.


« Va bene. » dico solo alzandomi in piedi e spolverandomi i pantaloni « Ci proverò. »


« Devi farlo. » mi rimprovera Sho. Prendi le chiavi della sua macchina e le fissa a fondo.


« Non hai più treni per tornare a casa. » mi guarda e scuote la testa « Quand'è che ti decidi a prendere la patente? » non attende una mia risposta « Dai, ti porto a casa. Salta su. »


*°*


Arriviamo a casa mia dopo poco tempo. Il traffico a quest'ora è moderatamente sopportabile. Quasi inesistente se paragonato a quello che ci assilla durante la giornata lavorativa.


Scendo dalla macchina, prendo il mio borsone e chiudo la portiera.

Guardo Sho.


« Grazie del passaggio. » mormoro « A piedi non so quando sarei arrivato. »


« Non farci l'abitudine. » scherza lui « A domani Riida. Buonanotte. »


Accenno un saluto e lui parte di nuovo lungo la strada. Io entro nella mia solitaria casa di Tokyo.


Getto il borsone fuori dal bagno e sbuffo.

A volte odio questo lavoro.


Cerco di distrarmi. Sistemo la borsa, mi cambio, sistemo ancora i vestiti. Poi mi getto sul letto, con la casa completamente al buio.


Chiudo gli occhi, sprofondo quasi subito nel sonno.
Spero solo sia un sonno senza sogni.


*°*


Passa quasi una settimana.


La domenica mattina successiva al mio incontro con Sho mi decido ad andare a casa di Nino per parlargli.


Non si può più andare avanti a così. Dopo l'ultima disastrosa registrazione per il nostro talk show, ho capito che non posso fare altrimenti.


Raggiungo casa sua nel pomeriggio. Sono circa le quattro. Fa caldo per essere maggio. Un caldo spaventosamente afoso.


A maggio... Primavera. Gli uccellini cinguettano, il sole splende alto nel cielo, ogni essere vivente tenta di riprodursi con tentativi più o meno disastrosi e più o meno concludenti.


Odio la primavera. Tralasciando l'allergia, il fatto che ti ammali immancabilmente, nemmeno fosse gennaio, e tralasciando anche il fatto che chiunque sprizza ormoni come se fosse una una fabbrica del sesso, ti senti disperatamente solo come un imbecille.


Giro per la città e le coppiette si abbracciano, si stringono, si baciano. A volte vorrei spaccare il mondo in testa a qualcuno.


Decido di lasciar perdere i miei pensieri depressi ed entro in casa di Nino. La madre mi saluta, tranquilla come al solito.


Le dico che raggiungo il figlio e lei annuisce sorridendomi come al solito. Salgo le scale a due a due, cercando di ignorare il mio cuore che batte più velocemente di quello che può permettersi.


Allungo la mano per afferrare la maniglia quando sento dei gemiti. Mi blocco.


Immobile, come un imbecille alla penombre del corridoio appena illuminato dal sole.


I gemiti si fanno leggermente più forti, sono seguiti da un “Shhh” di avvertimento.


« Kazu... » mormora la voce in un bisbiglio appena udibile « Kazu, io... »


« Zitto. » sibila il proprietario di casa « Mia madre potrebbe sentirci. »


Inghiotto, mentre il sudore mi cola lungo la fronte. Il mio respiro si fa più affannoso, così come i gemiti provenienti dalla stanza si fanno ancora più forti.


Io rimango impietrito. Kazunari sta facendo sesso con un altro uomo.


E non trovo né la forza per allontanarmi, né il coraggio per entrare.


In fondo, dopo quello che gli ho detto, che diritto ho di entrare e pretendere che lui non stia con qualcun'altro? Come posso pretendere che lui... rimanga fermo sulla situazione di cinque mesi fa?


Com'è il detto? “Ogni lasciata è persa

Bene, evidentemente si addice del tutto a questa situazione.


Ero comunque, alla fine, riuscito a smuovere le gambe per andarmene in silenzio, quando sua madre si affaccia sulla scala.


« Oh – chan » esclama a voce alta sorridendomi « Scendi a fare merenda. »


I rumori all'interno della stanza si interrompono brutalmente, si sente un gemito di fastidio, bisbigli quasi terrorizzati, vestiti che si agitano dietro la porta chiusa.


« Grazie signora. » accenno un debole sorriso, lo stomaco stretto in una morta letale « Ma stavo andando via. Ero passato solo per dieci minuti. »


Lei sorride ancora, china leggermente la testa e va via.


La porta si apre all'improvviso. Kazunari sembra sconvolto. Capelli arruffati, viso arrossato, respiro affannato, mano arpionata intorno al bordo della parte.


Non la apre del tutto. Il minimo spiraglio sindacabile per affacciarsi.


« Riida. » saluta « Cosa ci fai qua? »


« Ero venuto per parlarti. » le parole escono lentamente dalla mia bocca « Ma... diciamo che non volevo disturbarti nelle tue attività. Me ne stavo andando. Ma tua madre... mi ha chiamato nel momento sbagliato. » sussurro cercando di essere il più disinvolto possibile.


Senza volerlo, inizio a ridacchiare. Isterico. Stringo le mani a pugno, mentre le risate si mescolano alle lacrime silenziose.


« Scusa. » mormoro senza riuscire a respirare a causa delle risate « Sai, Sho ci era riuscito sai? A convincermi a venire qua. Penso che quando gli dirò che stavi facendo sesso con qualcun'altro, morirà dalle risate. »


Kazunari rimane in silenzio. Io continuo a ridere, mentre continuo a piangere. Un binomio insopportabile, specie davanti a lui.


« Riida, io... »


« No, non devi scusarti. » mi asciugo le lacrime « Sai, è colpa mia. Cinque mesi fa ho pensato che sarei riuscito ad andare avanti, anche senza di te. E quindi non volevo rovinare la carriera del gruppo. Ho pensato davvero che fosse la cosa migliore per tutti se io e te non ci fossimo frequentati. E ho pensato davvero che in questa situazioni sarei riuscito a mantenere un comportamento formale. »


Stringo la mano sul petto. Fa male. Diamine se fa male.


« Riida, davvero, io... »


Lui non mi guarda. Ha gli occhi rivolti a terra. Le sue nocche sono terribilmente bianche.


« Scusami. » dico solo « Scusami per averti respinto. Scusami per tutto quanto il dolore che ti ho causato. Spero che tu e la persona che origlia dietro la porta, possiate essere felici. »


« E' solo sesso. E lo sappiamo tutti e tre. » ringhia Kazunari guardandomi « Io ti amo. E nonostante quello che è successo a Natale, continuo ad amarti. »


Indica dietro di sé, senza aprire la porta. Gli trema il braccio e fa fatica a parlare.


« Lui... Lui è solo... Lui è solo un... »


« Sostituto. » conclude per lui una voce conosciuta. « Un sostituto Riida. »


Kazunari socchiude gli occhi. Io li spalanco.


E quando Matsumoto Jun appare sulla soglia, io rischio seriamente di morire.


*°*


Non ricordo molto di quel giorno. So solo che adesso sono in ospedale con un sopracciglio rotto, una trauma cranico e l'impossibilità di mangiare cibi solidi per due mesi.


Non che Jun stia meglio. Anzi. Siamo alla pari. Quasi. Insomma. Lui può mangiare almeno.


Non lo avrei mai detto. Ma lui picchia forte. Mingherlino e alla moda, non avrei mai pensato che un suo pugno potesse farmi così male.


La porta si apre. E' Jun.


Dio, che cosa vuole da me adesso?


Si siede sulla sedia accanto a me.


« Posso parlarti, Riida? » mi chiede piano. Annuisco. Che altro potrei fare con una garza che mi blocca la salivazione all'interno della guancia e m'impedisce di parlare?


« Riida, non volevo farti male. E' solo che in quel momento eri una bestia inferocita. Ho avuto paura. Seriamente Riida.» borbotta imbarazzato.


Seccato tolgo la garza. Non dovrei. Ma chi se ne frega ormai.


« Ti stavi scopando Kazunari. » ringhio « Volevi una stretta di mano e un sigaro per il post - sesso? » esclamo.


« E' solo sesso. Solo una scopata. »


« Non m'interessa. Vi ho sentiti. Tu... Tu.... Cazzo, Jun stavi... » non trovo le parole.

Di nuovo ho le lacrime agli occhi per la rabbia.


Jun sospira di nuovo. Si siede meglio, divarica leggermente le gambe e si appoggia con i gomiti sulle cosce, prendendosi il volto fra le mani.


« Nino era depresso dopo Natale. Stava veramente giù, a causa di quello che gli hai detto. Un giorno stava piangendo e io allora l'ho abbracciato per consolarlo. Lui era disperato. Mi ha chiesto di sostituirti, perché non poteva averti. » accenna una risata triste « Mi ha chiesto se mentre facevamo sesso poteva chiamarmi Satoshi. »


Lui stringe le mani sulle ginocchia. Io mi passo una mano sulla faccia.


« Allora è cominciato tutto quanto. Lui aveva e ha tutt'ora un desiderio incontrollabile per te. »


Rimango in silenzio. A lungo. Poi lo guardo. E' veramente a terra.


E nonostante i lividi in faccia, diciamo che mantiene il suo fascino.


« Nemmeno io volevo farti così male. Non era mia intenzione. Ma quando ti ho visto, ho perso la ragione. Se fosse stato un estraneo, sesso o amore che fosse, non avrei reagito così. Ma vedendo te... mi sono sentito tradito Jun. Ho rinunciato a Kazunari perché non volevo metterci nei guai con la casa discografico e tu ti scopi allegramente Nino. Hai idea di come mi sia sentito? »


Lui non risponde. China la testa, senza dire nulla.


« Mi dispiace Riida. Mi dispiace. »


« Non fa niente. Ormai credo che io e Nino siamo diventati definitivamente incompatibili. »


« Per favore Riida. Davvero. Trova un modo per stare con lui. » si alza e si stiracchia, sospirando « Ci vediamo alle prove Riida. Riprenditi. »


« Ah, ma cosa diremo alla casa discografica? »


« Tranquillo. Ho risolto tutto. Diciamo che sono piuttosto bravo a recitare! » ridacchia, mi dà le spalle ed esce dalla stanza.


Io rimango da solo con i miei pensieri. Non c'è altro da fare che prendere un po' di coraggio, andare da Nino e vedere cosa il destino ha in serbo per noi.


Per ora rimango qua. Mentre il dolore alla testa diminuisce e il sopracciglio smette di farmi male.


Socchiudo gli occhi. E qui mi addormento.


Fine

   
 
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