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Autore: _Mary    30/09/2010    12 recensioni
Una foresta; un uomo; un’ossessione. Qual è il confine tra amore e follia?
E mentre la luna veniva oscurata, vide di nuovo i suoi occhi, avvertendo la forza di due mani scarne nelle sue, nella stanza in penombra che odorava di malattia.
“Io so che la riporterà qui. Tienimi in vita fino ad allora”.

Prima classificata alla 'I edizione contest cinematografico' indetta da Lilyblack e MaBra sul forum di EFP.
Prima classificata al 'Premio Piuma di Gallina', indetto da Fabi_, Vogue e LoveChild sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Puzzle' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Ghost Obsession

 

La donna era assorta, lo sguardo perso all’orizzonte. La fioca luce della luna, velata dalle nubi di quella notte d’estate, si rifletteva debolmente sui suoi capelli biondi, nascondendo le rughe sottili agli angoli dei suoi occhi stanchi.

Era stata chiamata in molti modi: strega, Signora, viandante. Aveva visto le tracce della morte sui volti delle persone che aveva cercato di salvare con la sua scienza e le sue erbe, e aveva visto spesso lo sguardo che sua sorella aveva in quel momento. Altrettanto spesso aveva avvertito quell’odore di morte, il sentore della fine ormai vicina. Si era rassegnata a perderla già da qualche tempo, ma gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano accelerato il corso della malattia sconosciuta.

E mentre la luna veniva oscurata, vide di nuovo i suoi occhi, avvertendo la forza di due mani scarne nelle sue, nella stanza in penombra che odorava di malattia.

“Io so che la riporterà qui. Tienimi in vita fino ad allora”.

Si voltò verso il cavaliere pronto a partire: nei suoi occhi grigi non c’era luce, solamente una quieta rassegnazione.

Mi sento tranquilla se vai tu a prenderla” sussurrò, la voce roca.

Il cavaliere rimase in silenzio. La donna fece un mezzo sorriso, osservandolo. Non era mai stato di molte parole, e si chiese cosa mai avesse potuto trovarci sua sorella, per riporre in lui tanta fiducia. I gesti bruschi delle sua mani e lo sguardo sfuggente rivelavano un’impazienza mal celata, che la strega si divertì a prolungare ancora per qualche secondo.

Si strinse nel mantello blu, guardandosi intorno. Tutto era pronto. Il cavallo fremeva, ed il cavaliere nero sembrava stranamente a disagio. La strega si chiese cosa, esattamente, rendesse sua sorella certa del ritorno di sua figlia.

Hai sempre servito bene il tuo signore” disse alla fine, mentre quello montava a cavallo. “Servirai mia sorella come hai servito mio padre?”

Il cavaliere, prima di esortare il cavallo, annuì, sostenendo il suo sguardo.

Io servirò sempre Hogwarts”.

*

Il cielo plumbeo sulla testa del cavaliere non lasciava presagire niente di buono per quel giorno. Pochi, esitanti raggi di sole filtravano attraverso la volta di foglie degli alberi, mentre mosaici di pallida luce giocavano col sottobosco. Il verde dominava la foresta, che sembrava lambire nel suo abbraccio tutta la stretta valle di quella barbara terra straniera: che fosse muschio, foglie, erba, la vegetazione contrastava con quella luce grigiastra e scura che arrivava a toccare la terra. Rimbombi di tuoni lontani scuotevano villaggi in cui il giovane uomo era già passato, durante la sua paziente ricerca.

Il cavallo nero si mosse, irrequieto. Tremava. Era stremato dalla corsa e dal riposo interrotto ad ogni nuova alba, per essere ripreso solo alle soglie di un crepuscolo violaceo. Le occhiaie sul volto del cavaliere erano le testimoni di notti passate a pensare, progettare, tessere piani, notti in cui il riposo era relegato alle poche ore prima che il cielo cominciasse a schiarirsi, quando persino la sua determinazione doveva cedere alla lusinga di un giaciglio scomodo e provvisorio.

Un tuono più vicino degli altri fece sentire il suo cupo boato. L’uomo non si distrasse, continuando a tendere l’orecchio per sentire i rumori che le spie silenziose del bosco potevano portargli. Sarebbe potuto sembrare addormentato, se non fosse stata per quella sottile tensione che gli aveva fatto spuntare una ruga sulla fronte pallida. La sua immobilità era troppo perfetta perché potesse essere naturale, e anche se gli occhi erano chiusi, chiunque avrebbe capito che quell’uomo era come un animale pronto a scattare, in attesa di una preda che aveva cercato per molto tempo. Nemmeno le gocce di pioggia sottile che erano riuscite a farsi strada tra le fronde riuscirono a farlo desistere dalla sua attesa silenziosa ed immobile, mentre nell’aria ferma e stagnante si levava il nitrito del suo cavallo.

Aprì gli occhi all’improvviso, come se avesse avuto bisogno di tutti i suoi sensi. Forse, qualcosa era cambiato. Il vento avrebbe potuto sussurrargli all’orecchio che l’uomo l’aveva trovata, e la stava portando da lui. Se così fosse stato, il cavaliere sarebbe stato ad un passo dall’ottenere ciò che desiderava.

Si alzò lentamente in piedi. Ora si poteva sentire più chiaramente: qualcuno stava venendo verso di lui dal fitto della foresta. Il cavallo nitrì, scalciando, mentre un lampo di trionfo attraversava per un momento lo sguardo del cavaliere, vedendo le due figure che si stavano avvicinando facendosi largo tra i rami bassi degli alberi.

Erano un uomo ed una giovane donna. Il primo aveva l’espressione persa, mentre trascinava una ragazza che tentava di liberarsi dalla sua stretta. Quando vide il cavaliere, un’ombra di paura e comprensione attraversò lo sguardo della seconda, un’ombra che fu subito nascosta dietro un’apparente aria di sfida.

I due si fermarono di fronte a lui. La ragazza non accennava ad abbassare lo sguardo, e nonostante la veste strappata ed i capelli spettinati sciolti sulle spalle – segni di una fuga che era durata fin troppo -, sembrava emanare una dignità ed una fierezza che il cavaliere aveva visto solamente in un’altra donna.

Più precisamente, nella donna che si stava consumando nel suo letto a miglia di distanza, aggrappandosi alla vita con tutte le poche forze che le rimanevano, pur di vederli tornare.

Doveva finire.

Il cavaliere, con un pigro, muto svolazzo della bacchetta, uccise l’uomo, che cadde a terra senza un lamento.

Attese che fosse la ragazza a parlare. Uno sguardo attento gli rivelò i segni di un malessere che non sarebbe riuscita a sopportare ancora a lungo, se lui non l’avesse trovata: non era nata per vivere tra i boschi, senza qualcuno che la curasse e la riverisse. La veste sporca, le mani graffiate e le condizioni in cui si trovava rivelavano che aveva cercato di sopravvivere con le sue sole forze. Probabilmente non aveva neanche più il cavallo con cui era fuggita, per non parlare del diadema che aveva sottratto alla madre, che si era sicuramente trovata a dover vendere per sopravvivere.

Nonostante tutto, lei non abbassò il suo sguardo. Sostenne l’esame del cavaliere a testa alta, come se non ci fosse nessuna differenza tra quello che era diventata in quel periodo e la ragazza raffinata ed elegante che lui aveva conosciuto.

Alla fine, il cavaliere Evocò due sedie e si accomodò, facendo cenno all’altra di imitarlo.

“Non accetterei un tuo invito neanche se ne andasse della mia vita” replicò quella, sdegnosa.

Il cavaliere, che non era riuscito a reprimere un ghigno, indurì lo sguardo.

“Faresti meglio a sederti, Helena” sibilò. “Sono sicuro che tu sia stanca”.

Sorrise tra sé nel vedere la brevissima occhiata di desiderio che la ragazza lanciò alla sedia. Ma dopo quell’istante di esitazione, rimase in piedi, testarda.

Il temporale si stava rapidamente avvicinando. La luce, già scarsa, era calata ancora, ed il cavallo nero fremeva, scuotendo il capo. Il cavaliere sapeva che di lì a poco sarebbe piovuto, ma non se ne curava.

Guardava la ragazza, che aveva incrociato le braccia al petto, rabbrividendo. L’aveva amata dal primo momento in cui l’aveva vista. E più l’aveva amata, meno le aveva voluto bene. *

La fanciulla abbassò lo sguardo sul cadavere dell’uomo al suo fianco. L’altro la precedette.

“Uno del luogo. Ho pensato che avrebbe potuto trovarti molto prima di me, dato che conosce questa foresta meglio di chiunque altro”.

Poi, dopo essersi umettato le labbra, agitando una mano con fare noncurante, aggiunse:

“O meglio, conosceva”.

La ragazza gli rivolse un’occhiata disgustata.

“Non hai mai avuto rispetto per altri che non fossi te stesso” sibilò. “Non hai esitato a servirti di quest’uomo e poi a sbarazzartene. Dimmi, quanti altri ne hai uccisi per trovarmi?”

Il cavaliere strinse la mano destra a pugno. Poi rise amaramente, passandosi l’altra tra i capelli.

“Non sforzarti di fingere uno sdegno che non provi, Helena. Sappiamo entrambi che non ti importava niente di lui”.

Il suo sibilo fece rabbrividire la ragazza, che indietreggiò impercettibilmente.

L’altro prese un respiro profondo: lo stava facendo di nuovo. Si stava lasciando trascinare dal suo orgoglio, ma non era colpa sua: Helena riusciva a tirar fuori il suo lato peggiore.

“Helena”.

La vide alzare lo sguardo. Si accomodò meglio sulla sedia prima di provare, di nuovo, a scalfire il suo disprezzo glaciale.

“Ti prego. Prova soltanto ad ascoltarmi” le disse. La vide inarcare un sopracciglio, ma prima che potesse dire qualcosa, continuò:

“Sono venuto fin qui da Hogwarts. Torna con me”.

Per qualche istante, il Barone pensò che Helena sarebbe semplicemente rimasta in silenzio, sdegnosa. Poi, però, la vide ridere.

Non l’aveva mai vista ridere in quel modo. Tutto quello che gli aveva riservato, ogni volta che aveva provato a parlarle, erano state occhiate sprezzanti e sorrisi derisori. La risata che sentiva in quel momento, invece, era così nuova per lui, che per un momento rimase interdetto.

Prima di essere costretto ad abbassare lo sguardo.

“Tornare? E perché? Perché mia madre ha mandato il suo prediletto a prendermi?” disse Helena, dopo che anche l’ultima eco della sua risata si fu persa nella foresta.

“Perché il Barone me lo sta chiedendo? Perché dovrei cadere ai suoi piedi? No, non tornerò, e tu non potrai obbligarmi in nessun modo, neanche stregandomi come hai fatto a quell’uomo!”

Il Barone serrò i denti, stringendo i pugni fino a sentirne le unghie nella carne. L’altra continuò.

“Non voglio più avere niente a che fare né con te, né con chiunque altro stia in quella scuola. Puoi tornare a Hogwarts”.

Il cavaliere si alzò in piedi, raggiungendo la ragazza. Un nuovo lampo di paura attraversò il suo sguardo, quando la prese per le spalle.

“Tu tornerai con me” sillabò, fuori di sé. “Ti ricondurrò a Hogwarts, costi quel che costi”.

Helena tentò di divincolarsi.

“Dov’è finito il tono contrito di poco fa?” gli chiese, sfidandolo. “Non riesci a controllarti, Barone?”

“Ti ho detto che tornerai con me” ripeté il cavaliere, cercando di mantenere la calma.

Helena sorrise, una luce folle negli occhi.

“Dovrai uccidermi, piuttosto” sibilò.

Il Barone sostenne il suo sguardo. Poi la lasciò, come se si fosse scottato. La guardò, e riuscì a vedere soltanto una giovane donna testarda, senza neanche un briciolo di timore o rispetto negli occhi.

Si portò le mani alla faccia. Non riusciva a ricordare da quanto tempo lei fosse penetrata nei suoi sogni, costringendolo a svegliarsi e a fronteggiare una realtà che era l’esatto contrario dei suoi desideri. Non sapeva perché lo disprezzasse a tal punto, perché lo avesse rifiutato quando le aveva rivelato il suo amore, perché fosse arrivato a non poterle parlare senza doversi allontanare infuriato, perché lo avesse in suo potere a tal punto da riuscire ad umiliarlo ogni volta.

Stava diventando pazzo, o forse lo era già. Si accorse di tremare, e colse lo sguardo spaventato di Helena.

Doveva finire.

Le voltò le spalle, cercando di riprendere il controllo. Quando il respiro tornò regolare, si avviò verso il cavallo.

Nel silenzio, il Barone carezzò lentamente il collo dell’animale. Doveva essere quasi notte, oramai, anche se era impossibile stabilire con esattezza se quella luce grigia fosse causata dalle nubi o dal tramonto. I primi rumori notturni riuscirono ad arrivare alle sue orecchie, mentre un’idea, lentamente, si faceva strada in lui.

“Permetti… permetti almeno che ti chieda una cosa”.

Anche se non la vedeva, avrebbe potuto giurare che Helena si fosse irrigidita, sorpresa dal suo cambio di tono, forse incerta sul da farsi.

“Perché mi odi?” chiese. “Cosa ti ho fatto? Perché mi disprezzi a questo punto?”

Quando si voltò e alzò lo sguardo su di lei, il cavaliere notò che, alla fine, un’ombra di pietà si era fatta strada sul viso altezzoso della ragazza.

“Massacrerei il mondo intero… se solo tu mi amassi”.

Sentì la sua voce rompersi, e per un istante sperò che Helena comprendesse. Non che lo amasse, ma che, semplicemente, potesse parlargli come gli aveva parlato quando era ancora una bambina che giocava nel cortile di quel castello che le era venuto in odio.

Che non lo costringesse a far finire tutto.

Ma non avvenne. Helena gli rivolse un’ultima occhiata di sfida, e poi gli voltò le spalle, facendo per avviarsi verso il folto del bosco.

Il Barone, però, non glielo permise. Non le avrebbe permesso di umiliarlo anche di fronte a Rowena, costringendolo a ripresentarsi senza colei che era stato mandato a cercare. Non aveva amato lui, e non avrebbe amato nessun altro.

Doveva finire.

E, dopo, si sarebbe punito per l’eternità per non essere riuscito a farsi amare.

La foresta sembrava essere improvvisamente calata in un silenzio di morte, perché il cavaliere non riusciva a sentire più niente. Vedeva soltanto la macchia di sangue rosso che si allargava sul vestito grigio della ragazza.

Mentre la stessa lama con cui l’aveva pugnalata gli toglieva la vita, il cavaliere pensò che, alla fine, ci era riuscito.

Era finito tutto.

 

 

 

Sono finalmente riuscita a postare questa fanfiction, dopo una serie di peripezie tecnologiche infinita XD Ad ogni modo, ha partecipato alla ‘I edizione contest cinematografico’ indetta da Lilyblack e MaBra sul forum di EFP, e si è classificata prima *-* Si richiedeva di scegliere da una lista di citazioni e dialoghi due ‘pezzi’ di un fim – Il Gladiatore. Io ho scelto ‘Massacrerei il mondo intero, se solo tu mi amassi!’ e ‘Servirai mio fratello come hai servito mio padre?’, ‘Io servirò sempre Roma’. Ringrazio le giudici per il loro giudizio e faccio i complimenti alle altre partecipanti. Ho letto le due storie pubblicate e mi sono piaciute moltissimo *-*

Solo una cosa: ho scelto l’arancione come rating perché – anche se in modo velato, a parer mio – ho trattato un omicidio. Per la stessa ragione ho inserito l’avvertimento ‘Non per stomaci delicati’, ho pensato fosse meglio avvertire per evitare sorprese sgradevoli.

 

Riporto il giudizio, nel caso in cui interessasse a qualcuno. Risposta ad eventuali recensioni via e-mail, tra stasera e domani <3

 

Un abbraccio,

Ilaria

 

 

_Mary - Ghost Obsession 54.5/55

Originalità: 10/10
Attinenza: 10/10
Grammatica e lessico: 15/15
Caraterizzazione personaggi: 9.5/10
Gradimento personale: 10/10
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La tua storia è praticamente perfetta ed è difficile parlarne senza scadere nel fanatismo da fangirl.
Assolutamente ed incommensurabilmente originale, non vi è nulla di già visto o già letto nella tua fict, è assolutamente impossibile trovare qualcosa in cui sia descritto altrettanto bene l'animo complicato e profondo del Barone Sanguinario.
Hai preso un fantasma di cui non si sa niente, se non che è tremendo e fa paura perfino a pix, e l'hai fatto diventare un antieroe palpitante e tremendamente realistico.
L'attinenza al tema è quasi perfetta, non è ne troppo marcata la somiglianza con il film dal quale proviene la citazione, ne troppo labile.
La grammatica e il lessico non contano la minima imperfezione e l'unica cosa sulla quale si può trovare una minima sfumatura di imperfezione è sulla caratterizzazione dei personaggi. Helena, perquanto sia dipinta magistralmente,
poteva tranquillamente, con pochissimo sforzo, essere resa ancora più presente nella storia.
Oggettivamente non è un vero errore,e l'unicacosa che ci sentiamo di dirti è: Bravissima.

 

 

 

Edit: questa fanfiction ha partecipato al ‘Premio 'Piuma di Gallina', solo per storie edite’, indetto da Fabi_, Vogue e LoveChild sul forum di EFP, classificandosi prima. Inutile dire che sono felicissima di questa cosa e non ho ancora pienamente realizzato.

Riporto anche questo giudizio, ringraziando di nuovo le giudici. Grazie <3

 

 

 

Prima classificata: _Mary “Ghost Obsession”

Grammatica 9.9/10
Lessico e stile 15/15
Caratterizzazione 15/15
Sviluppo della trama 10/10
Originalità 10/10
Gradimento Personale 10/10

totale 69.9/70

Giudizio di Fabi:
La tua storia è una vera favola. Sei riuscita a descrivere gli ambienti e gli eventi in modo davvero magistrale, creando atmosfera ma riuscendo a mantenere lo stile leggero e piacevole. Gli ambienti paiono adattarsi agli eventi, gli stessi tuoni e il vento sono parte della storia. La caratterizzazione dei personaggi è credibile.
Non avevo mai letto storie riguardanti i fantasmi di Hogwarts, anche se ero sempre stata attratta dalle vicende di Helena e del Barone. Ti meriti il punteggio pieno in originalità, e ti darei anche dei punti per il coraggio che hai avuto nel mostrare questa storia, che in effetti risulta difficile da rendere su carta, sia per il tema, sia per il contesto temporale, sia per i personaggi, che hai praticamente dovuto delineare quasi interamente.
Come ognuna delle tue storie che ho letto, non sono riuscita a trovare un difetto che sia davvero un problema.
Mi sono trovata coinvolta ed emozionata. La trama, quindi è sviluppata benissimo. Hai sorvolato su alcuni aspetti, per approfondire il fulcro della storia.
Sono convinta anch’io che tu sia la piccola dea delle fan fiction.

Giudizio di LoveChild:

L’unico errore grammaticale della tua storia è un ‘sua’ invece di ‘sue’ poi è tutto perfetto.
Lo stile è a metà fra il gotico e il romantico, di una bellezza disarmante. Le descrizioni sono ammalianti, ho letto avidamente ogni singola parola di questa storia.
La caratterizzazione è. E’ perfetta, articolata, hai colto i minimi indizi disseminati dalla Row e ne hai fatto due personaggi completi e ne hai fatto due pilastri.
Lo sviluppo della trama è completo, anche se, arrivata, alla fine della storia avrei voluto continuare a leggere fino a consumarmi gli occhi.
Dire che questa storia è originale è dire poco, ci vuole un genio o un folle per partorire un capolavoro di questa portata.
Questa storia mi ha fatta palpitare, mi ha tenuta con il fiato sospeso, mi ha fatta piangere e perfino odiare Helena per il suo cuore di pietra, perché sì: io parteggio per il Barone Sanguinario. Il finale in puro stile romantico è perfetto, non poteva esserci un happy ending in questa storia e tu sei riuscita a dare un finale straziantemente bello. L’ultimo atto di un capolavoro.

Giudizio di Vogue:

Senza parole. Una storia che mi ha lasciata assolutamente senza parole.
Nel punto in cui viene inserita la narrazione di questa vicenda, non si dà troppo peso al racconto di Helena, dato che vi sono sicuramente cose di maggiore importanza a cui pensare.
Eppure tu hai sviscerato questa storia in modo splendido, rendendola una favola.
È una favola per lo stile, che si presenta a tratti persino altisonante, ma assolutamente piacevole da leggere.
È una favola per la caratterizzazione che hai dato sia di Helena che del Barone, i quali ben rappresentano quello che poi sono divenuti nella morte, specialmente per quella sorta di amarezza che permea la Dama Grigia.
La trama è perfetta, racchiude in sé tutti i dettagli (dai più toccanti ai più sordidi) di questo frangente, rendendoli reali più che mai.
E ovviamente è perfetta anche dal punto di vista dell’originalità, dato che sinceramente non avevo mai letto nulla in merito a quest’avvenimento, o comunque niente di così degno di nota.
Una storia semplicemente meravigliosa, in cui hai saputo dar vita alle poche parole del racconto di Helena trasformandole in (lo ribadisco) una favola dal finale tragico, com’era giusto che sia, una favola assolutamente perfetta. Complimenti davvero, sei stata bravissima.
   
 
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