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Autore: Many8    30/09/2010    3 recensioni
Nicole è una psicologa, si trova in Congo, dove è in corso una guerra, si occupa dei bambini, la sua grande passione fin da adolescente. Lavora nell'unico ospedale della zona, entro settanta chilometri,In questo capitolo si trova ad affrontare un caso davvero difficile, un bambino, di soli 9 anni con tanta voglia di vivere, ma quest'ultima repressa dalle ostilità della guerra e della povertà.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Benvenuti a tutti nella mia prima One Shot...spero di aver fatto un buon lavoro! ^.^                                                                                                                                               Questa storia come l'introduzione parla di una dottoressa , di un suo caso, e unico. Non mi ispirava come storia, e sto lavorando ad altre due quindi sarebbe stato impossibile per me crearne un'altra...mi accontento di questo unico capitolo per dare sfogo alla mia tragica  fantasia... Questo capitolo mi è venuto in mente in un circostanza poco simile...ma molto significativa. Vorrei che lasciaste un commento... ve ne sarei infinitamente grata. 

Buona Lettura...<3

 

 

 

Nei paesi del Congo, tra una bomba ed un'altra si cerca di vivere, o meglio di sopravvivere, nel migliore dei modi... 
Nicole, una ragazza poco più venticinquenne, alta, magra con occhi verdi, capelli scuri e pelle olivastra, è una psicologa, americana , nativa Indiana, è specializzata  in pedagogia, si occupa di bambini, la sua grande passione, fin quando da adolescente studiava, di notte, libri usati di psicologia, di terza o quarta mano, comprati alle svendite al mercato, nei quartieri più degradati di Chicago.
E' vissuta lì, tra spacciatori, spari e droga, i genitori , cercando fortuna nel grande continente, avevano solamente trovato povertà e fame. Il padre, non riusciva a trovare lavoro, aveva seri problemi con la lingua i pochi lavori che aveva fatto erano stati di poco profitto, e veniva sfruttato: i soliti lavori illegali.
La madre, invece, era malata, e non poteva lavorare, ma solo grazie a lei che erano riusciti a vivere, anche se con quattro spiccioli, era sostenuta dallo stato, con pochi dollari al mese, ma tanto importanti.
Nicole, figlia unica, aveva conosciuto fame e povertà fin da piccola, lavorava in un Hotel, uno dei più grandi di Chicago, quest'ultimo aveva più di duemila camere, e ci lavoravano più di mille tra inservienti, camerieri, cuochi, portantini e addetti a lavori vari. Lei faceva parte delle donne addette alle pulizie, lavorava di notte, vari giorni alla settimana, così che la mattina potesse seguire le "lezioni", le era sempre piaciuto lo studio, sapere conoscere, ma non lo faceva notare molto, nè emergeva durante le lezioni, troppo intimidita dai compagni di classe, che non solo la maltrattavano ma le facevano subire anche degli atti di razzismo. Lei era l'indiana, e tale era rimasta fino ad arrivare al college. A poca distanza dal quartiere in cui risiedeva, c'era il college, andava ai margini del campus spesso, immaginando di poter un giorno camminare tra quei studenti e lavorare sodo per la laurea. Il suo desiderio si avverò quando all'ultimo anno del liceo, riuscì ad ottenere delle borse di studio, anche grazie ai suoi insegnati, che l'avevano aiutata a scoprire approfonditamente i vari settori, ammaliata e affascinata, Nicole faceva di tutto per stupire sempre gli altri, studiava fino a notte fonda, aveva lavorato sodo per ottenere ciò che possedeva ora: La laurea. Fin dai quattordici anni aveva lavorato a contatto con i bambini, facendo la baby sitter, aveva un senso di responsabilità più alto della media...questo era sicuramente dovuto al fatto che era sem pre stata un piccola adulta.
Aveva voluto, con tutta se stessa essere inviata in missione, in Congo dove era in corso una guerra. Così da diventare uno dei medici denominati : " Medico Contro La Guerra ". Non era assolutamente per il titolo, la sua ossessione, ma anzi, il lavoro lì era duplicato, quando si sta a contatto con dei bambini traumatizzati, dalla scomparsa dei propri genitori, quando hanno visto con i loro occhi uccidere i loro cari..era un dolore anche per lei... Ma lo faceva con tutto il cuore, questo era l'importante.
Ed ora eccola qui, dopo varie settimane di missione, nelle quali aveva conosciuto tantissimi bambini con vari problemi psicologici, ma del tutto guariti, per la loro forza di volontà, grazie alla loro gioia.
Nicole, fuori da una camera della sezione chirurgia pediatrica, doveva far fronte al suo nuovo caso, era sempre una fortre emozione, dover cominciare con un nuovo bambino, vide arrivare un suo collega, medico chirurgo, le spiegherà tutto sul nuovo paziente.
< Buongiorno dottoressa Evans > disse a Nicole.
< Salve Dottor Rigton  > risponde, il medico che  le sta di fronte è alto con carnagione chiara, occhi neri e capelli rossicci. Originario della Russia. Alla sua vista ad entrambi si illuminarono gli occhi.
< Come prosegue il suo soggiorno qui? > le chiese, coem se fosse in resort a cinque stelle e non in un paese inflitto da una guerra. 
< Bene grazie > rispose quasi infastidita.
< Le volevo parlare del suo nuovo paziente > disse il medico.
Nicole annuì sicura e decisa.
< Si chiama Jeremy ed è affetto da mutismo totale, non ha mai parlato da quando è qui. >  iniziò < I genitorni non ci sono, uccisi nell'esplosione che ha visto coinvolto anche lui, gli abbiamo amputato un braccio, non sarebbe mai sopravvissuto. > continuò. 
< Capisco... Non c'è nessun parente oltre a lui, sopravvissuto? > chiese Nicole, cercando di mettere a punto una prima analisi.
< No, nessuno, come ti ho detto è l'unico, le infermiere si sono prese cura di lui, ma è guarito, ora il suo problema è psicologico, e se non tu, noi non pissimo fare niente, siamo costretti a dimetterlo, abbiamo ancora tanti casi e pochi letti a disposizione, sarà affidato a qualche orfanotrofio, sperando che lo adottino, anche se poco probabile, ci sono migliai di bambini mutilati nelle case-famiglie, e i genitori adottivi o affidatari, non accettano bambini con problemi, loro li vogliono sani, perfetti. > disse, Rigton, triste.
< Capisco > disse nuovamente Nicole. < Farò il mio meglio. > Avrebbe fatto di più del suo meglio, aveva già preso a cuore quella storia.
< Allora a dopo, Dottoressa, vorrei che mi informasse del lavoro svolto, magari dopo pranzo... > parlò congendandosi. Nicole fece un cenno con il capo e vide Sam, il medico, allontanarsi. Una volta svoltato l'angolo del corridoio, Nicole si girò su se stessa e bussò leggermente alla porta.  
Nessuna risposta. Aprì lentamente la porta bianca, entrando in camera vide un bambino, da solo nella stanza, gracile, con una flebo al braccio, l'unico braccio, l'altra spalla terminava con un rigonfiamento e delle garze, era magro, carnagione scurissima, come tutti in Congo, e gli occhi straordinariamente neri, nascondevano, come tutti i bambini, in queste situazioni,  sofferenza. Jeremy si girò verso Nicole, quest'ultima gli sorrise incoraggiante, il bambino anch'egli sorrise debolmente e si girò dalla parte opposta. 
< Ciao > salutò Nicole. Si sedette sulla sedia accanto al letto. Nessuna rusposta. 
< Io sono Nicole, se vuoi possiamo parlare un pò > continuò incoraggiante. < Oppure puoi ascoltarmi ho una fiaba da leggerti, se vuoi > Jeremy si voltò di scatto,e annuì, sorridendo.
Nicole iniziò a leggere, calma.
Una volta, nel cuor dell'inverno, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva, seduta accanto a una finestra, dalla cornice d'ebano.
E così, cucendo e alzando gli occhi per guardar la neve, si punse un dito, e caddero nella neve tre gocce di sangue.
Il rosso era così bello su quel candore, ch'ella pensò:
"Avessi una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come il legno della finestra!"
Poco dopo diede alla luce una figlioletta bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come l'ebano; e la chiamarono Biancaneve. 
E quando nacque, la regina morì.
Dopo un anno il re prese un'altra moglie; era bella, ma superba e prepotente, e non poteva sopportare che qualcuno la superasse in bellezza.
. . .
Continuò a leggere tutta la storia, di volta in volta guardando Jeremy, sembrava sollevato ma allo stesso tempo triste, nessuno gli aveva mai letto delle fiabe, Nicole concluse, in guerra le mamme non hanno il tempo per leggere delle fiabe.
Lesse fino alle fine: Ma sulla brace eran già pronte due pantofole di ferro: le portarono con le molle, e le deposero davanti a lei. Ed ella dovette calzare le scarpe roventi e ballare, finché cadde a terra, morta. Intanto Biancaneve e il Principe vissero per sempre felici e contenti... Concluse.
Jeremy era rimasto di stucco, gli piaceva, avrebbero letto più volte nei prossimi incontri.
< Ti piace ? > gli domandò Nicole. Jeremy annuì, era un passo avanti, partecipava.
< Ti va di parlare con me, fare due chiacchiere?? > chiese nuovamente. Il bambino questa volta scosse il capo. 
La porta della stanza si aprì, entrò un'infermiera, con il " pranzo ", era misero, qualche pugno di riso, e della frutta, quello che non  mancava mai in Africa. Nicole lo osservò mangiare, con un solo braccio, era già abbastanza bravo, se la cavava. Di certo il problema non era quello, il trauma era dovuto a qualcos'altro. Mangiava senza guardarla, era riservato, e molto,  timido, cercava di non incrociare i suoi occhi.
Nicole doveva parlare con Sam, il dottor Rigton.
< Jeremy, devo andare ci vediamo dopo... > si congedò, il bambino non battè ciglio.
Uscì dalla stanza in direzione del piccolo studio del suo collega. Era minuscolo, c'erano ua scrivania e delle sedie malandate. Bussò prima di entrare, chiedendo il permesso.
< Avanti > disse, il medico.
< Ciao > Disse Nicole. < Volve dirti come sta andando con Jeremy. > Il dottore era molto attraente o almeno coì lo considerava Nicole, balbettava molte volte in sua presenza.
< Ah, si vieni, entra, accomodati. > disse infine.
Come detto Nicole si accomodò, in una delle sedie davanti alla scrivania.
< Jeremy, non parla ancora ma partecipa, questo è l'importante, è un grande passo, così in poco tempo... dopo farò un salto da lui e gli leggerò un'altra fiaba, gli piacciono molto... > disse senza concludere, intanto anche il dottor Rigton si era accomodato. I loro visi erano vicini, ormai, qualche centimetro gli occhi distavano gli uni dagli altri. Nicole si irrigidì, e si allontanò. Sam le prese la mano, e mormorò:
< Scusa, non volevo > Al tocco con la sua mano, il cuore di Nicole era accellerato, e solo in quel momento si rese conto di essere innamorata di lui. Si alzò di scatto e arrivò alla porta, ma prima che potesse uscire Sam la fermò, prese il suo braccio e l'attirò a sè. Gli occhi erano legati gli uni con quelli degli altri, le bocche troppo vicine, Sam tagliò le distanze, avvicinandosi lentamente a lei, annullando così lo spazio, le loro bocche si incontrarono e si lasciarono andare ad un bacio tenero e romantico.
Quando si staccarono Nicole, non poteva credere ai fatti appena accaduti, le sembrava un sogno, un sogno ad occhi aperti. Non voleva svegliarsi per nulla al mondo.
Più tardi Nicole, sostava nuovamente davanti alla camera di Jeremy. Bussò nuovamente, ma nessuno rispose come la volta precedente, entrò chiedendo il permesso.
< Posso?? > 
Il bambino, girò il volto verso di lei, sorridendole. 
< Hai voglia di parlare oppure, ti leggo un'altra fiaba? > domandò. Jeremy mimò l'attò del leggere.
Nicole gli sorrise, e iniziò a leggere una nuova fiaba.
Jeremy, ascoltò estasiato la lettura, beabdosi di ogni minima parola che scandiva la psicologa.
Nicole temtò un altro approccio, cerco di farlo parlare...ma senza risultato.
< Io vado...è tardi tra poco arriverà il cibo...ti lascio riposare. > gli disse.
Si alzò dalla sua postazione, avviandosi alla porta quando un voce debole la fece sussultare.
< Rimani un altro pò ? > chi chiese la sua voce, la voce di Jeremy.
Si voltò di scatto, e gli sorrise entusiasta.
< Certo, rimango > gli disse.
< Chi ti ha insegnato a leggere? > le chiese Jeremy.
< Sono andata a scuola > rispose tranquillamente Nicole.
< Voglio imparare anche io... > rispose il bambino.
< Nel posto in cui andrai, una volta uscito di qui, ti insegneranno a leggere scrivere... e tante cose bellissime. > spiegò. Gli occhi di Jeremy, si spensero.
< Cosa c'è che non va? > La psicologa si era accorta del cambiamento di morale del piccolo.
< Non mi piacciono quei posti... sono tristi, i bambini  puzzano e non ti danno niente da mangiare...ci sono già stato per un pò di giorni quando mia madre e mio èadre sono andati da mia nonna in un paese vicino, non potevano portarmi sono stato lì, e non voglio ritornarci...non è vero che ti insegnano tante cose nuove...non è vero niente tu menti! > accusò Nicole.
< Non andrai nell'arfanostrofio in cui sei stato tempo fa...andrai in un posto migliore te lo giuro > gli disse tranquillizzandolo.
< Sicura? > 
< Si, sicura... > giurò Nicole.
< Cosa ti piace fare di più? > gli chiese.
< A me piace leggere, non so leggere bene, e non come te... però riesco a capire molte cose sai... > 
< Ci credo > gli disse fiduciosa Nicole.
< Qual è il tuo sport preferito? > continuò.
< Il calcio... > iniziò < Abbiamo giocato, io con i miei amici solo una volta...con una palla di tessuto, ma è stato divertente...sai qui non possiamo giocare sempre soprattutto da quando sono arrivati con le bombe e tutto il resto. > continuò.
< Lo capisco. > Annuì fra sè Nicole. Quel bambino era come lei da piccola, cresciuto troppo in fretta...
Ma era ancora troppo tenero e fragile per quel mondo. Si riemmergeva nei suoi ricordi, mentre guardava quel bambino negli occhi, sembrava di tornare indietro nel tempo,  Nicole e Jeremy, erano uguali, segnati da uno stesso destino crudele, in modi differenti...ma fondamentalmente uguali
Decise di dirgli quello che era scccesso ai suoi parenti, era giusto così .
< Jeremy > disse attirando a sè l'attenzione del bambino. < Ti hanno già detto che i tuoi genitori non ci sono più, vero? > concluse dolcemnte.
< si, è per questo che sono finito qui > disse indicando il suo braccio, che ormai non c'era più. < E' stata tutta colpa mia > continuò quasi singhiozzando.
< No, non è stata colpa tua, non pensare questa cose... non puoi fare niente se hanno tirato una bomba su casa tua... > gli disse.
< Invece si > gli inveì contro il bambino. < E' stata tutta colpa mia, la bomba non è stata accidentale! L'hanno mandata " Quelli ", " quelli " che mi volevano! > disse strillando e singhiozzano.
< Jeremy, chi sono " Quelli " ?? > gli chiese Nicole, sempre tranquilla.
< Mi volevano, li ho sentiti parlare, volevano me, per l'esercito di bambini che stanno creando, tutti i bambini sani vogliono, ora non posso andare perchè ho perso il braccio altrimenti mi avrebbero trovato e portato via! > 
Nicole restò di sasso, ripreso il controllo di sè gli domandò:
< Stanno creando un piccolo esercito? Con tutti bambini? > 
Jeremy, annuì senza smettere di sighiozzare.
< Jeremy, farò di tutto per fermare ciò te lo giuro, non permetterò a nessuno mai di far provare agli altri quello che hai provato tu > spiegò.
< Me lo giuri? > 
< Si, te lo prometto! > Parlò Nicole. A poco , a poco, Jeremy si calmò. Poi Nicole gli chiese.
< Qual è il tuo desiderio, quello più grande? > 
< Voglio Vivere > disse Jeremy, spiazzandola. < Vivere serenamente, perchè questa non è vita! >
< Hai ragione, ed io ho un'idea > gli disse inginnocchiandosi al letto, portando il suo volto a  quello del bambino. < Che ne dici di venire con me in America? >  Jeremy annuì, felice, sorridendo a trentadue denti, e si congedarono dalla tensione con un abbraccio, che per entrambi , fu molto importante.
Fondamentalmente Nicole aveva bisogno d'affetto.
Fondamentalmente Jeremy voleva essere un bambino, spensierato.
Fondamentalemente Entrambi si completavano.

Nei paesi del Congo, tra una bomba ed un'altra si cerca di vivere, o meglio di sopravvivere, nel migliore dei modi... 

Nicole, una ragazza poco più venticinquenne, alta, magra con occhi verdi, capelli scuri e pelle olivastra, è una psicologa, americana , nativa Indiana, è specializzata  in pedagogia, si occupa di bambini, la sua grande passione, fin quando da adolescente studiava, di notte, libri usati di psicologia, di terza o quarta mano, comprati alle svendite al mercato, nei quartieri più degradati di Chicago.
E' vissuta lì, tra spacciatori, spari e droga, i genitori , cercando fortuna nel grande continente, avevano solamente trovato povertà e fame. Il padre, non riusciva a trovare lavoro, aveva seri problemi con la lingua i pochi lavori che aveva fatto erano stati di poco profitto, e veniva sfruttato: i soliti lavori illegali.
La madre, invece, era malata, e non poteva lavorare, ma solo grazie a lei che erano riusciti a vivere, anche se con quattro spiccioli, era sostenuta dallo stato, con pochi dollari al mese, ma tanto importanti.
Nicole, figlia unica, aveva conosciuto fame e povertà fin da piccola, lavorava in un Hotel, uno dei più grandi di Chicago, quest'ultimo aveva più di duemila camere, e ci lavoravano più di mille tra inservienti, camerieri, cuochi, portantini e addetti a lavori vari. Lei faceva parte delle donne addette alle pulizie, lavorava di notte, vari giorni alla settimana, così che la mattina potesse seguire le "lezioni", le era sempre piaciuto lo studio, sapere conoscere, ma non lo faceva notare molto, nè emergeva durante le lezioni, troppo intimidita dai compagni di classe, che non solo la maltrattavano ma le facevano subire anche degli atti di razzismo. Lei era l'indiana, e tale era rimasta fino ad arrivare al college. A poca distanza dal quartiere in cui risiedeva, c'era il college, andava ai margini del campus spesso, immaginando di poter un giorno camminare tra quei studenti e lavorare sodo per la laurea. Il suo desiderio si avverò quando all'ultimo anno del liceo, riuscì ad ottenere delle borse di studio, anche grazie ai suoi insegnati, che l'avevano aiutata a scoprire approfonditamente i vari settori, ammaliata e affascinata, Nicole faceva di tutto per stupire sempre gli altri, studiava fino a notte fonda, aveva lavorato sodo per ottenere ciò che possedeva ora: La laurea. Fin dai quattordici anni aveva lavorato a contatto con i bambini, facendo la baby sitter, aveva un senso di responsabilità più alto della media...questo era sicuramente dovuto al fatto che era sem pre stata un piccola adulta.
Aveva voluto, con tutta se stessa essere inviata in missione, in Congo dove era in corso una guerra. Così da diventare uno dei medici denominati : " Medico Contro La Guerra ". Non era assolutamente per il titolo, la sua ossessione, ma anzi, il lavoro lì era duplicato, quando si sta a contatto con dei bambini traumatizzati, dalla scomparsa dei propri genitori, quando hanno visto con i loro occhi uccidere i loro cari..era un dolore anche per lei... Ma lo faceva con tutto il cuore, questo era l'importante.
Ed ora eccola qui, dopo varie settimane di missione, nelle quali aveva conosciuto tantissimi bambini con vari problemi psicologici, ma del tutto guariti, per la loro forza di volontà, grazie alla loro gioia.
Nicole, fuori da una camera della sezione chirurgia pediatrica, doveva far fronte al suo nuovo caso, era sempre una fortre emozione, dover cominciare con un nuovo bambino, vide arrivare un suo collega, medico chirurgo, le spiegherà tutto sul nuovo paziente.
< Buongiorno dottoressa Evans > disse a Nicole.
< Salve Dottor Rigton  > risponde, il medico che  le sta di fronte è alto con carnagione chiara, occhi neri e capelli rossicci. Originario della Russia. Alla sua vista ad entrambi si illuminarono gli occhi.
< Come prosegue il suo soggiorno qui? > le chiese, coem se fosse in resort a cinque stelle e non in un paese inflitto da una guerra. 
< Bene grazie > rispose quasi infastidita.
< Le volevo parlare del suo nuovo paziente > disse il medico.
Nicole annuì sicura e decisa.
< Si chiama Jeremy ed è affetto da mutismo totale, non ha mai parlato da quando è qui. >  iniziò < I genitorni non ci sono, uccisi nell'esplosione che ha visto coinvolto anche lui, gli abbiamo amputato un braccio, non sarebbe mai sopravvissuto. > continuò. 
< Capisco... Non c'è nessun parente oltre a lui, sopravvissuto? > chiese Nicole, cercando di mettere a punto una prima analisi.
< No, nessuno, come ti ho detto è l'unico, le infermiere si sono prese cura di lui, ma è guarito, ora il suo problema è psicologico, e se non tu, noi non pissimo fare niente, siamo costretti a dimetterlo, abbiamo ancora tanti casi e pochi letti a disposizione, sarà affidato a qualche orfanotrofio, sperando che lo adottino, anche se poco probabile, ci sono migliai di bambini mutilati nelle case-famiglie, e i genitori adottivi o affidatari, non accettano bambini con problemi, loro li vogliono sani, perfetti. > disse, Rigton, triste.
< Capisco > disse nuovamente Nicole. < Farò il mio meglio. > Avrebbe fatto di più del suo meglio, aveva già preso a cuore quella storia.
< Allora a dopo, Dottoressa, vorrei che mi informasse del lavoro svolto, magari dopo pranzo... > parlò congendandosi. Nicole fece un cenno con il capo e vide Sam, il medico, allontanarsi. Una volta svoltato l'angolo del corridoio, Nicole si girò su se stessa e bussò leggermente alla porta.  
Nessuna risposta. Aprì lentamente la porta bianca, entrando in camera vide un bambino, da solo nella stanza, gracile, con una flebo al braccio, l'unico braccio, l'altra spalla terminava con un rigonfiamento e delle garze, era magro, carnagione scurissima, come tutti in Congo, e gli occhi straordinariamente neri, nascondevano, come tutti i bambini, in queste situazioni,  sofferenza. Jeremy si girò verso Nicole, quest'ultima gli sorrise incoraggiante, il bambino anch'egli sorrise debolmente e si girò dalla parte opposta. 
< Ciao > salutò Nicole. Si sedette sulla sedia accanto al letto. Nessuna rusposta. 
< Io sono Nicole, se vuoi possiamo parlare un pò > continuò incoraggiante. < Oppure puoi ascoltarmi ho una fiaba da leggerti, se vuoi > Jeremy si voltò di scatto,e annuì, sorridendo.
Nicole iniziò a leggere, calma.

Una volta, nel cuor dell'inverno, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva, seduta accanto a una finestra, dalla cornice d'ebano.E così, cucendo e alzando gli occhi per guardar la neve, si punse un dito, e caddero nella neve tre gocce di sangue.Il rosso era così bello su quel candore, ch'ella pensò:"Avessi una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come il legno della finestra!"Poco dopo diede alla luce una figlioletta bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come l'ebano; e la chiamarono Biancaneve. E quando nacque, la regina morì.Dopo un anno il re prese un'altra moglie; era bella, ma superba e prepotente, e non poteva sopportare che qualcuno la superasse in bellezza.. . .

Continuò a leggere tutta la storia, di volta in volta guardando Jeremy, sembrava sollevato ma allo stesso tempo triste, nessuno gli aveva mai letto delle fiabe, Nicole concluse, in guerra le mamme non hanno il tempo per leggere delle fiabe.Lesse fino alle fine: Ma sulla brace eran già pronte due pantofole di ferro: le portarono con le molle, e le deposero davanti a lei. Ed ella dovette calzare le scarpe roventi e ballare, finché cadde a terra, morta. Intanto Biancaneve e il Principe vissero per sempre felici e contenti... Concluse.

Jeremy era rimasto di stucco, gli piaceva, avrebbero letto più volte nei prossimi incontri.

< Ti piace ? > gli domandò Nicole. Jeremy annuì, era un passo avanti, partecipava.
< Ti va di parlare con me, fare due chiacchiere?? > chiese nuovamente. Il bambino questa volta scosse il capo. 
La porta della stanza si aprì, entrò un'infermiera, con il " pranzo ", era misero, qualche pugno di riso, e della frutta, quello che non  mancava mai in Africa. Nicole lo osservò mangiare, con un solo braccio, era già abbastanza bravo, se la cavava. Di certo il problema non era quello, il trauma era dovuto a qualcos'altro. Mangiava senza guardarla, era riservato, e molto,  timido, cercava di non incrociare i suoi occhi.
Nicole doveva parlare con Sam, il dottor Rigton.
< Jeremy, devo andare ci vediamo dopo... > si congedò, il bambino non battè ciglio.

Uscì dalla stanza in direzione del piccolo studio del suo collega. Era minuscolo, c'erano ua scrivania e delle sedie malandate. Bussò prima di entrare, chiedendo il permesso.
< Avanti > disse, il medico.
< Ciao > Disse Nicole. < Volve dirti come sta andando con Jeremy. > Il dottore era molto attraente o almeno coì lo considerava Nicole, balbettava molte volte in sua presenza.
< Ah, si vieni, entra, accomodati. > disse infine.
Come detto Nicole si accomodò, in una delle sedie davanti alla scrivania.
< Jeremy, non parla ancora ma partecipa, questo è l'importante, è un grande passo, così in poco tempo... dopo farò un salto da lui e gli leggerò un'altra fiaba, gli piacciono molto... > disse senza concludere, intanto anche il dottor Rigton si era accomodato. I loro visi erano vicini, ormai, qualche centimetro gli occhi distavano gli uni dagli altri. Nicole si irrigidì, e si allontanò. Sam le prese la mano, e mormorò:
< Scusa, non volevo > Al tocco con la sua mano, il cuore di Nicole era accellerato, e solo in quel momento si rese conto di essere innamorata di lui. Si alzò di scatto e arrivò alla porta, ma prima che potesse uscire Sam la fermò, prese il suo braccio e l'attirò a sè. Gli occhi erano legati gli uni con quelli degli altri, le bocche troppo vicine, Sam tagliò le distanze, avvicinandosi lentamente a lei, annullando così lo spazio, le loro bocche si incontrarono e si lasciarono andare ad un bacio tenero e romantico.
Quando si staccarono Nicole, non poteva credere ai fatti appena accaduti, le sembrava un sogno, un sogno ad occhi aperti. Non voleva svegliarsi per nulla al mondo.

Più tardi Nicole, sostava nuovamente davanti alla camera di Jeremy. Bussò nuovamente, ma nessuno rispose come la volta precedente, entrò chiedendo il permesso.
< Posso?? > 
Il bambino, girò il volto verso di lei, sorridendole. 
< Hai voglia di parlare oppure, ti leggo un'altra fiaba? > domandò. Jeremy mimò l'attò del leggere.
Nicole gli sorrise, e iniziò a leggere una nuova fiaba.
Jeremy, ascoltò estasiato la lettura, beabdosi di ogni minima parola che scandiva la psicologa.
Nicole temtò un altro approccio, cerco di farlo parlare...ma senza risultato.
< Io vado...è tardi tra poco arriverà il cibo...ti lascio riposare. > gli disse.
Si alzò dalla sua postazione, avviandosi alla porta quando un voce debole la fece sussultare.
< Rimani un altro pò ? > chi chiese la sua voce, la voce di Jeremy.
Si voltò di scatto, e gli sorrise entusiasta.
< Certo, rimango > gli disse.
< Chi ti ha insegnato a leggere? > le chiese Jeremy.
< Sono andata a scuola > rispose tranquillamente Nicole.
< Voglio imparare anche io... > rispose il bambino.
< Nel posto in cui andrai, una volta uscito di qui, ti insegneranno a leggere scrivere... e tante cose bellissime. > spiegò. Gli occhi di Jeremy, si spensero.
< Cosa c'è che non va? > La psicologa si era accorta del cambiamento di morale del piccolo.
< Non mi piacciono quei posti... sono tristi, i bambini  puzzano e non ti danno niente da mangiare...ci sono già stato per un pò di giorni quando mia madre e mio èadre sono andati da mia nonna in un paese vicino, non potevano portarmi sono stato lì, e non voglio ritornarci...non è vero che ti insegnano tante cose nuove...non è vero niente tu menti! > accusò Nicole.
< Non andrai nell'arfanostrofio in cui sei stato tempo fa...andrai in un posto migliore te lo giuro > gli disse tranquillizzandolo.
< Sicura? > 
< Si, sicura... > giurò Nicole.
< Cosa ti piace fare di più? > gli chiese.
< A me piace leggere, non so leggere bene, e non come te... però riesco a capire molte cose sai... > 
< Ci credo > gli disse fiduciosa Nicole.
< Qual è il tuo sport preferito? > continuò.
< Il calcio... > iniziò < Abbiamo giocato, io con i miei amici solo una volta...con una palla di tessuto, ma è stato divertente...sai qui non possiamo giocare sempre soprattutto da quando sono arrivati con le bombe e tutto il resto. > continuò.
< Lo capisco. > Annuì fra sè Nicole. Quel bambino era come lei da piccola, cresciuto troppo in fretta...Ma era ancora troppo tenero e fragile per quel mondo. Si riemmergeva nei suoi ricordi, mentre guardava quel bambino negli occhi, sembrava di tornare indietro nel tempo,  Nicole e Jeremy, erano uguali, segnati da uno stesso destino crudele, in modi differenti...ma fondamentalmente uguali
Decise di dirgli quello che era scccesso ai suoi parenti, era giusto così .
< Jeremy > disse attirando a sè l'attenzione del bambino. < Ti hanno già detto che i tuoi genitori non ci sono più, vero? > concluse dolcemnte.
< si, è per questo che sono finito qui > disse indicando il suo braccio, che ormai non c'era più. < E' stata tutta colpa mia > continuò quasi singhiozzando.
< No, non è stata colpa tua, non pensare questa cose... non puoi fare niente se hanno tirato una bomba su casa tua... > gli disse.
< Invece si > gli inveì contro il bambino. < E' stata tutta colpa mia, la bomba non è stata accidentale! L'hanno mandata " Quelli ", " quelli " che mi volevano! > disse strillando e singhiozzano.
< Jeremy, chi sono " Quelli " ?? > gli chiese Nicole, sempre tranquilla.
< Mi volevano, li ho sentiti parlare, volevano me, per l'esercito di bambini che stanno creando, tutti i bambini sani vogliono, ora non posso andare perchè ho perso il braccio altrimenti mi avrebbero trovato e portato via! > 
Nicole restò di sasso, ripreso il controllo di sè gli domandò:
< Stanno creando un piccolo esercito? Con tutti bambini? > 
Jeremy, annuì senza smettere di sighiozzare.
< Jeremy, farò di tutto per fermare ciò te lo giuro, non permetterò a nessuno mai di far provare agli altri quello che hai provato tu > spiegò.
< Me lo giuri? > 
< Si, te lo prometto! > Parlò Nicole. A poco , a poco, Jeremy si calmò. Poi Nicole gli chiese.
< Qual è il tuo desiderio, quello più grande? > 
< Voglio Vivere > disse Jeremy, spiazzandola. < Vivere serenamente, perchè questa non è vita! >
< Hai ragione, ed io ho un'idea > gli disse inginnocchiandosi al letto, portando il suo volto a  quello del bambino. < Che ne dici di venire con me in America? >  Jeremy annuì, felice, sorridendo a trentadue denti, e si congedarono dalla tensione con un abbraccio, che per entrambi , fu molto importante.
Fondamentalmente Nicole aveva bisogno d'affetto.
Fondamentalmente Jeremy voleva essere un bambino, spensierato.
Fondamentalemente Entrambi si completavano.

 

Come vi sembra...Recinsite!! ripagherete il mio sforzo xD...

un bacio a tutti....

 

 

   
 
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