Some
go both ways
Non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe tornato qui. Non era
neppure del tutto sicuro del motivo; aveva semplicemente iniziato a camminare,
ed ecco dov’era finito.
Lo Spaventapasseri passò una mano sul
palo a cui era stato appeso per… Onestamente
non sapeva per quanto tempo fosse rimasto lì prima di – beh, prima. Piantato in un posto senza alcuna
possibilità di saltare giù, e senza neanche un cervello e dei
pensieri che lo tenessero occupato. No, ci era voluta una ragazza di campagna
che veniva da un posto chiamato Kansas a salvare lo Spaventapasseri dalla sua
prigione di grano.
Ecco perché
era tornato, e non c’era modo di convincerlo altrimenti. Il suo nuovo
cervello non gli avrebbe mai permesso di ingannarsi. Era tornato lì
perché quello era il posto in cui aveva incontrato per la prima volta
Dorothy.
Lo Spaventapasseri sorrise tristemente al
ricordare quel momento. Le aveva dato quelle indicazioni così stupide,
aveva parlato di persone che seguivano l’una o l’altra strada, e
qualche volta le due strade insieme. Sarebbe stato sempre grato al cuore
generoso di Dorothy, alla sua disponibilità ad aiutare un povero
Spaventapasseri senza cervello.
Allora non aveva compreso il proprio stato
d’animo. E come avrebbe potuto? Tutto ciò che sapeva era che
Dorothy era gentile con lui, e che era molto più carina da guardare che
non piuttosto i campi di grano o i corvi che venivano a beccarlo.
L’avrebbe seguita volentieri fino all’inferno e ritorno, e in
pratica lo aveva fatto, se considerava il suo infuocato incontro con la Perfida
Strega dell’Ovest. E non aveva neppure capito perché desiderasse tanto proteggere Dorothy. Non
finché non era stato troppo tardi.
Certo quel suo nuovo cervello doveva funzionare
proprio bene, se non gli aveva permesso di capire nulla fino a quando per lui
non c’era stato più nulla da fare…
Ma dopotutto, cuori e cervelli non sempre andavano d’accordo; così
non c’era di che stupirsi se gli ci era voluto tanto a capire che
l’amava.
Quell’unico bacio di addio che lei gli
aveva dato gli aveva messo finalmente d’accordo testa e cuore. Aveva
ammesso di essere stato felice quando
il pallone del mago era volato via senza Dorothy. Lei sarebbe potuta restare
con loro, con lui, e lui non avrebbe
dovuto perderla. Ma poi era arrivata Glinda e
all’improvviso c’erano stati addii veri e Dorothy se n’era
andata, era tornata in quel Kansas dai suoi amati zio e zia. Lo Spaventapasseri
sperava che quei due sapessero quanto Dorothy li amasse, e che aveva desiderato
così ardentemente di tornare da loro.
Non sarebbe mai tornata. Lo Spaventapasseri lo
sapeva, anche se il Boscaiolo di latta e il Leone sembravano entrambi pensare
il contrario. Lui si limitava a scuotere la testa in silenzio. Perché
sarebbe dovuta tornare, quando per tutto il tempo in cui era rimasta con loro
aveva lottato unicamente per tornare a casa? Quale ragione avrebbe potuto avere
per tornare ad Oz?
L’amore, forse. Ma lui non gliel’aveva mai detto, e lei non
l’aveva mai saputo. E poi, chi poteva sapere se sarebbe servito a
qualcosa? Forse sarebbe rimasta, ma avrebbe sentito la nostalgia di casa e
probabilmente con il tempo avrebbe finito con l’odiarli tutti. Con
l’odiare lui. No, era stato meglio così. Doveva soltanto
continuare a ripeterselo.
Ma, ugualmente, forse poteva restare lì
seduto accanto allo steccato per un po’, e guardare il mondo scorrere
davanti a sé. E forse qualcuno sarebbe venuto a chiedergli quale
direzione prendere, questa strada, quella strada…
O forse le due strade insieme.
Note di traduzione
Nel film,
quando Dorothy arriva all’incrocio con il campo di grano, lo
Spaventapasseri le dice: “Io andrei da quella parte, è una strada
molto carina. […] Ma anche quella è una strada carina. […]
Tuttavia è difficile seguire le due strade insieme.” Nella
versione originale le sue ultime parole sono invece: “Of course, people do go both ways”. Il
titolo della storia è tratto ovviamente da quest’ultima frase,
dunque quando nella traduzione leggete “le due strade insieme”,
beh, quello è il riferimento alla battuta del titolo. Mi sembra doveroso
specificarlo.
A questo
indirizzo lo scritto originale.
Aya Lawliet