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Autore: Lord_Envy    04/10/2010    4 recensioni
Adamo odiava me, io ricambiavo con altrettanto affetto.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno...due...tre... : odiamoci!

Adamo odiava me, io ricambiavo con altrettanto affetto.
Era il ragazzo della mia migliore amica il che un pò spiegava la situazione bellicosa fra me e lui, un pò.
Conobbi Evelina durante il secondo anno del liceo quando la professoressa di italiano ci fece sedere forzatamente insieme.
A quel tempo era fidanzata con un altro tizio di indifferente identità, ma un rapporto di amicizia fra me e lei si stava andando via via istaurando.
Lei era carismatica, passionale e divertente, io ero più calmo, moderato e riflessivo. Ci compensavamo a vicenda e ci andavamo bene così.
Quando si lasciò con quell'altro (ora che mi ricordo si trattava del migliore amico di Adamo) passò un pò di tempo in solitudine e in depressione. Non é mai riuscita a stare sola. Ha sempre avuto bisogno di qualcuno al suo fianco che la coccolasse e che la trattasse come una regina.
Poi si fidanzò con Adamo e tutti ci ponemmo il quesito se lei fosse stata giocata da una coppia di amici. Il sospetto era forte e le prove erano da trovare, ma preferivamo non andare a fondo per il quieto vivere.
I sospetti svanirono quando la loro relazione iniziò a durare settimane, poi mesi e alle fine anni. Rimasero insieme per due anni interi per inerzia. Avevano provato a lasciarsi ma proprio non li riusciva. Lei aveva lasciato lui un paio di volte e subito si era pentita, lui aveva lasciato lei una volta e si pentì dopo un giorno.
Evelina aveva vinto e sconfitto rivali che stavano minacciando il loro rapporto, Adamo aveva vinto alcuni rivali (soprattutto immaginari) tranne me.
Viveva nella ferma convinzione che io minacciassi il loro rapporto. Non vedeva di buon occhio il migliore amico della propria ragazza, non c'é da meravigliarsi, credo.
Io cercai di essergli amico, di provare a parlargli di argomenti che sapevo l'avrebbero interessato, ma lui rimaneva nel suo mondo di infantilismo candido e puro chiudendomi in faccia ogni porta d'accesso a quel posto.
Iniziai a stancarmi di provare ad allacciare un rapporto perciò iniziai a odiarlo come lui odiava me. Se una persona mi tratta in un certo modo io ricambio con il doppio della forza, una specie di sistema di sicurezza fatto di specchi.
Poi venni a sapere che avevano litigato, l'argomento? Io. Non nascondo che mi faceva piacere sentire delle persone che litigano per me, mi fa sentire conteso e bramato. Solo che in quel caso si trattava di un litigio non di contesa. Lui accusava me, lei mi difendeva, almeno così mi hanno riferito.
Capitò una volta in cui lei aveva la febbre di sabato sera quindi dovette rimanere a casa. Io mi offrii di farle compagnia, lei accettò, lui obiettò scrivendo in un sms : "che ci posso fare? mi da fastidio!".
Mi arrabbiai come una bestia ma non feci trasparire nulla perché non volevo costringerla a essere dalla mia parte. Naturalmente i suoi amici gli riconobbero di essere in torto poiché sarebbe dovuto rimanere lui con Evelina, non io. Non ammise il suo errore e la storia venne archiviata come mille altre.
Invece durante un periodo fra primavera e inverno lo vidi relativamente più aperto dei miei confronti. Mi salutava lui per primo, sorrideva alle mie battute e vedevo quel barlume di odio nei suoi occhi affievolirsi molto lentamente.
Sinceramente ero sollevato di non dover sopportare più quella situazione di tensione elettrica, ma la pace durò poco. Una o due settimante.
Poi tornò come prima: freddo, impassibile, apatico nei miei confronti.
Spesso io ed Evelina eravamo soliti usarlo come tassista. Da quando aveva preso la patente si divertiva molto a guidare e ad accompagnarla a casa.
Ma una sera, dal ritorno del bowling, dopo aver scortato un'altra amica decise di guidare a casa prima Evelina e poi me. Questo significava solo una cosa: aveva rinunciato alle solite coccole del sabato sera per colpa mia. Dire che mi sentivo in colpa é sbagliato, mi veniva da ridere e lui se ne accorse.
Seguirono un paio di frasi per rompere il ghiaccio e iniziammo a parlare di argomenti di una tale noia che quasi subito tornammo in modalità silenziosa.
Mi misi a fissare l'asfalto viscido e gli alberi che incorniciavano la strada e i raggi di luna che erano filtrati dalle alte chiome. Ci fu un momento in cui mi stavo per addormentare ma fui subito svegliato da una spinta che, se non fosse per la cintura di sicurezza, mi avrebbe scaraventato addosso ad Adamo.
Qualche vetro andò in frantumi, i fari non illuminavano più l'asfalto ma puntavano i loro occhi di luce su tronchi di alberi che si facevano sempre più vicini. Stavamo scivolando lungo il pendio.
Un ramo fece un tentativo di salvezza ma peggiorò solo la situazione poiché la macchina iniziò a ribaltarsi.
La caduta fu interminabile e io mi svegliò una mano che mi stava accarezzando goffamente il volto. Aprii gli occhi e capii che il sopra e il sotto si erano scambiati di posto come in un cinico gioco di parti. Io e Adamo eravamo ancora attaccati al sedile grazie alle cinture. L'airbag non si era ancora aperto e suonava solo una spia della macchina con un rumore che si ostinava a ripetere ottusamente. "Tin" "Tin".
Dopo aver spostato la sua mano appuntita dal mio volto, mi parlò chiedendomi se ero vivo. Risposi di sì ma con abbastanza fatica. Quella posizione non era di eccellente comodità.
Rimanemmo bloccati in quella situazione per circa due ore. Capii che il rumore del vetro che avevo sentito andare in frantumi proveniva dal parabrezza e che un ramo si era conficcato contro il sedile posteriore come una lancia sopra un cuscino di gomma piuma. Di certo io ero più sveglio di lui. Adamo aveva l'aria di qualcuno che a fatica riusciva a rimanere sveglio. Successivamente notai che un rivolo di sangue stava colando dalla sua fronte fino al tetto che ora fungeva da parte inferiore.
Le gocce cadevano con un ritmo di una sette al minuto, ritmo che si andava via via accelerando.
Provai a bloccare con la mano l'uscita di sangue ma la posizione me lo impediva. Allora decisi di farlo rimanere sveglio, non sono un esperto in medicina, ma so che se uno si addormenta dopo un colpo alla testa é una brutta cosa. Tentai di schiaffeggiarlo, di cantare, di soffiargli addosso, di parlare, ma lui era sempre allo stesso stato.
Tentai di sganciare la sua cintura ma preferii sganciare prima la mia visto che se sarebbe caduto avrebbe battuto di nuovo la testa contro il tettuccio.
Schiacciai il bottone e caddi a terra con un tonfo sordo. Non era stato poi così difficile. Grazie al suono Adamo si svegliò, ma l'effetto durò poco, troppo poco.
Presi a calci il finestrino fino a romperlo e facendomi del male al femore. Uscii gaffiandomi gli avambracci ma il dolore non mi fermava. Strano.
Uscito dalla macchina iniziai a guardarmi attorno. I fari illuminavano solo una parte della foresta che non prometteva nulla di bello. Era lugubre e poco invitante e come se non bastasse la luce non andava molto oltre a causa dei tronchi troppo vicini e troppo spessi.
Feci il giro della macchina e andai dalla parte del guidatore dove Adamo cercava di lottare per aprire gli occhi. Stavo per aiutarlo quando qualcosa bloccò il movimento del mio braccio, una frase rimbimbò nella mia testa.
"che ci posso fare? mi da fastidio!".
La vecchia frase mi convinse a bloccarmi, mi fermai senza nemmeno aver iniziato l'opera di salvataggio. Mi allontanai con la scusa di "cercare aiuto".
In realtà l'aiuto lo cercai, ma preferii andare a casa mia, dove nessuno mi avrebbe preso per un pazzo assassino.
Mi ci vollero quaranta minuti ad andare, gli avambracci sanguinavano e il femore della gamba destra mi costringeva a zoppiccare.
Appena arrivato a casa raccontai dell'accaduto e chiamai un ambulanza per Adamo. Arrivammo un'ora abbondante dopo, ma lui si era addormentato. Era entrato in coma a causa di una botta alla testa.
Tutti piansero come se fossero appena venuti a conoscenza della sua morte.
Mentre lo ritavano fuori notarono che le braccia erano piene di schegge di vetro. ("la sua mano appuntita dal mio volto").
Un brivido mi percosse la schiena, chiesi subito l'entità delle ferite e un vigile del fuoco mi disse con aria insicura che deve aver protetto il suo viso dal vetro, ma che questo non spiegava perché due braccia erano tagliate. Si sarebbero dovute tagliare tutte tranne in un punto costituito dalla sovrapposizione dei de avambracci.
Era come se avesse protetto due cose. Era come se avesse protetto due volti.


 
  
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