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Autore: Ciribiricoccola    05/10/2010    2 recensioni
Cinque racconti e cinque hit nostrane del passato per quattro ragazzi britannici, quattro componenti di una band.Quali disavventure li attendono al di là di queste note? Ascoltate il jukebox e lo saprete...
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Harry Judd, Nuovo personaggio, Tom Fletcher
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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rosie Eccoci arrivati, in the end.


Non c'è bisogno che mi ricordiate che dopo queste... con le storie assurde ho chiuso.
Ringrazio lettori, recensitori, ispiratori e, perchè no, anche la mia caparbietà!

Alla prossima McFiction!

Ciry

PS: Ogni singola canzone citata non mi appartiene e non viene pubblicata a scopo di lucro. Neanche i McFly mi appartengono e questa storia è frutto della mia immaginazione, esattamente come il personaggio di Rosie.

PPS: Dimenticavo! Questa è per voi, visto che finora non ho fatto altro che rintronarvi con decine di canzoni :)! Don't rain on my parade .... Ho scelto la versione di "Glee" per stare al passo coi tempi!


TRACK N°5- "ROSALINA" - Fabio Concato

Seconda parte




Era di nuovo Lunedì.


La fretta dei ragazzi nel prepararsi e nel dirigersi verso la sede della loro casa discografica per gli urgenti impegni della giornata impedì ai loro occhi curiosi di dedicarsi a Rosie; la sentirono cantare per pochi minuti mentre tutti erano al piano superiore della casa, intenti a usare il bagno o a vestirsi, e riuscirono ad afferrare qualche parola in tedesco…

“Cosa sta facendo?” urlò Harry a Tom dal corridoio.
Il chitarrista, che si stava facendo la barba in bagno, gettò un’occhiata alla finestra, poi rispose: “Canta… e gioca con un pallone… Non saprei! Però sta cantando in tedesco!”
“Tedesco?” si sentì rispondere da Danny e Dougie.
“Sì, credo sia roba anni Ottanta!” confermò l’altro.

Al momento di uscire, poco ci mancò che si incrociassero tutti sui rispettivi portoni di casa: Danny stava per uscire, seguito da Dougie e Tom, quando Harry ordinò loro di fermarsi, pietrificato di fronte alla finestra del soggiorno.

“State fermi lì, non respirate nemmeno!” gracchiò loro, allargando le braccia come un vigile in mezzo alla stanza.
Tom si voltò a guardarlo ed esclamò: “Judd, che cazzo fai!”
Andò accanto a lui e allora capì.

Rosie era uscita per andare a buttare l’immondizia in fondo alla strada; portava sulle spalle un grosso sacco nero e continuava ad intonare tra sé e sé la canzone che aveva iniziato tra le mura domestiche.

“Meno male che ce lo hai detto, Judd…” bisbigliò Danny, anche lui accorso a vedere la scena insieme a Tom e Harry.
No nu nonzi lufbalòn… Mah…” sbottò Dougie, perplesso, mentre cercava di imitare Rosie.

Si assicurarono che, dopo aver buttato la spazzatura, fosse tornata in casa, poi uscirono di corsa e salirono in macchina di Tom, sperando di non essere stati scoperti: se ne sarebbero vergognati enormemente.
“Ve lo immaginate?” domandò Tom, mentre stringeva il volante e premeva l’acceleratore “Ci vede uscire tutti e quattro dalla stessa casa e pensa Oh, ma che bei maniaci!...”
“O scrocconi…” azzardò Harry.
“Sì, che figura di merda ci faremmo…” commentò Danny, imbarazzato.
Dougie rimase in silenzio e si mise a guardare fuori dal finestrino, sorridendo.
Nessuno ebbe l’accortezza di chiedergli niente.






Tornarono a casa stanchi morti, ma affamati come se non avessero mangiato per tre giorni.
Piovevano vere e proprie secchiate di acqua e, nonostante la distanza dalla macchina alla porta di casa fosse minima, si bagnarono, e con loro anche le pizze che avevano ordinato.
In cucina, Dougie scoprì disgustato che proprio la sua pizza, la prima della pila trasportata da Harry, era stata la più colpita e, quindi, la più immangiabile.
“Che schifo! Harry, ma non potevi stare più attento?! E che cazzo!”
Il batterista, bagnato fradicio, lo fulminò con lo sguardo, ma Tom si intromise dicendo: “Calmi, stiamo calmi… Doug, ora ti faccio un po’ di pasta, ok?”
“Sì, mammina, perché non cucini per il mio fratellino Dougie?” scherzò Danny, beccandosi una cuscinata dal bassista.
“Danny, chiudi la bocca! Io mi metto ai fornelli…” disse Tom prima di mettersi all’opera.
Dopo pochi minuti, il cuoco in erba annunciò che non c’era rimasto neanche un chicco di sale nella credenza.
Dougie colse al volo l’occasione per annunciare: “Vado a chiederne un po’ a Rosie!!!”
“Doug!!!” lo riprese Tom, esasperato.
“Rosie?!” scattò Harry, sorpreso.
“Ma è in casa?” domandò Danny, andando alla finestra del salotto.

Effettivamente, non c’erano la musica o le luci accese che solitamente facevano da sfondo alle serate che i ragazzi passavano in casa.
Si riusciva a scorgere solo qualche luce soffusa al piano- terra, ma non la bicicletta appoggiata alla staccionata.

“Non credo ci sia… Non dovresti andare per niente…” consigliò Harry, rivolto a Dougie, che però non demorse.
“Io busso, se mi apre, ok, altrimenti torno indietro! Facile, no?”
“Prenditi l’ombrello!” gli disse Tom.
“E copriti!” aggiunse Danny, ridacchiando.
Dopo avergli alzato il dito medio davanti al viso, il ragazzo uscì, armato di ombrello, e attraversò la strada.

Con tutta quella pioggia, tutto quel buio e tutto quel silenzio, Dougie si sentì per un attimo impaurito e timoroso, ma davanti alla porta di Rosie fece un bel respiro e bussò con la maniglia in ottone, fradicia, come tutto lì intorno.
Per poco non gli prese un colpo quando una figurina nera con una candela in mano gli apparve davanti.
Rosie nella penombra.
“… Buona… Buonasera!” gli disse, un po’ stupita di vederlo.
Dougie esitò prima di ribattere: “Ciao! Scusami, so che è tardi e che c’è un tempaccio qui, ma volevo chiederti se hai un po’ di sale da prestarmi! Sono della casa qui di fronte!”
“Ma certo!!!” gli disse subito lei, prima di spostarsi “Entra pure, non restare sotto la pioggia!”

ENTRARE???

Dougie chiuse l’ombrello all’istante e bastò un passo per trasportarlo nell’ingresso della casa di Rosie.
Si scusò nuovamente, fingendo di essere terribilmente imbarazzato, ma lei lo rassicurò con un sorriso e dicendogli: “Non devi preoccuparti! Adesso ti prendo il sale…”
Solo quando si ritrovò fermo, in piedi, nel suo salotto in stile minimalista, Dougie si accorse che la casa era piena di candele accese che emanavano una luce calda e tremolante.
Fissando l’ombra di Rosie proiettata sul muro della cucina, adiacente al soggiorno, il ragazzo domandò: “Come mai sei al buio?”
La ragazza ridacchiò e rispose dall’altra stanza: “Poco fa è andata via la luce. Il temporale mi ha proprio tirato un brutto scherzo! Ma non importa: domani, se non ritorna da sola, chiamerò un elettricista!”

Ecco perché non si sentiva la musica…
Era rimasta senza elettricità!

Rosie gli allungò un piccolo barattolo di plastica con del sale dentro e gli disse: “Il barattolo te lo regalo volentieri!”
Il bassista, sorpreso, balbettò: “N-no, dài, non posso accettarlo, io…”
“Lo faccio volentieri, tranquillo!” lo interruppe l’altra con un sorriso dolce a cui lui non poté replicare, se non con un “Grazie” confuso ma intenerito.
“Controlla se la quantità è giusta, altrimenti te ne do di più!” lo incitò, scrupolosa.
Dougie fece per dirle di no, poiché non importava, gliene aveva dato anche troppo, ma in quel momento un odorino gli giunse alle narici…
Pesce, forse?
Pesce al cartoccio, pesce al forno o pesce fritto?
Non se ne intendeva granché.
“In Finlandia e in Giappone mangiano il pesce, no?” pensò in un istante.
“Che buon odorino!” esclamò, sperando di suscitare una risposta soddisfacente.
“Grazie!” trillò lei in risposta “Mi stavo facendo due bastoncini di pesce surgelati sulla gratella! Oggi c’era l’offerta al supermercato, non avevo voglia di cucinare, quindi…!”

Pesce surgelato.
Bastoncini di pesce, per l’esattezza.
Banale merluzzo impanato che tutto il mondo mangiava, da Capo Nord fino a Toronto, da Los Angeles a Mosca.

“Allora… buon appetito!” le augurò con un sorriso semplice, prima di indietreggiare lentamente verso la porta, dove lei si preoccupò di accompagnarlo con cortesia.
Niente in quella casa nuova e ancora piena di scatoloni da svuotare faceva pensare a niente.
Non una Matrioska su un mobile, né un vaso Ming da esporre in salotto, tantomeno una piccola Statua della Libertà che troneggiava sul televisore…
Niente, assolutamente niente di caratteristico o tipico di un determinato, unico paese!!!
Al limite della curiosità, stava per domandarle bruscamente da dove diamine provenisse, ma lei aveva già augurato la buonanotte e chiuso la porta, lasciandolo con gli occhi spalancati, l’ombrello aperto e un barattolo di sale in mano.
Un tuono, forte ed improvviso, lo fece smuovere verso casa, tra un improperio e l’altro.


“Se non ha detto neanche stavolta da dove viene, mando la CIA a spiarla!” sbottò Danny appena Dougie fu in salotto.
Il bassista sospirò rassegnato, scosse la testa ed annunciò: “Ragazzi, non ci ho capito niente!”
Un “NOOO!” unanime, accorato e lagnoso segnò la resa dei McFly e arrestò la loro indagine.
“Ma…” azzardò Tom “Era in casa al buio o sbaglio?”
“E’ rimasta senza corrente elettrica, ha detto che domani chiamerà un tecnico…” spiegò Dougie.
“Ecco perché stasera non c’è musica… Poverina…” commentò Harry, sinceramente dispiaciuto.
“Credo che prima o poi ci scoprirà…” disse Danny, scuotendo la testa.
“E anche se fosse?” chiese il bassista con fare retorico.
“Non abbiamo fatto niente di male!” commentò Tom, tranquillo.

Se ne stettero in silenzio per qualche istante, guardandosi e cercando convinzione, ognuno negli occhi dell’altro…
Però sapevano benissimo che continuare a non conoscere Rosie era qualcosa che li deludeva e che li aveva lasciati insoddisfatti.
Uscire allo scoperto e rivelare i loro stratagemmi nei suoi confronti? No, troppo imbarazzante, chissà che cosa avrebbe pensato quella poverina…
Avrebbero dovuto lasciar perdere, al massimo aspettare che Rosie parlasse ad almeno uno di loro di sua spontanea volontà.
Ma sarebbe mai successo?







3 sere più tardi…




“Aspettate qualcuno?” domandò Tom, posando la sua chitarra.
Tutti dissero di no con la testa e assunsero un’aria perplessa dopo aver sentito suonare il campanello.
“Ma chi ci viene a cercare il giovedì sera?” borbottò il chitarrista mentre andava ad aprire la porta.

Si ritrovò a stringere il pomello di quel povero uscio con tutta la forza che aveva per la tensione.

Vedendolo ammutolito, Rosie gli disse con gentilezza: “Buonasera, Tom!”
Danny, distratto alla grande da una partita di calcio in TV, si limitò ad alzare un sopracciglio, vedendo il suo amico fermo e zitto sulla soglia della porta, ma non disse niente.
“Ro- Rosie!” trillò invece il suo amico, cercando invano di mascherare un certo nervosismo.
A sentire quel nome, gli altri tre scattarono in piedi; Dougie staccò brutalmente il cavo della televisione dalla spina elettrica e Harry diede uno schiaffo in testa a Danny per aver lasciato la ciotola vuota delle patatine sul divano.
“Disturbo? Stavi… andando a letto?” chiese la ragazza, vagamente confusa.
“Letto? No, macché!” rispose subito Tom “Entra pure!!”
“Come sarebbe a dire Entra pure?!” sillabò Dougie sottovoce nell’orecchio di Harry, che non poté fare altro che ricambiare con un’occhiata tipica di chi era nel panico.

Sotto la luce chiara del loro disordinato salotto, ebbero modo di rivederla.

Piccola, tonda, mora, con una lunga treccia, gli occhi sorridenti e leggermente a mandorla, scuri, la pelle chiara e un grazioso vestito che la copriva fino alle ginocchia, a fiori.
Portava delle ballerine nere e le gambe erano avvolte da un paio di spessi collant rossi.
Sorrideva a tutti loro, mostrando un make up leggero e le guance naturalmente rosse.
Aveva un pacchetto bianco tra le mani e lo teneva con cura.

“Scusatemi…” disse, con un sorriso imbarazzato “Sono la nuova vicina, mi dispiace presentarmi soltanto adesso… Per sdebitarmi, ho pensato che un dolce vi avrebbe fatto piacere!”
Allungò il pacco verso i ragazzi.
Tom, dietro di lei, si portò una mano alla bocca e guardò i suoi tre amici con due occhi gonfi di tenerezza.
Harry replicò per primo: “Grazie! Perché… perché non ti accomodi? Noi siamo… siamo contenti che…”
“Che sei venuta a trovarci!” farfugliò Danny, prendendole il pacco dalle mani.
“Grazie!” esclamò Rosie, contenta “Io comunque mi chiamo Rosie!”
“Io sono Dougie, lui è Danny, poi c’è Harry e dietro di te c’è Tom! Ragazzi, perché non andiamo a tagliare questo dolce insieme, così ce lo mangiamo, eh?” domandò Dougie, che aveva una fretta del diavolo.
Tra scuse varie e alcuni “Torniamo subito”, i ragazzi si chiusero in cucina.

“Tom, perché cazzo l’hai fatta entrare!” sibilò Dougie.
“Che dovevo fare, lasciarla lì?!” si giustificò il chitarrista, contrariato.
“Apriamo questo dolce, dài…” suggerì Harry.
“Che carina però!” disse Danny con un sorriso “Ci ha portato un regalo e si è presentata, sembra che non si ricordi di noi!”

Harry aprì la scatola di cartone per estrarre il dolce e quel che videro non piacque a nessuno di loro.

“Gesù…” bisbigliò Danny, disgustato.
“Magari è buono…” provò a dire Tom.
“O magari no…” continuò Dougie.
“Quant’è… brutto…” disse Harry sottovoce.

Effettivamente, non avevano tutti i torti: quella torta, o meglio, quel grosso cubo ricoperto esageratamente di cioccolata, aveva un aspetto poco appetibile.
Aveva un sacco di strati di diversi colori, in alcune parti era floscio e appiccicoso… e la glassa blu che Rosie aveva usato per scrivere qualcosa sulla superficie si era completamente rovinata, lasciando spazio solo a una specie di poltiglia azzurrina.

“Cosa facciamo?” domandò Tom, cominciando a grattarsi la testa.
“Più che altro, vorrei sapere che dolce è!” se ne uscì fuori Dougie.
“Dev’essere roba dell’Est, ipercalorica…” suggerì Harry.
“Ma li fanno anche in Italia, se non sbaglio! Gi mi aveva parlato di qualcosa di simile…” azzardò Tom.
“E se fosse americano? Laggiù fanno tutte queste cose esorbitanti…” disse Dougie.
“E’ torta al cioccolato con un ripieno di vaniglia, panna e fragola” si sentirono dire.
Il sangue nelle loro vene si gelò.
Si voltarono e videro Rosie, arrabbiatissima.

“Ero venuta a vedere se avevate bisogno di una mano… però vedo che non volete neanche occuparvene, del mio dolce” ribadì loro, fulminandoli con lo sguardo.
“Rosie, noi… è che…” balbettò Harry.
“Noi non vogliamo dire che è cattivo!” si affrettò a spiegare Tom, andandole incontro “Non ci sogneremmo mai di offendere la tua cultura culinaria, davvero!!”
Rosie lo guardò con aria interrogativa e chiese: “Prego?”
“Lui vuole dire che non importa di dove sei, a noi il tuo dolce piace di sicuro, è che non ne abbiamo mai visto uno così dalle nostre parti!” ribatté Dougie, sperando di calmarla.
“Ma… ma io… io sono inglese!” fu la risposta di Rosie.
In mezzo al muto stupore generale, Danny fu l’unico a reagire verbalmente, con un sonoro “EH?!” scioccato.
La ragazza ribadì, quasi seccata: “Sono inglese! Sono nata a Londra!”
“A Londra?!” starnazzò Harry.
“A Londra!!” ribatté l’altra, esasperata.

Tutti si misero le mani nei capelli, sconvolti.

Rosie, che parlava un inglese accademico, esattamente come l’italiano, lo spagnolo, il francese, il russo…
Era londinese??

“Ma tu…” domandò Tom in un bisbiglio “Tu… noi ti sentivamo cantare in così tante lingue che… e poi, sì, insomma, tu sei… non sembri proprio ingl…”
“Sono figlia di due diplomatici e studio linguistica all’università!!!” lo sovrastò lei, sconvolta “Mio padre è inglese, mia madre è filippina!!”
Dougie spalancò gli occhi ed esclamò: “Hai preso da tua madre!”

Era vero: i capelli lisci e neri, per non parlare degli occhi lievemente a mandorla e della bocca carnosa, a forma di cuore, confondevano la gente e facevano di Rosie un’orientale, ma lei puntualizzò: “Il colore della pelle è quello di mio padre, e io ho come lingua madre l’inglese! È solo che ho sempre viaggiato con i miei, non sono mai stata ferma nella solita città per più di un mese, sin da piccola! Ecco perché mi avete sentito… cantare… in tutte quelle lingue… Un momento… Voi mi spiavate!!!”
Aveva spalancato gli occhi, scandalizzata, e aveva puntato il dito contro di loro.
“Voi venivate da me per cosa?!” gracchiò la ragazza, più arrabbiata che mai.
“Non volevamo fare niente di male!” protestò Danny “Non sapevamo di dove fossi, non parlavi con nessuno, e noi non riuscivamo a capirci niente! Tutti i giorni cantavi e ballavi, non riuscivamo a non guardarti, lo capisci?”
“E questo cosa significa?” ribatté lei, sull’orlo delle lacrime.
“Eravamo convinti che tu fossi straniera!” cercò di spiegarle Harry “Pensavamo che attraverso degli espedienti avremmo capito qualcosa di più su di te, ma niente, tu non dicevi nulla, non sapevamo cosa dire!”
“Potevate chiedermelo!!!” sbottò l’altra, allargando le braccia per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi.

Fu allora che i ragazzi non seppero cosa rispondere.
Dopo qualche secondo di silenzio, fu Rosie a parlare.

“Mi avete spiata mentre ero in casa… Chissà cosa avrete pensato di me… E per una volta che avrei voluto stringere un’amicizia, per una volta che mi trasferisco per restare… ve ne venite fuori con dei pregiudizi ridicoli! Io ero una vostra fan! Ho fatto di tutto per non disturbarvi!!! Vi vedevo arrivare a casa mia, uno dopo l’altro, ma non ho mai detto niente, vi ho sempre dato quel che mi avete chiesto!!! Mi fa piacere avervi fatto fare due risate con i miei exploit!!! Mi piace cantare e ballare, non posso farci niente!!! ”
Una lacrima le scese lungo una guancia, così Tom si affrettò a dire: “Aspetta, Rosie, c’è stato un equivoco, noi…”
“Non voglio più sentire scuse! Basta!!!” urlò lei, correndo verso la porta e uscendo.

Dougie la vide tornare a casa, chiudersi dentro e chiudere tutte le finestre.
“Abbiamo fatto un bel casino… Ci siamo giocate una fan…” commentò, desolato.


Tom si buttò sul divano, triste; Harry gli disse: “La sua reazione è stata esagerata, secondo me…”
“Judd, come ti sentiresti se venissi a scoprire di essere guardato tutti i giorni da degli sconosciuti, i componenti del tuo gruppo preferito, che usano dei mezzucci per conoscerti? È normale che, come minimo, adesso ci consideri dei poco di buono…”
Danny, che era andato in cucina, tornò con una fetta di torta di Rosie, la assaggiò e disse mestamente: “E’ anche buona… Siamo stati degli stupidi…”
“Non ne abbiamo azzeccata neanche una, ragazzi… Non abbiamo mai preso in considerazione il fatto che, di qualunque parte del mondo potesse essere stata, era una persona simpatica e disponibile…” disse Dougie, mettendo il broncio.
“Non dire troppe parole tutte insieme, Doug… Ti fa male…” sdrammatizzò Harry, abbozzando un sorriso che nessuno ricambiò.

Si guardarono e si vergognarono.
Si erano comportati come dei bambini.
E il fatto di essere neomaggiorenni non li giustificava.
Non giustificava i loro mezzi per soddisfare la loro curiosità.
Avrebbero davvero potuto chiedere semplicemente “Di dove sei?” a quella ragazza, così, senza problemi.
Ma l’avevano inquadrata come la “vicina misteriosa”, quella che non parlava con nessuno, il fenomeno da baraccone che metteva su degli show in ogni stanza della sua casa.
E si erano prefissati un obiettivo stupido.

“Perché… non…” borbottò Danny, con la bocca piena di torta “Non le cantiamo una canzone?”
“Sì, una serenata…” commentò sarcastico Harry.
“Non sarebbe male…” azzardò Dougie.
“Sì, però quale?” domandò Tom.
“Una canzone nostra!” propose il bassista, recuperando un po’ d’entusiasmo.
Tom si alzò dal divano, camminò per qualche istante in cerchio, meditabondo, poi si affrettò a salire le scale.
“Tom?” lo chiamò Harry, perplesso.
Neanche dopo dieci secondi era già tornato con un foglio in mano, uno spartito.
“Questa!” annunciò, brandendo il pezzo di carta; Danny glielo prese dalle mani ed esclamò: “E’ vero!!! Si addice!!”
“Quale?” chiese Dougie, impaziente.
Get over you” gli rispose il chitarrista, entusiasta.
“E’ perfetta! Però come facciamo a convincerla ad ascoltarci?” domandò il bassista.
“Io avrei un’idea… Però dobbiamo collaborare, stasera andiamo a letto tardi… Harry dov’è?” chiese Tom, guardandosi intorno.
Il batterista uscì dalla cucina con un pezzo di torta in bocca e mugolò: “Ci sto, arrivo…”







Rosie indossò il suo impermeabile rosso, uscì di casa e andò a prendere la sua bici gialla nel vecchio garage in cui l’aveva lasciata durante l’ultimo acquazzone.
Mentre ripuliva con un fazzoletto il sellino leggermente umido, gettò un’occhiata alla casa di fronte, quella dei McFly.
Sospirò e tornò al suo daffare.
Non avrebbe mai sospettato che la sua band preferita fosse composta da quattro bambinetti senza cervello.
Ipocriti e discriminatori.
Si disse di usare il loro CD come sottobicchiere e montò in sella.
Stava per immettersi nella strada, deserta alle otto di mattina, quando si sentì chiamare…

“Rosie!! Rosie, quassù!!!”
Alzò lo sguardo e vide Tom appoggiato alla finestra della propria casa, al primo piano.
Alla finestra di fianco, Harry la stava salutando.
Li fulminò entrambi con lo sguardo e rimase ferma dov’era per ascoltare cosa avevano da dirle.
“Rosie, scusaci!” continuò il ragazzo, serio “Siamo stati degli idioti, ne abbiamo parlato e abbiamo deciso di scusarci! Hai due minuti per ascoltarci?”
“Dipende che cosa avete da dire!” gli urlò di rimando la ragazza, incrociando le braccia sul petto.
“Va bene! Grazie!” le disse Tom, prima che Harry gridasse verso il basso: “Ragazzi!!! Le tende!!!”
Rosie spostò lo sguardo al piano terra della casa e vide altre due finestre; scorse Dougie e Danny che stavano aprendo le tende, come l’amico aveva ordinato, e assunse un’espressione perplessa.
Spalancò gli occhi per lo stupore quando vide che sia il chitarrista che il bassista avevano i loro strumenti, non seppe cosa pensare…

She was looking kinda sad and lonely…
And I was thinking to myself if only
She'd give me a smile but,
It's not gonna happen that way…


Le sfuggì un gridolino quando sentì quelle parole cantata da Tom.
Si mise le mani davanti alla bocca e ammutolì, guardando i McFly suonare per lei, alle finestre della loro casa…

So I took it upon myself to ask her,
Would you like company and maybe after
We could talk a while but,
I just don't know what to say…


Abbassò gli occhi, scoprendo che stavolta era stato Dougie a cantare, e arrossì prima di sorridere apertamente…

Coz you've got all the things that I want
And I just cant explain so…
Help me, babe, I gotta get over you!


Scese dalla bicicletta, la appoggiò sul cavalletto e applaudì I ragazzi, con il cuore che le batteva a mille.
“Adoro questa canzone!” gridò saltellando.
“La continui tu?” le propose Danny con un sorriso.

Rosie si arrestò, per un attimo non seppe cosa dire né cosa fare.
Si schiarì la voce, si sventolò una mano davanti al viso per scacciare l’imbarazzo sulle sue guance rosse e fece segno a Tom di attaccare con la chitarra.

Now and then they look in my direction,
hoping for a sign of my affection,
But I’m in denial and,
I’ve got some worries today!

Con la coda dell’occhio, vide Harry sorriderle mentre suonava…
Senza neanche rendersene conto, si ritrovò a ballettare quei due o tre passi di salsa che conosceva…

But I think if they'd give me a chance,
I'll pleasantly surprise but,
Help me, boys, I gotta get over you!

Non riuscirono a continuare oltre, perché scoppiarono tutti a ridere.

Rosie non aveva mai ricevuto una serenata in vita sua, tantomeno in quel modo e da quegli ammiratori.
E i McFly non avevano mai eseguito una canzone dalle finestre della loro casa, duettando con una cantante/ ballerina in erba.



È scontato dire che, dopo quelle scuse così sentite, Rosie li perdonò, diventò loro amica e, soprattutto, rivelò loro dove si dirigeva tutte le mattine in bicicletta.

Da nessuna parte.
Semplicemente, faceva il giro del paese più volte, nella speranza di dimagrire.
Il fatto che amasse cucinare e ancora di più mangiare non lo aveva considerato, ma questa è un’altra storia…



FINE
   
 
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