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Autore: morrigan89    06/10/2010    5 recensioni
È tempo di vacanze per i Varia e Superbi Squalo vorrebbe dedicarsi in tutta tranquillità a uno dei suoi passatempi preferiti: occuparsi della manutenzione della sua spada. Peccato che Xanxus abbia una nozione di “passatempo” piuttosto diversa...
Una XS in chiave domestica a base di sake, yukata traditori e barattoli di vaselina.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Superbi Squalo, Xanxus
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Passatempi
Genere: Commedia, Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shonen ai
Note Autore: La storia è stata ispirata dalle informazioni sui personaggi scritte sul book Vongola77. A quanto pare l'hobby di Squalo è lucidare la spada mentre uno di quelli di Xanxus è... beh, l'immagine è piuttosto esplicativa.










Tutti sanno che la famiglia Vongola è molto legata alle festività e alle sue tradizioni, molte delle quali, come il Capodanno in Stile Vongola, vengono ancora rispolverate da un certo tutore mafioso per far tremare di paura un certo giovane studente giapponese.
Ben pochi però sanno che anche la Squadra Assassina Varia ha le sue stimabili tradizioni, come l’annuale Vacanza di gruppo, istituita da Vongola Nono allo scopo di migliorare l’intesa e la coesione fra i membri d’élite.

Sì, certo, come no.

Il secondo in comando Superbi Squalo, sguardo truce e bacinella di legno per il bagno infilata sotto il braccio, avrebbe avuto molto da ridire a riguardo. “Se il vecchio bacucco non si è totalmente rimbecillito con l’età” pensava mentre percorreva il chiostro interno del hotel in cui erano alloggiati “allora deve essere incredibilmente furbo”. Del resto aveva trovato il modo di sbarazzarsi di sei individui parecchio problematici in un colpo solo, anche se solo per un paio di settimane.
Quel che era certo è che doveva essere un vero sadico, sennò non gli sarebbe mai venuto in mente di spedirli in un onsen, una tipica stazione termale giapponese, situata in una tranquilla cittadina a non molti chilometri da Namimori.

Era un bell’albergo a dire il vero, in perfetto stile tradizionale, e il vecchio bacucco aveva avuto l'accortezza di prenotare per loro un'intera ala, le cui stanze davano tutte su un giardino interno, in modo da tener il più possibile lontani gli altri avventori (il che è una precauzione necessaria quando uno dei membri della squadra è uno psicopatico che va in giro ad accoltellare la gente).
In teoria non avrebbero avuto niente di cui lamentarsi, tuttavia come Xanxus avesse potuto accettare di trovarsi anche solo nella stessa nazione con Sawada Tsunayoshi era un mistero. Quando padre e figlio adottivo si erano incontrati per discuterne Squalo si era aspettato che il suo boss avrebbe piantato il solito casino e invece no, si era alzato dalla poltrona, aveva voltato le spalle al Nono e aveva detto, con la sua consueta grazia ma stranamente con molta calma: “Basta che non mi si venga a rompere”. E poi se n’era andato. Fine.

Per qualcun altro quella piccola questione risolta pacificamente poteva essere un fatto senza nessuna importanza, ma non per Squalo; per il secondo in comando questa era un’altra piccola dimostrazione di come il boss, per quanto impercettibilmente agli occhi dei più, stesse lentamente cambiando dopo la Battaglia degli Anelli. Lui lo sapeva, perché non puoi passare anni ad osservare una persona, per quanto da lontano, senza imparare a capirne qualcosa.

Morale della favola: alla fine tutti e sei erano saliti sul jet privato dei Varia, destinazione Giappone, e ora Squalo se ne stava lì, in piedi davanti alle porte scorrevoli della sua camera, con uno yukata bianco addosso, dei sandali geta ai piedi e scarse idee su come impiegare il suo tempo ora che non aveva missioni da sbrigare. Lui era uno spadaccino, dopotutto, e oziare per ore in una piscina d’acqua bollente non faceva per lui.

Gli altri ovviamente, alla faccia della coesione interna, erano già spariti da metà pomeriggio: Belphegor se n’era andato in sala giochi portandosi appresso un Mammon più o meno recalcitrante, Lussuria aveva detto che avrebbe fatto un giro ad ammirare le bellezze locali (senza peraltro soffermarsi a spiegare cosa intendesse per “bellezze”, benché gli altri avessero delle idee in proposito), Levi A Than era scomparso sulle tracce di Xanxus, il quale probabilmente aveva avuto l'idea migliore di tutti ed era sparito senza dir niente a nessuno (benché gli altri sospettassero  che c'entrasse una telefonata importuna da parte di “quel fottuto scocciatore” di Iemitsu).

Ben lungi dal farsi prendere dal panico come Levi, Squalo poteva solo sperare che dovunque si fosse cacciato il boss non fosse in compagnia di una bottiglia di sake.
Se ricordava bene, ed erano ricordi assai brutti, aveva effetti deleteri su di lui: non che riuscisse a farlo ubriacare (Xanxus non si ubriacava mai) ma era in grado di renderlo ancora più manesco del solito; il che, visto che il boss era già molto manesco per conto suo, era ben più di quanto Squalo potesse sopportare.

Per il momento comunque non c’era in giro nessuno e tutto quello che poteva e doveva fare era trovare un modo per ingannare il tempo da solo.
Non che sentisse la mancanza degli altri, eh. Proprio no. Non gli pareva vero di poter passare un po’ di tempo per conto suo senza doversela vedere con i coltellini acuminati di Bel, le estorsioni di Mammon, i tentativi di molestie di Lussuria, le occhiatacce di Levi e i trauma cranici gentilmente offerti da Xanxus.

Dopotutto sono in vacanza. Avrò pure il diritto di rilassarmi e di dedicare un po’ di tempo solo a me stesso, no? Già che ho un po’ di tempo posso mettermi a lucidare la spada in santa pace”. In effetti quello era sempre stato uno dei suoi passatempi preferiti da praticare nei momenti di calma tra un allenamento, una missione e un ammazzamento e l’altro; e, vista l'insolita quiete e la noia mortale che minacciava di assalirlo, quale occasione migliore di questa per dedicarsi a un suo hobby?

Ormai era così risoluto a starsene in pace per conto suo che per poco non si prese un colpo quando, spalancate le porte della sua stanza, la prima cosa che incrociarono i suoi occhi fu lo sguardo torvo di Xanxus.
«Voooi! Che ci fai tu qua!?» esclamò lo spadaccino, abbastanza scioccato da rischiare di perdere la presa sulla bacinella di legno e di mandarla a cadere per terra.

Il boss se ne stava lì, in camera sua, seduto per terra a gambe incrociate davanti a un tavolo su cui campeggiavano un bicchiere di ceramica e una bottiglia già mezza vuota.
Lo spadaccino non ebbe nemmeno bisogno di guardare meglio per sapere che si trattava di una bottiglia di sake. Ne aveva la certezza matematica. “Fantastico, davvero fantastico”.
«Sto dove cazzo mi pare» brontolò l’altro per tutta risposta, per poi riprendere a sorseggiare sake come fosse acqua.

Quindi non ha niente a che vedere col fatto che Iemitsu ha minacciato di venirti a scovare di persona pur di farti riappacificare con suo figlio?”. Squalo avrebbe davvero desiderato dirglielo, davvero, ma il tono di Xanxus era uno di quelli che non ammetteva repliche. Non che in genere Xanxus ammettesse repliche, in effetti.

«Va bene, va bene…» si affrettò a dire il secondo in comando, poi se ne rimase lì, impietrito, cercando di decidersi a staccarsi dalla porta. Il fatto è che si sentiva un po’ come un esploratore che torna da un lungo safari nella savana per poi ritrovarsi una bestia feroce comodamente spaparanzata sul letto.
Il paragone era così calzante che in breve, un po’ per deformazione professionale un po’ perché Xanxus spesso e volentieri sembrava davvero una bestia feroce, si ritrovò ad analizzare la situazione come se fosse nel bel mezzo di una missione rischiosa. Doveva fare dietro-front e andarsene? Doveva entrare e far finta di niente? Chissà, magari se non lo guardava dritto negli occhi non si sarebbe inferocito e se ne sarebbe andato da solo…

Non che la presenza del boss in camera sua, per quanto insolita, lo infastidisse, ma l’idea di doverselo sorbire mentre era alterato dal sake non era delle più allettanti: l’ultima volta che avevano bevuto insieme, se ricordava bene (e non era troppo sicuro visto che aveva bevuto un sacco anche lui), lo aveva spinto con la schiena contro la scrivania e aveva tentato di dargli fuoco ai capelli.

«E non stare lì in piedi come uno stoccafisso».

Queste brusche parole lo riportarono istantaneamente alla realtà facendogli notare che effettivamente non ci stava facendo una bella figura a indugiare là fuori, nemmeno fosse lui l’intruso. “È la mia stanza, dannazione, ho il diritto di fare quello che mi pare!”. Quindi si tolse i geta ed entrò lasciando la porta aperta sul giardino interno, mise la bacinella di legno al suo posto e prese dalla sua borsa l’occorrente per pulire la spada, il tutto senza smettere per un istante di borbottare fra sé e sé frasi come “se solo tu non fossi seduto al mio tavolo” e “adesso viene pure a dare ordini in camera mia!”.

«E stai zitto, feccia».

Bene, questo era davvero troppo. Non poteva certo lasciare che l’altro pretendesse di zittirlo e poi se la cavasse così a buon mercato, senza nemmeno una protesta da parte sua, quindi si piazzò in mezzo alla stanza col suo migliore sguardo omicida e disse: «Questa è camera mia».

Una qualsiasi altra persona probabilmente a quel punto sarebbe stata abbastanza terrorizzata da scappare a gambe levate, ma Xanxus non era una persona qualsiasi ed evidentemente non era molto impressionato dalla vista del suo secondo in comando in quella specie di accappatoio, perché si limitò a ricambiare lo sguardo con un’alzata di sopracciglio.
«Quindi non hai il diritto di venire qua a comandare» continuò Squalo, visto che l’altro taceva.
«Ah no?» chiese il capo dei Varia con una lieve smorfia di divertimento, cosa che lo spadaccino aveva imparato già da tempo a riconoscere come un cattivo, pessimo segno.
«No» rispose con fermezza e crescente irritazione, ora dolorosamente conscio di quanto dovesse suonare ridicolo alle orecchie dell’altro quello che aveva appena detto. “Come se questo bastardo non ritenesse di avere il diritto di fare tutto quello che gli passa per la testa”. Oh beh, ormai era troppo tardi per tornare indietro.

«Io comando dove voglio» affermò il boss con tono perfettamente distaccato e sicuro di sé. Poi prese un sorso di sake, appoggiò il bicchiere sul tavolo e rivolse nuovamente lo sguardo al suo secondo in comando, aggiungendo: «specialmente in camera tua».

Squalo sbatté le palpebre un paio di volte con perplessità, incerto su cosa volesse intendere con quest’ultima aggiunta, ma decise di non darci peso: non tutto quello che diceva il boss sotto l’influsso dell’alcool aveva perfettamente senso.
Ciò non toglie che senza nemmeno saperne il perché l’uso di quello “specialmente” lo aveva messo leggermente in agitazione, cosa che però era abbastanza abile da non dare a vedere. Nemmeno a se stesso.

«Fai come ti pare» sbottò, cercando di darsi un tono «ma io ho da fare, quindi non ti lamentare se ti ignoro». Detto questo voltò le spalle a Xanxus e si sedette per terra, disponendo con ordine la spada e l’occorrente per lucidarla di fronte a sé: carte abrasive, panno e barattoli vari. Era un lavoro abbastanza lungo e che richiedeva pazienza, ma era anche un passatempo piacevole e non avrebbe permesso che un intruso lo distogliesse dal suo compito. Bastava solo ignorarlo.

Il che in effetti poteva essere più complicato del previsto, soprattutto quando la persona che cerchi di ignorare tende a manifestare il suo dissenso sotto forma di bicchiere che si fracassa contro la tua nuca, come in questo caso. 

«VOOOOOIIII!! ».

Negli istanti successivi Squalo fu troppo occupato a imprecare rumorosamente e a tentare di non soccombere alla fitta del dolore, ma riuscì lo stesso a percepire le parole irritate del boss: «Che cazzo avrei da lamentarmi? Non pensare che io sia qua per il piacere della tua compagnia, feccia»
Dopo alcuni istanti di pura agonia la feccia in questione si ricompose abbastanza da riuscire a mettere un po' di malcelata ironia nella sua voce e, massaggiando il punto in cui il bicchiere fortunatamente già vuoto aveva fatto collisione, chiese: «Ah no? Allora perché?».
«E’ più tranquillo» rispose Xanxus, e Squalo lo sentì bere un altro lungo sorso direttamente dalla bottiglia. «O almeno lo era prima che arrivassi tu a seccarmi».
«Ma è camera mia!» esclamò il secondo in comando, attaccando la spada con la carta abrasiva in un tentativo di sfogare la sua frustrazione in maniera costruttiva. Cercare di ragionare col boss non era mai molto fruttuoso, figuriamoci provare a farlo ora, quando riusciva benissimo a sentire come la sua voce fosse impastata dall'alcool. «Se ti secco tanto perché non te ne vai da un’altra parte?».

Dopo quella domanda lo spadaccino poté quasi sentire lo sguardo assassino dell'altro perforargli la nuca.

«Mi stai forse cacciando, feccia?».
«N-no…» si affrettò a rispondere Squalo prima che la mente paranoica di quel permaloso potesse registrare come un insulto quello che aveva detto. «Ciò non toglie che sei tu quello che sta invadendo il mio spazio personale».
«La cosa ti dispiace?».
«Non ho detto questo» chiarì subito, ma stavolta ci rifletté un attimo prima di continuare.
Gli dava noia che Xanxus fosse lì? Tutt'altro, anzi il fatto che avesse scelto di rifugiarsi in camera sua lo riempiva d'orgoglio. “Ma ha anche detto che sperava che la stanza rimanesse vuota. Vedi di non montarti la testa per niente, Squalo”.
Gli dava noia che Xanxus volesse spadroneggiare pure lì? Parecchia. “Se pensa di poter venire qua solo per darmi ordini e insultarmi si sbaglia di grosso”.

Alla fine optò per una risposta evasiva: «È solo che non ho capito perché hai scelto di venire proprio qua con tutti i posti che ci sono in questo stramaledetto albergo».
Stavolta anche l'altro si prese un bel po' di tempo per rispondere, come se neanche lui sapesse perché era lì, ma alla fine se la cavò con un laconico: «Mi annoiavo».
«E hai pensato di venire a divertirti a mie spese, eh, boss?» chiese fra i denti, continuando a scartavetrare la superficie della spada con più vigore di quanto fosse necessario.

Squalo non poteva vederlo e si era ripromesso di non girarsi per alcuna ragione, ma poteva lo stesso immaginare il sorrisetto malefico che quasi sicuramente si era dipinto sulle labbra del boss a quelle parole. «Ovvio. Perché sennò?».

Già, perché sennò?” Era già improbabile che il boss cercasse spontaneamente la compagnia di qualcuno, figuriamoci poi se per uno scopo diverso dal trovare una vittima su cui sfogare la propria rabbia perenne. Se una qualche remota parte del suo cervello aveva pensato che potesse essere lì per lui era stato davvero uno stupido. Ma ovviamente non l'aveva pensato. Proprio no.

«Pensavo che magari avresti preferito un bagno alle terme» suggerì lo spadaccino con finta noncuranza, cominciando a ripassare la spada con il panno. Chissà, magari una volta tanto avrebbe capito l'antifona e se ne sarebbe andato lasciandolo in pace.
«Troppa gente del cazzo».
«O magari fare manutenzione alle pistole».
«Già fatto».
«O visitare un po' la zona».
Stavolta gli rispose solo un verso di sdegno.

Squalo sospirò, sconfortato. «Dovresti trovarti un altro passatempo»

La bottiglia di sake ormai vuota venne appoggiata sul tavolo con un tonfo sordo. «Ce l’ho già un altro passatempo». A quel punto Squalo lo sentì alzarsi da tavola.
«Quale sarebbe?» chiese lo spadaccino. “Se ne sta andando?” pensò, oscillando tra sollievo e disappunto, mentre i passi pesanti del boss riecheggiavano sul pavimento (ovviamente non aveva avuto la buona creanza di togliersi gli anfibi e lasciarli all'ingresso).
La risposta la ebbe poco dopo, quando lo sentì inginocchiarsi dietro di lui e la sua voce roca lo raggiunse forte e chiara, a un tanto così dal suo orecchio.

«Provocarti».

Squalo non poté fare niente per trattenere il brivido che gli attraversò la schiena a quella parola. Restò immobile guardando fisso davanti a sé, con il panno in una mano e la spada nell'altra, mentre il suo battito cardiaco aumentava a dismisura.
Cercò disperatamente di controllarsi perché, dannazione, non era giusto che Xanxus riuscisse a fargli questo effetto ogni volta che gli si avvicinava; non era dignitoso per uno spadaccino, non poteva permetterselo in quanto braccio destro, perché un buon braccio destro non si fa prendere dall'emozione quando il suo boss gli rivolge una parola con un tono diverso dal solito; però non ci fu niente da fare, il cuore non ne voleva sapere di calmarsi.
Allora cercò di ritrovare l'irritazione che aveva continuato ad accumulare fin da quando era arrivato, ma quando ci provò scoprì che era sparita quasi del tutto come per incanto, lasciando il posto a qualcosa che non sapeva come definire. «E cosa ti fa pensare che te lo lascerò fare?».

«Lo fai sempre» ghignò Xanxus, avvicinandosi ancora un po' a Squalo, fin quasi a sfiorarne l'orecchio con le labbra. Era dannatamente vicino, così vicino che poteva sentire il lieve sapore del vino di riso nel suo respiro. «Ti lasci fare di tutto, se sono io a farlo»
Ora Squalo non era solo imbarazzato, ma anche mortalmente indignato per quanto si stava insinuando sul suo conto. «N-non è vero un cazzo!» ringhiò.
«Devo dimostrartelo, feccia?» mormorò il boss strascicando le parole, quasi in un soffio. Un istante dopo lo spadaccino poté sentire con sua somma sorpresa una mano che si insinuava lentamente sotto il suo yukata.

Ecco, se prima aveva qualche dubbio sul fatto che il boss fosse ubriaco ora ne era certo, perché solo da sbronzo avrebbe potuto mettergli le mani addosso per fini che non fossero il riempirlo di botte. Non poteva essere altrimenti.

«Adesso che diavolo fai?». Squalo alzò gli occhi al cielo, esasperato, e nonostante questo si rese conto di trattenere il fiato. Maledizione, probabilmente era anche già arrossito da un pezzo. Oh beh, non è che potesse farci molto, non mentre sentiva il respiro di Xanxus solleticargli il collo, non mentre sentiva le sue dita un po' ruvide che gli sfioravano lentamente la superficie liscia di un capezzolo.
A quel tocco lasciò andare un sospiro e chiuse gli occhi poco per volta, non riuscendo a trovare un qualsiasi motivo per opporsi. Qualsiasi cosa stesse passando in questo momento nella mente contorta di quel sadico di un boss, che lo stesse facendo per poi deriderlo o meno, che fosse solo colpa dell’alcool o no, a lui andava benissimo.

Era così in trance che ci mise un bel po' a rendersi conto che l'altro nel frattempo si era fermato. 
«E questo cos'è?» lo sentì chiedere ad un certo punto.
Squalo seppe a cosa si stava riferendo prima ancora di spalancare gli occhi. «Voooi! Lascia stare!» esclamò, orripilato, e si buttò in avanti in un disperato tentativo di riuscire a precederlo.

Troppo tardi. Xanxus aveva già allungato la mano per prendere uno dei barattoli posati sul pavimento e ne stava rimirando l'etichetta con un sorrisetto sadico in volto. «Vaselina?» chiese guardando il suo secondo in comando con espressione beffarda. «Pensavo che Lussuria fosse l'unico Varia a farne uso».
Il secondo in comando digrignò i denti, furente. Non solo aveva interrotto qualsiasi cosa stesse facendo (e che avrebbe preferito continuasse) ma lo aveva fatto unicamente per prenderlo in giro! Sapeva benissimo che si comportava così solamente per provocarlo e che avrebbe fatto meglio a ignorarlo, ma come si faceva a non perdere la pazienza con uno del genere? «Non farti strane idee! Serve a proteggere la spada dalla ruggine dopo averla lucidata!».
«Sembra quasi vuoto» continuò Xanxus, completamente sordo alle spiegazioni razionali dell'altro. «La lucidi proprio un sacco la tua spada...».

Sicuramente avrebbe anche aperto la confezione per controllare, se Squalo non si fosse girato per afferrarla da una parte con l’arto metallico.
«Ridammelo!» ringhiò, strattonando il barattolo.
Squalo si rese conto di aver fatto una solenne cavolata non appena Xanxus lo strattonò dall'altra parte. 
«No».
«Non fare lo stronzo» brontolò lo spadaccino afferrandolo anche con l'altra mano, imitato immediatamente dall’altro. “Porca miseria, ma come si fa a essere così infantili!?” pensò, senza rendersi conto che a dire la verità nemmeno stare al suo gioco poteva essere considerato la quintessenza della maturità.
«Cos’è, hai paura che lo apra?» lo derise il boss, ben deciso a non dargliela vinta in alcun modo.
«No, devo finire il lavoro. Molla!» esclamò lo spadaccino puntando i talloni contro il pavimento di legno.
«Molla tu» ghignò, rizzandosi sulle ginocchia per avere una posizione più stabile, e a giudicare dalla sua faccia era chiaro come il sole che stava anche cominciando a divertirsi, il bastardo.
Qui occorre agire d’astuzia o ci facciamo notte”.
«Boss» esordì Squalo, riuscendo anche a sorridere beffardamente nonostante la fatica che stava facendo a tirare dalla sua parte. «Se davvero ne hai così bisogno puoi chiedere a Lussuria di comprarti un altro barattolo. Per uso personale, dico».

L’espressione del boss cambiò nel giro di un nanosecondo da modalità “moderato divertimento” a “ira funesta”. 

Fu così che quando questi mollò la presa Squalo si ritrovò col barattolo di nuovo al sicuro nelle sue mani, sì, ma abbastanza sbilanciato da finire con metà schiena per terra; e finire ad affrontare un avversario in una posizione scarsamente difendibile come quella non era mai stato molto consigliabile, soprattutto se l’avversario in questione era uno Xanxus irritato e non molto sobrio. «Cosa vorresti insinuare, feccia?».
Squalo sapeva di essere lì lì per finire nei guai, lo sapeva benissimo, ma non era mai stato il tipo da abbassare la testa di fronte a nessuno, nemmeno davanti al suo capo, e inoltre adesso era di nuovo mortalmente, incredibilmente irritato. Quindi, gomiti contro il pavimento e sorrisetto ironico in volto, ricambiò lo sguardo minaccioso del boss con fierezza e disse: «Che se sei così interessato a un barattolo di vaselina deve esserci qualcosa sotto, no? O forse dovrei dire dietro».

Negli attimi successivi accaddero varie cose. Prima vide la consapevolezza di quanto aveva appena insinuato prendere corpo sul viso di Xanxus sotto forma di indignazione mortale, poi vide quest’ultimo buttare la giacca da una parte e slanciarglisi contro con una specie di ruggito.
L’istante successivo il suddetto barattolo schizzava via rotolando sul pavimento mentre lo spadaccino si ritrovava placcato al suolo, bloccato dal leggiadro peso del boss, a lottare strenuamente nel tentativo di non farsi immobilizzare le braccia.

«Rimangiatelo!».
«No!».

Dopo alcuni lunghi istanti di battaglia sfrenata Xanxus gli aveva già afferrato entrambi i polsi e stava cercando di bloccarglieli contro il suolo mentre Squalo era riuscito a piantargli un ginocchio nello stomaco e ora tentava di spingerlo via con tutta la sua forza.
Peccato che durante la lotta lo yukata si era a poco a poco spostato fino a lasciargli la gamba completamente scoperta, cosa che, se lo spadaccino era troppo concentrato a non farsi sopraffare per poterlo notare, non fuggì all’attenzione del boss.
«Ehi, feccia» sghignazzò occhieggiando la lunga gamba nuda piegata sotto di sé «Stai cercando di sedurmi?».

L’attimo di distrazione in cui Squalo, oltre ad arrossire piuttosto violentemente, abbassò lo sguardo per verificare che fine avesse fatto quel traditore di uno yukata, gli fu fatale: l’altro gli spinse di lato il ginocchio e si lasciò cadere addosso a lui, bloccandogli le braccia dietro la schiena in una stretta micidiale.

«VOOOIII!! Xanxus, vaffanculo!!» urlò l’altro in preda alla frustrazione, ormai conscio che l’incontro era finito e lui non poteva fare più niente per vincere. E non perché non riuscisse più a muoversi: era un assassino addestrato a uccidere, una vera e propria macchina da combattimento, e non gli sarebbe stato impossibile trovare un modo per togliersi da quella situazione imbarazzante.
Il fatto è che in quel momento non riusciva neanche a pensare razionalmente, figuriamoci a reagire. Non poteva opporsi, non con Xanxus avvinghiato a quel modo a lui, non mentre quel corpo che aveva sempre desiderato stringere al suo lo sovrastava, non mentre l’altro lo teneva completamente in suo potere, e poco importava se lo faceva solo dimostrargli la sua superiorità.

Forse, in effetti, non voleva affatto opporsi. “Accidenti a lui”.

«Lasciami!» esclamò, esasperato, ma il volto del boss, che lo scrutava a pochi centimetri di distanza, rimase perfettamente impassibile.  Allora tentò di divincolarsi ma si rese presto conto di quanto non fosse esattamente produttivo, non mentre aveva una gamba che premeva in mezzo alle cosce, visto che azzardare un qualsiasi movimento significava andare a strusciare contro di essa; il che era una cosa che voleva evitare a tutti i costi, dato che avere Xanxus addosso era già stata una sollecitazione sufficiente.
«Lasciami andare» insistette, stavolta con un tono di voce più basso e con molta meno convinzione, pregando che l’altro non si fosse reso conto di quello che stava succedendo al suo corpo. Ma a giudicare da quella smorfia beffarda e maliziosa che era appena tornata sul suo viso era praticamente impossibile. 
Dio, quanto lo odio” pensò, e lo odiava davvero quando lo guardava in quel modo arrogante, riuscendo a far sentire un perfetto idiota persino una persona fiera e orgogliosa come lui. Ma odiava ancora di più quando non lo guardava affatto.

«E va bene, hai vinto» si arrese, esausto, ansimando leggermente per gli sforzi fatti fino a quel momento. «Tu e la vaselina non avete niente a che fare, contento? Ora vuoi lasciarmi andare?».
«Vuoi davvero che ti lasci andare?» chiese il capo dei Varia e poi, prima ancora che lo spadaccino potesse realizzare che in effetti non era poi così sicuro di volerlo, fece qualcosa che non si aspettava minimamente: abbassò la testa, indugiò qualche momento sfiorandogli il collo con le labbra e poi lo morse; lo morse come avrebbe fatto un animale con la sua preda, affondando i denti nella carne morbida con abbastanza forza da fargli sfuggire un’esclamazione di sorpresa mista a dolore.
Poi tirò di nuovo su la testa e rimase in silenzio, a osservare Squalo che respirava affannosamente in preda all’imbarazzo e alla confusione e a qualcosa di indefinibile che sapeva tanto di senso d’anticipazione.

«C-che diavolo ti prende!?».
Xanxus non rispose ma si limitò a studiarne il viso, compiaciuto del risultato che aveva ottenuto con un solo semplice morso.

E poi lo baciò.

Lo baciò con voracità, premendo le labbra contro le sue, mordendole senza riguardo, ignorando il suono strangolato di sorpresa emesso dal ragazzo sotto di lui, perché Xanxus non era mai stato una persona delicata e non poteva esserlo nemmeno in questo. Squalo da parte sua ci mise un po’ a rendersi conto di quello che stava succedendo, del fatto che il boss lo stesse effettivamente baciando, cosa che aveva sempre considerato impensabile, possibile solamente nei suoi sogni più nascosti; quando lo realizzò pienamente chiuse gli occhi e, mentre la morsa dolorosa dell’altro si allentava e si trasformava lentamente in abbraccio, gli circondò la schiena con le braccia ora libere, stringendolo a sé e rispondendo al bacio con altrettanto fervore.

Anni. Era da anni che attendeva un momento del genere, anni che si era messo il cuore in pace e aveva capito che un momento del genere non sarebbe mai arrivato. E ora di punto in bianco erano lì, stretti a quel modo su quel pavimento dannatamente scomodo dopo una delle loro solite zuffe insensate. Roba da fine del mondo.
Poteva anche essere stato solo il troppo alcool a spingere il boss fra le sue braccia ma a lui non importava, non aveva pensieri che per questo immediato e stranissimo presente, e il presente era fatto solo di cose come il sapore del sake sulle labbra di Xanxus, la mano che afferrava la sua gamba nuda o le piume variopinte che gli solleticavano il viso. Non aveva bisogno di altro.

Dopo un po’ di quel bacio passionale il boss si separò da lui per riprendere fiato, con suo sommo disappunto, ma solo per poi andare ad attaccare la sua spalla, che quell’infido di uno yukata aveva intanto lasciato scoperta, e scendere sempre più in basso lasciando un sentiero di baci e morsi fino a un capezzolo. Inutile dire che anche quello si beccò un bel morso che provocò a Squalo un’altra esclamazione, stavolta non tanto di dolore quanto di piacere. “Maledetto…

Ormai lo yukata aveva smesso da un pezzo di svolgere la sua funzione basilare ed era solo diventato un intralcio, perciò non appena l’altro gli lasciò un po’ di spazio lo spadaccino si tirò un po’ su e si sfilò le braccia dalla parte superiore, lasciandola ricadere sul pavimento.
Dire che era sconvolto per quanto stava succedendo era dire poco e aveva anche l’atroce dubbio di essersi arreso un po’ troppo facilmente alle provocazioni altrui, eppure non c’era alcuna esitazione nel suo sguardo quando schiuse le gambe e le portò attorno ai fianchi dell’altro, né nella sua voce quando pronunciò il suo nome a bassa voce: «Xanxus…»
Del resto un Varia non esita davanti a niente, tanto meno di fronte a una bestia feroce, nemmeno di fronte a quella bestia feroce, che adesso lo guardava come un pezzo di carne particolarmente delizioso, con un sorriso ferino stampato in faccia.

«Sembra che io ti abbia provocato a sufficienza».

Il secondo in comando lo avrebbe volentieri mandato a quel paese se nel frattempo una mano scesa a piazzarsi sotto lo yukata, dritta dritta in mezzo alle gambe, non lo avesse costretto a trattenere bruscamente il fiato. Dovette accontentarsi di un “fanculo” detto fra i denti, a mezza voce, ma non è che gli importasse poi molto ora che il boss aveva ricominciato a provocarlo a modo suo.

Perché, diavolo, se era questo che intendeva per “provocare” allora d’ora in poi avrebbe accettato nuove intrusioni da parte sua senza fare troppe storie, anche se questo doveva significare mettere da parte i suoi amati passatempi.

La spada posso anche lucidarla dopo” pensò mentre appoggiava una mano sulla nuca di Xanxus, facendo scorrere le dita fra i suoi capelli in un invito ad andare avanti. Fu allora che si rese conto che l’altro si era fermato già da qualche secondo e stava guardando fuori dalla porta.
«Cosa c’è?» chiese Squalo, piuttosto scontento per l’interruzione.
«Ssst» sibilò l’altro, sempre guardando dall’altra parte.
Prima che potesse berciare qualcosa come “Chi credi di poter zittire in questo modo!?” udì anche lui quello che aveva messo il boss sull’attenti: rumore di voci e passi che si avvicinavano. Per un po’ i due rimasero immobili e in silenzio ad ascoltare e le parole che udirono furono più o meno queste:

«… perché nessuno può battere il Principe, nemmeno a Tekken»
«Mu, hai vinto solo perché hai usato Christie. Dovrei tassarti per questo»
«Ushishishi. Dai, andiamo a rompere le scatole a Squalo».

Xanxus scattò istantaneamente in piedi, imprecando a mezza voce, raccolse la giacca dal pavimento e se la infilò sotto un braccio, già pronto a levare le tende prima che Bel e Mammon potessero mettere in atto la malaugurata idea di fare irruzione nella stanza.
Nel frattempo Squalo, ancora abbastanza intontito per quanto gli era capitato, si rivestiva in fretta e furia, cercando di ricomporsi: compito di non di poco conto, visto che le guance arrossate, i capelli arruffati, lo yukata spiegazzato e soprattutto il segno lasciato dai denti di Xanxus in bella vista sul collo lo facevano sembrare vittima di un assalto da parte di un leone o di una tigre, o forse di entrambi.
Oh beh, nei suoi pensieri sanguinari nemmeno Belphegor avrebbe avuto un aspetto molto migliore una volta che avesse finito con lui. Non l’avrebbe passata liscia per aver fatto allontanare il boss in un momento simile, no.

Ma Xanxus non se ne era ancora andato. Quando alzò lo sguardo era ancora lì che indugiava sulla porta, dandogli le spalle, come se qualche pensiero lo trattenesse lì.
«A mezzanotte in camera mia, feccia» disse infine, sempre senza guardarlo «Puntuale. Non ho voglia di aspettarti ancora».

Squalo sgranò gli occhi. “Come sarebbe a dire ancora? Vuol dire che quando sono entrato era lì ad aspettarmi?” si chiese, confuso. Possibile che Xanxus fosse venuto lì per lui? Possibile che tutto quello che era successo fosse stato premeditato? Possibile che il boss intendesse davvero…

«Ah, e porta quel barattolo. Potrebbe servirti» disse il capo dei Varia, interrompendo il ciclo dei suoi pensieri. Prima di uscire si voltò un’ultima volta per rispondere allo sguardo interrogativo di Squalo con uno dei suoi soliti sorrisetti malefici e un’espressione che lasciava facilmente immaginare che genere di programmi avesse in mente per la serata, programmi che probabilmente non includevano la manutenzione di armi da combattimento.
«Ma non certo a lucidare la spada».

Parecchi avventori dell’onsen quel pomeriggio poterono giurare di aver sentito un urlo disumano, stranamente simile a un “VOOOOIIII!!”, echeggiare con tutta la potenza dei suoi decibel in ogni remoto angolo dell’hotel e forse della regione intera.

   
 
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