Genere: Commedia, Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shonen ai
Note Autore: La storia è stata ispirata dalle informazioni sui personaggi scritte sul book Vongola77. A quanto pare l'hobby di Squalo è lucidare la spada mentre uno di quelli di Xanxus è... beh, l'immagine è piuttosto esplicativa.
Tutti sanno che la
famiglia
Vongola è molto legata alle festività e alle sue
tradizioni, molte delle quali,
come il Capodanno in Stile Vongola, vengono ancora rispolverate da un
certo
tutore mafioso per far tremare di paura un certo giovane studente
giapponese.
Ben pochi però sanno che
anche la Squadra Assassina Varia ha le sue stimabili tradizioni, come
l’annuale
Vacanza di gruppo, istituita da Vongola Nono allo scopo di migliorare
l’intesa
e la coesione fra i membri d’élite.
Sì, certo,
come no.
Il secondo in comando
Superbi
Squalo, sguardo truce e bacinella di legno per il bagno infilata sotto
il
braccio, avrebbe avuto molto da ridire a riguardo. “Se il vecchio bacucco non si è
totalmente rimbecillito con l’età”
pensava mentre percorreva il chiostro interno del hotel in cui erano
alloggiati
“allora deve essere incredibilmente
furbo”.
Del resto aveva trovato il modo di sbarazzarsi di sei individui
parecchio
problematici in un colpo solo, anche se solo per un paio di settimane.
Quel che era certo è che
doveva essere un vero sadico, sennò non gli sarebbe mai
venuto in mente di spedirli
in un onsen, una tipica stazione
termale giapponese, situata in una tranquilla cittadina a non molti
chilometri
da Namimori.
Era un
bell’albergo a dire il
vero, in perfetto stile tradizionale, e il vecchio bacucco aveva avuto
l'accortezza di prenotare per loro un'intera ala, le cui stanze davano
tutte su
un giardino interno, in modo da tener il più possibile
lontani gli altri
avventori (il che è una precauzione necessaria quando uno
dei membri della
squadra è uno psicopatico che va in giro ad accoltellare la
gente).
In teoria non avrebbero avuto
niente di cui lamentarsi, tuttavia come Xanxus avesse potuto accettare
di
trovarsi anche solo nella stessa nazione con Sawada Tsunayoshi era un
mistero. Quando
padre e figlio adottivo si erano incontrati per discuterne Squalo si
era
aspettato che il suo boss avrebbe piantato il solito casino e invece
no, si era
alzato dalla poltrona, aveva voltato le spalle al Nono e aveva detto,
con la
sua consueta grazia ma stranamente con molta calma: “Basta
che non mi si venga
a rompere”. E poi se n’era andato. Fine.
Per qualcun altro
quella
piccola questione risolta pacificamente poteva essere un fatto senza
nessuna
importanza, ma non per Squalo; per il secondo in comando questa era
un’altra
piccola dimostrazione di come il boss, per quanto impercettibilmente
agli occhi
dei più, stesse lentamente cambiando dopo la Battaglia degli
Anelli. Lui lo
sapeva, perché non puoi passare anni ad osservare una
persona, per quanto da
lontano, senza imparare a capirne qualcosa.
Morale della favola:
alla
fine tutti e sei erano saliti sul jet privato dei Varia, destinazione
Giappone,
e ora Squalo se ne stava lì, in piedi davanti alle porte
scorrevoli della sua
camera, con uno yukata bianco
addosso, dei sandali geta ai piedi
e
scarse idee su come impiegare il suo tempo ora che non aveva missioni
da
sbrigare. Lui era uno spadaccino, dopotutto, e oziare per ore in una
piscina
d’acqua bollente non faceva per lui.
Gli altri ovviamente,
alla
faccia della coesione interna, erano già spariti da
metà pomeriggio: Belphegor
se n’era andato in sala giochi portandosi appresso un Mammon
più o meno
recalcitrante, Lussuria aveva detto che avrebbe fatto un giro ad
ammirare le
bellezze locali (senza peraltro soffermarsi a spiegare cosa intendesse
per “bellezze”,
benché gli altri avessero delle idee in proposito), Levi A
Than era scomparso
sulle tracce di Xanxus, il quale probabilmente aveva avuto l'idea
migliore di
tutti ed era sparito senza dir niente a nessuno (benché gli
altri sospettassero che
c'entrasse una telefonata importuna da
parte di “quel fottuto scocciatore” di Iemitsu).
Ben lungi dal farsi
prendere
dal panico come Levi, Squalo poteva solo sperare che dovunque si fosse
cacciato
il boss non fosse in compagnia di una bottiglia di sake.
Se ricordava bene, ed erano
ricordi assai brutti, aveva effetti deleteri su di lui: non che
riuscisse a
farlo ubriacare (Xanxus non si ubriacava mai) ma era in grado di
renderlo
ancora più manesco del solito; il che, visto che il boss era
già molto manesco
per conto suo, era ben più di quanto Squalo potesse
sopportare.
Per il momento
comunque non
c’era in giro nessuno e tutto quello che poteva e doveva fare
era trovare un
modo per ingannare il tempo da solo.
Non che sentisse la mancanza
degli altri, eh. Proprio no. Non gli pareva vero di poter passare un
po’ di
tempo per conto suo senza doversela vedere con i coltellini acuminati
di Bel,
le estorsioni di Mammon, i tentativi di molestie di Lussuria, le
occhiatacce di
Levi e i trauma cranici gentilmente offerti da Xanxus.
“Dopotutto sono in
vacanza. Avrò pure il diritto di rilassarmi e di
dedicare un po’ di tempo solo a me stesso, no? Già
che ho un po’ di tempo posso
mettermi a lucidare la spada in santa pace”. In
effetti quello era sempre
stato uno dei suoi passatempi preferiti da praticare nei momenti di
calma tra
un allenamento, una missione e un ammazzamento e l’altro; e,
vista l'insolita
quiete e la noia mortale che minacciava di assalirlo, quale occasione
migliore
di questa per dedicarsi a un suo hobby?
Ormai era
così risoluto a
starsene in pace per conto suo che per poco non si prese un colpo
quando,
spalancate le porte della sua stanza, la prima cosa che incrociarono i
suoi
occhi fu lo sguardo torvo di Xanxus.
«Voooi! Che ci fai tu qua!?»
esclamò lo spadaccino, abbastanza scioccato da rischiare di
perdere la presa
sulla bacinella di legno e di mandarla a cadere per terra.
Il boss se ne stava
lì, in
camera sua, seduto per terra a gambe incrociate davanti a un tavolo su
cui
campeggiavano un bicchiere di ceramica e una bottiglia già
mezza vuota.
Lo spadaccino non ebbe
nemmeno bisogno di guardare meglio per sapere che si trattava di una
bottiglia
di sake. Ne aveva la certezza matematica. “Fantastico,
davvero fantastico”.
“Quindi non ha niente a
che vedere col fatto che Iemitsu ha minacciato
di venirti a scovare di persona pur di farti riappacificare con suo
figlio?”.
Squalo avrebbe davvero desiderato dirglielo, davvero, ma il tono di
Xanxus era
uno di quelli che non ammetteva repliche. Non che in genere Xanxus
ammettesse
repliche, in effetti.
«Va bene, va
bene…» si
affrettò a dire il secondo in comando, poi se ne rimase
lì, impietrito, cercando
di decidersi a staccarsi dalla porta. Il fatto è che si
sentiva un po’ come un
esploratore che torna da un lungo safari nella savana per poi
ritrovarsi una
bestia feroce comodamente spaparanzata sul letto.
Il paragone era così calzante
che in breve, un po’ per deformazione professionale un
po’ perché Xanxus spesso
e volentieri sembrava davvero una bestia feroce, si ritrovò
ad analizzare la
situazione come se fosse nel bel mezzo di una missione rischiosa.
Doveva fare
dietro-front e andarsene? Doveva entrare e far finta di niente?
Chissà, magari
se non lo guardava dritto negli occhi non si sarebbe inferocito e se ne
sarebbe
andato da solo…
Non che la presenza del boss
in camera sua, per quanto insolita, lo infastidisse, ma
l’idea di doverselo
sorbire mentre era alterato dal sake non era delle più
allettanti: l’ultima
volta che avevano bevuto insieme, se ricordava bene (e non era troppo
sicuro
visto che aveva bevuto un sacco anche lui), lo aveva spinto con la
schiena
contro la scrivania e aveva tentato di dargli fuoco ai capelli.
«E non stare
lì in piedi come
uno stoccafisso».
Queste brusche parole
lo
riportarono istantaneamente alla realtà facendogli notare
che effettivamente
non ci stava facendo una bella figura a indugiare là fuori,
nemmeno fosse lui
l’intruso. “È
la mia stanza, dannazione, ho
il diritto di fare quello che mi pare!”. Quindi si
tolse i geta ed entrò
lasciando la porta aperta sul giardino interno, mise la bacinella di
legno al
suo posto e prese dalla sua borsa l’occorrente per pulire la
spada, il tutto
senza smettere per un istante di borbottare fra sé e
sé frasi come “se solo tu
non fossi seduto al mio tavolo” e “adesso viene
pure a dare ordini in camera
mia!”.
«E stai
zitto, feccia».
Bene, questo era
davvero
troppo. Non poteva certo lasciare che l’altro pretendesse di
zittirlo e poi se
la cavasse così a buon mercato, senza nemmeno una protesta
da parte sua, quindi
si piazzò in mezzo alla stanza col suo migliore sguardo
omicida e disse: «Questa
è camera mia».
Una qualsiasi altra persona
probabilmente a quel punto sarebbe stata abbastanza terrorizzata da
scappare a
gambe levate, ma Xanxus non era una persona qualsiasi ed evidentemente
non era
molto impressionato dalla vista del suo secondo in comando in quella
specie di
accappatoio, perché si limitò a ricambiare lo
sguardo con un’alzata di
sopracciglio.
«Quindi non hai il diritto di
venire qua a comandare» continuò Squalo, visto che
l’altro taceva.
«Ah no?» chiese il capo dei
Varia con una lieve smorfia di divertimento, cosa che lo spadaccino
aveva imparato
già da tempo a riconoscere come un cattivo, pessimo segno.
«No» rispose con fermezza e
crescente irritazione, ora dolorosamente conscio di quanto dovesse
suonare
ridicolo alle orecchie dell’altro quello che aveva appena
detto. “Come se questo bastardo non
ritenesse di
avere il diritto di fare tutto quello che gli passa per la testa”.
Oh beh,
ormai era troppo tardi per tornare indietro.
«Io comando
dove voglio»
affermò il boss con tono perfettamente distaccato e sicuro
di sé. Poi prese un
sorso di sake, appoggiò il bicchiere sul tavolo e rivolse
nuovamente lo sguardo
al suo secondo in comando, aggiungendo: «specialmente
in camera tua».
Squalo
sbatté le palpebre un
paio di volte con perplessità, incerto su cosa volesse
intendere con quest’ultima
aggiunta, ma decise di non darci peso: non tutto quello che diceva il
boss
sotto l’influsso dell’alcool aveva perfettamente
senso.
Ciò non toglie che senza
nemmeno saperne il perché l’uso di quello
“specialmente” lo aveva messo
leggermente in agitazione, cosa che però era abbastanza
abile da non dare a
vedere. Nemmeno a se stesso.
«Fai come ti
pare» sbottò,
cercando di darsi un tono «ma io ho da fare, quindi non ti
lamentare se ti
ignoro». Detto questo voltò le spalle a Xanxus e
si sedette per terra,
disponendo con ordine la spada e l’occorrente per lucidarla
di fronte a sé:
carte abrasive, panno e barattoli vari. Era un lavoro abbastanza lungo
e che
richiedeva pazienza, ma era anche un passatempo piacevole e non avrebbe
permesso che un intruso lo distogliesse dal suo compito. Bastava solo
ignorarlo.
Il che in effetti
poteva
essere più complicato del previsto, soprattutto quando la
persona che cerchi di
ignorare tende a manifestare il suo dissenso sotto forma di bicchiere
che si
fracassa contro la tua nuca, come in questo caso.
«VOOOOOIIII!! ».
Negli istanti
successivi
Squalo fu troppo occupato a imprecare rumorosamente e a tentare di non
soccombere alla fitta del dolore, ma riuscì lo stesso a
percepire le parole
irritate del boss: «Che cazzo avrei da lamentarmi?
Non pensare che io sia
qua per il piacere della tua compagnia, feccia»
Dopo alcuni istanti di pura
agonia la feccia in questione si ricompose abbastanza da riuscire a
mettere un
po' di malcelata ironia nella sua voce e, massaggiando il punto in cui
il bicchiere
fortunatamente già vuoto aveva fatto collisione, chiese:
«Ah no? Allora perché?».
«E’ più tranquillo» rispose
Xanxus, e Squalo lo sentì bere un altro lungo sorso
direttamente dalla
bottiglia. «O almeno lo era prima che arrivassi tu a
seccarmi».
«Ma è camera mia!» esclamò il
secondo in comando, attaccando la spada con la carta abrasiva in un
tentativo
di sfogare la sua frustrazione in maniera costruttiva. Cercare di
ragionare col
boss non era mai molto fruttuoso, figuriamoci provare a farlo ora,
quando riusciva
benissimo a sentire come la sua voce fosse impastata dall'alcool.
«Se ti secco
tanto perché non te ne vai da un’altra
parte?».
Dopo quella domanda lo
spadaccino poté quasi sentire lo sguardo assassino
dell'altro perforargli la
nuca.
«Mi stai
forse cacciando,
feccia?».
«N-no…» si affrettò a
rispondere Squalo prima che la mente paranoica di quel permaloso
potesse
registrare come un insulto quello che aveva detto.
«Ciò non toglie che sei tu
quello che sta invadendo il mio spazio personale».
«La cosa ti dispiace?».
«Non ho detto questo» chiarì
subito, ma stavolta ci rifletté un attimo prima di
continuare.
Gli dava noia che Xanxus
fosse lì? Tutt'altro, anzi il fatto che avesse scelto di
rifugiarsi in camera
sua lo riempiva d'orgoglio. “Ma ha
anche
detto che sperava che la stanza rimanesse vuota. Vedi di non montarti
la testa
per niente, Squalo”.
Gli dava noia che Xanxus
volesse spadroneggiare pure lì? Parecchia. “Se
pensa di poter venire qua solo per darmi ordini e insultarmi si sbaglia
di
grosso”.
Alla fine optò per una
risposta evasiva: «È solo che non ho capito
perché hai scelto di venire proprio
qua con tutti i posti che ci sono in questo stramaledetto
albergo».
Stavolta anche l'altro si
prese un bel po' di tempo per rispondere, come se neanche lui sapesse
perché
era lì, ma alla fine se la cavò con un laconico:
«Mi annoiavo».
«E hai pensato di venire a
divertirti a mie spese, eh, boss?» chiese fra i denti,
continuando a
scartavetrare la superficie della spada con più vigore di
quanto fosse
necessario.
Squalo non poteva vederlo e
si era ripromesso di non girarsi per alcuna ragione, ma poteva lo
stesso
immaginare il sorrisetto malefico che quasi sicuramente si era dipinto
sulle
labbra del boss a quelle parole. «Ovvio. Perché
sennò?».
“Già, perché sennò?”
Era già improbabile che il boss cercasse
spontaneamente la compagnia di qualcuno, figuriamoci poi se per uno
scopo
diverso dal trovare una vittima su cui sfogare la propria rabbia
perenne. Se
una qualche remota parte del suo cervello aveva pensato che potesse
essere lì
per lui era stato davvero uno stupido. Ma ovviamente non l'aveva
pensato.
Proprio no.
«Pensavo che
magari avresti
preferito un bagno alle terme» suggerì lo
spadaccino con finta noncuranza,
cominciando a ripassare la spada con il panno. Chissà,
magari una volta tanto
avrebbe capito l'antifona e se ne sarebbe andato lasciandolo in pace.
«Troppa gente del cazzo».
«O magari fare manutenzione
alle pistole».
«Già fatto».
«O visitare un po' la zona».
Stavolta gli rispose solo un
verso di sdegno.
Squalo
sospirò, sconfortato.
«Dovresti trovarti un altro passatempo»
La bottiglia di sake
ormai
vuota venne appoggiata sul tavolo con un tonfo sordo. «Ce
l’ho già un altro
passatempo». A quel punto Squalo lo sentì alzarsi
da tavola.
«Quale sarebbe?» chiese lo
spadaccino. “Se ne sta andando?”
pensò, oscillando tra sollievo e disappunto, mentre i passi
pesanti del boss
riecheggiavano sul pavimento (ovviamente non aveva avuto la buona
creanza di
togliersi gli anfibi e lasciarli all'ingresso).
La risposta la ebbe poco
dopo, quando lo sentì inginocchiarsi dietro di lui e la sua
voce roca lo
raggiunse forte e chiara, a un tanto così dal suo orecchio.
«Provocarti».
Squalo non
poté fare niente
per trattenere il brivido che gli attraversò la schiena a
quella parola. Restò
immobile guardando fisso davanti a sé, con il panno in una
mano e la spada
nell'altra, mentre il suo battito cardiaco aumentava a dismisura.
Cercò disperatamente di
controllarsi perché, dannazione, non era giusto che Xanxus
riuscisse a fargli
questo effetto ogni volta che gli si avvicinava; non era dignitoso per
uno
spadaccino, non poteva permetterselo in quanto braccio destro,
perché un buon
braccio destro non si fa prendere dall'emozione quando il suo boss gli
rivolge
una parola con un tono diverso dal solito; però non ci fu
niente da fare, il
cuore non ne voleva sapere di calmarsi.
Allora cercò di ritrovare
l'irritazione che aveva continuato ad accumulare fin da quando era
arrivato, ma
quando ci provò scoprì che era sparita quasi del
tutto come per incanto,
lasciando il posto a qualcosa che non sapeva come definire.
«E cosa ti fa
pensare che te lo lascerò fare?».
«Lo fai sempre» ghignò
Xanxus,
avvicinandosi ancora un po' a Squalo, fin quasi a sfiorarne l'orecchio
con le
labbra. Era dannatamente vicino, così vicino che poteva
sentire il lieve sapore
del vino di riso nel suo respiro. «Ti lasci fare di tutto, se
sono io a farlo»
Ora Squalo non era solo
imbarazzato, ma anche mortalmente indignato per quanto si stava
insinuando sul
suo conto. «N-non è vero un cazzo!»
ringhiò.
«Devo dimostrartelo, feccia?»
mormorò il boss strascicando le parole, quasi in un soffio.
Un istante dopo lo
spadaccino poté sentire con sua somma sorpresa una mano che
si insinuava
lentamente sotto il suo yukata.
Ecco, se prima aveva
qualche
dubbio sul fatto che il boss fosse ubriaco ora ne era certo,
perché solo da
sbronzo avrebbe potuto mettergli le mani addosso per fini che non
fossero il
riempirlo di botte. Non poteva essere altrimenti.
«Adesso che
diavolo fai?». Squalo
alzò gli occhi al cielo, esasperato, e nonostante questo si
rese conto di
trattenere il fiato. Maledizione, probabilmente era anche
già arrossito da un
pezzo. Oh beh, non è che potesse farci molto, non mentre
sentiva il respiro di
Xanxus solleticargli il collo, non mentre sentiva le sue dita un po'
ruvide che
gli sfioravano lentamente la superficie liscia di un capezzolo.
A quel tocco lasciò andare un
sospiro e chiuse gli occhi poco per volta, non riuscendo a trovare un
qualsiasi
motivo per opporsi. Qualsiasi cosa stesse passando in questo momento
nella
mente contorta di quel sadico di un boss, che lo stesse facendo per poi
deriderlo o meno, che fosse solo colpa dell’alcool o no, a
lui andava
benissimo.
Era così in
trance che ci
mise un bel po' a rendersi conto che l'altro nel frattempo si era
fermato.
«E questo cos'è?» lo sentì
chiedere ad un certo punto.
Squalo seppe a cosa si stava
riferendo prima ancora di spalancare gli occhi. «Voooi!
Lascia stare!» esclamò,
orripilato, e si buttò in avanti in un disperato tentativo
di riuscire a
precederlo.
Troppo tardi. Xanxus
aveva
già allungato la mano per prendere uno dei barattoli posati
sul pavimento e ne
stava rimirando l'etichetta con un sorrisetto sadico in volto.
«Vaselina?»
chiese guardando il suo secondo in comando con espressione beffarda.
«Pensavo
che Lussuria fosse l'unico Varia a farne uso».
Il secondo in comando
digrignò i denti, furente. Non solo aveva interrotto
qualsiasi cosa stesse
facendo (e che avrebbe preferito continuasse) ma lo aveva fatto
unicamente per
prenderlo in giro! Sapeva benissimo che si comportava così
solamente per
provocarlo e che avrebbe fatto meglio a ignorarlo, ma come si faceva a
non
perdere la pazienza con uno del genere? «Non farti strane
idee! Serve a
proteggere la spada dalla ruggine dopo averla lucidata!».
«Sembra quasi vuoto» continuò
Xanxus, completamente sordo alle spiegazioni razionali dell'altro.
«La lucidi
proprio un sacco la tua spada...».
Sicuramente avrebbe anche
aperto la confezione per controllare, se Squalo non si fosse girato per
afferrarla da una parte con l’arto metallico.
«Ridammelo!» ringhiò,
strattonando il barattolo.
Squalo si rese conto di aver
fatto una solenne cavolata non appena Xanxus lo strattonò
dall'altra parte.
«No».
«Non fare lo stronzo»
brontolò lo spadaccino afferrandolo anche con l'altra mano,
imitato
immediatamente dall’altro. “Porca
miseria, ma come si fa a essere così infantili!?”
pensò, senza rendersi
conto che a dire la verità nemmeno stare al suo gioco poteva
essere considerato
la quintessenza della maturità.
«Cos’è, hai paura che lo
apra?» lo derise il boss, ben deciso a non dargliela vinta in
alcun modo.
«No, devo finire il lavoro.
Molla!» esclamò lo spadaccino puntando i talloni
contro il pavimento di legno.
«Molla tu» ghignò, rizzandosi
sulle ginocchia per avere una posizione più stabile, e a
giudicare dalla sua
faccia era chiaro come il sole che stava anche cominciando a
divertirsi, il
bastardo.
“Qui occorre agire
d’astuzia o ci facciamo notte”.
«Boss» esordì Squalo, riuscendo
anche a sorridere beffardamente nonostante la fatica che stava facendo
a tirare
dalla sua parte. «Se davvero ne hai così bisogno
puoi chiedere a Lussuria di
comprarti un altro barattolo. Per uso personale, dico».
L’espressione
del boss cambiò
nel giro di un nanosecondo da modalità “moderato
divertimento” a “ira funesta”.
Fu così che quando questi
mollò la presa Squalo si ritrovò col barattolo di
nuovo al sicuro nelle sue
mani, sì, ma abbastanza sbilanciato da finire con
metà schiena per terra; e
finire ad affrontare un avversario in una posizione scarsamente
difendibile
come quella non era mai stato molto consigliabile, soprattutto se
l’avversario
in questione era uno Xanxus irritato e non molto sobrio.
«Cosa vorresti
insinuare, feccia?».
Squalo sapeva di essere lì lì
per finire nei guai, lo sapeva benissimo, ma non era mai stato il tipo
da
abbassare la testa di fronte a nessuno, nemmeno davanti al suo capo, e
inoltre
adesso era di nuovo mortalmente, incredibilmente irritato. Quindi,
gomiti
contro il pavimento e sorrisetto ironico in volto, ricambiò
lo sguardo minaccioso
del boss con fierezza e disse: «Che se sei così
interessato a un barattolo di
vaselina deve esserci qualcosa sotto, no? O forse dovrei dire dietro».
Negli attimi
successivi
accaddero varie cose. Prima vide la consapevolezza di quanto aveva
appena
insinuato prendere corpo sul viso di Xanxus sotto forma di indignazione
mortale,
poi vide quest’ultimo buttare la giacca da una parte e
slanciarglisi contro con
una specie di ruggito.
L’istante successivo il
suddetto barattolo schizzava via rotolando sul pavimento mentre lo
spadaccino
si ritrovava placcato al suolo, bloccato dal leggiadro peso del boss, a
lottare
strenuamente nel tentativo di non farsi immobilizzare le braccia.
«Rimangiatelo!».
«No!».
Dopo alcuni lunghi
istanti di
battaglia sfrenata Xanxus gli aveva già afferrato entrambi i
polsi e stava
cercando di bloccarglieli contro il suolo mentre Squalo era riuscito a
piantargli un ginocchio nello stomaco e ora tentava di spingerlo via
con tutta
la sua forza.
Peccato che durante la lotta
lo yukata si era a poco a poco spostato fino a lasciargli la gamba
completamente scoperta, cosa che, se lo spadaccino era troppo
concentrato a non
farsi sopraffare per poterlo notare, non fuggì
all’attenzione del boss.
«Ehi, feccia» sghignazzò occhieggiando
la lunga gamba nuda piegata sotto di sé «Stai
cercando di sedurmi?».
L’attimo di distrazione in
cui Squalo, oltre ad arrossire piuttosto violentemente,
abbassò lo sguardo per
verificare che fine avesse fatto quel traditore di uno yukata, gli fu
fatale: l’altro
gli spinse di lato il ginocchio e si lasciò cadere addosso a
lui, bloccandogli
le braccia dietro la schiena in una stretta micidiale.
«VOOOIII!!
Xanxus, vaffanculo!!»
urlò l’altro in preda alla frustrazione, ormai
conscio che l’incontro era
finito e lui non poteva fare più niente per vincere. E non
perché non riuscisse
più a muoversi: era un assassino addestrato a uccidere, una
vera e propria macchina
da combattimento, e non gli sarebbe stato impossibile trovare un modo
per togliersi
da quella situazione imbarazzante.
Il fatto è che in quel
momento non riusciva neanche a pensare razionalmente, figuriamoci a
reagire. Non
poteva opporsi, non con Xanxus avvinghiato a quel modo a lui, non
mentre quel
corpo che aveva sempre desiderato stringere al suo lo sovrastava, non
mentre l’altro
lo teneva completamente in suo potere, e poco importava se lo faceva
solo dimostrargli
la sua superiorità.
Forse, in effetti, non
voleva
affatto opporsi. “Accidenti a lui”.
«Lasciami!»
esclamò, esasperato,
ma il volto del boss, che lo scrutava a pochi centimetri di distanza,
rimase
perfettamente impassibile. Allora
tentò
di divincolarsi ma si rese presto conto di quanto non fosse esattamente
produttivo,
non mentre aveva una gamba che premeva in mezzo alle cosce, visto che
azzardare
un qualsiasi movimento significava andare a strusciare contro di essa;
il che
era una cosa che voleva evitare a tutti i costi, dato che avere Xanxus
addosso
era già stata una sollecitazione sufficiente.
«Lasciami andare» insistette,
stavolta con un tono di voce più basso e con molta meno
convinzione, pregando
che l’altro non si fosse reso conto di quello che stava
succedendo al suo
corpo. Ma a giudicare da quella smorfia beffarda e maliziosa che era
appena
tornata sul suo viso era praticamente impossibile.
“Dio, quanto lo odio”
pensò, e lo odiava davvero quando lo guardava
in quel modo arrogante, riuscendo a far sentire un perfetto idiota
persino una
persona fiera e orgogliosa come lui. Ma odiava ancora di più
quando non lo
guardava affatto.
«E va bene,
hai vinto» si arrese,
esausto, ansimando leggermente per gli sforzi fatti fino a quel
momento. «Tu e
la vaselina non avete niente a che fare, contento? Ora vuoi lasciarmi
andare?».
Poi tirò di nuovo su la testa
e rimase in silenzio, a osservare Squalo che respirava affannosamente
in preda all’imbarazzo
e alla confusione e a qualcosa di indefinibile che sapeva tanto di
senso d’anticipazione.
«C-che diavolo ti prende!?».
Xanxus non rispose ma si
limitò a studiarne il viso, compiaciuto del risultato che
aveva ottenuto con un
solo semplice morso.
E poi lo
baciò.
Lo baciò
con voracità, premendo
le labbra contro le sue, mordendole senza riguardo, ignorando il suono
strangolato di sorpresa emesso dal ragazzo sotto di lui,
perché Xanxus non era
mai stato una persona delicata e non poteva esserlo nemmeno in questo.
Anni. Era da anni che
attendeva un momento del genere, anni che si era messo il cuore in pace
e aveva
capito che un momento del genere non sarebbe mai arrivato. E ora di
punto in
bianco erano lì, stretti a quel modo su quel pavimento
dannatamente scomodo
dopo una delle loro solite zuffe insensate. Roba da fine del mondo.
Poteva anche essere stato solo
il troppo alcool a spingere il boss fra le sue braccia ma a lui non
importava,
non aveva pensieri che per questo immediato e stranissimo presente, e
il
presente era fatto solo di cose come il sapore del sake sulle labbra di
Xanxus,
la mano che afferrava la sua gamba nuda o le piume variopinte che gli
solleticavano il viso. Non aveva bisogno di altro.
Dopo un po’
di quel bacio
passionale il boss si separò da lui per riprendere fiato,
con suo sommo
disappunto, ma solo per poi andare ad attaccare la sua spalla, che
quell’infido
di uno yukata aveva intanto lasciato scoperta, e scendere sempre
più in basso
lasciando un sentiero di baci e morsi fino a un capezzolo. Inutile dire
che
anche quello si beccò un bel morso che provocò a
Squalo un’altra esclamazione,
stavolta non tanto di dolore quanto di piacere. “Maledetto…”
Ormai lo yukata aveva
smesso
da un pezzo di svolgere la sua funzione basilare ed era solo diventato
un
intralcio, perciò non appena l’altro gli
lasciò un po’ di spazio lo spadaccino
si tirò un po’ su e si sfilò le braccia
dalla parte superiore, lasciandola
ricadere sul pavimento.
Dire che era sconvolto per quanto
stava succedendo era dire poco e aveva anche l’atroce dubbio
di essersi arreso
un po’ troppo facilmente alle provocazioni altrui, eppure non
c’era alcuna
esitazione nel suo sguardo quando schiuse le gambe e le
portò attorno ai
fianchi dell’altro, né nella sua voce quando
pronunciò il suo nome a bassa
voce: «Xanxus…»
Del resto un Varia non esita
davanti a niente, tanto meno di fronte a una bestia feroce, nemmeno di
fronte a
quella bestia feroce, che adesso lo
guardava come un pezzo di carne particolarmente delizioso, con un
sorriso
ferino stampato in faccia.
«Sembra che
io ti abbia
provocato a sufficienza».
Il secondo in comando
lo
avrebbe volentieri mandato a quel paese se nel frattempo una mano scesa
a piazzarsi
sotto lo yukata, dritta dritta in mezzo alle gambe, non lo avesse
costretto a
trattenere bruscamente il fiato. Dovette accontentarsi di un
“fanculo” detto fra
i denti, a mezza voce, ma non è che gli importasse poi molto
ora che il boss
aveva ricominciato a provocarlo a modo suo.
Perché,
diavolo, se era
questo che intendeva per “provocare” allora
d’ora in poi avrebbe accettato
nuove intrusioni da parte sua senza fare troppe storie, anche se questo
doveva
significare mettere da parte i suoi amati passatempi.
“La spada posso anche lucidarla dopo”
pensò mentre appoggiava una
mano sulla nuca di Xanxus, facendo scorrere le dita fra i suoi capelli
in un
invito ad andare avanti. Fu allora che si rese conto che
l’altro si era fermato
già da qualche secondo e stava guardando fuori dalla porta.
«Cosa c’è?» chiese Squalo,
piuttosto scontento per l’interruzione.
«Ssst» sibilò l’altro, sempre
guardando dall’altra parte.
Prima che potesse berciare
qualcosa come “Chi credi di poter zittire in questo
modo!?” udì anche lui
quello che aveva messo il boss sull’attenti: rumore di voci e
passi che si
avvicinavano. Per un po’ i due rimasero immobili e in
silenzio ad ascoltare e
le parole che udirono furono più o meno queste:
«…
perché nessuno può battere il Principe, nemmeno a
Tekken»
«Mu, hai vinto solo perché hai usato Christie.
Dovrei
tassarti per questo»
«Ushishishi. Dai, andiamo a rompere le scatole a
Squalo».
Xanxus
scattò istantaneamente
in piedi, imprecando a mezza voce, raccolse la giacca dal pavimento e
se la
infilò sotto un braccio, già pronto a levare le
tende prima che Bel e Mammon
potessero mettere in atto la malaugurata idea di fare irruzione nella
stanza.
Nel frattempo Squalo, ancora
abbastanza intontito per quanto gli era capitato, si rivestiva in
fretta e
furia, cercando di ricomporsi: compito di non di poco conto, visto che
le
guance arrossate, i capelli arruffati, lo yukata spiegazzato e
soprattutto il
segno lasciato dai denti di Xanxus in bella vista sul collo lo facevano
sembrare vittima di un assalto da parte di un leone o di una tigre, o
forse di
entrambi.
Oh beh, nei suoi pensieri
sanguinari nemmeno Belphegor avrebbe avuto un aspetto molto migliore
una volta
che avesse finito con lui. Non l’avrebbe passata liscia per
aver fatto
allontanare il boss in un momento simile, no.
Ma Xanxus non se ne
era ancora
andato. Quando alzò lo sguardo era ancora lì che
indugiava sulla porta,
dandogli le spalle, come se qualche pensiero lo trattenesse
lì.
«A mezzanotte in camera mia,
feccia» disse infine, sempre senza guardarlo
«Puntuale. Non ho voglia di
aspettarti ancora».
Squalo
sgranò gli occhi. “Come
sarebbe a dire ancora? Vuol dire
che quando sono entrato era lì
ad aspettarmi?” si chiese, confuso. Possibile che
Xanxus fosse venuto lì
per lui? Possibile che tutto quello che era successo fosse stato
premeditato?
Possibile che il boss intendesse davvero…
«Ah, e porta
quel barattolo.
Potrebbe servirti» disse il capo dei Varia, interrompendo il
ciclo dei suoi
pensieri. Prima di uscire si voltò un’ultima volta
per rispondere allo sguardo
interrogativo di Squalo con uno dei suoi soliti sorrisetti malefici e
un’espressione
che lasciava facilmente immaginare che genere di programmi avesse in
mente per
la serata, programmi che probabilmente non includevano la manutenzione
di armi
da combattimento.
«Ma non certo a lucidare la
spada».