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Autore: Lady Amber    10/10/2010    7 recensioni
Chekov fece fluttuare lo sguardo oltre l'immensa vetrata del salone vuoto. Là fuori era tutto come sempre. Le stelle brillavano fulgide in cielo e i pianeti seguitavano a percorrere il loro lungo pellegrinaggio attorno ai loro soli, ignari delle violente emozioni che minacciavano di sopraffare il diciassettenne ogni secondo di più. E allora come era possibile che lui si sentisse così diverso, così estraneo a tutto, così... sporco?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Pavel Chekov, Spock
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Messaggio dell’autrice: Dopo una settimana da panico, oggi ho finalmente trovato un po’ di tempo per poter scrivere qualcosa in santa pace… ed è uscita una storia parecchio triste, in perfetta sintonia con il mio umore di questi ultimi tempi. Si tratta di una missing moment dell’ultimo film STXI, in cui Chekov riflette sconsolatamente sul fatale sbaglio che ha portato alla tragica morte della madre del suo comandante… l'ho scritta sulle note della struggente canzone "Our Farewell" dei Within Temptation, quindi vi consiglierei di leggerla con la meldodia in sottofondo.
Spero di ritornare presto nell’umore adatto per poter scrivere un'altra delle mie comiche slice of life… magari proverò a scrivere qualcosa per Halloween ^^





Chekov fece fluttuare lo sguardo oltre l’immensa vetrata del salone vuoto.
Si immerse nell’avvolgente blu dello spazio profondo, saltuariamente intervallato da scie turbinanti di colore e squarciato da sporadiche gocce luminose di molteplici tinte e dimensioni. Il suo sguardo si perse nell’immensità della notte siderale.
Là fuori era tutto come sempre. Le stelle brillavano fulgide in cielo e i pianeti seguitavano a percorrere il loro lungo pellegrinaggio attorno ai loro soli, ignari delle violente emozioni che minacciavano di sopraffare il diciassettenne ogni secondo di più. E allora come era possibile che lui si sentisse così diverso, così estraneo a tutto, così… sporco?
Si era macchiato le mani del sangue di un innocente. Ecco perché.
Il ricordo di quello che era accaduto solo qualche ora prima lo colpì con una violenza devastante. Rivide nitidamente lo stupore dell’ambasciatore Sarek, la velata confusione negli occhi degli alti dignitari vulcaniani, lo sgomento di Kirk.
Ma soprattutto rivide lui, il Primo Ufficiale. Il corpo irrigidito dallo sforzo, la mano tesa disperatamente ad afferrare il nulla.
E poi, i suoi occhi. Così pieni di incredulità, di tristezza, di tutto quel dolore che non avrebbe mai permesso a nessuno di scorgere apertamente.
Un dolore causato solo e unicamente da lui.
Gli occhi del giovane timoniere scintillarono di pianto a stento trattenuto.
Era un assassino. Aveva ucciso lui la madre di Spock. Come avrebbe potuto guardare ancora in faccia il comandante dopo quello che aveva fatto?
“Signor Chekov?”
Quelle due parole risuonarono nel silenzio della stanza come lo schiocco di una frusta.
“Comandante!” Il ragazzo balzò automaticamente in piedi, sull’attenti. “M-mi scusi, signore, non l’avevo sentita arrivare…”
“Riposo, soldato.” Mentre il giovane tornava a sedersi e inspirava profondamente, il Primo Ufficiale si avvicinò di qualche altro passo. “Posso?” chiese cortesemente al ragazzo.
“Sì, certo…” mormorò Chekov tentando invano di nascondere l’umidore dei propri occhi.
Spock prese posto al suo fianco.
“È un bello spettacolo, non è vero?” chiese il vulcaniano dopo un po’.
Chekov annuì con un leggero cenno del capo. La sua mente stava lavorando febbrilmente nel tentativo di dare una risposta alle domande che l’avevano improvvisamente affollata alla vista del suo superiore. Cosa ci faceva lì Spock? Come poteva parlargli ancora, dopo tutto il male che gli aveva causato?
“Sa, signor Chekov” proseguì Spock, notando che il ragazzo non sembrava intenzionato a parlare, “noi vulcaniani siamo sempre stati affascinati dall’universo. Al contempo infinitamente grande e infinitamente piccolo, una continua sfida alla nostra logica.” Voltò il capo per guardare in faccia il timoniere. “E, in base alla mia non trascurabile esperienza, ho sviluppato la convinzione che una festa attiri un umano molto più della semplice osservazione delle meraviglie della natura. Lei, tuttavia, sembra confutare questa mia teoria.”
Chekov eluse il suo sguardo e volse il capo dalla parte opposta.
“La Terra è salva, come pure l’Enterprise. Dovrebbe essere felice per la buona riuscita dell’operazione. Che cosa le impedisce di unirsi al resto dell’equipaggio per i festeggiamenti?”
Chekov si strinse nervosamente le mani. “Io…” Che cosa poteva dirgli? Mi sento in colpa per aver ammazzato sua madre? Aprì la bocca per continuare, ma non uscì alcun suono. “Mi dispiace” riuscì solo a sussurrare.
“Per che cosa?” Il tono del vulcaniano era quieto e pacato come sempre, ma la sua voce sembrava tradire una nota di curiosità.
Possibile che non capisse davvero?
“Per sua madre.” Ecco. L’aveva detto.
Spock sollevò un sopracciglio. “Non vedo quale logicità ci sia in questo. Non è affatto colpa sua.”
“Sì, invece” esplose allora il ragazzo con la voce spezzata. “È tutta colpa mia se è rimasta su Vulcano, solo mia! Sono stato troppo lento, non sono riuscito ad agganciarla in tempo… C-credevo di essere abile con il teletrasporto ma mi sbagliavo, mi sbagliavo, io…” Le lacrime scorrevano ora liberamente sulle sue guance, rigando il giovane viso stravolto e illuminato dalla pallida luce delle stelle.
“Il terreno è franato senza preavviso sotto i suoi piedi. La velocità della caduta e l’esigua altezza del promontorio avrebbero reso il salvataggio impossibile per molti.”
“Ma io ho fallito” constatò tristemente il ragazzo con aria mortificata.
“Mi guardi negli occhi” gli ordinò allora Spock. Il cambiamento repentino del suo tono di voce sconcertò il giovane, che continuò ostinatamente a fissare la punta delle proprie scarpe. “Le ho chiesto di guardarmi, Chekov.” A malincuore, il timoniere fu costretto ad alzare lo sguardo.
E fu colto da un’indicibile moto di stupore.
Si era aspettato di leggere di tutto in quegli occhi scuri e profondi: rabbia repressa, frustrazione, tristezza, accusa. Vi lesse invece comprensione. E serenità. Gli occhi del vulcaniano, unici e affidabili specchi della sua anima, erano colmi di pace e tranquillità.
“Lei non ha affatto fallito” affermò Spock con sicurezza. “Ha salvato la vita di molte persone oggi, a partire dalla mia e da quella del capitano. Dovrebbe solo esserne orgoglioso. Il fato ha voluto che mia madre non figurasse tra questi fortunati individui.”
Lo sguardo di Chekov era sempre inchiodato agli occhi di Spock. Il giovane aggrottò la fronte, confuso.  “Come può” iniziò lentamente, “non portarmi rancore per quello che è accaduto?” Soppesò bene le sue parole. “Certo lei è un vulcaniano, ma è anche in parte umano e… ha perso sua madre per un mio errore.”
“La morte è solo la fine di un viaggio, Chekov. Ed è una cosa perfettamente naturale, a cui prima o poi saremo tutti chiamati. Il corpo di mia madre potrà anche essere stato distrutto con Vulcano, ma il suo ricordo alberga ancora in tutti coloro che l’hanno conosciuta quando era ancora in vita ed è questo che conta. Nessuno muore veramente finché qualcuno conserva il suo ricordo.” Ignorando il brivido che lo percorse istantaneamente da capo a piedi a quel contatto, Spock posò delicatamente una mano sulla spalla del diciassettenne. “Io non la considero affatto responsabile della sua morte.”
Nell’udire queste parole, qualcosa si ruppe in Chekov. Il peso che aveva oppresso il suo petto nelle ultime, difficili ore, si alleviò considerevolmente, permettendogli di respirare di nuovo correttamente e liberando parzialmente il suo animo dal senso di colpa.
Il ragazzo si asciugò velocemente le lacrime con una manica gialla e un sorriso sollevato si fece strada sul suo esile volto.
“La tristezza non le si addice, Chekov. Cerchi di non essere più così duro con se stesso, in futuro. Cose come questa accadono di continuo a quelli come noi e sarebbe incredibilmente illogico, per non dire stupido, mortificarsi ogni volta in questo modo. Cerchi di – come dite voi umani? Ah, sì, di ‘prendere le cose un po’ più alla leggera’.” Le labbra del vulcaniano si incresparono in un sorrisetto appena accennato. “Possibilmente però senza diventare un discolo irresponsabile dello stampo del nostro spregiudicato neocapitano.”
Chekov non poté trattenere una risata.
“E ora vada pure a festeggiare con il resto dell’equipaggio, timoniere.” Spock accennò alla porta chiusa alla loro destra. “La stanno aspettando tutti, nella stanza attigua. Soprattutto il signor Sulu... sembrava davvero molto preoccupato per lei.”
Il ragazzo sorrise stancamente e si alzò. “Lei non viene, signore?”
“Credo che mi tratterrò qui ancora per qualche minuto.”
“Le meraviglie della natura attirano un vulcaniano più di una festa, giusto?”
“Precisamente.”
Prima di uscire, Chekov si voltò ancora una volta verso la figura scura ed elegante seduta compostamente al centro della stanza. Esitò. “Grazie, signore.”
Spock annuì, lo sguardo già perso nella contemplazione della vastità dell’universo. La porta si richiuse con un lieve sibilo e la stanza ritornò in penombra.
Non vista da nessuno, se non dal muto cielo stellato, un’unica, cocente lacrima scivolò silenziosamente lungo la tiepida guancia del Primo Ufficiale.


In my hands,
A legacy of memories.
I can hear you say my name,
I can almost see your smile,
Feel the warmth of your embrace...
But there is nothing but silence now.





Ringrazio tantissimo Rei Hino, MkBDiapason, Fatanera, Thiliol, Persefone Fuxia, ArinMiriamKane, SpockeMc, Xenophilia, Nerida R Black e Cassiana per i loro favolosi commenti a “La terribile ex-moglie
O__o”… I LOVE YOU ALL GIRLS!!! *3*
   
 
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