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Autore: Dk86    10/10/2010    1 recensioni
12 Giugno 2010: il giorno del match fra Inghilterra e Stati Uniti per la qualificazione alla fase finale dei Mondiali di calcio!
Come affronteranno le nazioni, riunite a casa di Germania, questo imperdibile evento? Leggete per scoprirlo!
(In ordine di apparizione: Svizzera, Francia, Italia, Germania, Australia, OC!Uruguay, OC!Paraguay, OC!Argentina, OC!Brasile, OC!Nigeria, OC!Ghana, OC!Costa d'Avorio, Seychelles, Corea del Sud, Grecia, OC!Corea del Nord, Liechtenstein, OC!Nuova Zelanda, OC!Portogallo, Olanda, Bielorussia, Russia, Ucraina, America, Inghilterra, Canada, OC!Sud Africa, Spagna, OC!Andorra)
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SESTO


“La ringrazio per essere stato così disponibile, signor Ludwig”. Sud Africa, seduta sulla poltrona più comoda presente nello studio di Germania, era abbigliata in un elegante abito tipico della sua terra, i voluminosi capelli neri a formare una nuvola intorno alla sua testa. “Ospitare tutte queste persone per il Mondiale non dev’essere facile”.
Il padrone di casa fece del suo meglio per mantenersi diplomatico. In effetti, iniziava davvero a pensare che aver invitato certa gente fosse una pessima idea. “In fondo è tradizione che chi abbia ospitato i Mondiali nella precedente edizione poi metta a disposizione la sua dimora per quelli successivi”, l’uomo esibì un sorriso che sperò fosse il più convincente possibile. “Vorrà dire che fra quattro anni saremo suoi graditi ospiti”.
La donna annuì con grazia. “Anche se la mia dimora non è nulla in confronto alla sua. Ma vedrò comunque di trovare posto per tutti quanti”. I tratti del suo volto si contorsero per un attimo in una smorfia di disgusto, poi aggiunse a voce bassissima. “Tranne che ovviamente per quell’imbecille di un drogato, lui a casa mia non ci metterà mai più piede…”.
“Eh… Sud Africa, tutto bene?”, mormorò Germania, impietrito dall’improvviso cambio di atteggiamento. “Sta per caso parlando di Olanda?”.
Lei sobbalzò. “C-che cosa? N-no, no, si figuri, stavo pensando ad alta voce…”. Un’altra espressione orripilata. “Ecco, quel cretino mi ha fatto fare un’altra figuraccia, lui e le sue puttanelle e i suoi cavolo di mulini a vento, so io dove glieli infilerei quei mulini a vento…”.
Ok, sta
chiaramente parlando di Olanda…, pensò Germania, scrollando le spalle. Meglio cambiare discorso, un incidente diplomatico era proprio l’ultima cosa che avrebbe voluto affrontare. “E, uhm, mi dica… Chi pensa che vincerà la partita di questa sera?”.
Sud Africa aprì la bocca per rispondere, ma le sue parole vennero inghiottite dallo spalancarsi violento dalla porta e dall’irruzione di America e Inghilterra. “Senti, diglielo tu!”, esclamò quest’ultimo. Le sue sopracciglia non erano mai state tanto aggrottate. “Diglielo che non si possono mandare dei robot in campo!”.
Qualche secondo di silenzio. “…che?”, fu tutto ciò che Germania riuscì a dire. “AHAHAHAHAHAH!”. America, ovviamente. “Hai visto? Nemmeno lui sa rispondere! Questo vuol dire che ho ragione io!”.
“Ma neanche per sogno! Allora vuol dire che io farò un rituale di magia nera per propiziarmi la vittoria!”, contrattaccò Inghilterra, per poi voltarsi verso l’ospite. “Senti, non è che hai una stanza che non usi, vero? E poi mi servirebbero un paio di chili di sale, dodici candele nere, e un gallo. Nero anche quello, possibilmente. E non è che hai un coltello cerimoniale in giro per casa che ti avanza?”.


“E quindi, com’è finita?”, domandò Francia, che non avrebbe saputo tenere a freno la propria curiosità nemmeno se ne fosse andato del destino della propria nazione.
Inghilterra e America fissarono mogi il terreno. “E’ finita che ci ha detto di no”, rispose Arthur. “Niente robot e niente malefici. Neanche uno piccolo piccolo, me ne ha lasciato fare”.
“E’ giusto così. Ognuno deve contare sulle proprie forze, no? Sennò sarebbe come imbrogliare”, intervenne Spagna, che insieme agli altri tre si stava dirigendo verso il prato costellato di sedie. Tutte le nazioni stavano prendendo posto, in attesa dell’inizio della partita ormai prossimo.
“Lo dici perché non è la tua squadra, quella in campo stasera”, rispose America in un tono piagnucoloso che era l’esatto opposto a quello che gli era tipico. “Se dovessimo perdere, come potrò continuare ad essere un eroe credibile?”.
“Guarda, credo che la cosa non importi davvero a nessuno…”, mormorò Francia, non era ben chiaro se per tentare di consolarlo o per infliggere un’altra pugnalata. Lui e Spagna stavano per seguire gli altri due in prima fila, quando qualcosa tirò i loro pantaloni; i due si voltarono sorpresi.
“Dove state andando, Papà Uno e Papà Due?”, domandò con voce acuta una bambina dai capelli castano chiaro ripartiti in due lunghi codini. “Avevate detto che vi sareste seduti vicino a me!”.
“Oh, Andorra!”, esclamò Spagna. “Ehi, perché io sarei Papà Due?”.
Francia si concesse una risata plateale. “Perché ovviamente io sono quello a cui lei vuole più bene. Non è vero, piccola Andorra?”.
Lei contrasse le labbra in una smorfia. “A dire il vero non faccio preferenze”, rispose. “Ma devo pur distinguervi in qualche modo!”.
“Beh, potresti chiamare lui ‘Mamma’”, suggerì Spagna con un sorriso a trentasei denti.
Francia smise di manifestare la sua ilarità. “Ti rendi conto di cosa stai implicando?”.
“In che senso, scusa?”.
“Beh, se tu sei il papà e io la mamma…”.
Sul volto di Spagna si dipinse l’orrore. “Ok, Andorra, dimentica tutto quello che ho detto”, si affrettò a dire, mentre il viso gli si arrossava peggio dei suoi adorati pomodori. “Papà Uno e Papà Due vanno benissimo, d’accordo?”.
“D’accordo”, rispose Andorra, con l’aria di chi non si era mai posta il problema. “Ora però andiamo a sederci? Io voglio stare in mezzo!”.
“Va bene, va bene”, disse Francia, con un sorriso condiscendente. “Dove vuoi metterti?”.
“Ovunque tranne che vicino a Portogallo”, intervenne però Spagna. “Già la devo sopportare nella vita di tutti i giorni…”.


“Ti senti un po’ meglio, fratellone?”, domandò Liechtenstein preoccupata. “Sì, sì…”, borbottò lui. Al posto del suo consueto basco, sulla testa aveva una borsa per il ghiaccio, adagiata come una medusa bitorzoluta. “E’ solo che fa davvero troppo caldo. Non preoccuparti, Lili-chan”. Il ragazzo si sforzò di sorridere.
“Ma se dovesse servirti qualsiasi cosa, fratellone, io sono qui per te!”, rispose lei solerte.
Un leggero rumore di sedia trascinata, e Australia si sedette accanto a Svizzera. Il suo koala gli stava appollaiato su una spalla, intento a masticare un cespo di foglie di eucalipto. “Uhm… Ehilà!”, esclamò. Sembrava essersi svegliato da poco, a giudicare dall’impronta lasciata dall’erba sulla sua guancia. “Sapete per caso dov’è mia sorella?”.
“Dovrebbe passare più o meno…”.
WAAAAAAAAAH! Mi arrendo, mi arrendo! Ma smettila di inseguirmi!”.
“No, finché non sarò riuscita a prenderti! Così poi potremo sposarci!”.
“NOOOOOOOOOOOOO!
”.
“…ora. Certo che ne ha di energie, eh?”.
“Perché tu non dici mai che vuoi sposarmi, fratellone?”, disse una voce facilmente riconoscibile un paio di file più indietro.
“Ehm… Di questo ne abbiamo già parlato. E metti via quel coltello, per favore”.


“Manca un minuto!”, esclamò Sud Africa. Ora che i suoi pensieri erano stati distolti da Olanda – che, stando a sua sorella, era steso su una sedia a sdraio vicino alla piscina e ridacchiava da solo – sembrava tornata alla normalità. “Chissà chi vincerà?”.
“Io, ovviamente!”. Inghilterra e America avevano risposto all’unisono, e all’unisono si fulminarono con lo sguardo. “Come ti permetti di contraddirmi?”. Ancora nello stesso momento. “E come ti permetti di imitare quello che dico?”. Di nuovo insieme.
ORA PIANTATELA, VOI DUE!”, scattò Germania. Troppo tardi, però: il breve alterco dei due aveva scaldato gli animi di tutte le altre nazioni: Francia stava insultando Inghilterra, Canada come al solito stava tentando senza alcun successo di separare i contendenti, Costa D’Avorio si era avvicinato di soppiatto e aveva tirato un calcio negli stinchi ad America, Portogallo stava dissertando su come certe cose non sarebbero mai successe se lei fosse stata al comando, Italia e Nuova Zelanda continuavano a inseguirsi urlando, Grecia russava come un trombone e Seychelles tremava così tanto dall’emozione che si ribaltò insieme alla sedia.
Ludwig si batté una mano sulla faccia, rimettendosi a sedere. Sarà un lungo, lungo Mondiale…, pensò, mentre sullo schermo i giocatori tiravano il calcio d’inizio.









Ciao a tutti!
Chiedo scusa se ci ho messo tutto questo tempo per l'ultimo capitolo, ma mi era passata l'ispirazione... Fortunatamente oggi è tornata, e ho potuto concludere (con estremo ritardo, i Mondiali sono belli che finiti!) questa storiella.
Ringrazio KuromiAkira, Dolce Nina, Kurohime e Prof per avere commentato lo scorso capitolo! Spero che anche questo vi sia piaciuto.

Questa storia è finita, ma non le mie fanfiction su Hetalia! Ho già parecchie idee a riguardo, e una riguarda Andorra, la bimba apparsa in quest'ultimo capitolo. Ci tengo a chiarirlo: le mie storie su Hetalia avvengono/avverrano tutte nello stesso universo narrativo, a meno che non sia espressamente segnalato il contrario; quindi insomma, i personaggi originali apparsi in questa fanfiction potrebbero (e alcuni lo faranno di sicuro, se l'ispirazione continua ad assistermi) spuntare fuori in altre storie!
Bene, credo di avere detto tutto! Spero che, nel caso scriva dell'altro su Hetalia, continuerete a seguirmi!
A presto,
Davide

  
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