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Autore: Globulo Rosso    11/10/2010    10 recensioni
L’illusa. L’infame. La perdente. L’omosessuale.
Quattro storie di ragazzi che non hanno avuto nulla dalla vita, ma che a forza di provarci ce l’hanno fatta.
[Happy B-Day Lù! E perdona il ritardone ;D]
{Partecipa al The One Hundred Prompt Project di BalckIceCrystal e alla Love Challenge-Do you Love me? di Mayumi_san}
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sabaku no Gaara , Sakura Haruno, Shikamaru Nara
Note: AU, Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love Challenge e The One Hundred Propt Project!' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Premessa: questa storia affronterà temi un po’ delicati, e non risparmierà certo termini scurrili o pesanti. Quindi, avverto fin da subito, il rating è arancione per via del linguaggio, ma non rosso poiché non affronterà tematiche sessuali, e se lo farà, sarà soltanto allusione. Spero che queste quattro storie non vi risultino tediose, ma almeno un pochetto interessanti. La mia priorità è mostrarvi quattro modelli di vita.

Quattro esistenze squallide che possono, a volte, essere migliorate.

L’immagine è stata modificata da NicoRin per mia richiesta. E’ quindi vietato prelevarla, se non sotto suo o mio permesso.

La fan art non mi appartiene, ma è stata trovata sul web. Non intendo avvalermi della maternità di essa.

The fan art was founded on web. It’s not mine, i don’t own it.

Vorrei aggiungere una cosa in questo spazio. E' passato molto tempo dall'ultimo aggiornamento. O così é parso a me. Non mi sento in vena di scrivere. Non mi sento in vena perché non vivo di manga. Ho altre cose a cui pensare, molte altre. Perciò avevo accantonato il tutto per un po'. Due fic in cantiere per due contest, a cui ho dato forfait per malattia e per incapacità di scrivere. Tutto qui, o come si vuol dire...sono cresciuta in un colpo! Puff! Vedo in modo diverso, le cose, senza però rinnegare quello che é stato. Che poi, perché questo tono così epico ed eclatante?  



 

Prompt #49. Apatia, The One Hundred Prompt Project, di BlackIceCrystal

The One Hundred Prompt Project

 

Partecipa alla Love Challenge di Mayumi_San- “Do You love me?”


 

 

Life is Hope.

Happy B-Day, ! ;D

 

 

Il bel visetto che mi fa impazzire.

{L’illusa; Sakura Haruno }

 

 

Ogni volto nasconde una seconda identità.

Può essere celata dietro ad un sorriso, o tra le pagliuzze delle iridi, o dietro ad un ciuffo di capelli che ricade inerte sul viso.

Solo un attento osservatore la nota, la coglie, la fa sua.

L’identità di Sakura Haruno non é mai stata scoperta da nessuno, perché nessuno l’ha mai cercata veramente.

Lei perde il lavoro, lo ritrova, lo riperde.

Finisce lì, la sua esistenza. Tra un annuncio sul giornale e un curriculum pieno zeppo di cazzate.

A volte aggiunge delle credenziali, tanto per apparire più intelligente, o professionale.

Ma Sakura é sempre stata molto brillante, e non avrebbe bisogno di quelle scritte aggiunte a penna, all’ultimo minuto, su un foglio di carta intestato.

Però lo fa, senza pensarci due volte.

Cancella con il bianchetto e ci scrive sopra un master fasullo. Tanto nessuno andrà a controllare.

Quel giorno stava tornando a casa, l’iPod nelle orecchie e una tracolla su una spalla. Scrutava la strada davanti a sé senza vederla realmente.

Ma di certo qualcuno aveva visto lei.

Appoggiato alla moto da corsa, rossa, con il casco fra le mani e gli occhiali da sole alla radice del naso, un ragazzo dai capelli scuri la guarda di sottecchi.

Sakura non lo nota nemmeno, tutta presa com’é a cancellare e a riscrivere mentalmente il suo curriculum bugiardo.

Gli passa accanto, la solita camminata blanda e trasognata, tanto che sembrava caracollare per la strada.

Il ragazzo la osserva sparire dietro l’angolo, guardandola come mai nessuno l’aveva guardata.

Solo un attento osservatore la nota, la coglie, la fa sua.

“Ci sono, tesoro!”

Una ragazza dai capelli rossi sopraggiunge esagitata, un sorriso estasiato e pochi vestiti addosso.

“Non chiamarmi così, Karin. Sai quanto lo detesto.”

Lei sembra starci male, ma scrolla le spalle e prende il casco bianco che quel ragazzo le porge.

Tutto va avanti, come nulla fosse accaduto.

Sakura non vede, ma Sasuke sembra vedere per lei.

 

Il giorno seguente l’Haruno si sveglia di buona mattina e riparte, senza neanche fare colazione. Ha trovato un impiego e di certo non vuole farselo scappare. Da quel giorno lavorerà in libreria, e piuttosto di guadagnare qualche soldo in più si venderebbe al suo capo.

Lo pensa tranquillamente, senza rimanerne scandalizzata.

Il suo capo, il giorno prima, l’aveva vista rovistare tra gli annunci della bacheca del parco, in cerca, presupponeva, di un impiego.

Si era fatto avanti, lasciando cadere la palla da basket e chiedendo ai suoi amici di aspettare.

“Cerchi lavoro?”

Sakura non aveva udito, le cuffie nelle orecchie e la musica a palla. Tanto per isolarsi ancora un po’ dal mondo, come se non lo fosse già abbastanza.

Lui aveva ripetuto la domanda, sfiorandole una spalla.

La ragazza si era ritratta, improvvisamente, e l’aveva guardato con tanto d’occhi.

Qualcuno aveva rotto l’equilibrio in cui si trovava.

Con la melodia nella mente, riusciva a dimenticare qualsiasi cosa, persino che esistesse l’universo, oltre quella barriera di suono che si ostinava a creare.

“Scusa, ti ho spaventato?”

Quell’uomo aveva i capelli rossi, gli occhi nocciola e il fisico aitante. Le labbra si incurvavano in un sorriso quasi inquietante, talmente bello era.

“Mi dispiace, non l’avevo sentita.”

“Figurati, ma dammi del tu. Abbiamo, credo, la stessa età.” Sakura lo guardò di sottecchi, mentre accennava un sì con il capo.

Venticinque, massimo ventisei anni.

“Cerchi lavoro?”

“Sì, in effetti sì.” La ragazza sfiorò la bacheca con un polpastrello, per raggiungere il punto in cui prima era arrivata ad analizzare.

Cameriera da Teuchi.

Paga da schifo, ma l’assicurazione sanitaria la passano. Che se ne fa, poi, dell’assicurazione, se è una cameriera?

Segretaria presso Centro Assicurazione.

Paga ottima, ma requisiti che Sakura non può ottenere nemmeno fingendo.

“Io sono proprietario di una libreria, giù in centro. Cerco impiegati. Sei interessata?”

A quel punto lo guarda meglio, curiosa.

Lui gli porge un biglietto, sopra la posizione del suo esercizio e qualche dato scritto a matita sul salario e sull’orario di lavoro. Probabilmente li cercava così, i suoi dipendenti.

Paga buona, e requisiti raggiungibili.

“Ah grazie. Scusa, come hai detto che ti chiami?” fa fatica a rivolgersi a lui come se fossero amici, con il ‘tu’ al posto di un formale ‘lei’.

“Sasori, mi chiamo Sasori. Presentati domani, sul biglietto c’è scritto tutto. Ci vediamo!”

Ed era corso via, proprio come era giunto da lei.

Sakura aveva ripreso a camminare, ed era tornata a casa, senza più voltarsi indietro.

Ed è per questo che ci tiene a fare bella figura. Perché il capo è bello e perché la paga è buona.

L’impiego non è per nulla complicato e a lei servono soldi, subito.

Deve pagarsi i corsi di economia e non può far altro che arrangiarsi come può.

Passa per la stessa strada del giorno precedente, senza guardarsi intorno.

Si ficca le cuffie nelle orecchie e inizia a costruire la barriera, a forza di batteria e chitarra.

Sasuke é di nuovo lì, sembra aspetti.

Lei gli passa accanto, come il giorno prima, senza nemmeno notarlo.

Lui la vede, nel vero senso della parola. Vede il suo animo, vede l’illusione che la fa stare in piedi.

Illusa, pensa, povera illusa che pensa che il mondo le dia una possibilità.

“Ehi, vuoi un passaggio?”

Ma lei non lo ode, e cammina veloce verso la fermata dell’autobus. Sasuke sorride, forse per la stizza.

Karin sopraggiunge e lui non pensa ad altro che darle il casco, accendere la moto e ripartire.

 

“Bene. Questo è tutto. Ti sembra un bel lavoro?”

“Sì, molto bello, grazie.” Annuisce, vigorosamente, mentre si accinge a prendere la sua posizione, dietro al bancone.

“Accetti?”

“Accetto.”

Da quel giorno lavorerà in libreria, e piuttosto di guadagnare qualche soldo in più si venderebbe al suo capo.

E come l’aveva pensato, l’aveva poi fatto.

Dopo dieci giorni di finti sorrisi e di una disponibilità che non possedeva, Sakura spegne la luce per tornare a casa.

Esce e chiude i battenti, mette le chiavi nella tasca dei jeans skinny ed esce, pronta già a rinchiudersi in quel mondo fatto di apatia.

Quella notte, però, non riesce a farlo.

E’ strano come l’abitudine spezzata sia un sentore di quello che poi può divenire uno dei peggiori giorno della propria esistenza.

“Sakura, ti accompagno a casa io.”

Lei annuisce, sorridendo. E’ Sasori, il suo capo.

Lungo la strada non si parlano nemmeno, lui guarda la camicetta bianca di lei come se fosse la più bella cosa al mondo, e lei non fa altro che camminare più lenta, più eretta, per apparire, forse, meno stanca della vita di fronte agli occhi del suo principale.

Casa sua è sempre lì, non si sposta di una virgola.

La strada che deve percorrere è la medesima, e come al solito, passa davanti a quella moto rossa di Sasuke, che appoggiato alla sua due ruote, la osserva silenzioso, di sottecchi.

L’Uchiha rivolge un’occhiata tagliente al ragazzo dai capelli rossi, senza però essere visto.

Quell’uomo non gli va a genio. D’altronde non gli va a genio nessuno, a lui, tranne quella stupida bambola dai capelli rosa che ogni giorno gli passa accanto senza notarlo, e a cui sembra aver scrutato l’animo solo con un’occhiata.

“Siamo quasi arrivati, Sasori, ti ringrazio, ma non ce n’era bisogno.”
“Figurati, non c’è problema.”

La casa di Sakura è piccola, con un giardino ancora più piccolo ed un cancello in ferro mezzo arrugginito.

Si vede che c’è bisogno della manualità di un uomo, in quell’alloggio.

Sasori l’accompagna fino alla porta, quel sorriso che inquieta e gli occhi nocciola che sembrano brillare nella notte.

Pericolo, sembrano annunciare, Keep out.

“Grazie ancora, ci vediamo domani.”

Lei sorride ed entra, ma la porta non si chiude, e nemmeno con uno spintone sembra volerlo fare.

Poi nota la scarpa da ginnastica di Sasori, tra lo stipite e la sua porticina bianca e grigia.

“Ti ho fatto male? Scusa!” Ancora crede che lui abbia il piede infilato lì per sbaglio, mentre si affanna a farsi perdonare.

Lui sorride, e con un movimento secco apre la porta, ci si infila dentro e la trascina per il polso.

“Devi pagarti economia, vero, Sakura?”

“Sì.” Deglutisce, senza capire. La presa di lui fa male, e cerca di divincolarsi. Con un calcio chiude la porta e la sigilla girando la chiave nella toppa.

“Se urli, scordatela, economia.” Una schiaffo sul viso e cade per terra, in ginocchio. Sakura si morde il labbro, per non urlare.

Illusa, pensa, illusa perché ho creduto che il mondo mi donasse una possibilità.

Ma come fa, il mondo, ad aiutarti, se non hai nemmeno i soldi per pagarti la laurea di economia?
Il mondo se ne fotte, e lei l’ha sempre saputo.

Però ha voluto sperare che qualcosa cambiasse.
Sasori si sbottona i pantaloni, e la guarda dall’alto in basso, quel sorriso inquietante che lei l’aveva visto sfoggiare dal primo giorno.

Ora sa cos’è. E’ sadismo.

Puro sadismo.

“E ora taci, puttana, hai ben altro da fare.”

 

Sasuke aspetta Karin che tarda come al solito.

Sbuffa indispettito e annoiato, e si chiede perché sta ancora con lei, quando non ha neanche voglia di impegnarsi.

Forse è perché gliela dà, solo per quello. Perché si sfoga senza farsi tanti scrupoli e problemi su di lei. No, non con lei. Su di lei.

Per Sasuke, Karin è semplicemente un modo per riuscire a liberarsi di certi bisogni.

Sa benissimo che non dovrebbe pensare in quel modo, però lo fa comunque, tanto nessuno può aprirgli la testa e sondargli la mente.

La ragazza dai capelli rosa gli passa di fronte, il capo chino e i capelli sul viso. Però lo nota, il livido.

Oh, lo nota benissimo.

E la sera prima non ce l’aveva.

Sasuke si alza, e si avvicina a lei. Questa volta Sakura si accorge della sua presenza, e si blocca di colpo, tremante.

E’ guardinga, gli occhi guizzano veloci avanti e indietro, spaventati.

Ora vede tutto.

“Ti sei fatta male?”

“Chi sei?” arretra, la borsa stretta tra le braccia e gli occhi ridotti a due fessure intimidatorie.

Ad ogni battito di ciglia il capo le duole, ma evita di soffermarsi sulla fitta che sente alla tempia.

“Sasuke Uchiha.”
“Piacere.” Dice lei, e gli volta le spalle.

“Sakura, vero?” Lei si ferma di nuovo, ma non gli rivolge lo sguardo.

“Come fai a saperlo?”

“Non ti ricordi di me?” Certo che no, se no si sarebbe fermata a parlargli.

“No, scusa…” afferma lei, evasiva. Muove una gamba, ma di nuovo la voce autoritaria di lui la blocca lì dov’è.

Sasuke Uchiha, le dice, il tuo vecchio compagno di scuola per due anni.

Due anni. Alle medie. Neanche un ciclo completo, insomma. Sakura l’aveva rimosso, senza nemmeno rimembrare il suo volto.

“Ah, sì. Ora ricordo. Devo lavorare, scusa. Ci vediamo, magari.”

Sasuke accenna un saluto, le mani in tasca e l’espressione impassibile.

Ora che è certo della sua identità, non può fare a meno di sorridere appena.

“Ehi, tesoro, sei felice?”

“Può essere.” Sasuke lancia un casco a Karin, senza nemmeno dar peso a quel tesoro che odia tanto.

Ha visto il suo animo, ha visto l’illusione che la tiene in piedi.

Sakura Haruno, II C. A quei tempi, il desiderio di tutti i ragazzi era vedere un paio di tette, e quello delle ragazze era salire sul cavallo bianco dei sogni.

Cazzate o illusioni, ma consolanti.

Ora il mondo è fatto di ben altri problemi. Però gli occhi verdi di lei, Sasuke se li ricorda bene. Ripercorrevano la lavagna, il ciuffetto rosa sulla fronte e la mano veloce. In matematica era un genio, Sakura.

Ma lui aveva sempre trattato tutte con non curanza, e lei di certo non aveva fatto eccezione.

“Karin, dobbiamo parlare.”

 

Sakura torna a casa ancora più pallida di prima, e l’ematoma sembra brillare sulla pelle chiara come non mai.

Sasori non è con lei, per fortuna. Però a lavoro l’ha sempre spiata, da dietro gli scaffali, con quel sorriso che si pianta sempre sul volto quando i loro sguardi s’incrociano.

Il mondo fa schifo, altroché, e lei é stata un’illusa a credere di poter migliorare la propria esistenza. Cazzate, tutte cazzate.

Grosse come una casa.

“Ciao, Sakura.”

“Ciao Sasuke. Ora non ho tempo.” Alza una mano e gli passa accanto, proprio come aveva fatto i giorni precedenti, ed é certa che se non fosse stato per la sua voce, non l’avrebbe neanche notato.

“Come si chiama?” la prende per un braccio e la blocca. La guarda dall’alto in basso e scosta il ciuffo rosa di capelli, per vedere meglio quel livido violaceo che le impedisce la totale visione della strada.

“Non sono affari tuoi. Chi sei per preoccuparti per me?”

Ha rimosso l’infanzia, Sakura, troppo in fretta catapultata nel puttanaio che è la vita.

“Mi amavi, Sakura, non ricordi?”

“No, Sasuke. Appena appena so che sei il mio compagno delle medie.”

Certo, ricorda. Ora che vede i suoi occhi ricorda. Lui amato da tutte e lei una di loro.

Lui sembra sorridere, ma forse è un’illusione, come la vita che sta vivendo.

“Cazzate, lo sai bene chi sono.”

A quei tempi era il fascinoso Uchiha. Il più figo e il più ricco. Il più intelligente e il più sfacciato.

Il più tutto.

E lei, come un’allocca, era caduta nella rete come tutte le bambine del tempo.

“Amare, tsk, è una parolona.”

Lui la libera dalla stretta, scrutandola negli occhi verdi.

Si conoscono, sì, da sempre. Lui è entrato in lei e lei in lui.

Lui aveva finto di nulla e lei aveva scordato il suo volto, ma non le lacrime versate.

“Allora, come si chiama?” Accenna all’ematoma, lei si porta la mano al viso, sfiorando il gonfiore sull’occhio e sullo zigomo.

“Sasori.”

“Ci vediamo domani.”

“Buona notte.”

Fine della conversazione. In pochi secondi tutto era concluso. Una vita era tornata ad incontrarne un’altra e qualcosa sembrava essere cambiato, ma tutto in una manciata di brevi attimi.

La verità è che Sakura si sentiva vuota, dopo averlo fissato negli occhi.

E Sasuke si sentiva colmo di rabbia, dopo aver visto il suo viso ridotto in quel modo.

 

“Sei Sasori?”

“Sì, sono io. Che c’è?” Sembra rilassato, calmissimo. Lui e la sua banda di amici che giocano a basket nel parco. Normali giovani ragazzi come molti altri. Tutti tranne lui.

“Hai picchiato Sakura.” Afferma Sasuke, togliendosi il giaccone di pelle e poggiandolo sul sellino. Attraversa il campo e gli arriva di fronte. Il cemento sotto le suole arde per via del sole.

“Sì, e allora?” fa cenno ai suoi amici di stare dove sono, non sembra avere paura di lui.

“E allora gli hai rovinato il viso.”

“Non m’interessa. E’ solo una puttana che si è venduta. Problemi?”

Cazzate pure quelle. Sasuke lo sa.

“Il fatto è che a me quel visetto faceva impazzire.”

 

La mattina Sakura non deve lavorare. E’ domenica ed è libera. Sasori le aveva detto che sarebbe andato da lei, e le aveva intimato di stare zitta o poteva giocarsi la paga e gli straordinari.

A lei servivano quei soldi. Erano necessari. Per economia, per mangiare, per sussistere.

Si sporge dalla finestra e vede il ragazzo delle medie scavalcare il cancello e camminare veloce verso la porta.

D’istinto si aggiusta la maglietta e la gonna, e corre a guardarsi allo specchio. L’ematoma sta iniziando a divenire di un verde acido, con qualche striatura gialla verso l’esterno.

Sospira, e sente il campanello suonare.

“Ciao Sasuke.” Lui accenna un saluto col capo, ed entra, senza fare complimenti.

“Da domani lavorerai per me. E Sasori non ti darà più fastidio.” Per quanto sia futile dirlo, Sasuke è un pezzo grosso. Suo padre lo era e adesso lui lo è diventato.

Sakura si morde un labbro, le lacrime le rigano le guance e gli fanno bruciare l’occhio tumefatto.

Il mondo fa schifo, ma di tanto in tanto premia gli illusi. Quelli che a suon di pugni e di graffi e di morsi si sono procurati i loro posti in quell’esistenza.

 

Sasuke la guarda interessato, mentre lei si accinge a risolvere l’espressione alla lavagna. E’ l’unica ragazza che gli sia parsa sufficientemente intelligente da poter essere considerata.

L’aveva analizzata, osservata, scrutata.

Aveva trovato in lei tanta forza di vivere, ma nulla che potesse renderla ancora più curiosa ai suoi occhi.

Poi, quel giorno, lei aveva posato il gessetto e aveva sospirato. Si era voltata a fissare il professore, e aveva fatto un inchino.

“Mi dispiace, professore, ma non riesco a farla.” Si era morsa un labbro ed era tornata a posto. Gli occhi gonfi per l’umiliazione appena subita.

O forse per la sconfitta. Sasuke aveva soffiato, sempre più sprezzante.

Sta di fatto che si costringeva ad odiarla, per non apprezzare quel viso così fiero. E piuttosto di ammettere a se stesso di trovarla molto carina, si mordeva la lingua lanciando insulti sulla sua debolezza emotiva.

“Sei davvero stupida e debole, Haruno.” Lei l’aveva sentito sibilare ed aveva abbassato il capo, vinta dalla situazione.

“La prossima volta riuscirò a farla, Sasuke-kun.” Lui aveva sbuffato e si era messo a ridere tra sé e sé. Che illusa. Che stolta. Che ingenua.

Ma non si era mai dimenticato quel viso, quegli occhi, quell’anima ardente.

Tanto da sognarseli la notte, fino a rendersi conto di volerle, in qualche modo, assomigliarle. Dopo le medie però non l’aveva più vista. Al secondo anno lui si era trasferito e non l’aveva mai più sentita. Il giorno seguente, uno degli ultimi in cui la vide, Sakura alzò la mano e si offerse volontaria per l’esercizio di matematica.

L’espressione era simile a quella del giorno precedentemente.

Sakura non si scusò più, portò a termine l’espressione e tornò al posto, senza rivolgere la parola al ragazzo, nonostante ne avesse il diritto.

 

“Sei sempre stata un’illusa.”

“Me lo dici in continuazione, Sasuke. Smettila.”

“Ricordati che sei in debito con me, e sono mesi che non mi hai ancora ripagato.”

Lei sorride, mesta. Quegl’occhi e quel viso ora Sasuke li vede tutti i giorni, senza intermittenze.

Vivono assieme e lui non la perde mai di vista.

“Hai ragione, ma ogni notte credo che sia il pagamento, e invece il giorno seguente non lo è mai.” Ride, finalmente. Ha abbandonato l’iPod in un cassetto, e gli occhi sono tornati a splendere, sereni.

Lui scrolla le spalle, e la guarda, mentre inforca una foglia d’insalata e se la mangia.

Sasuke evita di dirle, però, che quel suo essere illusa l’ha portata da lui.

E di certo non glielo confesserà mai. Magari aspetta che faccia tutto da sola.

 

 

 

 

 

 

 

 

Cose da sapere/dedotte:

#1. La storia è ispirata dal film intitolato “The Expendables”, ovvero “I Mercenari”; la scena a cui in particolare debbo dire grazie è quella in cui Crishtmas torna a casa dalla sua donna, e la vede con un altro, perché lui, con il suo lavoro, non le dava certezza. Ovviamente la storia finisce analogamente, e “perché quel visetto mi fa impazzire”, deriva appunto da questo film. Vi consiglio di vederlo. Non è originalissimo, ma certe scene sono da mozzare il fiato ;D

#2. Sasuke è un vecchio compagno delle medie di Sakura, e fin lì ci eravamo capiti. Il punto è che lui era innamorato di lei, seppur non lo avesse mai confessato ad anima viva e tentasse in tutti i modi di nasconderlo persino a se stesso. Ora, però, vedendola, se ne rende conto. Lui la ama.

Lei, invece, ha pianto così tanto da non riuscire più a ricordarselo, talmente quell’amore è stato significativo per lei. E’ un trauma, se così si può dire, che l’ha indotta a dimenticare quel volto, ma che è poi riaffiorato fissando le iridi scure di lui.

Un amore latente, ecco.

#3. Sakura ha la parte dell’illusa in questa storia, perché non si dà tregua e combatte cercando di vincere quella società che strangola e soffoca i suoi sogni. Sasuke è importante, poiché è l’unico ad essersi reso conto della reale persona qual é, e che dunque, può dire di conoscerla meglio di tutti.

Inoltre, lo svolgimento rimanda alle primissime frasi, ovvero: “Ogni volto nasconde una seconda identità.

Può essere celata dietro ad un sorriso, o tra le pagliuzze delle iridi, o dietro ad un ciuffo di capelli che ricade inerte sul viso.

Solo un attento osservatore la nota, la coglie, la fa sua.

L’identità di Sakura Haruno non é mai stata scoperta da nessuno, perché nessuno l’ha mai cercata veramente.”

Sasuke ce l’ha fatta, al contrario di chiunque altro.

#4. Spero non consideriate Sakura una ragazza frivola, ma bensì soltanto una ragazza rassegnata. Lei deve assolutamente riuscire a sopravvivere, a pagare economia, ad affittare la sua casetta. Vuole e non può farcela se non da sola. Fin quando, ovviamente, non arriva lui.

 

Bene, la prossima Shot – lunga più o meno così – avrà come protagonista l’infame. Spero che la storia vi piaccia. Seguitemi e fatemi sapere cosa ne pensate.

Questa è dedicata a Luana, Pantera nera più nera del carbone. Spero ti piaccia. Ci ho messo il mio cuoricino ; D

 

DISCLAIMERS: Naruto e i suoi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Masashi Kishimoto e di TV Tokyo. Utilizzati senza alcuno scopo di lucro, non intendo avvalermi della maternità di essi.

 

  
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