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Autore: Piccola Ketty    11/10/2010    5 recensioni
Autoscuola.
Un istruttore bellissimo, dieci anni più grande della sua allieva.
Kate e Mirko.
Una storia strana, un gioco di sguardi che porterà tutti e due in un vortice chiamato amore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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I’m a shoulder you can cry on
Your best friend, I’m the one you must rely on

Per te.











Ero sull’autobus, diretta verso la scuola guida.
La settimana prima avevo deciso di iscrivermi, non potevo aspettare un altro mese, altrimenti la convinzione sarebbe sfumata nel nulla.
L’autobus era pieno, come sempre, nonostante fossero già le sette di sera.
“Scusi, scende alla prossima?”, domandai con fretta ad un signore davanti a me.
“No, ma la lascio scendere signorina”, il sorriso lascivo che accompagnò la risposta, mi fece venire un brivido lungo la schiena, davvero poco piacevole.
“Grazie”, sorrisi, fingendo come meglio potevo.
Mi madre mi aveva sempre insegnato il rispetto verso le persone più anziane, anche se queste non potevano di certo definirsi persone tranquille.
Ormai non ci si poteva fidare più di niente, e di nessuno.
Quando l’autobus si fermò alla sua fermata, aprendo le porte, quasi lo dovetti spingere per farmi passare.
Ridicolo.
Finalmente fuori, ripresi a respirare a pieni polmoni.
L’odore di chiuso, di caldo e di sudore, era insopportabile, quando sull’autobus c’erano alcuni tipi di persone.
Non pretendevo che si lavassero tutti i giorni, ma che almeno non si mettessero le maniche corte, facendo sentire ogni cosa.
Rabbrividii, avvicinandomi alle strisce pedonali.
La scuola guida era proprio di fronte a me, e mostrava la sua insegna luminosa.
Quando entrai dentro, l’aria fresca mi fece tornare il sorriso, lasciando alle spalle il caldo soffocante ed umido della città.
“Ciao cara”, le segretarie – amiche di mia madre - le donne che stavano sempre dietro alla scrivania centrale, erano delle persone fantastiche, che riuscivano a tranquillizzarti anche nei momenti più difficili.
Secondo mia madre con loro potevi parlare di qualunque cosa, potevi scherzare e parlare di cose serie nello stesso momento, potevi prenderle e farti prendere in giro, senza rimanerci male. A suo dire erano fantastiche, e visto che di lei mi fidavo, sapevo che non mi sarei pentita di arrivare prima del solito.
Le avevo già conosciute la settimana prima, quando mi ero iscritta, poi ero passata per fare la visita oculistica, quindi, mi madre non si sbagliava.
“Come state?”, domandai appoggiandomi al bancone, sospirando.
“Oggi siamo distrutte, oltre tutto Marzia ha il bambino a casa con la febbre..”, Fiamma, così si faceva chiamare, visto che il suo nome per intero non le piaceva affatto, si voltò verso la collega, guardandola con aria preoccupata.
“Beh, con questi sbalzi di temperatura, vorrei vedere chi non se la prenderebbe”, cercai di sorriderle, ottenendo un piccolo sbuffo sghembo.
“Oggi è il primo giorno di lezione vero?”, mi domandò Marzia.
“Eh si..oggi è il primo di una lunga serie. Avrete la nausea della mia presenza”, sorrisi, indicandomi.
“Ma cosa dici. Fossero tutte cordiali come te, saremo anche felici di avere la scuola piena”.
Biascicai un “grazie” emozionata.
Avvistai alcune sedie libere, e mi ci fiondai subito, rilassando le gambe.
Mancava mezz’ora all’inizio della mia lezione. Era l’ultima della giornata, ma lavorando, era già tanto se potevo frequentare quella.
Arrivavo a casa ad orari improponibili, ma era il prezzo da pagare per poter prendere la patente.
Ascoltai distrattamente le ragazze parlare di bambini e di infanzia, fissando il soffitto.
Portai entrambe le braccia sull’addome, rilassando le spalle. Avevo trovato una posizione perfetta.
Ero alta, e per questo motivo mi era difficile rilassare anche le gambe.
Di solito intralciavo il passaggio della gente, che sbuffava.
Quel giorno, però, me ne fregai altamente, visto che dalla porta principale non sembrava entrare nessuno.
Chiusi gli occhi, beandomi del fresco che l’aria condizionata sprigionava nell’ambiente.
Immaginai il mare, l’acqua fresca, il sole sulla pelle abbronzata.
Gli ombrelloni nella spiaggia, i bambini che giocavano felice, i libri letti durante l’estate, tutte cose che ormai l’inverno avrebbe portato via.
Ma non ero del tutto triste, a me piaceva il freddo, e non ci stavo di certo male.
Aprii gli occhi, quando qualcuno spinse il mio piede verso sinistra.
Alzai la testa, trovandomi di fronte ad un angelo.
Stavo sognando, e stavo anche facendo la figura della bella addormentata.
Sbattei le palpebre, per far si che la mia testa potesse tornare a pensare da sveglia, ma l’immagine restava sempre lì.
L’angelo mi fissava, sorridendo sghembo.
Cosa hai da guardare?
“Kate, dovresti firmare questi fogli, vieni?”, sbattei di nuovo le palpebre, spostando la testa per poter guardare Marzia.
“Oh, certo. Arrivo”, posai le mani sulle ginocchia, alzandomi e stiracchiandomi leggermente.
Mi ritrovai così, di fronte a quel ragazzo, alto, con i capelli neri, e quegli occhi azzurri pieni di vita.
Sorrisi imbarazzata, portandomi una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
Mi spostai, per passargli affianco, sedendomi poi sulla sedia di fronte a Marzia.
Il ragazzo aggirò la scrivania, iniziando a sfogliare un’agenda.
Lo guardai, probabilmente con uno sguardo da pesce lesso.
Presi in mano la penna, restando comunque con l’attenzione rivolta verso quel ragazzo.
Lavorava lì? Quanti anni aveva?
Non lo avevo mai visto in giro prima, non avrei dimenticato il suo viso.
Firmai tutti i fogli sotto la mia mano.
“Bravissima, lui è il tuo insegnante..”, Marzia si era avvicinata, sussurrando le ultime parole.
Strabuzzai gli occhi, pensando di aver sentito male.
“Eh già..è abbastanza giovane. Insieme a mio marito, che conosce dall’età di dieci anni”, era orgogliosa, probabilmente lo riteneva un secondo figlio, “fanno le lezioni di teoria. Ha ventisette anni”, mi sorrise sorniona, indicandolo.
“Oh beh..ma non mi interessa..cioè..”, imbarazzatissima, peggiorai solo la situazione.
Lo sguardo di Marzia si riempì di tenerezza, e sorridendomi, mi fece l’occhiolino.
“Ed è single”, aggiunse poi, alzandosi dalla sedia.
La mia bocca prese la forma di una O enorme, seguendola con lo sguardo nei suoi movimenti.
Giovane, bellissimo, single, e potevo osservarlo per ben tre giorni a settimana. Perfetto, se prima credevo che prendere la patente sarebbe stato difficile, ormai ne ero certa.
 
Ormai era risaputo, la ragazza che lavorava insieme a Marzia e a Fiamma, non andava a genio a nessuno.
Nel giro di qualche minuto, dopo la mia bella figura, l’entrata della scuola guida si era riempita di gente, annullando completamente l’effetto dell’aria condizionata.
Avevo scoperto che insieme a me, c’erano altre tre ragazze giovani, che avranno avuto più o meno la mia età.
Non ero di certo una persona che faceva amicizia facilmente, infatti preferii restare nel mio cantuccio, vicino al bancone, a parlare con le ragazze.
Monica, così si chiamava la ragazza apprendista che dava una mano nella scuola.
Era una ragazza abbastanza egocentrica, che si faceva notare non solo per il suo look stravagante, ma anche per la sua parlantina.
Marzia e Fiamma non potevano sopportarla. Si erano pentite di averla presa, ma ormai la dovevano tenere per un altro anno, e portare pazienza.
Effettivamente, anche se ci avevo scambiato davvero poche parole, a pelle, era una persona che non mi era piaciuta affatto.
E soprattutto, da quello che mi avevano raccontato in quella mezzora, dopo che avevano notato il mio interesse mal celato per l’istruttore, Mirko – così si chiamava – anche Monica aveva posato gli occhi su di lui, anche se lui non l’aveva ricambiata per il momento.
Piccoli gossip che però riuscivano a farmi passare l’ora di stallo.
“Bene ragazzi, entrate pure”, passarono alcune persone, uscenti dal corso prima del nostro.
Salutai le altre, avviandomi insieme alla fila, all’interno della stanzetta dove si sarebbe tenuta la lezione.
Non era grande, e poteva ospitare al massimo una quindicina di persone, ma per il numero che eravamo quel giorno, andava più che bene.
Mi sedetti su una sedia abbastanza vicina alla cattedra, per poter seguire meglio – o per poterlo osservare meglio – dipendeva dai punti di vista.
Le sedie erano le classiche per gli studenti, con l’appoggino che si rialzava alla destra della sedia.
Misi il libro di teoria sopra di esso, picchiettando il piede sul pavimento.
Avevo già letto alcune pagine, portandomi un po’ avanti. Non volevo restare indietro, e dover studiare tutto alla fine.
Leggendo a lavoro, avrei poi ripassato con la scuola.
La porta si chiuse alle mie spalle, facendo terminare il ronzio che si era creato di sottofondo.
Sentii dei passi sicuri e tranquilli avvicinarsi, fino a quando la figura perfetta di Mirko non entrò nella mia visuale, facendomi perdere alcuni battiti.
Smisi di battere il piede per terra, prestando attenzione alle sue parole.
“Ben venuti ragazzi. Io sono il vostro insegnante”, mimò le virgolette sull’ultima parola, “e sarò con voi fino alla fine del corso”.
Un gridolino di approvazione partì da alcune ragazze posizionate davanti a me.
Sorrisi, cercando di nascondermi.
Purtroppo però, gli occhi di Mirko mi trovarono subito, portando anche lui a sorridere.
Rideva di me? Fantastico.
“Bene, direi che possiamo incominciare”, mi guardò per un altro secondo, che però mi sembrò una vita, prima di iniziare a parlare di segnaletica stradale, e di patente.


***

Rieccomi.
Alcune di voi saranno felici, altre meno, ma io lo sono e questo basta.
Ho avuto un brutto periodo, e infatti – chi mi conosce – sa quanto io abbia patito questo allontanamento dalla scrittura.
Ma, per fortuna, e grazie a chi ha creduto sempre in me, sono tornata con una nuova storia, originale (come da tempo già volevo fare) fresca, fresca.
Buona lettura ragaSSe.
Grazie a chi mi seguirà, a chi lo ha sempre fatto, e a chi non smetterà mai di farlo.




   
 
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