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Autore: EclipseOfHeart    11/10/2010    6 recensioni
Il suo capitano era in pericolo. Lo sentiva distintamente come i battiti del suo cuore accelerato dalla paura e come i suoi respiri affannosi. Ma, stavolta, avrebbe potuto salvarlo lei. [...] O torno con Rufy o non torno più.
Nuova fic a capitoli per voi! ;) Spero tanto che vi piaccia! Buona lettura.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Here I Am

 

 

III°: Ora il mio corpo respira con te ~

 

 

Probabilmente fu la pioggia a svegliarla. Quelle piccole e lente gocce che cadevano sul suo corpo avevano avuto l’effetto di una spiacevole sveglia. Nami si ritrovò per terra, coricata su un lato come se si fosse addormentata nel suo letto.

C’era silenzio e, da quella posizione, lei riusciva a vedere soltanto una distesa di terra. Sembrava che l’avvolgesse il nulla, non c’era nulla a parte la terra e i sassi che si univano al cielo plumbeo. Fissando il cielo, si accorse che pioveva.

Lentamente prese anche coscienza del fatto che la pioggia le aveva inzuppato il corpo come un pulcino e che continuava a picchiettarla.

Devo alzarmi.

Ma non ne aveva la forza. Era come essere in un sogno, nessuna parte del suo corpo le doleva e quella pioggia leggera aveva quasi l’effetto di una ninna-nanna.

Non aveva idea di che giorno fosse, né perché avrebbe dovuto alzarsi quando quella posizione la rilassava tanto.

Sorrise debolmente chiudendo gli occhi.

No, non c’è motivo che io mi alzi. Vorrei riposare qui ancora qualche minuto.

Si sarebbe addormentata se il fragore violento di un tuono non l’avesse fatta sobbalzare- Nami, istintivamente, alzò la testa leggermente e in quel momento fu come se i tuoni e i lampi iniziassero a far rumore nella sua testa.

Rufy esplose con veemenza dentro di lei e così tutte le motivazioni che l’avevano portata in quel bosco.

Non poteva assolutamente dormire, doveva salvare Rufy.

Si alzò di scatto dalla terra e il paesaggio intorno a lei mutò in un istante.

Al posto del totale nulla che vedeva prima – che credeva di aver visto – era ricomparsa la costruzione in pietra.

Velocemente tornò al punto in cui c’era Rufy, pregando che fosse anche quello solo un brutto sogno.

L’ultimo ricordo che aveva era lei accasciata sul corpo inerme di Rufy e l’insistente gracchiare di quel maledetto corvo.

Poi c’era il buio.

Poi iniziava la speranza.

Arrivò in quel punto esatto ma Rufy non era lì. Sapeva di non sbagliarsi, l’immagine di Rufy le era rimasta impressa nella mente come una fotografia, rimembrava perfettamente tutte le linee imperfette della terra in quel punto e tutti i sassi che circondavano Rufy.

Lui era stato lì.

[Sicura che ci fosse davvero?]

No, non ne era per niente sicura. Ma doveva crederci o quei dubbi l’avrebbero fatta impazzire. Convincendosi che Rufy fosse vivo – malridotto magari, ma vivo – riprese a girare intorno alla costruzione di pietra in cerca di un ingresso.

Nami non era una persona che si abbandonava alle speranze, era realista, ma in quella situazione in cui non sapeva neanche se fosse vera la terra che calpestava e la pioggia che scendeva, le erano rimaste soltanto le speranze.

Doveva per forza crederci ed aggrapparsi ad esse con tutte le forze.

Dopo aver percorso qualche metro trovò una fessura nelle rocce, una specie di porta. Si infilò dentro realizzando solo in quel momento quanto rumore creasse la pioggia.

Era convinta che tutto fosse in silenzio ma, invece, la pioggia creava un fragore talmente forte che sembrava si fosse appena infilata delle cuffie.

Cominciò a tremare violentemente, scossa da brividi. Era bagnata dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi, i suoi vestiti erano così zuppi di acqua che pesavano 10 volte lei e aveva così freddo che sentiva le ossa gelarsi.

Si spogliò della maglietta e della gonna strizzandole, per poi sedersi a terra. Si rannicchiò a terra, tirando su le ginocchia al petto e strofinandosi forte le braccia nel vano tentativo di trovare calore.

Restò in quella posizione per un tempo, per lei, incalcolabile. Soltanto quando i tremiti cominciarono a diminuire e la sensazione di gelo si andava affievolendo riuscì ad alzarsi. I graffi, i lividi e le abrasioni che si era fatta si fecero risentire tutti insieme e le sfuggì un gemito.

Osservò meglio il posto in cui si era infilata. Era un spazio angusto, scavato in quella costruzione di pietra, al centro si ergeva una piccola a scala a chiocciola che saliva su verso un’apertura che conduceva in un altro piano.

Si infilò i vestiti umidi e decise di salire su per quella scala. Rufy poteva trovarsi in qualche piano di quella torretta.

[Rufy o il suo corpo.]

Salì piano le scale di legno che reggevano appena il suo peso, cigolando ad ogni movimento. Dopo dieci scalini arrivò al piano superiore che risultò essere pressoché identico a quello inferiore. Mura di pietre e nessuna finestra, l’unica differenza era nel pavimento che, invece di essere composto da terra e sassi, era di roccia.

Riprese a salire la scala, arrivando stavolta al terzo piano. Fuori impazzava ancora la pioggia ma lì dentro la sentiva come in lontananza. Anche questa stanza era identica alle due precedenti ed inoltre ormai non vedeva più nulla in quanto non c’era nessuna finestra e nessuna luce.

Nami cominciò a perdere le speranze.

Forse Rufy non era lì, forse era da tutt’altra parte e lei stava solo perdendo tempo prezioso. SI girò lentamente, decisa a non proseguire la salita.

Aveva sentito che anche la pioggia sembrava essere cessata, in quanto il picchiettio sui muri sembrava essere quasi scomparso.

Posò un piede, cominciando la discesa.

Poi, però, lo sentì.

Sbarrò gli occhi, fermandosi di colpo. Aveva sentito una voce. E non quelle che sentiva da tutto il giorno ma era certa che fosse quella di Rufy. Conosceva così bene la sua voce da essere capace di riconoscerla subito e di capire immediatamente lo stato d’animo del suo capitano.

E quel tono era quello di un Rufy solo e in pericolo.

Calmando i battiti del suo cuore, tentò di razionalizzare la situazione.

Era davvero la voce di Rufy?

Da quando era entrata in quel bosco non aveva ancora capito cosa fosse reale e cosa fosse un illusione. Sempre se non era già tutta un’illusione.

In teoria e per quello che aveva visto, Rufy era volato giù da un torre alta 5 metri. Ricordava di averlo scosso ma che lui non si fosse alzato né mosso. E poi non c’era che il nulla.

Non sapeva come aveva fatto a cadere addormentata di colpo, né dove fosse finito il corpo di Rufy.

Eppure, a dispetto di tutti quei ragionamenti logici, lei era certa di aver sentito la voce di Rufy pronunciare il suo nome.

Si girò nuovamente iniziando a correre su per le scale finché non arrivò all’ultimo piano della torre.

Riprendendo fiato notò la diversità di quella stanza rispetto alle appena percorse. Questa aveva tre finestre e su ogni finestra era poggiata una candela. Queste tre lucine illuminavano fiocamente la stanza e Nami ebbe modo di vederlo finalmente.

Gettando un urlo si inginocchiò vicino a Rufy che era con le spalle al muro e il cappello di paglia fra le gambe.

Nami lo scosse e, notando che non rispondeva, si fece prendere dal panico.

Gridò il suo nome finché le lacrime non cominciarono a scenderle sulle guancie. Respirò e, tremante di paura, avvicinò due dita al suo collo.

E lo avvertì.

Piano, debole ma il suo cuore batteva. Era solo svenuto, da chissà quanto tempo. La faccia era pallida, aveva numerosi tagli su tutto il corpo e i suoi vestiti erano a brandelli, ma era vivo.

Lo abbracciò sentendo il suo cuore che ritornava a battere normalmente.

Ora doveva solo portarlo fuori da quel posto infernale.

 

 

Ascoltare il suo respiro lento e regolare la riempiva di gioia.

Aveva realmente temuto di perderlo, di vederlo morire. Le si era fermato il cuore quando l’aveva visto cadere da quel dirupo. Lui non poteva farle una cosa del genere.

Ora c’era da decidere cosa fare.

Dovevano uscire da lì e tornare alla nave il più presto possibile. Rufy pareva non essere grado di riprendere coscienza quindi avrebbe dovuto portarlo lei.

Era stremata e stanca e non sapeva quanto l’avrebbe retto sulle spalle ma non poteva fare altro.

Mettendosi il suo cappello sulla testa – le aveva sempre dato molto coraggio sentire la paglia nei suoi capelli – e tentò di caricarselo sulle spalle.

Fortunatamente Rufy non pesava moltissimo ma nello stato in cui era, dopo due passi era già stanca.

Mentre scendeva le scale poi lo sentì muoversi e mormorare qualcosa piano.

«Rufy? Mi senti, come stai?» chiese lei ansiosa.

«Nami… sei veramente tu? O sto ancora sognando?» replicò lui aprendo piano gli occhi.

«Sono io, Nami. E’ da ieri che ti cerco…»

«Scusami, ho ricordi molto confusi al momento. Questa agalmatolite mi sta distruggendo, non riesco ad usare i mie poteri e mi sento debolissimo.» disse lui con la voce rotta.

Era la prima volta che Nami sentiva la disperazione così chiara nella sua voce, la prima volta che era effettivamente così indifeso e in pericolo di vita.

«Ci sono io Rufy. Non temere. Non riesci proprio a camminare?» domandò lei mentre piano piano erano arrivati alla fine della scala.

Il temporale si era calmato. Nami sperava solo di riuscire a ritrovare la strada da cui era arrivata alla torre.

«Sì, ci riesco.» esclamò lui tentando di scendere. Lei lo aiutò e, per la prima volta, dopo che si era messo in piedi poté guardarlo negli occhi.

C’era tanta paura dentro. Rufy era terrorizzato.

Pregò che quella non fosse un’illusione e gli appoggiò una mano sulla guancia per constatare se era reale. Le sue dita toccarono il gelo dei suoi zigomi e poi lei gli rimise il cappello sulla testa. Quello che aveva bisogno di più coraggio era Rufy. Lui le strinse la mano, avvertendone il calore e la vicinanza.

Non avrebbe mai voluto mettere in pericolo la vita di Nami, il suo compito era di proteggere tutti i suoi nakama, non quello di essere protetto.

Ma, in quel momento, che era stanco e provato, provò una sincera sensazione di sollievo. Non era tutto perso, ce la potevano fare.

Faticava a reggersi in piedi a causa dell’agalmatolite ma era lì dentro da così tanto tempo che riusciva, anche se a stento, a sopportarla.

I due pirati uscirono dalla torretta e si inoltrarono nella direzione che Nami indicava. Il peggiore timore di Nami era rivedere quel corvo, sentiva come se incarnasse tutti i mali di quell’isola.

«Tu hai incontrato un corvo, Rufy?»

«Può essere, i miei ricordi sono molto confusi. Credo di essere rimasto svenuto per quasi tutto il tempo, tranne quando vedevo cose che non erano vere.»

«Hai avuto delle allucinazioni? Anche io.»

I loro discorsi furono interrotti dal gracchiare del corvo, che li osservava da sopra un albero.

Sembrava che volesse urlargli contro, scontento del fatto che si fossero trovati, che lei lo avesse trovato.

«Lasciaci andare! Hai perso, l’ho trovato! Smettila di farci ancora del male!» gli gridò Nami ricevendo in risposta un coro di voci che strillavano e il corvo che volava lontano.

 

~

 

«Ha smesso di piovere.» disse Brook appoggiato alla finestra in cucina.

L’attesa stava davvero logorando gli animi dei Mugiwara.

Rufy e Nami erano scomparsi da ormai un giorno. Non potevano raggiungerli, non potevano aiutarli. Sanji era ormai da ore fermo davanti a quei maledetti alberi, sotto quella pioggia così impervia.

Nessuno era riuscito a dormire e, a parte Zoro che era andato nella sua torretta, gli altri erano tutti nella cucina, consci della loro inutilità.

«Finalmente.» rispose Robin alzandosi dalla sua sedia.

«Vado nella mia stanza, è inutile stare tutti qui a vegliare. Se succede qualcosa…» disse Robin.

«Ti avvertiremo.» concluse per lei Franky mentre Robin annuiva.

Attraversò velocemente il ponte della nave, mam entre stava per superare l’albero maestro sentì il gracidio di un corvo provenire da vicino.

Alzò lo sguardo verso la fonte del verso e vide un corvo appollaiato sul bordo del ponte della nave che gracchiava.

Nel buio riusciva a distinguere perfettamente i suoi occhi, gialli e lucidi. Sembravano due pietre d’oro che si illuminavano nel buio della notte.

Robin avvertì una sensazione angosciante al sentire del canto del corvo. Presa da un terrore inspiegabile, urlò i nomi dei suoi compagni, senza riuscire a smettere di fissare quell’animale.

Emanava odio, dolore, paura.

Tutti si precipitarono da Robin e, vedendola terrorizzata, temettero un attacco nemico.

«Robin! Che hai? Sei ferita?» le chiese preoccupato Chopper.

Lei, vedendoli lì vicino a lei, provò una sensazione di calore e tentò di ritrovare la calma.

«Scusatemi. Sto bene ma quel corvo…» rispose Robin con voce fievole.

I ragazzi sollevarono lo sguardo notando solo in quel momento l’uccello corvino che aveva smesso di cantare e li fissava con quei suoi occhi gialli e demoniaci.

Le medesime sensazioni che aveva sentito Robin furono immediatamente avvertite dagli altri, anche se in maniera minore.

Franky reagì e si avvicinò di scatto al corvo che si librò nell’aria.

«Dobbiamo ucciderlo.» sussurrò Usopp guardando il corvo volare sopra le loro teste con quegli occhi gialli con cui li fissava.

«Usopp?» chiese Chopper guardando l’amico con sguardo preoccupato. Non era da lui fare quel genere di affermazioni così nette ed autoritarie.

«E’ malvagio Chopper. Non lo senti anche tu?» rispose Usopp con voce ferma.

«Sì che lo avverto. Ma tu dici che dobbiamo ucciderlo?» domandò la piccola renna.

«Sì.» dichiarò il cecchino inforcando la sua arma, il Kabuto.

«Stella di fuoco

 

~

 

 

Nami si tappò le orecchie mentre Rufy la guardava, sorpreso dal suo gesto.

«Ma tu non le senti queste voci che gridano?»

Rufy le mise anche le sue mani sulle orecchie, fissandola negli occhi.

«Corri! Non c’è nessuna voce, è tutto finto!» le disse tirandola per una mano e iniziando a correre, benché sapesse che non avrebbe resistito molto quel ritmo. Ogni respiro gli tagliava la gola e i polmoni e i suoi muscoli li sentiva come se andassero a fuoco.

Nami continuava a sentire le voci che urlavano dentro la sua testa, se Rufy non l’avesse tirata non sarebbe riuscita a muovere un passo, assordata da quel caos sonoro.

Arrivarono al villaggio abbandonato quanto, di colpo, cessò ogni voce. Nami respirò forte mentre Rufy cadeva bocconi sul terreno.

Sentiva che stava per svenire mentre vedeva puntini bianchi che gli coprivano la visuale. Nami gli si avvicinò notando poi che stava fissando la fontana al centro della piazza.

Si era fatto pallido di colpo – benché non avesse mai avuto un colorito roseo da quando l’aveva trovato – e gli occhi erano fissi e vitrei.

Si sollevò e lo vide che tirava un pugno alla fontana che, vecchia e lisa, cedette al colpo seppur senza forza di Rufy. La sua mano iniziò a gocciolare, mentre Nami lo fissava tremante, dare altri colpi a quella fontana.

«Rufy smettila! Cosa vedi? Non c’è niente in questa fontana!»

Lui si riscosse al suo urlo, guardandola come se la vedesse di nuovo.

«Non stai sanguinando… C’era il tuo sangue su questa fontana… Il tuo corpo… Non ti vedevo più» disse lui tremante mentre la mano continuava a sanguinare.

Nami si strappò un pezzo di maglietta e tentò di fasciargliela nel miglior modo possibile.

«Sono qui, sono viva. Dobbiamo fare affidamento uno sull’altro, altrimenti non usciremo mai di qui.»

Se i suoi cinque sensi la tradivano doveva fare affidamento su quelli di Rufy e lui sui suoi. Non c’era altro modo di uscirne.

Nami gli indicò il bosco da cui era passata. Ora non sapeva cosa fare, all’inizio quei rami l’avevano fatta passare ma ora?

«Andiamo.» disse Rufy sconvolto che quella fontana così rossa fosse solo frutto di un’illusione.

«Appena ti avvinerai a quegli alberi perderai conoscenza, ma ti giuro che ci porterò fuori di qui.»

Lui le strinse la mano, sapeva che respirando da così vicino l’agalmatolite sarebbe svenuto. Ma avrebbe tentato di proteggerla, finché ce l’avrebbe fatta.

Arrivarono davanti agli alberi che prevedibilmente iniziarono ad attaccarli. Rufy tentò di resistere il più possibile ma crollò al suolo dopo pochi colpi. Nami, gridando, gli si accovacciò vicino, sussurandogli di resistere.

Stavolta provò lei ad andare avanti, ma stavolta, queste liane non si fecero pietà di lei ed iniziarono ad attaccarla esattamente come avevano fatto con Rufy.

Tentò di difendersi meglio che poté ma sentiva che non sarebbe resistita a lungo. Difatti cadde a terra, ai piedi di quelle liane, mentre si chiedeva il motivo di tutto quell’odio e violenza.

Rufy, a furia di respirare quell’aria tossica, si era fatto nuovamente pallidissimo e Nami temette che stesse per morire.

«Basta! Vi prego, voglio solo salvarlo! Lasciate andare almeno lui!»

Al sentire quelle parole fu come se le liane perdessero tutta la forza e smisero di attaccarla.

Poi un boato tremendo si diffuse su tutta l’isola, davanti agli occhi di Nami gli alberi appassirono di colpo diventando secchi e logori, le case del villaggio si ridussero in briciole come spazzate da un vento invisibile. Da lontano poté vedere la torre di pietra che crollava su se stessa come se fosse fatta di carta.

Si avvicinò a Rufy, sconvolta da quegli eventi. Stanca svenne cadendo sopra il suo petto.

 

I Mugiwara, dopo aver sentito l’enorme boato, videro gli alberi mutare forma e immediatamente si diressero verso di loro.

Arrivati notarono che ora le liane non li attaccavano più in quanto gli alberi sembravano essere come morti.

«Dopo che il tuo proiettile di fuoco ha colpito il corvo, l’isola ha subito questo mutamento!» esclamò Chopper.

«Inoltre noi non ci sentiamo male. E’ come se avessi ucciso tutti gli alberi Usopp.» costatò Robin notando che riuscivamo a stare vicini agli alberi.

«Certo, un albero appassito non produce né ossigeno né niente.» esultò Chopper mentre Zoro e Sanji si precipitavano dentro il bosco.

«Forza, ora che possiamo! Dobbiamo trovare Rufy e Nami!» esclamarono i due seguiti subito da tutti gli altri.

Attraversarono il bosco velocemente e li ritrovarono appena fuori dalla fine degli alberi. Nami era stretta a Rufy e gli stringeva forte un lembo della maglietta. Erano entrambi ricoperti da graffi e abrasioni e la fasciatura di Rufy era completamente zuppa di sangue.

«Portiamoli subito alla nave!» esclamò Franky mentre Zoro prendeva in braccio Rufy e Brook prendeva Nami.

 

Chopper, nell’infermeria della Sunny, curò tutti i loro tagli mentre i due dormivano. Finite le cure andò dagli altri per aspettare che si svegliassero.

Robin decise che dovevano andarsene immediatamente da quell’isola e furono tutti assolutamente d’accordo per cui partirono dopo un’ora che avevano ritrovato Rufy e Nami.

La notte la passarono sul mare, allontanandosi il più possibile dall’isola.

Nami fu la prima a svegliarsi e quando la prima cosa che vide fu Rufy che dormiva saporitamente al suo fianco, non poté che riempirsi di gioia.

Rufy era salvo.

Scese dal suo letto andando poi verso il ponte dove fu accolto dai compagni che la salutarono e cominciarono a domandarle ogni dettaglio su ciò che era successo.

Nami rispose che il tempo di mangiare qualcosa e avrebbe raccontato tutto, poi notò che in cima all’albero maestro era poggiata una colomba bianca.

Era così pura. I suoi occhi fissavano Nami penetrante e lei avvertì sensazioni forti, come nel caso del corvo, ma  stavolta erano buone.

Non ci badò e scese in cucina per mangiare qualcosa.

Dopo pochi minuti anche Rufy si era svegliato ed era subito andato da Sanji, visto che stava morendo di fame.

«Rufy! Come ti senti? Hai respirato agalmatolite a quintali, come stanno i tuoi poteri?» gridò Chopper preoccupato per sollevarsi quando Rufy gli mostrò i suoi arti che si allungavano perfettamente.

«Meno male! Abbiamo seriamente temuto per te, testa vuota!» lo rimproverò Zoro che cercava di nascondere la contentezza.

Dopo che il capitano e Nami ebbero mangiato a sazietà, tutti uscirono sul ponte per ascoltare la vicenda.

Rufy chiarì come si fosse avvicinato perché sentiva come se ci fosse qualcosa che lo chiamava dentro quel bosco e poi, senza rendersene conto, era svenuto e le liane lo avevano trascinato dentro il bosco. Gli altri invece gli spiegarono come se ne fossero accorti soltanto al mattino e che le piante non li facevano passare, soltanto Nami era riuscita ad attraversarle.

Rufy non seppe dire cosa era successo da quando era svenuto e come si fosse ritrovato nella torre di pietra dove lo aveva trovato Nami. Aveva soltanto dei flash di ricordi che non sapeva neanche se fossero veri.

Anche Nami confermò che lei aveva subito un sacco di allucinazioni, le era sembrato perfino di vedere Rufy volare dalla torre di pietra.

A ripensarci aveva ancora i brividi, per quanto reale era stata la sensazione di vederlo morto.

Poi la navigatrice parlò agli altri del corvo che l’aveva perseguitata nell’isola e loro di come Usopp l’avesse ucciso.

«L’hai ucciso?» chiese sbalordita lei.

«Sì, sentivo che andava fatto ed infatti non appena è morto gli alberi sono appassiti e tutto è crollato.»

«E’ vero, il boato… Le case in polvere e la torre a pezzi. Quel corvo era la causa di tutti i mali.»

«Non è propriamente esatto.» disse una voce limpida e cristallina.

I pirati alzarono la testa per osservare la colomba bianca scendere verso di loro. Lei si voltò verso Usopp.

«Grazie. Facendo morire il corvo con il fuoco mi hai dato modo di rinascere dalle sue ceneri.» disse la colomba inclinando la testa verso di lui mentre Usopp ringraziava a sua volta, imbarazzato.

«Il corvo è solo l’animale in cui si era raccolto tutto il male dell’isola. Nami avrai notato le case. Una volta nell’isola c’era un villaggio con degli abitanti che vivevano felici e protetti, grazie al recinto naturale di alberi, che appunto li difendeva soprattutto da chi possedeva poteri dei frutti e voleva usarli a scopi malvagi.»

«Allora quelle case erano veramente abitate… E tutte quelle X?» chiese Nami stupefatta.

«Un giorno il dottore del villaggio impazzì. Si narra che forse in uno dei suoi numerosi viaggi fosse venuto a contatto con i frutti e che, quindi, l’esposizione con l’agalmatolite gli fece perdere il senno della ragione. Uccise tutti gli abitanti e con il sangue di ognuno scrisse quelle X. Il fatto che le vedessi rosse e vivide era solo un’illusione.»

I Mugiwara ascoltavano la storia stupiti ed increduli, comprendendo pian piano tutta la storia.

«Ma perché hanno preso Rufy? E perché solo io sono riuscita a passare?» chiese Nami.

«Con calma Nami. Dopo aver ucciso tutti, catturò un corvo, lo uccise e poi si suicidò nell’ultimo piano della torre. Gli spiriti di tutti i poveri innocenti che uccise si inglobarono nel corvo e covavano solo rabbia, rancore e brama di uccidere.

Solitamente si limitavano a scacciare i visitatori ma si vede che in Rufy hanno visto un cuore particolarmente puro, che ha alimentato la loro voglia di uccidere. E Nami è stata l’unica a cui è stato consentito passare perché semplicemente non hanno potuto contrastarla. Voleva troppo ardentemente salvarlo.»

«Ma poi le altre piante, vicino alla torre, quelle ci hanno provato a contrastarmi.» constatò Nami.

«Sì, è vero, ma eri più debole e poi il potere degli spiriti vicino alla torre era più intenso. Ma, alla fine, quando ti sei riscossa e hai desiderato nuovamente solo salvare Rufy ti hanno lasciata passare.»

«E tutte quelle cose che ho creduto di vedere e di sentire? Rufy che vedeva il sangue nella fontana, le voci nella mia testa?» domandò la navigatrice.

«Erano solo illusioni prodotte dagli spiriti. Credo che volessero spingerti a tornare sui tuoi passi e a lasciare Rufy morire. Volevano destabilizzarvi, confondervi, ingannarvi. Per fortuna alla fine siete riusciti a fare affidamento l’uno sull’altra e a salvarli. L’intervento di Usopp è stato vitale per uccidere tutto il male dell’isola ma le liane si erano già arrese a Nami e alla sua disperata richiesta. E’ solo grazie alla tua determinazione e al vostro spirito di gruppo che siete salvi.»

Ci fu silenzio per molti minuti finché Robin non chiese: «Ora riposano in pace?»

«Sì, ora sì. Ora stiamo tutti bene.» disse la colomba prima di spiccare il volo e disperdersi nell’orizzonte.

Tutti la video volare via in silenzio, consci che la brutta avventura era finita.

Chopper chiese a Rufy e Nami di seguirli nello studio dove avrebbe voluto visitarli di nuovo e, non senza protestare, furono costretti a seguirlo.

Dopo la visita e dopo aver constatato che si stavano riprendendo si allontanò lasciandoli nello studio.

«Mi hai salvata la vita Nami. Grazie, io non ho saputo fare nulla. Ho solo provocato guai.» iniziò lui calcandosi il cappello sulla testa.

Nami gli mollò uno schiaffo nella guancia per poi rimproverarlo violentemente: «Smettila di dire queste sciocchezze, non è stata colpa tua! E poi non avrei mai potuto abbandonarti, sei troppo importante per me.»

«L’unica illusione che ricordo bene eravate voi che mi lasciavate morire, dandomi dell’idiota. Anche tu ridevi ed eri felice di vedermi morire. Ma io sapevo che non potevi essere tu, che non potevate essere voi.»

Nami gli si avvicinò alzandosi in punta di piedi per appoggiare la sua fronte su quella di Rufy.

«Io sono qui, vicino a te e ti proteggerò finché potrò. Tu mi salvi la vita sempre, io quando posso. Sarò sempre qui, finché mi vorrai.»

Rufy sorrise per poi abbracciarla.

«Allora temo che sarai sempre qui.»

E sorrisero mentre un raggio di sole penetrava nella finestrella della stanza.

Un nuovo giorno iniziava.

 

 

Fine.

 

 

Finita! xD

Ce l’ho fatta, scusate tanto per l’attesa. ^^’

Dunque intanto il bellissimo verso del titolo è della canzone “Continuamente” di Valentina Giovagnini, mi è venuto in mente quando Rufy e Nami devono fare ricorso uno ai sensi dell’altro **

Mi è uscita più lunga di quanto mi aspettassi ma non volevo tagliare ancora.

Dunque che dire… L’idea lo so era molto particolare, spero di averla resa bene ed aver fugato tutti i dubbi xD Ho amato questi Rufy e Nami che sono allo stesso livello e lottano insieme per sopravvivere *_*

Secondo voi come ho reso l’horror?

 

Infine dedico quest’ultimo capitolo (soprattutto la parte finale) a TITTIVALECHAN91. Spero tanto ti sia piaciuto ^O^

 

Ringraziamenti time:

 

-      Tabas: Nono, niente del genere xD Era solo un’isola di spiriti xD;

 

-      NicoRobin92: tu hai letto la storia in anteprima quindi non puoi proprio lamentarti cara v.v Voglio un mega-commento xD;

 

-      Akemichan: Grazie =) Bhe, un po’ di romanticismo finale non guasta, ci stava dai xD Nono, spero di non fatto Nami OOC né Rufy (anche se lui forse lo è leggermente) ma in fondo sono disperati e pieni di panico, soprattutto per le illusioni;

 

-      TITTIVALECHAN91: Sì Nami super grintosa ** Grazie mille per la recensione e la dedica alla tua fic super-meravigliosa. Sì, un po’ di romanticismo non esagerato l’ho inserito! ^O^

 

-      gattabianca: oddio non uccidermi X°D Rufy è vivo, vivo! Grazie della recensione

 

     -  VidelB: studi geologia? *O* a una mia amica piace moltissimo xD Grazie dei complimenti e grazie della recensione =)  Spero che la storia ti sia piaciuta =)

-       

 

 

Infine ringrazio quelli che hanno letto, commentato, inserito nei preferiti/ricordati/seguiti (rispettivamente 5, 2, 8).

Spero vi sia piaciuta.

Un bacio.

 

 

 

Marty De Nobili

 

   
 
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