I
look up at the stars, hoping you’re doing the same.
Dedicate
to Maggie perché sei riuscita
ad ammettere che questi due
si appartengono.
Ti loggio (?) più di me stessa.
Capitolo
1. I dont wont to lose her, i don't wanna let her go.
C’erano
momenti in cui, semplicemente, avrebbe voluto chiamarlo. Solo per
sentire la sua voce. Calda, sensuale, dolce, cristallina. Sapeva che
sarebbe stata molto più matura di quanto non fosse quando
l’aveva conosciuto, d’altra parte era passato molto tempo
e lui era cresciuto. Erano cresciuti entrambi. Se in meglio o in
peggio, questo non lo sapeva.
Pubblicamente facevano finta di
niente, agli eventi facevano le usuali foto insieme, sorridevano, con
studiata naturalezza, ma in realtà era molto tempo che non
parlavano veramente. Non era nemmeno sicura di ricordare l’ultima
volta che l’aveva chiamata, o che aveva pronunciato il suo
nome, in quel modo che solo lui riusciva a fare.
Non ci aveva più
pensato. Si era buttata nel lavoro in modo quasi ossessivo, tanto
che, volutamente, erano rari i momenti in cui poteva pensare.
Sfortunatamente, quello, era uno di quei momenti. E così,
eccoli, i ricordi. Beffardi, malefici, e terribilmente reali. Come se
non fossero, oramai, passati due anni, come se solo il giorno le
aveva chiesto di parlarle, in lacrime, per poi dirle che era meglio,
forse, per entrambi se avessero chiuso lì.
Guardò
una sua recente foto, rubata da una qualche rivista scandalistica di
sua madre, e sorrise. Non era cambiato di una virgola. Gli stessi
occhi castani, lo stesso sguardo magnetico, gli stessi riccioli
terribilmente perfetti, gli stessi nei sparsi sulla parte destra del
viso, la stessa bocca piena, la stessa pelle lattea…. Soltanto
era più, be’, grande. I vestiti erano più curati,
la posa più studiata, la sicurezza in se stesso era aumentata
e sembrava, ora come non mai, che nessuno sarebbe mai riuscito a
buttare giù quell’aurea di perfezione che gli aleggiava
attorno.
Ci avevano provato, dopo essersi lasciati, a rimanere
amici, davvero. Ma faceva troppo male, da entrambe le parti. Lei, con
il cuore spezzato, non riusciva a guardarlo senza farsi scappare
qualche lacrima. E lui che, nonostante tutto, teneva ancora
terribilmente a lei, non riusciva a capire come fare per farla stare
meglio. Così si erano allontanati.
Poi c’erano stati
i paparazzi, le fan, le domande, le interviste, tutti che premevano
di sapere cosa fosse successo tra “il più piccolo dei
Jonas e Hanna Montana”, così era scoppiata. Lo aveva
detto, a tutti. E aveva scritto quella canzone. Be’, in realtà
più di una. Per lui. Forse il suo unico sbaglio era stato
quello di ammettere pubblicamente a chi fossero dedicate, ma ormai la
frittata era fatta ed era inutile piangere sul latte versato. Erano
stati mesi terribili, ma poi erano passati, e lei era andata avanti,
almeno in apparenza.
Sì, era uscita con qualche ragazzo.
Be’, con più di “qualche”. Ma ogni volta che
pensava che fosse quello giusto, arrivavano quei momenti di
solitudine in cui i ricordi tornavano a galla e le sue certezze
svanivano, magicamente.
Ma che ci poteva fare? Nick era stato il
suo primo amore. Il primo –e forse unico- ragazzo che era
riuscita ad amare veramente. Ci aveva creduto, davvero. Aveva creduto
davvero che potesse durare per sempre. Sapeva che erano piccoli, ma
come poteva anche solo immaginare, guardando in quegli occhi sinceri
mentre diceva di amarla, che sarebbe finita?
Scosse la testa,
sentendo le lacrime iniziare a scendere, non poteva permettersi
quell’attimo di debolezza, non ora. Aveva deciso di chiudere
per sempre quel capitolo della sua vita, aveva promesso a se stessa
che non avrebbe più pianto per Nick Jonas, e così
sarebbe stato.
La familiare suoneria del suo cellulare partì,
così, sbuffando, fece per spengere il cellulare, non aveva
voglio di sentire nessuno. Stava per cliccare il tasto di
spegnimento, quando non vide il mittente. Un solo, semplice, fin
troppo conosciuto, nome di quattro lettere.
«Non è
possibile…» sussurrò più a se stessa che a
chiunque altro. Non riusciva a crederci.
Eppure il cellulare era
lì, palpabile, e quel nome lampeggiava sul display,
impossibile da ignorare. Facendosi coraggio, quel poco che le
rimaneva, schiacciò il tasto verde e portò
l’apparecchio all’orecchio destro. «Pronto?»
Silenzio. Qualcuno, dall’altra parte, stava respirando, dei
sospiri che avrebbe riconosciuto tra milioni. Poi il suono cambiò,
e ai sospiri si susseguì uno strano verso di...
timore?
«Miley…»
Quella voce. Calda,
sensuale, dolce, cristallina, profonda. Era lui, non poteva essere
altrimenti. Ma perché? Perché proprio quel momento,
dopo mesi? Cosa voleva da lei, ancora?
Fu
il suo turno di sospirare a vuoto, cercando una forza che non aveva,
il coraggio di chiudere quella chiamata e lasciarsi il passato alle
spalle.
«Ciao, Nick».
Lo aveva detto freddamente,
come se non le importasse, ma sapeva che lui era riuscito a cogliere
quella piccola, se pur percettibile, nota di agonia. D’altro
canto lei percepì, dall’altra parte del telefono, il
suono di un sorriso. Si conoscevano ancora così bene, dopo
tutto quel tempo. Non erano cambiati così molto, alla
fine.
Erano ancora Miley e Nick.
I Miley e Nick che guardavano
un film rannicchiati tra le coperte e poi finivano per giocare a
tirarsi i pop-corn. Gli stessi Miley e Nick che si erano baciati la
prima volta sotto le stelle, come la più romantica delle
scene, per poi finire vittime di zanzare e insetti vari. Gli stessi
Miley e Nick che si erano imparati a conoscere e amare, pregi e
difetti. Gli stessi Miley e Nick che si erano amati in modo completo,
spiazzante, coinvolgente, profondo. Erano solo loro due, ancora una
volta, e i loro sentimenti sbagliati che li perseguitavano.
Stettero
qualche secondo in silenzio, ascoltando il suo del respiro
dell’altro, cercando di capire cosa stessero facendo.
«…
perché mi hai chiamato, Nick?»
Un sospiro.
L’ennesimo. Poi un sorriso, amaro, questa volta. Le sembrava di
poterlo vedere, in camera sua, circondato da qualche spartito e
appoggiato allo schienale del letto. Magari con una chitarra in mano
e quella vecchia tuta che non voleva mai buttare perché,
diceva, gli portava ispirazione.
«Stavo pensando a
te».
Avrebbe voluto dire tante cose, alcune terribilmente
sdolcinate, altre che nemmeno riusciva ad esprimere, così
rimase in silenzio, ancora una volta. Nick l’aveva chiamata
nello stesso attimo in cui lei aveva bisogno di lui, come poteva
essere solo una coincidenza?
«Anche io».
Questa
volta sorrisero entrambi, davanti a questa piccola verità.
Ma
Miley sapeva che c’era dell’altro. Non sapeva esattamente
perché ne era così sicura, semplicemente lei lo sapeva.
Come una sensazione alla bocca dello stomaco, una certezza quasi
inspiegabile.
Sapeva che Nick l’aveva chiamata per un
qualche motivo che non riusciva a dire, e se c’era qualcosa che
non riusciva a dire nemmeno a lei, be’, doveva essere qualcosa
di importante.
«In realtà volevo farti sentire una
cosa».
«Mmh…»
Non aveva detto molto,
ma Nick aveva comunque capito. Ricordava i primi tempi in cui erano
stati assieme, quando lei rispondeva con quel suono a qualsiasi
domanda e lui, ogni volta, doveva decifrare quel piccolo verso. Era
come un gioco. Lui le chiedeva “In senso negativo o positivo?”
e lei si rifiutava di rispondergli finché non finivano per
rotolarsi dalla risate a suon di solletico.* Era così
semplice, allora, quando erano giovani e ingenui.
«Una
canzone, su di te, su di noi… Per ora non c’è
molto, solo la musica e qualche strofa ma vorrei che tu la
sentissi».
E Nick iniziò a cantare, con quella sua
voce calda, sensuale, dolce, cristallina, profonda, e tutto si fermò.
E per un attimo, sembravano essere tornati ad essere solo Nick e
Miley, senza alcun dramma, senza fan, senza gossip, erano solo…
loro due. Ancora una volta.
«… Standing out in the
rain, need to know if it's over 'cause I will leave you alone».
Non
ricordava quando aveva iniziato a piangere, forse perché
nemmeno lei lo sapeva esattamente, tutto ciò che riusciva a
capire, a vedere, a toccare, ora, era solo la voce di Nick, quelle
parole, quella musica.
La canzone non era ancora finita, certo, ci
doveva ancora lavorare un po’ su, eppure a Miley sembrava che
fosse perfetta così, non finita, incompleta. Come la loro
storia, d’altro canto.
Non appena le note cessarono, quasi
come la fine di un qualche incantesimo, anche le lacrime di Miley
smisero di scendere a fiocchi, improvvisamente.
Poi, per un tempo
che non seppe definire, d’altro capo del telefono non sentì
niente, era come se Nick stesse trattenendo il respiro.
Fece un
verso strano, un sorriso di orgoglio, forse, davanti alla sua
reazione?
Poi sentì distintamente la mano di lui passare
per i riccioli scuri, e potette quasi vederlo. Le sembrò di
riuscire a toccare quella massa di riccioli morbidi che l’avevano
affascinata da sempre, ricordava ancora, ai primi tempi, quando non
stavano ancora assieme, quanto si era dovuta trattenere per non
toccarglieli.
«Perché me l’hai fatta
ascoltare?»
Nick ancora taceva, e non era un buon indizio.
Quando si trattava delle cose che amava, riusciva ad essere
incredibilmente diretto, Miley non riusciva a capire perché in
quella –strana, stranissima- situazione stesse vacillando.
Poi,
con tono neutro seppur pieno di emozioni che, forse, riusciva a
leggere solo lei, disse la frase che aspettava dall’inizio di
quella telefonata.
«Ti va di finirla con
me?»
Note.
Allora, per prima cosa vorrei
precisare che io amo questi due assieme. Per mio modesto parere, sono
due anime gemelle. Quindi sapevo che prima o poi sarei finita per
scrivere qualcosa su loro due, era solo questione di tempo. Benché
sia una fan-fiction sia sui Jonas che su Mils, ho deciso di
pubblicarla sul fandom dei Jonas Brothers semplicemente perché
è più visitato.
Avevo pensato di fare una specie di
raccolta di shot su la coppia Niley, ognuna come tema una delle
miriadi di canzoni che si sono dedicati a vicenda (tali o presunte
tali che siano)… Questo sempre che questa roba piaccia a
qualche anima pia, certo.
Dils. ♥