Adorabile bugiarda
“ E poi se n’è andata?”
Leonardo annuì, giocando con la
catenella dei jeans.
“
Le è squillato il cellulare, ha letto il messaggio ed è sparita. Senza neanche
passare per il via. Mi ha a mala pena sorriso, un saluto accennato, qualche scusa
senza senso e ha preso la porta”
Giovanni
sogghignò, guardando senza attenzione l’orologio.
“
Certo che hai trovato pane per i tuoi denti. Capace che ti sveglia un
po’…” mormorò.
“
Svegliarmi?”
Fecero
gli ultimi scalini in silenzio, risparmiando il fiato.
Arrivare
al terzo piano era sempre un’impresa.
Giovanni
si appoggiò al muro, annuendo indifferente, cercando con lo sguardo
un’aula vuota.
“
Svegliarti, sì”
“
Perché dovrei svegliarmi?” chiese Leonardo, non capendo.
Giovanni
sospirò, aumentando appena il passo. Girarono a destra, evitando il professore
che si avvicinava. Si voltò a guardarlo, cercando le parole giuste.
“
Non sei esattamente il tipo più… vitale? Diciamo che tendi a farti
trascinare, hai bisogno di qualche incentivo per applicarti, per cacciare fuori
gli artigli. Per far vedere i denti”
Si
fermarono, uno di fronte all’altro.
“
Per far vedere i denti, ecco. E ce li hai i denti, Nardo. Solo non ti piace
mostrarli. Preferisci assistere agli eventi senza lasciarti influenzare troppo,
senza intervenire. Non sei mai quello che prende l’iniziativa, quello che
colpisce. Subisci fino a quando non trovi necessario reagire”
Leonardo
lo guardava in silenzio, le pupille dilatate e le labbra socchiuse.
Senza
rendersene conto erano di nuovo di fronte alle scale, fermi davanti alla
scrivania dell’operatore del piano; naturalmente senza operatore.
“
Non fare così, Nardo. Dico solo la verità. Fai conto ieri, quando di punto in
bianco ti sei messo a rincorrerla, no? E quando mai?! Tu che corri? Dietro una
ragazza?! Ti giuro, stavo per restarci! Anche ammesso che avessi le tue
ragioni, cosa di cui dubito… ma non è da te!”
“
Perché?” chiese ancora, catatonico.
“
Perché non lo hai mai fatto prima. E se qualcuno ti avesse visto non avrebbe
mai creduto al fatto che fossi davvero tu. Semplicemente”
Leonardo
smise di giocare con il cellulare, riprendendo a camminare.
Andavano
adagio, percorrendo la strada già fatta. Senza parlare.
“
Dici che ho sbagliato?”
Giovanni
non lo guardò, sbirciando di nuovo l’orologio.
“
A fare cosa?” domandò, distratto.
“
A seguirla”
Leonardo
si fermò alla fine del corridoio, poggiandosi di peso al muro.
“
No. A proposito, com’era la cioccolata?”
“
Ottima, come sempre”
“
E Annalisa?” continuò, come fosse niente.
Leonardo
sorrise, inarcando il sopracciglio con leggiadra.
“
Perché?”
Giovanni
si strinse nelle spalle, spostando il peso da un piede all’altro.
“
Chiedevo così, non pensare a male”
“
Io penso che ti interessa solo perché non sei riuscito ancora a portartela a
letto” sogghignò, assottigliando con sicurezza lo sguardo.
L’altro
arretrò, fingendosi offeso. Si indicò, un espressione incredula sul volto.
“
Io? Ma per chi mi hai preso?!”
Leonardo
ridacchiò, facendo per ribattere con prontezza.
“
Certo che siete pettegoli. Peggio di due comari!”
La voce
acuta e divertita lo bloccò, facendogli sparire il sorriso. Leonardo la
riconobbe subito. Si voltò piano, con tutta calma, ormai pronto a trovarsi di
fronte gli occhi blu che lo tormentavano dalla sera precedente. Strinse i
denti, incrociando lo sguardo con la ragazza.
“
Ma chi si vede! Quale onore, Holmes” disse, l’espressione seria che
contrastava con l’ironia che trasudava dalla voce. Erica sorrise,
guardandolo per qualche istante senza dire niente.
Lo
osservò da capo a piedi, affatto sorpresa dall’indifferenza che lui
sembrava volerle mostrare. Le labbra serrate, il viso teso e gli occhi vacui la
fecero sorridere ancor di più.
Erica
trattenne una risata e si voltò verso Giovanni, guardandolo con complicità:
“
Che fa, si è offeso?” gli chiese, lanciando un’ ultima occhiata
divertita a Leonardo.
Giovanni
ridacchiò, stringendosi nelle spalle e allontanandosi di un passo dai due.
Alternava esilarato lo sguardo dall’uno all’altro, decidendosi alla
fine a parlare con la ragazza:
“
Tu che dici? Lo hai abbandonato al bar! Lo sai che è un cucciolo, se la prende
facilmente”
A quelle
parole seguì un silenzio pesante. Un silenzio carico di frustrazione da parte
di uno e sorpresa da parte dell’altra. Se Leonardo strinse gli occhi, Erica
li sgranò.
Boccheggiavano
entrambi e a farli riprendere fu la campanella, ancora una volta provvidenziale.
Non
aveva ancora finito di suonare che Erica iniziò a parlare:
“
Io non immaginavo” esordì, allargando le mani “ Scherzavo prima,
non credevo che… Ho avuto un contrattempo, credevo di avertelo spiegato”
Leonardo
prima aveva tentato di interromperla, oltraggiato da quello che aveva detto
l’amico. Poi sentendo Erica si era accalorato, avvicinandosi a lei di un
passo e ribattendo rapido.
“
Cos’è che mi avresti spiegato?! Tu sei scappata! Fuggita peggio di Speedy
Gonzales! Hai preso la porta quasi senza nemmeno salutarmi” prese fiato
un secondo per continuare, subito dopo, davanti all’espressione
stupefatta e ferita della ragazza “ Capisci come mi hai lasciato? Non
sapevo cosa pensare. Ho cominciato ad arrovellarmi cercando di ricordare se per
caso ti avessi in qualche modo offesa, messa in difficoltà. Se avessi detto
qualcosa di sbagliato. Ma niente! Ti giuro mi hai trattato e fatto sentire come
un cretino!”
Erica,
che sotto quell’attacco inaspettato era arretrata di qualche passo, si
fece coraggiosamente avanti a quel punto, pronta a fronteggiarlo:
“
Oh, Dio mio! Ma che stai dicendo?” esclamò, gli occhi che lanciavano
saette “ Una cioccolata, ci stavamo solo prendendo una cioccolata! Ti
rendi conto di star facendo una scenata neanche ti avessi mollato
sull’altare?! Ma che modi sono? Ti ho già detto, ieri come oggi, che ho
avuto un contrattempo a casa, che altro vuoi, che mi metta in ginocchio per
chiederti perdono?”
“
Non sarebbe male come idea, sai? Detto e considerato il piacere che ti sto
facendo, un minimo di gratitudine e rispetto non andrebbero sprecati”
soffiò Leonardo, sempre più vicino.
Erica stava
per rispondere, questa volta con toni molto meno pacati dei precedenti, quando
vennero repentinamente interrotti.
“
Pausa, ragazzi!”
Giovanni
si era frapposto tra i due, allontanandoli e zittendoli con decisione.
Non che
la situazione non fosse estremamente esilarante, ma, cosa di cui forse i
duellanti si erano dimenticati, erano pur sempre in una scuola. Per di più
durante il cambio dell’ora.
Giovanni
si era accorto casualmente della folla che si stava radunando attorno a loro.
Distratto dai toni alti che stava raggiungendo la discussione, ci aveva messo
un po’ a ricordarsi dov’era.
Quando
però aveva realizzato di star permettendo a quei due incoscienti di dare
spettacolo, rinsavì immediatamente bloccandoli e zittendoli senza esitazioni.
Li
afferrò entrambi, sospingendoli lungo il corridoio. Si teneva alle loro spalle,
mantenendo un minimo di distanza fra di loro.
“
Che dite, ci saresti arrivati a usare le mani?” scherzò, sperando di
annientare la tensione che si era venuta a creare. Né Leonardo né Erica si
degnarono di rispondere, le espressioni serie e gli sguardi bassi, si
lasciarono guidare da Giovanni senza opporre la minima lamentela.
“
Non ci pensate, io dico che al piano terra non vi hanno sentito” continuò
Giovanni, cercando con impazienza la porta che gli serviva.
Ancora
una volta non ottenne risposta. Sbuffando, alzò gli occhi al cielo.
“
Ma dove diavolo è quello…” si interruppe, lanciando
un’esclamazione di gioia.
Accelerando
il passo raggiunse una porta più appartata delle altre e, con un calcio, la
aprì.
Un gesto
secco e spinse all’interno della stanza i due che ancora non parlavano.
“
Ecco, qui potete continuare a discutere in santa pace” esclamò,
affrettandosi a chiudere la porta “ Sono sicuro che vi chiarirete”
aggiunse, bloccando la maniglia con una sedia.
Giovanni
poggiò un orecchio contro la porta, sperando in cuor suo che davvero
risolvessero la situazione, senza naturalmente arrivare alle mani… chissà
se avrebbero potuto incolparlo di qualcosa nel caso si fossero uccisi
vicendevolmente. Stringendosi nelle spalle, si avvicinò leggero e privo di
preoccupazioni ad una biondina che conosceva.
“
Dov’è che siamo?” chiese Erica, guardandosi inutilmente attorno. La
stanza era buia, priva della minima illuminazione e piena di umidità. Allungò
una mano, sperando di trovare qualcosa a cui appoggiarsi, ed urtò il petto di
Leonardo. Sbuffando, lasciò la mano lì dov’era, risalendo piano fino al
braccio.
Una
volta che lo ebbe raggiunto strinse la presa, mormorando:
“
Giuro che una volta fuori di qui, lo uccido a quel gorilla del tuo amico”
sibilò “ Non riuscirai a fermarmi, ti avviso”
Leonardo
cercava a tentoni l’interruttore che doveva essere sulla parete al suo
fianco, alle parole della ragazza sorrise, prendendo un bel respiro:
“
Non ho intenzione di fermarti, te lo assicuro” rispose, sentendo un
brivido lungo la schiena mentre la stretta delle dita di lei aumentava
inconsapevolmente.
Con
sollievo le dita di Leonardo trovarono finalmente l’interruttore,
sollevandolo impazienti.
Una
piccola lampadina cominciò a sfrigolare, illuminando man mano l’ambiente.
I due si
guardarono attorno, accorgendosi con crescente disagio e furore delle scope,
dei secchi e della polvere con sporcizia annessa che li attorniavano. Erica fu
la prima a ritrovare la voce:
“
Lo sgabuzzino” sibilò “ Quel deficiente del tuo amico ci ha chiusi
in uno sgabuzzino!”
Leonardo
non disse niente, tentando inutilmente di aprire la porta alle sue spalle.
Batté anche qualche colpo, sperando di essere sentito, ma niente.
Con un
sospiro sollevò lo sguardo sulla ragazza che gli stava di fronte.
“
Propongo di spingerlo sotto un tram” disse alla fine, strappandole un
sorriso tirato.
“
Non male come idea” rispose lei “ Anche se io pensavo a qualcosa di
più devastante per lui”
Leonardo
sollevò un sopracciglio, sorridendo malizioso:
“
Castrarlo?”
“
Evirarlo, anche. Perché no?”
Erica
lanciò un’occhiata all’orologio che aveva al polso, il sorriso che
diventava più fiacco.
“
Le lezioni riprendono fra meno di dieci minuti” mormorò.
“ Iniziamo
a gridare aiuto?” propose lui, stringendosi ancora nelle spalle.
Erica ci
pensò su un secondo, prima di rispondere esasperata:
“
Oh, certo. Così oltre alla scenata di poco fa, inizieranno anche a parlare del
fatto che eravamo chiusi assieme nello sgabuzzino del terzo piano”
“
Ma che te ne importa? Lascia pure che pensino quello che più gli aggrada. Non
sono affari nostri” ribattè lui, alzando inconsciamente la voce.
“
Come sarebbe? Non voglio pensino sia una sgualdrina!”
“
Perché secondo te la prima cosa a cui penseranno è che ci siamo dati da fare
qui dentro?” chiese lui, sarcastico ed irritato. La guardava negli occhi,
cercando di mantenere il controllo. Non gli era mai capitato di accalorarsi
tanto con una ragazza, men che meno per una qualunque stupida discussione.
Stava sudando freddo, il respiro spezzato, e riusciva a dar la colpa solo al
profumo di lei che sembrava aver invaso l’ambiente.
“
Non lo so!” rispose Erica, staccando improvvisamente la mano dal braccio
di lui. Non si era nemmeno accorta di tenerla ancora lì, tanto la cosa gli
sembrava in quel momento naturale “ So solo che ci sono tantissime teste
bacate come quella del tuo amico in questa scuola. E di certo loro non
penseranno che stavamo solo chiacchierando qui dentro!”
Leonardo
chiuse gli occhi, passandosi una mano sul viso. Quella ragazza lo faceva
impazzire.
Lo
strillo acuto quasi non lo sentì, troppo sorpreso dal fatto di trovarsela
improvvisamente addosso. Aprì gli occhi, guardando incredulo Erica che, con un
balzo repentino, gli era quasi saltata in braccio. La ragazza gli stava
incollata, le mani strette a pugno contro il suo torace e gli occhi quasi
chiusi. Leonardo corrugò la fronte, stranito come non mai.
“
Cosa…?” chiese, accorgendosi solo in quel momento del ragno che penzolava
nel punto esatto in cui un momento prima era la ragazza. Guardò
quell’esserino che si agitava e sorrise. Gli ci volle un grande sforzo di
volontà per trattenere una risata, mentre, con due dita, sollevava il viso di
Erica.
“
Paura dei ragni, bimba?”
Lei
avrebbe sicuramente ribattuto prontamente, riprendendolo anche per il nomignolo
con cui lui l’aveva chiamata quasi senza accorgersene, non fosse stato
per quel ragno che sapeva di avere alle spalle. Li odiava. Con tuta se stessa.
Odiava i ragni. Quelle loro orrende zampe, quasi non riusciva ad ammetterlo, ma
la terrorizzavano.
“
Uccidilo, ti prego” sussurrò, stringendosi ancora di più contro il
ragazzo.
Leonardo
non sorrideva. Aveva smesso non appena il corpo di lei aveva aderito al suo.
Senza
dire una parola afferrò la scopa più vicina e fece fuori il ragno,
assicurandosi con una veloce perlustrazione che non ce ne fossero altri.
“
Fatto?” chiese lei, gli occhi ancora serrati.
“
Fatto”
Erica
sospirò, senza però allontanarsi da Leonardo. Lui non disse niente, né fece
alcunché per modificare la situazione.
Fu Erica
alla fine a sollevare lo sguardo verso di lui:
“
Scusa per ieri. Non volevo, davvero”
Leonardo
scosse la testa, sorridendole sincero.
“
Non fa niente” disse, la voce appena un sussurro “ Perdonata”
Erica
ricambiò il sorriso, gli occhi che le si illuminavano.
“
Ancora deciso a voler approfondire la nostra conoscenza?” domandò
lei, il sorriso nella voce.
“
Decisamente” ribattè lui, poggiandosi alla porta con la schiena “
Abbiamo già cominciato, no?”
“
Dici?”
“
Bè, sono convinto che la paura dei ragni non sia poi da trascurare”
sogghignò, divertito dall’espressione di lei. Erica gli si avventò
contro, pizzicandogli giocosamente un braccio.
“
Guarda che non è come pen…”
Non
riuscì a finire la frase, interrotta dall’improvvisa luce che irruppe
nella stanza. Meno di un attimo dopo erano entrambi a terra: Leonardo sdraiato
di schiena e lei sopra di lui.
La porta
era stata aperta di colpo, sorprendendo Leonardo che vi era appoggiato e che
cadde, inaspettatamente privato del sostegno. Erica, quasi attaccata a lui, lo
seguì nella caduta.
Giovanni
sorrise, inarcando le sopracciglia in un’espressione sorpresa.
Li
guardò, rossi ed accaldati, l’uno addosso all’altro e sogghignò.
“
Devo dire…” sospirò “ Sarebbe stato più interessante trovarvi
morti”
*
Un terribile
ritardo, lo so.
Non ho
giustificazioni, so anche questo.
Mi dispiace
tantissimo, vi assicuro, ma sto passando un periodo orrendo.
Non trovo né il
tempo né la voglia di scrivere, per una serie di problemi che credo sia inutile
elencarvi.
Mi scuso
ancora, con tutti voi magnifici lettori.
Sono
mortificata, ma oltre a ringraziarvi tutti, dal primo all’ultimo, non
posso fare altro.
Grazie ancora,
Sara