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Autore: Ginny    14/10/2010    9 recensioni
"[...] In pochi secondi si era ritrovato ad osservare con il suo sguardo color ossidiana gli occhi azzurri dell’uomo di fronte a lui.
Si innalzava almeno venti centimetri oltre la sua testa, portava i lunghi capelli biondi liberi di ondeggiare al vento. Il taglio dei suoi occhi era allungato e sottile, le iridi erano piccole ma risplendevano del riflesso delle luci esterne come fossero gocce d’ acqua di mare.
Il viso, il corpo, la voce.
Qualcosa dentro la sua mente sussurrava. Una frase così flebile da non riuscire nemmeno a comprenderla."
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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[IasonxRiki] Another Opportunity To Love You

Another Opportunity to Love You

«Puoi cancellare qualcuno dalla tua mente...»


Il buio si estende a vista d’occhio, su una città che dall’altro sembra un’immensa galassia costellata da luci colorate.
È una notte normalissima.
Fa freddo al di fuori dell’automobile.
Nell’abitacolo il riscaldamento è impostato sul minimo.
I piedi appoggiati sul cruscotto, una sigaretta quasi finita tra le dita, e l’odore del fumo nelle narici.

Quella mattina si era svegliato con lo spiacevole presentimento di essersi dimenticato qualcosa di importantissimo.
Quella sensazione aveva continuato a pesargli sul petto per tutta la giornata, dandogli uno strano senso di malessere.
Aveva vissuto i primi vent’anni della sua vita fumando sigarette di una marca infima, facendo lavoretti illegali nella periferia della metropoli su cui in quel momento aveva lo sguardo e vagabondando qua e là con i suoi compagni.
Era stato tutto troppo insignificante per dargli qualche motivo di stima.

Spegne la sigaretta nel portacenere dell’auto, aprendo il finestrino per far uscire la fastidiosa cappa di fumo formatasi nell’abitacolo.
Da fuori entra una piacevole brezza notturna che lo sveglia dall’assopimento che lo aveva colto.
Attirato dal panorama che si può gustare dall’altura su cui era salito, esce dall’auto calciando la portiera con una spinta del piede.

Quel pomeriggio aveva vagato per i viali della capitale senza una meta precisa. Vi era gente che andava e veniva, alcuni mangiavano dolci caldi, altri si stringevano nei cappotti per proteggersi dal vento, altri ancora camminavano rasenti alle vetrine fermandosi ogni volta che vedevano qualche vestito od oggetto carino.
Tutti vivevano la loro vita così come lui viveva la sua, eppure vi era qualcosa che lo distingueva da tutti quegli individui.
Il punto è che non riusciva ancora a capire cosa.
Non erano i soldi. Non era un lavoro stabile.
Non la convinzione che il mondo fosse un bel posto.
No, non era nulla di tutto ciò.

Il panorama è davvero strabiliante.
È una serata così limpida che può quasi scorgere le montagne illuminate dalle luci della città alle spalle della metropoli stessa.
Da essa si alzano solo rumori di auto di quelli che non hanno intenzione di rientrare a casa prima dell’alba.
Lui stesso è uno di quelli.
Si siede sul cofano dell’auto, poggiando la schiena al parabrezza, le braccia a far da cuscino dietro al capo.
Dentro alla giacchetta di pelle, il freddo penetrava fino a farlo rabbrividire.

Proprio mentre era perso in quei pensieri, era andato a sbattere contro qualcuno.
Non aveva subito alzato lo sguardo, perché era rimasto un po’ scosso dall’improvviso scontro, ma in pochi secondi si era ritrovato ad osservare con il suo sguardo color ossidiana gli occhi azzurri dell’uomo di fronte a lui.
Si innalzava almeno venti centimetri oltre la sua testa, portava i lunghi capelli biondi sulla schiena, liberi di ondeggiare al vento. Il taglio dei suoi occhi era allungata e sottile, le iridi erano piccole ma risplendevano del riflesso delle luci esterne come fossero gocce d’ acqua dolce.
«Chiedo scusa.»
Il viso, il corpo, la voce.
Qualcosa dentro la sua mente sussurrava. Una frase così flebile da non riuscire nemmeno a comprenderla.
«Non è nulla.»
L’uomo aveva così continuato il suo cammino, superandolo con pochi passi. Il ragazzo si era girato di scatto, guardando la schiena del biondo allontanarsi piano da lui.
Il vento portò a lui il dolce odore di shampoo dell’uomo, risvegliando in lui nuovamente quello strano senso di… nostalgia?
«Mi scusi…» Lo aveva chiamato senza pensarci, facendolo girare.  «Potrei sbagliarmi, ma non è che ci siamo già visti prima?»
Le labbra del biondo si distesero in un piccolo sorriso.
«Chissà.»
Aveva risposto.
E se n’era andato.

Persa la cognizione del tempo, il ragazzo apre gli occhi: ormai il sole fa capolino da dietro alle montagne di fronte a lui.
Per quanto tempo si era assopito?
Non lo sa.
«Le brutte abitudini non le perdi mai, Riki.»
Mentre un brivido gli scuote la schiene, il moro vuole credere sia per il freddo. Si gira verso destra, trovandosi accanto l’uomo dai capelli biondi.
Riki.
Indimenticabile il modo in cui lo chiama.
Eppure ancora non sa chi è. Non sa come né perché. Non sa nulla.
Se non un nome perso nella memoria e nel tempo.
«Iason.»
L’uomo sorride.
Si siede sul cofano accanto al moro, guardando con lui l’alba.

Iason ha avuto l’opportunità di ricominciare.
Non rovinerà tutto un’altra volta.
Una seconda possibilità era stata donata loro dal destino.
L’opportunità  che Iason non aveva mai avuto
di poter amare Riki, libero da ogni costrizione.
Quell'occasione che, nella sua vecchia vita, aveva pregato tanto insistentemente per ricevere
, nasceva in quel momento davanti ai loro occhi sotto forma di una nuova alba, non ornata dal bagliore di un'inesorabile esplosione.
Era quello il simbolo del loro nuovo inizio.


 «...Farlo uscire dal tuo cuore è un’altra faccenda»
   
 
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