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Autore: Alys93    14/10/2010    9 recensioni
Cosa succederebbe se qualcuno scoprisse il segreto di Kagome e del pozzo vicino al suo tempio? Soprattutto se quel qualcuno scoprisse di possedere poteri che non avrebbe mai immaginato di avere? Le avventure non mancheranno, ve l'assicuro! Se la trama v'interessa, sarò felice di leggere i vostri commenti e \ o suggerimenti (è la mia prima storia) Grazie in anticipo
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre il pozzo'
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Al di là del pozzo

Capitolo 1: Un sogno assurdo

Una calda giornata di primavera riscaldava la città di Tokio, mentre un cielo turchese annunciava il sempre più imminente arrivo dell’estate.
Solitamente, il sabato mattina era molto calmo e c’era poca gente in giro, ma, a casa Higurashi, le cose stavano diversamente.
“Kagome, sei sicura di aver preso tutto?”, “Sì, mamma. Lo zaino è così pieno che lo sollevo a stento” mormorò la ragazza, sistemandoselo sulle spalle.
Perché diavolo doveva sempre riempirglielo in quel modo?
Non doveva mica sfamare un esercito!
Purtroppo, le manie culinarie di sua madre la costringevano a lasciare a casa alcuni libri che le sarebbero stati utili per studiare.
Nonostante affrontasse demoni e spiriti vari nell’epoca Sengoku, nel suo tempo era pur sempre una studentessa che si doveva preparare per gli esami…
“Sta’ attenta quando arrivi dall’altra parte” si raccomandò la donna, sorridendo allegra “E cerca di non litigare con Inuyasha. L’ultima volta che l’ho visto, aveva il segno delle cinque dita in faccia”.
“Questo perché non capisce mai quando è il momento di tenere le mani apposto” replicò la figlia “Non ha il diritto di picchiare il piccolo Shippo solo perché gli ha fatto una domanda”.
Con un sospiro, che sembrava più un borbottio di fatica, Kagome uscì di casa e si diresse verso il pozzo.
Dopo essersi assicurata che nessuno la stesse osservando, entrò nella struttura che circondava il pozzo e vi si gettò dentro.
Una luce suffusa l’avvolse come un morbido manto violaceo e lei sorrise, pensando agli amici ed alle avventure che l’attendevano nell’epoca Sengoku.
Ovviamente la stavano tutti aspettando con impazienza, soprattutto Inuyasha, che era ansioso di riprendere la ricerca dei frammenti della sfera.
“Sono arrivata prima che ho potuto” sussurrò lei, fissandolo un po’ tesa; non aveva un’aria molto tranquilla.
Shippo le saltò in braccio, sorridendo “Non preoccuparti, Kagome. Inuyasha è nervoso perché sente degli strani rumori”.
“Che rumori?” chiese la giovane, “Non sono rumori” specificò lui “Sensazioni, più che altro. Sta per succedere qualcosa”.  
“Allora sarà meglio mettersi in marcia” mormorò Sango, sistemandosi l’hiraikotsu sulle spalle “Abbiamo una lunga ricerca da portare a termine”.
“Giusto, mia cara Sango” esclamò Miroku, sorridendo allegro “Non perdiamo altro tempo in inutili chiacchiere”.
Di colpo, si ritrovò a terra con un grosso bernoccolo sulla fronte, mentre la ragazza sibilava “Toccami di nuovo, e giuro che ti stendo”.
“Come se non l’avesse già fatto!” ridacchiò Inuyasha, incamminandosi verso il villaggio della vecchia Kaede per fare un minimo di provviste.
Shippo scosse la testa e saltò accanto al bonzo, mormorando “Miroku, fattelo dire: sei un caso disperato!”.
“Diciamo pure senza speranza” mormorò Sango, voltando le spalle al monaco riverso nell’erba.
Il mezzo-demone ridacchiò di nuovo e, poggiata una mano sull’elsa di Tessaiga, aumentò lievemente il passo per raggiungere il villaggio.
Dovevano sbrigarsi, o Naraku avrebbe ottenuto i frammenti della sfera prima di loro.
Kagome sospirò e lo seguì, chiedendosi cosa stesse per succedere di così strano da impensierire lo youkai.
 
Dalla parte opposta rispetto al piccolo tempio shintoista, qualcosa di strano e quotidiano al tempo stesso si faceva largo nella casa riparata dalle fronde di maestosi cedri.
Kaori si agitava in preda agli incubi, gemendo nel sonno mentre cercava di capire cosa diamine stesse succedendo.
Vedeva una foresta, oscura e piena di sussurri che la terrorizzavano.
Occhi luminosi la fissavano tra gli alberi e sentì un brivido di paura scivolarle lungo la schiena.
Dove sono? si chiese spaventata Chi sono questi che mi guardano? Che cosa sta succedendo?.
Un improvviso sibilo attirò la sua attenzione, ma non ebbe il tempo di capire cosa fosse, che la luce del sole riuscì a far breccia oltre le palpebre, svegliandola.
Sbatté gli occhi un paio di volte, cercando di mettere a fuoco il soffitto della sua camera, e tirò un lungo sospiro.
Che razza di incubo! borbottò tra sé, cercando a tentoni le pantofole sul pavimento freddo Vorrei proprio capire cosa diavolo stavo sognando…
Sbadigliando, scese in cucina per mangiare qualcosa, ma, persa com’era tra i suoi pensieri, urtò nello spigolo dell’arcata in legno.
Il suo gemito attirò l’attenzione della madre, che sorrise “Buongiorno, tesoro. Cos’hai sognato di così strano, stavolta?”.
Ormai aveva imparato a capire quando la ragazza faceva strani sogni, perché non riusciva ad evitare lo stretto angolo tra il corridoio e l’arcata del salotto.
“Niente che si possa definire normale” mormorò lei “Cosa può legare una foresta, occhi luminosi che ti fissano ed un sibilo acuto, che è tutt’altro che rassicurante?”.
Fumiyo ridacchiò “Magari ti perderai nella foresta sulla montagna e gli occhi che vedi sono gli animali del bosco”.
La giovane borbottò, mentre mangiava una barretta ai cereali, “No, c’è qualcosa di più. Me lo sento.
“Allora, come stanno le mie stelle?” tuonò una voce alle loro spalle, mentre un uomo attraversava la soglia della cucina.
“Bene, Masaru” sorrise la moglie “Ma tua figlia ha avuto ancora quegli strani sogni. Me lo stava appena raccontando”.
“Stanno diventando sempre più frequenti” mormorò Masaru, fissando Kaori “Come ti senti adesso, piccola?”.
“Bene” replicò la ragazza “Tanto era solo un sogno. Assurdo, ma pur sempre un sogno. Non ti devi preoccupare, papà”.
“È una bella giornata, oggi” disse Fumiyo “Perché non vai a fare una passeggiata? Magari ti aiuterà a distendere i nervi”.
“Sì, credo che andrò al parco” mormorò la figlia, iniziando a salire le scale, “Perché non esci con qualche amica?”.
Kaori sbuffò.
Ma perché le faceva sempre quella domanda così idiota?
Sapeva benissimo che non aveva amiche, a meno che non prendesse in considerazione Kagome Higurashi, l’unica che le avesse mai rivolto la parola.
A scuola, tutti la guardavano con una specie di diffidenza, come se fosse un alieno.
E questo, solo perché riusciva ad intuire in maniera sorprendente le intenzioni delle persone o riusciva a sentire rumori che gli altri non percepivano minimamente.
Era una colpa avere un udito più sensibile della norma e, di conseguenza, sentire involontariamente anche quello che non avrebbe dovuto ascoltare?
Kagome era l’unica che si dimostrasse un po’ più gentile nei suoi confronti, ma aveva comunque le sue amiche e lei non voleva metterla in imbarazzo.
Ultimamente però, la si vedeva sempre meno a scuola.
Suo nonno diceva che stava male e la sfilza di malattie che colpivano la ragazza aveva a dir poco dell’assurdo.
Mentre saliva le scale, Kaori rifletté sulla proposta della madre, modificandola.
Magari la sarebbe andata a trovare, tanto per farle compagnia.
Sorridendo, si fiondò nell’armadio e scelse un completo che indossava quando voleva fare qualcosa d’importante o particolare.
Erano una semplicissima maglia verde con stringhe dorate sul davanti ed un paio di pantaloni neri, ma avevano come un effetto benefico su di lei.
Raccolse i capelli scuri in una coda alta, legandoli con un nastro verde, che ben si abbinava con i suoi occhi, e sorrise.
Prima di uscire, scostò la tendina per osservare il cielo limpido ed una sagoma in movimento attirò la sua attenzione.
Kagome stava correndo verso la vecchia struttura accanto al Goshinboku, il Dio Albero protettore del tempio.
Dove diamine stava andando con la divisa scolastica (cavolo, era sabato!) ed uno zaino assolutamente enorme sulle spalle?
Dalle dimensioni del bagaglio, sembrava che dovesse passare almeno una settimana fuori casa!
Incuriosita, la vide guardarsi intorno, come per assicurarsi di non essere osservata, per poi sparire nella struttura che ospitava il vecchio pozzo su cui circolavano tante leggende.
Ma dove starà andando? si chiese Kaori, scendendo velocemente le scale e seguendola a distanza, senza farsi vedere.
Cercando di non far rumore, entrò nella costruzione, corrugando la fronte quando la vide saltare nel pozzo.
“Kagome?” la chiamò nell’oscurità, sicura che stesse cercando di fare uno scherzo al fratello minore “Kagome, sono Kaori!”.
Nessuna riposta arrivò dal buco squadrato ed una strana sensazione le chiuse la bocca dello stomaco.
La ragazza si avvicinò al bordo, sicura di scorgere l’amica sul fondo del pozzo, ma sgranò gli occhi quando non la vide.
Eppure era sicura che ci fosse saltata dentro!
La chiamò più volte, ma non c’era alcun segno della compagna e quella sensazione sembrò acuirsi.
Preoccupata, la giovane si sporse oltre il bordo, ma lanciò un grido quando qualcosa le piombò alle spalle.
Quattro zampette rivestiti di morbidi cuscinetti le erano atterrate sulla schiena; non poteva essere altri che Bujo, il gatto di Kagome.
Nel tentativo di girarsi più velocemente, perse l’equilibrio e cadde nel pozzo, lanciando un altro grido di terrore.
Cadere in quel modo, di schiena… le sarebbe sicuramente venuto il colpo della strega!
Irrigidì i muscoli, sicura di urtare contro il terreno da un momento all’altro, ma rimase sorpresa quando vide una luce violacea avvolgerla completamente.
Che diavolo succede? Cos’è questa luce?! esclamò spaventata, mentre quella luce l’adagiava delicatamente sul fondo del pozzo.
Sconvolta, si passò una mano sulla fronte e fissò le pareti del pozzo, rimanendo sconcertata nel non vedere la scaletta in legno.
Tutti i muri erano ricoperti da fasci d’edera, che pendeva dal bordo, appena un paio di metri più su.
Kaori prese un lungo respiro, cercando di capire cosa diavolo fosse successo, e, afferrata una delle piante, si issò in cima.
Uscendo dal pozzo, si guardò intorno e dovette darsi un pizzicotto per essere sicura che non stesse sognando.
Attorno a lei non c’era più la vecchia struttura del tempio, ma una grande foresta che si perdeva a vista d’occhio in ogni direzione.
“Ma dove sono finita?” si chiese spaventata, mentre si lasciava cadere tra l’erba “Cos’è questo posto?”.
Sentendo il cuore batterle in maniera pazzesca, si portò le mani attorno alla bocca e gridò “C’è nessuno? Ehi! C’è qualcuno qui? Kagome! Kagome, dove sei?”.
Nessuno rispose e la ragazza si passò le mani sulle braccia, cercando di scacciare i brividi.
Cercò di sciogliere i muscoli, percorsi da uno strano formicolio, e si diresse verso la foresta.
Un grido di sollievo le sfuggì dalle labbra quando intravide il Goshinboku, che svettava ben oltre le chiome degli altri alberi.
“Non sono lontana da casa” mormorò più tranquilla, dirigendosi rapidamente verso l’imponente pianta.
“Kagome!” esclamò mentre correva “Kagome, dove sei?”, le parole le morirono in bocca quando vide che, oltre il Dio Albero, la foresta continuava senza fine.
Il tempio e la casa di Kagome erano come svanite nel nulla.
La paura tornò a stringerla nella sua morsa, mentre si appoggiava al grosso tronco per non cadere a terra.
“Ma dove diamine sono capitata?” sussurrò “Sembra la foresta del mio sogno! Dov’è finita Kagome? E io dove sono?!”.
Il formicolio sembrò improvvisamente aumentare, divenendo così insopportabile da costringerla a grattarsi furiosamente, sopratutto le orecchie, le mani e… il fondoschiena!
Ma cosa succede? si chiese la giovane Sono stata punta da mille zanzare?.
Mentre si grattava, sentì un lieve strappo e lanciò un’imprecazione quando si accorse di aver inavvertitamente bucato il retro dei pantaloni.
Fantastico…
Con un borbottio infastidito,cercò una fonte oppure un ruscello in cui bagnarsi e calmare il prurito.
Per sua fortuna, in pochi minuti raggiunse un piccolo lago e lasciò andare un piccolo sospiro.
Non appena si sporse sullo specchio d’acqua e vide il proprio riflesso, un urlo terrorizzato le invase la gola.

“Avanti, Kagome!” esclamò Inuyasha “Perché difendi sempre quella pulce? Non capisci che se approfitta?!”.
“Ma è un bambino!” replicò Kagome “Come puoi pretendere che capisca tutto quello che ti passa per la testa?”.
“Già è difficile per noi” aggiunse uno sghignazzante Miroku, poggiando il bastone tintinnante contro un albero.
Ormai era sera inoltrata ed il gruppo si era preparato per la notte.
Le fiamme accese da Sango scoppiettavano allegre, illuminando il viso dei due ragazzi che si fronteggiavano.
Come al solito.
“Nessuno ha chiesto la tua opinione, bonzo!” esclamò lo youkai, fissandolo innervosito.
Tornò a rivolgere lo sguardo sulla ragazza davanti a lui e ripeté “Shippo se ne approfitta perché sa che tu lo difenderai sempre. Possibile che non ci arrivi?”.
Kagome sbuffò e scandì seccata “Shippo. È. Un. Bambino! Lo sei anche tu, Inuyasha? Possibile che ti arrabbi per cose così stupide?”.
“Non mi va che mi dia consigli indesiderati” mormorò il ragazzo, voltandosi verso gli alberi “Parla sempre a sproposito”.
“E c’è bisogno di colpirmi sulla testa?” esclamò il piccolo demone volpe, massaggiandosi il bernoccolo che spuntava tra i capelli rossicci.
“Sì, dato che non impari a tenere chiusa la bocca” replicò l’altro, fissandolo con aria truce.
Kagome gli rivolse un’occhiata fiammeggiante “Devi lasciarlo stare, mi hai capito? Solo perché hai un orgoglio smisurato, non vuol dire che Shippo debba pagarne le conseguenze!”.
“Orgoglio smisurato?! Io?!?” ripeté incredulo Inuyasha “Dannata! Tu non sai proprio che vuol dire essere orgogliosi!”.
Una delle sue mani artigliate era pericolosamente vicina al viso di Kagome, che non batté ciglio.
“Se credi di spaventarmi, ti sbagli di grosso” disse tranquilla “Ormai ti conosco, cuccioletto”.
Cuccioletto?!” sbottò il mezzo-demone “A chi hai dato del cuccioletto? Ma con chi credi di parlare?!”.
Si avvicinò ulteriormente alla giovane, deciso a dirgliene quattro, ma un fruscio proveniente dalla foresta lo distrasse.
Un calcio volante lo colpì in pieno volto, mandandolo a sbattere contro un albero poco distante.
Una sagoma scura sbucò dagli alberi, sibilando “Prova a toccarla e giuro che te ne pentirai amaramente!”.
Kagome sgranò gli occhi nel sentire quella voce, chiedendosi se non stesse avendo un’allucinazione.
Quella che aveva davanti non poteva essere…
Inuyasha si rialzò rapidamente e, afferrando l’elsa di Tessaiga, sibilò “E tu chi diavolo sei?”.
“Una che ti spacca la faccia, se solo osi fare un altro passo” ribatté una voce indubbiamente femminile.
Innervosito, si passò una mano sulla guancia; faceva davvero male ed erano pochi quello che riuscivano a fargli provare dolore.
Sango scattò in piedi e lanciò l’hiraikotsu contro la figura davanti al fuoco.
Questa si gettò rapidamente a terra nel vedere l’enorme boomerang arrivarle contro con un sibilo agghiacciante e rabbrividì nel sentire alcuni alberi cadere al suolo.
Si voltò per vedere dove fosse finita quell’arma e sgranò gli occhi, vedendo diversi alberi tranciati di netto.
Se quella cosa poteva tagliare gli alberi come se fossero burro, non osava immaginare cosa sarebbe successo se l’avesse centrata in pieno.
Fissò la donna che aveva lanciato il boomerang ed esclamò “Ma sei matta?!? Avevi intenzione di farmi a fette, per caso?!?”.
Un sibilo alle sue spalle la fece girare di botto, mentre l’hiraykotsu tornava all’attacco.
Con un istinto riflesso, saltò per evitarlo, riatterrando esattamente sull’enorme boomerang.
Iniziò a vorticare furiosamente con esso, esclamando “Fermate questo coso!!”, sotto lo sguardo attonito dei presenti, finché l’arma non si schiantò contro un altro gruppo di alberi.
Un’imprecazione giunse dall’ammasso di fronde, mentre la figura di una ragazzina emergeva dai rami.
Kagome la fissò per un attimo, poi afferrò la mano di Inuyasha, pronto a sfoderare Tessaiga.
“No!” esclamò allarmata “Non attaccatela! Io la conosco!”, “Cosa?” chiese Miroku, mentre afferrava la benda sacra che bloccava il Vortice del Vento.
La ragazza lo ignorò e fissò la giovane che aveva davanti; ormai non aveva più dubbi sulla sua identità.
“Kaori?” la chiamò incredula “Ma sei proprio tu?” 

   
 
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