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Autore: shining leviathan    18/10/2010    4 recensioni
Fadwa è una cacciatrice, un'assassina su commissione che esegue i suoi compiti a sangue freddo senza ripensamento. Non è bella, intelligente o particolare ma la sua indole rissosa e ironica tende a darle una popolarità che non vorrebbe.
Non sa da dove viene. Il suo passato è un labirinto nebbioso della quale non ricorda nulla, se non insignificanti particolari.
Ma saranno questi particolari a ricostruire la sua vita pezzo per volta, in un percorso di bugie e verità terribili.
In questo cammino sarà aiutata da Riku.
Il giovane keyblader nasconde anch'esso un segreto che rischia di far crollare i mondi in una nuova guerra, e sembra che l'unico modo per scongiurarla sia aiutare Fadwa a ricostruire il suo passato, facendo venire a galla la soluzione che potrebbe salvare tutti o nessuno.
Il destino dell'universo è ancora una volta in mani estranee, che bramano un potere risvegliato da Xeanorth anni prima.
Fadwa e Riku si ritroveranno costretti a collaborare, prima che l'odio avveleni del tutto i loro cuori, e dovranno vincere.
O tutto sarà perduto per sempre.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Ansem, Riku, Zexyon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Kingdom Hearts II
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La mia anima è vuota, il mio cuore è spento…

Chi ci salverà dall’eterna dannazione? Chi ci salverà dal male che ci siamo inflitti?

Perché sono qui?

Cosa mi hai fatto… Xeanorth?

 

 

Amica mia, ti prego, se un giorno ci rincontreremo … fai in modo che io possa riposare in pace.*

 

 

 

“ C’è qualcuno nel castello”

“ Come sempre”

“ Non sto scherzando Zexyon! Pensi che sia talmente sprovveduto da non accorgermene? Chi hai fatto entrare?”

Il numero VI fissò Vexen con noia, provando una sottile scossa a livello dello stomaco quando il vecchio Nessuno si avvicinò ulteriormente a lui. Non aveva paura, Vexen d’altronde era molto più debole di quanto ammettesse in realtà, ma il modo in cui atteggiava il volto gelido gli fece venire voglia di scomparire. Lui non avrebbe esitato a chiamare qualcuno per il lavoro sporco, non avrebbe esitato a urlare tradimento se l’occasione gli si presentava propizia.

Pensò che non l’avesse mai perdonato l’ingratitudine mostrata, dimentico del fatto che l’avesse tirato su alla meglio quando i suoi genitori erano morti. Allora aveva a malapena sette anni, e già dopo un anno il viso di suo padre pareva sbiadito, una macchia di acquarello sulla tela immacolata della sua non vita. Ogni voce distorta dal metallico oblio che rimbalzava nelle pareti del suo io per smarrirsi in un nulla cosmico. Quello era il prezzo, si disse, quello era il prezzo per aver voltato le spalle al vecchio davanti a lui. Nessun crimine era rimasto impunito dopo; se ne erano aggiunti altri ma il peso della vergogna levitava sulla sua testa senza posarsi nel suo inconscio e di questo ne era grato, grato di essere un mostro vuoto e fittizio. Grato alla persona che gli aveva rovinato la vita, tolto l’adolescenza. Da una parte gli era debitore.

Dall’altra avrebbe desiderato non esitare.

Forse era per questo che l’aveva fatta entrare, solo per questo.

“ Sì,Vexen. In effetti, qualcuno è entrato” rispose vago, attento a non mostrare troppo o troppo poco. Ma Vexen non era contento, ovvio che volesse sapere di più. Se il suo protetto navigava per altre acque sarebbe stata la fine. E uno scienziato non poteva morire per beghe così subdole.

“ Perché?”

“ Cosa?”

“ Perché  l’hai fatto entrare?”

“ Credimi, ha insistito talmente tanto che non ho potuto far altro. Gli ospiti vanno trattati con riguardo, caro Vexen”

“ Solo quelli graditi” rispose Vexen con stizza “ E lei non è gradita”

“ Lei? Pensavo che stessi parlando del detentore del Keyblade. Chi è lei?”

“ Se non lo sai tu”

Vexen fece un sorrisetto.

“ Se non lo sai tu, Zexyon”

Il ragazzo assottigliò le palpebre, ma non mostrò alcun segno di squilibrio.

“ Infatti non lo so” rispose insolente “ Di chi stai parlando, vecchio? Non voglio tanti giri di parole oggi”

Vexen scosse la testa, ignorando lo sguardo di gelido odio del più giovane. Delle volte si divertiva con questi teatrini, e stuzzicare la pazienza di Zexyon gli sembrava un ottimo modo per dimostrare fino a che punto poteva essere il pacato ragazzo con cui avrebbe scalato la vetta dell’Organizzazione. In altri tempi avrebbe definito questo gioco irritante, ma ora gli era indispensabile.

“ Te l’ho detto. Io non la conosco, ma dato che tu le hai aperto la porta immagino…”

“ Immagini male” lo interruppe Zexyon prontamente. Incrociò le braccia la petto, carezzandosi pensosamente il mento. Il ciuffo bluastro gli scivolò sul volto.

“ Ignoro la sua identità, ma in compenso il suo odore non lascia dubbi. Te ne sarai accorto anche tu, somiglia molto…”

“ In effetti è stupefacente. Forse non hai avuto tutti i torti, Zexion, me ne compiaccio”

Gli diede le spalle.

“ Tuttavia, non ho tempo per occuparmene. Ho già il mio bel daffare con quel ragazzino. Vuoi occupartene tu, sì?”

Aprì un varco oscuro e ci scomparve dentro. A Zexyon, però, parve di sentire la sua voce mugghiare come le onde, spandendo il suono sgradevole per tutti i sotterranei.

Non mi è piaciuto il tono con cui ti sei rivolto a me prima, vedi di moderare i termini se non vuoi finire radiato.

“ Che paura” mormorò ironicamente.

Volse lo sguardo verso il corridoio buio, per controllare che non ci fosse nessuno, poi si sedette sulla sedia di plastica accantonata in un angolo insieme al tavolo sbreccato. Oggetti di pessima fattura per i peggiori, pensò amaramente. Si accomodò meglio, incrociando le braccia sul piano di plastica. Respirò profondamente una, due,tre volte calcolando mentalmente quanto ci avrebbe messo una come lei a perdere metà dei suoi ricordi nelle prime stanze. Sperò solo che non incontrasse ne Marluxia ne Axel, o nel migliore dei casi Larxene. Quei tre le avrebbero dato del filo da torcere e ringraziò mentalmente il piccolo detentore per il diversivo che stava creando.  Almeno poteva agire quasi indisturbato, se non contava  l’isteria mestruale di Vexen. Lui era il male minore per il momento.  Schioccò la lingua, spazzando le briciole dal tavolo con noncuranza.  Un tonfo lo fece scattare in piedi, libro alla mano, ma quando dall’ombra fuggì un minuscolo topo si rilassò. Rialzò la sedia, caduta nell’impeto del momento, e si risedette. Era talmente nervoso da dimenticarsi del tutto chi era. I Nessuno non provavano nulla.

O fingono di non provare nulla?

Scostò i capelli dal viso e posò il suo fidato libro sulle ginocchia. Lo aprì piano, con cautela, sfogliando le pagine con la delicatezza di un soffio di vento, fissando le parole impresse a china sulla carta svolazzare da una riga all’altra in un’allegria che a lui mancava da tempo. Una in particolare attirò la sua attenzione. Scritto con calligrafia rotonda e infantile, leggero nel significato pesante che conteneva in ogni sillaba.

Oblivio

Neanche a farlo apposta, neanche l’avesse sospettato quando era ancora un bambino. Il tempo dell’infanzia era talmente lontano e inesistente da scomparire insieme a tutto il resto, e Zexyon non aveva mai avuto l’intenzione di ricordare. Fino a quel momento.

Lei.  Ultimo brandello di memoria scampato alla follia.

Zexyon aveva trovato qualcosa nei suoi tratti, qualcosa che non fosse sbiadito come tutto il resto. Nell’attimo stesso in cui l’aveva vista entrare la verità si era infranta su di lui in modo devastante, riemergendo dal magma denso dei suoi pensieri, scollandosi pezzo per volta fino a ricostruire quello che credeva dimenticato per sempre.

Oblivio. Dimenticanza, abbandono da parte del pensiero ma anche da parte dei sentimenti e degli affetti.

Niente di più azzeccato.

Per me non era solo un’amica, la bambina spocchiosa che ammiravo e compativo. Era molto di più.

Me ne ero dimenticato.

Chiuse gli occhi, abbassando lentamente la testa. No, non poteva essere malinconico.

Non adesso. Doveva solo aspettare, attendere paziente l’occasione giusta per entrare in scena. Domare l’impazienza era di sicuro la cosa più difficile, controllare il nervosismo nei suoi gesti, eppure era l’unico modo per dimostrarsi di essere pronto.

Riuscissi a ricordare il nome. Il nome dannazione!

“ Chissà dove è finito Laxaeus?” si chiese ad alta voce.

Il silenzio rispose per lui. Nessuno spostamento d’aria, nessun grugnito.

No, era solo. E questo lo fece scattare nuovamente in piedi.

“ Dannazione!” strinse il libro e cominciò a correre come un forsennato, scivolando ad ogni deviazione del dedalo di corridoi oscuri, depositari dell’affanno del giovane Nessuno. Un piede davanti all’altro, lo scalpiccio frettoloso dei suoi stivali sul marmo polveroso, il respiro corto dovuto al fatto di essere poco avvezzo a quel genere di fatica. La rabbia, bruciante nel petto, e l’angoscia nei suoi occhi onice nel comprendere che forse era troppo tardi. O forse no.

Non poteva permetterlo. Non stavolta.

Presto!

No,no…

Aysel!!!!!

 

 

 

 

 

Aprii lentamente gli occhi, fissando il soffitto sfocato della mia cuccetta con un lieve malessere all’altezza delle tempie. Me le massaggiai, gemendo di fastidio per i raggi di luce che battevano sull’oblò di fronte alla branda. L’alba rosseggiava sul mare come un fuoco incandescente, spandendo la sua luce in ogni angolo dell’isola.

Chissà quanti posti in ombra c’erano, in un luogo così luminoso.

L’esperienza mi ha sempre insegnato che luce e buio vivono in stretta simbiosi uno con l’altro, ed è impossibile scinderli per creare due entità separate. Se vuoi una parte devi prenderti anche i rischi della metà indesiderata, ecco come funzionava.

Bella fregatura. Io che volevo ancora un po’ di oscurità per dormire sono stata brutalmente svegliata da una luce dispettosa. Dettagli, dettagli trascurabili,no?

Balzai giù dalla branda, facendo due o tre piegamenti per sgranchirmi le giunture, poi afferrai l’asciugamano buttato per terra e mi diressi nella cabina bagno. Una vera pacchia, credetemi: doccia, vasca,cesso…

Quando uno è in viaggio non c’è niente di più bramato di un bagno in cui rifugiarsi. Un getto d’acqua calda sul corpo e tutti i problemi fuori. Non so voi, ma per me è così.

Non vi siete scandalizzati per la parola “cesso”, vero? Io tendo ad essere piuttosto sboccata delle volte, dico le cose senza pensare. In tal caso chiedo scusa.

Ho perso il filo. Dicevo? Ah,sì!

Quel giorno sarei andata dal sindaco per convalidare la mia situazione sull’isola. Le solite scartoffie e rassicurazioni che uno fa per non inquietare gli idilliaci abitanti, poi avrei avuto via libera per fare il mio lavoro. Cioè osservare il pazzo scatenato, che già dalla scenetta della sera prima mi aveva fatto una pessima impressione. Eppure non potevo che trovarci una certa attrattiva, anche nel modo in cui si faceva del male. Malato lo era di certo, ma io non avevo paura.

Ho preso a schiaffi colossi il doppio di lui. Con lividi inclusi, beninteso, ma per avere fifa di un tipo così… anche no!

Mi sciolsi i capelli con una spazzola, mugugnando di dolore. Quando furono completamente snodati li tirai all’indietro, raccogliendoli nella mia solita coda alta. Il nastro nero lasciò sfuggire alcune ciocche che mi incorniciarono il viso come un’aureola.

Cavolo, che brutto paragone…

Osservai le ombre violacee che insistevano perennamente sotto le palpebre, accostandosi a meraviglia col taglio purpureo che mi attraversava l’iride. Ero terribilmente pallida, il naso sottile che volgeva all’insù mi sembrava ancora più da vomito di altre volte e quel brufolo?? Quando mi era spuntato quel brufolo sul mento?? Piegai la bocca in una smorfia amara e ci ficcai lo spazzolino con rabbia, sfregando via il tataro come se fosse stato il mio peggior nemico. Preferivo non soffermarmi troppo, non avevo molto tempo e qualcuno di sicuro mi aveva già notato. Non tanto per l’aereonave quanto per il mio colorito cadaverico, che poco si confaceva a quell’isola dal sentore tropicale.

Uscii dal bagno, asciugandomi il viso con l’asciugamano fradicio e aprii il baule dove tenevo il mio scarso bagaglio. Frugai per un po’, le ciocche ribelli ballavano davanti agli occhi per prendermi in giro, e alla fine dal mare di stoffa e armi emerse un vestito  azzurro. Era tarmato ma buono e naturalmente non era mio. L’avevo preso per sbaglio quando me ne ero andata da Coloba, e penso che Azeneth non si sia accorta che al suo guardaroba mancasse un vestito così semplice per una meretrice della sua fama. Peggio per lei, di sicuro neanche si ricordava di averlo. Per me era un modo come un altro per passare inosservata (per quanto potessi riuscirci in quel momento) e per non esternare troppo il mio lavoro.

Soprattutto, attenzione prego, non trovavo affatto carino quel colore. Per niente.

Non mi piaceva il pizzo sul corpetto, il fatto che scivolasse come spuma sui fianchi fino a metà coscia. Nha! Troppo… troppo!

Una volta pronta uscii. Avevo nascosto un pugnale sotto le pieghe del vestito, assicurandomelo alla gamba con un laccio stretto, e tuttavia camminavo tranquilla senza badare al fatto che l’elsa sfregasse sulla pelle. Meglio essere preparate, con uno come quello non si poteva mai sapere e volevo evitare una coltellata in pieno petto. O un Keyblade in testa.

Mi avrebbe rovinato la settimana.

Camminavo a piedi nudi sulla sabbia calda, quando all’improvviso sentii dei passi pesanti dietro di me.  Rallentai impercettibilmente, socchiudendo gli occhi. Drizzai le orecchie, era sempre più vicino, e allora mi fermai. Piegai il busto, ruotando all’indietro col pugno caricato. La mia mano colpì qualcosa di morbido, che emise un rantolo soffocato prima di cadere in una nuvola di sabbia. La figura stesa a terra rotolò gemendo dal dolore, e mi accorsi che era un ragazzino dagli spettinati capelli castani.

Mi rilassai.

“ Ahio!!” esclamò dopo un attimo, tenendosi la parte dolorante “ Che male. Si può sapere perché l’hai fatto?” a quella domanda stupita mi irritai. Non ero io quella che arrivava alle spalle della gente come un assassino. Cioè… in un certo senso sì ma… oh, non importa.

“ Mi hai spaventato” mentii “ Di solito le brave persone non piombano alle spalle di indifese fanciulle”

“ Tu non sei indifesa” replicò guardandomi negli occhi “ Non con quell’uppercut micidiale”

“ Mi stavi seguendo? Immagino sia così dato che avresti potuto benissimo rivelare la tua posizione”

Sbuffò, mettendosi in ginocchio con espressione colpevole. A vederla da lontano quella scena doveva risultare piuttosto patetica, inginocchiato come un idiota davanti ad una sconosciuta.

“ Mi hai beccato” ammise con un sorriso sincero “ In effetti ti stavo seguendo da un po’”

Strinsi gli occhi “ Quanto “un po”?”

“ Oh,no…” mise le mani in avanti, come a volersi difendere “ Non è come pensi. Ti ho vista dall’albero di Papou laggiù e volevo solo sapere chi fossi” riprese fiato, aveva parlato senza interruzioni “ Solo questo. credimi , non sono quel tipo di persona”

Incrociai le braccia al petto, decisa a non mostrare più di tanto il mio sospetto. Non ne avevo alcun motivo, d’altronde, quel ragazzo pareva il solito scemo del villaggio e se era così debole per capitolare con un uppercut potevo stare tranquilla.

“ Ok” decisi infine “ Per stavolta passa”

Il suo sorriso si ampliò, e finalmente si decise ad alzarsi in piedi. Non l’avevo notato, ma era abbastanza alto. Più di quanto potevo esserlo io.

“ Meno male. L’ultima cosa che voglio è essere scambiato per un pervertito” si schiarì la gola “ Mi chiamo Sora. Piacere di conoscerti… ehm”

“ Fadwa”

“ Che razza di nome è Fadwa?”

“ Che razza di nome è Sora?”

“ Ok,ok… mi sa che ho capito di che pasta sei fatta.  Comunque non ti ho mai visto da queste parti, vieni da fuori?”

Dovevo essere prudente.

“ Ssssì. In un certo senso”

“ A me puoi dirlo. Ho sufficiente esperienza per mantenere il tuo segreto”

Esperienza in cosa?

“ Bhè, in effetti sono una,uhm, studiosa. Sì, una studiosa”

Sora si fece più attento. I suoi occhi sembravano due bocce di pesci rossi talmente erano grandi e tondi. Molto Bambi,poco svegli perciò decisi di tenerlo presente. Magari aveva qualche informazione interessante che potevo carpirgli con facilità.

“ Che genere di studiosa?” chiese con genuino interesse e a me venne quasi da ridere.

“ Studio… biologia marina” improvvisai, vedendo con la coda nell’occhio un paguro che annaspava sul bagnasciuga. Sora tacque un attimo.

“ Biologia marina?”

Temetti di essere stata poco credibile, e sostenni fieramente il suo sguardo.

“ Sì, biologia marina”

Mi bastò poco per capire che raccontare balle sarebbe stata una passeggiata. Sora credeva ad ogni mia singola parola, e mi chiesi seriamente se potevo convincerlo che la luna è rossa. Pendeva dalle mie labbra, e inconsciamente sorrisi.

“ Qualcosa non va?” domandai ironicamente e lui trasalì.

“ Come? No. Anzi, trovo che sia fantastico”

Portai una mano alla bocca, mascherando una risata con un colpo di tosse.

“ Conosco l’isola come le mie tasche. Ci sono degli angoli bellissimi, davvero, se vuoi ti ci porto”

Dho! La guida no!!

“ Grazie” lo interruppi “ Ma preferisco esplorare da sola”

“ No,no” incrociò le braccia al petto, scuotendo penosamente la testa “ Insisto. Potresti scivolare su uno scoglio e farti male. Fidati, è meglio se ti accompagno” Sorrise cospiratorio “ Lo faccio volentieri”

“ Grrrrazie” mormorai piegando gli angoli delle labbra all’insù. Dovevo essere terribile, perché alzò un sopracciglio con fare confuso.

“ Non c’è di che…. Oh, Riku! Qui” sollevò un braccio, salutando la persona dietro di me. Mi irrigidii quando avvertii lo spostamento d’aria sulle braccia nude. Riku si fermò al mio fianco, silenzioso e altero come una statua. Abbassai lo sguardo sui piedi, lanciando occhiate di sbieco al corpo del ragazzo. Nessuna ferita, nessuna cicatrice. Nessun segno nemmeno sulle braccia pallide.

I capelli che la notte prima mi parevano di ghiaccio alla luce del mattino intrappolavano sottili riflessi arancioni. Emanava una freddezza tale che rabbrividii, angosciata che potesse riconoscermi e scoprirmi. Intrecciai le mani dietro la schiena e mi decisi a guardarlo direttamente. Mi voltai del tutto, e quasi caddi. Mi stava fissando intensamente, soppesando ogni parte del mio copro con pesi e misure, scandagliando i recessi della mia anima coi suoi occhi color alga marina. Tale era la ferocia del suo sguardo che mi arrabbiai. Mi arrabbiai soprattutto per il tic disgustato che gli deformò l’espressione del viso.

“ Sai, hai un brufolo proprio qui”

Sobbalzai, portandomi la mano al foruncolo fetente. Lo sapevo, dannazione, e lo fulminai con un’occhiataccia degna di un demone. Lui ricambiò indifferente, spogliandomi ad ogni battito di ciglia. Alzò le spalle, rivolgendo la sua attenzione ad un imbarazzato Sora.

“ Lei chi è?” domandò con sufficienza, come se non le importasse veramente il mio nome. Strinsi i pugni, infuriata per quella maleducazione. Se voleva saperlo poteva chiederlo a me, no? Ero lì di fianco!

Che stronzo! Pensai giustamente.

“ Oh, il suo nome è Fadwa ed è una…”

“ Non mi interessa il suo lavoro” lo interruppe stizzito “ Volevo solo sapere il suo nome”

A quel punto non potei più stare zitta.

“ Sora stava solo specificando. E in ogni caso, potevi chiederlo a me dato che sono qui a pochi centimetri”

Riku inclinò la testa di lato e non mi rispose.

“ Fa un po’ come vuoi” proclamò a tutti e a niente, poi fece un cenno a Sora “ Io vado all’isola. Vieni con me?”

“ Oh, sì. Vuoi venire con noi, Fadwa?” l’entusiasmo nei suoi occhi si spense quando rifiutai.

“ Peccato. Oh bhè, ci vediamo in giro!” e seguì il maleducato albino verso il molo qualche metro più in la.

Ciao,eh? Razza di cafone.

Non mi piaceva. Non mi piaceva per niente.

Uno: perché mi ha trattato come una pezza senza conoscermi.

Due: Lo sapevo che avevo un brufolo grosso come una casa, ma non era stato carino a farmelo notare.

Tre: Avevo come l’impressione che il suo amico ci stesse provando con me.

Ma cavolo!

Ora avevo un motivo in più per restare. E quel pensiero mi ossessionava.

Dare una lezione a quel buzzurro patentato. Una vendetta da gustare fredda.

Ero pronta.

“ Preparati,idiota” ringhiai al vento “ Perché presto andrai a piangere da mammina” e detto questo mi diressi verso la casa del sindaco.

 

 

 

 

 

 

 

*Kingdom Herats Birth By Sleep(Ventus)

 

 

Hola, sono di nuovo qui! Fadwa ha incontrato Riku, e non è stato molto gentile perciò… aspettatevi di tutto. A quanto pare ci sono altri misteri da risolvere.

Di chi parlava Zexyon? Chi è Aysel?

Mistero!!!

 

 

Mikhi

Azeneth è un po’… facile. Sì, in effetti dovrei menarla per come tratta Russel ma tutto a tempo debito. Riku impazzito? Sì! E ne farà di peggiori aspetta e vedrai!! ^_^

Grazie per il tuo sostegno, alla prossima!!

_MangaGirl_

Ero finita nello spazio profondo giocare al tabellone con balena Gantu. Però mi sono persa T_T anche perché dopo la scuola mi ha ripescato insieme al blocco dello scrittore. Riku non è emo, ma ci sta seriamente pensando( scappa inseguita da fan inferocite) no, lo spiegherò più avanti. Grazie del sostegno, alla prossima.

 

Deby92

Un nuovo arrivo!  *_*

Sono contenta, figurati se me la prendo! Mi fa piacere che ti interessi, in effetti Fadwa è particolare. Me ne sono resa conto anche io e aspetta di vedere il resto. Litigi a non finire.

Grazie della recensione!!

The one winged angel

Ho il potere della pazzia (svussssshhhhh)

Che pena che sono… davvero ti è piaciuto l’altro capitolo? E al fic? *_* sono davvero molto contenta, credimi. E per la descrizione di Riku ero lì che sbavavo a immaginarmelo con la canotta sbrindellata ( PENSIERI OSè= On) ( Ci saranno dei minorenni maiala 0_0 nda Vanitas) uhm, spero che la fic continui a piacerti, ora si entra nel vivo! Ciao e grazie, prezzemolo!!! ^_^

Ka93

Lyam stavolta non c’era. Ma apparirà all’inizio del prossimo capitolo. Figaccione, vieni qui!!! Eh,eh Riku psicopatico mi piace un sacco. Qui è un bastardo, ma poi si capirà.

Ciao, grazie della recensione!!!

 

Catherina Eearnshaw

Nuovo arrivo! Troppo contenta *_*

Sono felice che ti interessi, davvero mi ha fatto molto piacere la tua recensione e sono d’accordo sul punto sei: trappola gigante? Sì!!!!!!!!!!!

Topolino must die!!!

Ah,ahaahaha. Ciao a presto!!!!

 

 

 

Scusate gli errori non ho avuto tempo di correggerlo!

 

 

 

 

 

 

  
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