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Autore: Ciribiricoccola    18/10/2010    1 recensioni
Esco di casa, perchè non ti sopporto più. Ma già mi manchi. E ho voglia di tornare.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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mum

A Mamma

Non è facile.
Ma molte persone alla fine se la cavano piuttosto bene, quindi… perché dovrebbe essere diverso per noi due?

Io non avrei mai pensato che sarebbe stato tanto stressante starti accanto. E forse neanche tu avevi la minima idea di ciò a cui saresti andata incontro, a suo tempo, in quel momento tutto speciale, quello in avrai pensato che tutto sarebbe andato bene, perché con me ci saresti stata tu.

Sono uscita, prima di chiudere la porta ci siamo a malapena salutate. Il tuo tono basso e freddo mi ha fatto capire che ancora non è il momento per la pace…
Non importa, aspetterò, come al solito.

Non sai più dove vado, con chi, per quanto tempo. Hai smesso di chiedermelo, o magari sono stata io a smettere di risponderti, a pretendere la mia privacy.
Quando ho iniziato ad arrabbiarmi con te?
E tu? Tu quando hai cominciato a…
A…
Oh, bé, lascia stare. Ho capito, è un problema solo ed esclusivamente mio.
Tu sei solo invecchiata e i tuoi passi si sono fatti più lenti e pesanti. Troppo rispetto ai miei.

Da bambina ero convinta che tu fossi la mamma più bella del mondo. Ti tenevo la mano ed ero gonfia d’orgoglio.
Chissà se in questi ultimi tempi tu avrai pensato lo stesso di me, quando qualche volta abbiamo fatto la spesa insieme; se qualche conoscente diceva: “Quant’è bella, quant’è cresciuta…” tu annuivi, sorridevi e mi guardavi, come per dire “Visto che capolavoro che ho fatto?”
Ora come ora, sono la tua figlia sgangherata: la testa tra le nuvole, la mancanza d’umiltà, metà della famiglia che non sopporto più…
Sono un caso perso, perché adesso non puoi più educarmi come facevi vent’anni fa, ma puoi solo guardarmi e scuotere la testa; oppure puoi metterti a parlare e dirmi cose che ormai ho imparato a memoria.
Cose che ogni volta fanno male, anche se cerco di non farci caso, di scrollarmele di dosso.
Non ci riesco. Mai.

Ma credimi, io non ho mai pensato neanche una volta di poterti insultare.
Hai l’aria sempre più stanca, i capelli stanno iniziando a diventarti bianchi, hai messo su qualche chilo, ma io ti considero ancora bella.
Mi piacciono ancora tanto i tuoi occhi, così grandi e premurosi, gli stessi che tante volte mi hanno reso nervosa per l’ansia che mi trasmettevano proprio quando non volevo nessuna pressione addosso.
E le tue mani, che ogni sera profumano di crema, le cerco ancora perché mi toccano nello stesso modo gentile e sapiente di sempre.

Io non credo di essere poi tanto male.
Lo so che spesso parlo a vanvera.
Ma, lasciatelo dire, lo fai anche tu ogni tanto. Con meno astio nella voce e anche con meno forza, ma lo fai.
Da chi credi che abbia preso la bocca?
Ora, quando ci incrociamo in corridoio, tutte e due la teniamo maledettamente chiusa.
Francamente, sembriamo solo due stupide.
Preferirei che ce ne urlassimo di tutti i colori e che poi facessimo subito la pace.
Non sono forte come te, io non ce la faccio ad apparire così impassibile.
E anche tu, andiamo, non far finta di essere perfettamente a tuo agio nel tuo ruolo di cattiva. Tanto lo so che non lo sei.

Pensi a me.
Oggi ho aperto il cassetto delle merendine e ci ho trovato le mie preferite, le hai comprate stamattina.
E anche io penso a te.
Tutte le notti sogno di parlarti come facciamo di solito.

Maledizione, sei peggio di un fidanzato storico dopo un litigio.
È uno strazio doverti stare lontana, come è una tortura starti vicina.
Non ci guardiamo, e chi alza gli occhi per prima viene istantaneamente fulminata dall’altra, è ridicolo.
E la parola “scusa”? Ti dice niente? Scommetto di no. Neanche a me.
È una parola tabù per noi, l’orgoglio personificato.
E adesso come facciamo? Come finirà stavolta?

Secondo me la chiuderemo come abbiamo sempre fatto.
Lo facciamo apposta e va bene così nel nostro tacito, vecchio accordo: litighiamo, saltiamo il passaggio della riconciliazione e torniamo a parlarci come se nulla fosse mai successo.
Non è esattamente… ortodosso… e no, non è che ci vada proprio a genio… ma non vediamo alternative, giusto? Sì, sicuramente questa è l’unica cosa su cui concorderemmo senza esitare in questo momento.

Ho pianto un po’ dietro ai miei occhiali da sole, e adesso mi sta quasi venendo da ridere pensando a certi casini tutti nostri, improbabili e assurdi.
Sono meglio di te in questo: tu non riesci a prenderla con filosofia, tu ti accanisci, ti fossilizzi in quell’unica espressione imbronciata che ormai riconoscerei anche da un miglio di distanza.
Io almeno sorrido. Provo a sorriderti. Così gli istanti che ci dividono mi sembrano meno difficili da sopportare.

La verità è che io ho te e tu hai me. E non siamo fatte per creare un abisso tra di noi, per fortuna.
Siamo una di quelle coppie destinate a durare per sempre, il nostro è amore vero.
Rassegnamoci.

Tra poco tornerò a casa e niente sarà cambiato.
Ma andrà meglio. Come ogni volta.
Siamo entrambe un po’ sgangherate, con il nostro bizzarro ingranaggio, non trovi? Solo noi lo sappiamo far funzionare, e non senza sforzi!
Sarebbe da rottamare il nostro stupido orgoglio.
Magari un giorno impareremo sul serio a farne a meno.

***

Il titolo del racconto è tratto dalla canzone "Oh mother" di Christina Aguilera, no scopo di lucro.

   
 
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