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Autore: Geneviev    19/10/2010    1 recensioni
Forse la luna pallida e malata, è sofferente per l'inverno che regna nel cuore del lupo, forse è invidiosa di ciò che vede nascere nella foresta gelida.
Lontana, segue lo scorrere del destino aspettando che i fili si intreccino o vengano recisi.
Genere: Dark, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luna infelice

 

 

La notte le entrava nei polmoni insieme all’aria che respirava affannosamente. Correva a perdifiato nella foresta, e nulla le rischiarava il cammino. Il cielo nero bucato di stelle se ne stava silenzioso oltre la corte di rami spettrali sopra di lei. Non poteva vedere che tenebre intorno a sé, e quegli occhi bianchi che la seguivano. Aveva braccia e gambe ormai coperte di graffi. Faceva freddo, dalla bocca le uscivano dense nuvolette di vapore, e aveva solo una pelliccia nera sulle spalle, e un vestito di cotonaccio grezzo.

Inciampò nelle bitorzolute radici e si lascò sfuggire un grido incontrollato. Il misero spicchio di luna appeso al cielo si liberò dalle catene delle nubi, un sorriso maligno. Si voltò per un istante, un solo momento per vedere due facce livide, sporche di terra, le zanne scintillare nel buio. L’istinto di sopravvivenza la face alzare e ricominciare a correre, con il panico nel petto.

Vide una casa oltre i tronchi neri degli alberi, in una piccola radura. Si scagliò contro la porta, cercando invano di aprirla, battendo poi i pugni sul legno spesso e segnato.

"Aiuto! Aiutatemi! Aprite vi prego!" urlava disperata. Fece appena in tempo a voltarsi verso la boscaglia per avvertire lo scricchiolare delle foglie sotto il peso di quelle ombre feroci, poi una mano la afferrò per il collo e si ritrovò dentro la casupola con le spalle contro la porta chiusa.

"Chi diamine siete?".

"Tessa" si affrettò a rispondere. Si ritrovò a fissare gli occhi verde chiaro di un ragazzo che era ormai un uomo, il pallido viso affilato incorniciato da nere spirali di capelli, illuminato da una candela.

"Ci sono dei demoni là fuori" balbettò lei, ancora spaventata. Il ragazzo la fissò in volto, terribilmente severo.

"Che demoni?".

"Zanne, hanno delle zanne... e gli occhi... completamente bianchi. Hanno il viso... la pelle del viso... tirata... ".

"Marcia" terminò lui per lei quel susseguirsi incerto di spiegazioni dettate dalla paura. Lei lo fissò terrorizzata. Lui la prese per le spalle e la spostò dalla porta, si diresse verso una credenza e prese un mazzetto di fiori secchi che era appeso a essa. Lo passò sopra la candela e questo si accese di una fiamma azzurra, prima che lo buttasse fuori dalla porta per poi richiuderla a chiave.

Passò un lungo momento di silenzio, in cui entrambi rimasero con le orecchie tese a sentire cosa succedeva. Tessa aveva faticosamente recuperato un respiro abbastanza normale, ma ancora il cuore le pulsava forte nella gola. Il ragazzo poi si voltò a fissarla, avvicinandosi a lei.

"Datemi una buona ragione per non uccidervi" sibilò con cattiveria. La giovane quasi inciampò in una pelle mentre indietreggiava.

"Vi prego... ".

"Quelli erano demoni zombie al servizio del Conte Mael... e voi li avete attirati nella mia terra. Che cosa ci facevate qui?".

"Io... ". Le tremavano le gambe, per la fatica e il terrore, tanto che riusciva a malapena a stare in piedi. Il ragazzo incrociò le braccia al petto.

"Ancora questa barbara usanza di mandare giovani vittime sacrificali nella foresta?". Era una domanda retorica e Tessa abbassò timidamente il capo. Il ragazzo rimase in silenzio a osservarla, studiandola.

"E quella dove l’avete rubata?" chiese lui indicando con un cenno del capo l’unica cosa addosso alla giovane che poteva avere un valore. La pelliccia che portava attorno alle spalle.

"Non l’ho rubata. Me l’ha data mio padre... prima che mi mandassero nella foresta" replicò lei titubante.

"Vostro padre è un uccisore di lupi".

"No. Mio padre è un pastore. Ha solo... difeso il gregge dai lupi affamati dell’inverno". Il ragazzo annuì senza dire nulla.

"Domani mattina dovrete essere fuori da questa casa" sentenziò, avviandosi verso una porta alla sua sinistra che dava accesso a una camera.

"Ma se torno nella foresta, mi uccideranno" protestò subito la ragazza, con le lacrime che le salivano agli occhi.

"Non sono problemi miei".

"Mi avete salvato... " gli fece notare, timorosamente.

"E sto iniziando a pentirmene" disse fissandola freddamente, poi sparì di là della porta. Riapparve dopo poco con una coperta in mano, la superò senza guardarla e gettò ciò che aveva preso sulla panca ricoperta di cuscini sciupati.

"Potete dormire qui". Si diresse nuovamente verso la camera.

"Addio" terminò, sbattendo la porta.

"Grazie... " riuscì lei a sussurrare fra le labbra, troppo tardi e troppo piano.

Quella notte Tessa non riuscì a chiudere occhio, ma si avvolse nella coperta, tenendo la pelliccia sulle spalle. Faceva davvero freddo e presto sarebbe arrivato l’inverno gelido. Non poteva tornare nella foresta all’alba, sapeva che sarebbe morta con le tenebre, se non prima, e non poteva tornare al villaggio perché l’avrebbero linciata. Non aveva più nulla, aveva perduto ogni cosa, ogni certezza e ogni speranza. Non sapeva nemmeno dove si trovasse esattamente, aveva vagato fra gli alberi e i cespugli per chissà quante ore.

La luce del sole già rischiarava il cielo e il ragazzo che l’aveva salvata uscì dalla stanza, l’unica altra stanza della casa oltre a quella in cui si trovava lei.

"Siete ancora qui" commentò con evidente irritazione nella voce profonda. Tessa scattò in piedi.

"Vi prego, io... ".

"Non me ne importa niente di voi, vi avevo detto di andarvene senza farvi rivedere".

"Non posso andare da nessuna parte... vi prego, tenetemi con voi".

"Cosa?" sembrava sinceramente sconcertato.

"Potrei pulirvi la casa, preparare da mangiare... ". Il ragazzo avanzò verso di lei superandola in altezza di diversi centimetri.

"Cosa vi fa credere che mi serviate a qualcosa? Sono vissuto benissimo fino ad ora da solo e così continuerà a essere".

"Vi prego... vi darò la pelliccia" cercò di convincerlo lei, togliendosela dalle spalle per porgerla. "Posso lavare i vostri vestiti, rammendarli... badare alla casa... preparare da mangiare" ripeté nel disperato tentativo di convincerlo. Lui sembrò sorridere, seccato, ma scosse il capo.

"Bene. Allora potete iniziare a pulire la cucina. Ma non dovete toccare quella credenza" spiegò severamente lui, indicando il mobile a cui erano appesi alcuni mazzetti di fiori secchi, e su cui erano poggiati diversi barattoli di legno. "E non dovete entrare nella mia camera se non per nettarla, e soprattutto non dovete fare mai nemmeno una domanda, parlare solo se interpellata". Tessa annuì.

"Se farete qualcosa di sbagliato non esiterò a tagliarvi la gola". Il ragazzo le prese di mano la pelliccia e lei si diresse verso la cucina per tener fede alla parola data.

Il ragazzo le mostrò il fiumiciattolo che scorreva a poco meno di cinque minuti di cammino dalla casa, e i cespugli di bacche e alberi da frutto che si trovavano sul cammino, ma poco o niente si poteva trovare in quel periodo dell’anno. Le provviste erano tenute nella cassapanca accanto al tavolo e nel mobile della cucina, accanto a vecchie bottiglie di vino e di sidro. Lui ammassava la legna, andava a caccia di lepri e pernici e lei cucinava e faceva seccare la carne in vista dell’inverno, cuciva i vestiti e lavorava la maglia. Non parlava mai, come le era stato ordinato, anche se avrebbe tanto desiderato sapere almeno il suo nome.

 

 

... to be continued ...
   
 
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