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Autore: Arthur Jeevas    20/10/2010    2 recensioni
Una storia sulla vita di Mello, Matt e Near partendo dall'ipotetico giorno in cui si sono conosciuti. E’ una storia completamente fuori dagli avvenimenti del manga/anime, essendo completamente inesistente il caso Kira e tutte le tematiche relazionate ad esso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello, Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Growing up together

    I bambini erano tutti riuniti in quella grandissima aula. Molti non sapevano neanche perché. Erano spaventati, soli. Minuscole creaturine assorbite dall’enormi sedie dov’erano seduti.

 Nella prima fila vi erano due ragazzi però, che non condividevano dello stesso sentimento degli altri. Sembrava che a loro, cosa facevano lì non gli importasse un granché. Quello che di loro sembrava essere il più piccolo, un normale ragazzo rosso, che teneva i suoi misteriosi occhi dietro ad occhiali piuttosto inusuali, era concentrato su un videogioco portatile, senza dare importanza a ciò che li circondasse e, accanto a lui, vi era l’altro ragazzetto, biondo, poco più grande, dai delineamenti piuttosto delicati, persino per un bambino. Questi osservava discretamente il suo vicino di sedia mentre si mordicchiava una barretta di cioccolata.

    - Tu mi ricordi Biancaneve.

   Quell’affermazione ferì fortemente l’orgoglio maschile del rosso che però fece finta di niente. Senza neanche degnarsi di guardare in faccia chi si era permesso di paragonarlo ad una… principessa, non mosse neanche gli occhi dalle coloratissime figure programmate per intrattenerlo e servire come scusa per non dover confrontarsi con il mondo reale… Anzi, più che una scusa era uno scudo. Lo proteggeva da ulteriori sofferenze, già ne aveva passate troppe.

     - Hey! Sto parlando con te!

     Il biondino cominciava ad innervosirsi. Che caratterino… non era che un bambino, ma in lui già si manifestava quello che in futuro dovrebbe rivelarsi una personalità piuttosto forte e impaziente. Guardava il rosso inquieto, odiava il fatto di essere ignorato. Di solito era compito suo, quello di ignorare. Cresciuto circondato da attenzioni extra, da preoccupazioni extra… “Poveretto… ha perso entrambi i genitori…” “Eppure è così piccolo…” Era ormai di norma ignorare gli altri. Non avevano altro da offrire sennò pietà. E non li gradiva affatto riuscire ad ottenere le cose senza dimostrare quanto era in grado di fare per raggiungerle. Ma adesso che era lui quello ignorato, la cosa non le stava affatto bene.

     Il rosso s’infastidì con l’insistenza dell’altro. Pausò il suo gioco e si girò di scatto. Guardando il soggetto che lo aveva ‘offeso’ gli venne quasi da ridere.

       - Senti un po’ chi parla, bambolina.

     E rise così alto che attirò verso di sé la maggior parte degli sguardi spaventosi dei bambini presenti. Appena si rese conto, smise. Il biondo lo fissava indifferente. Diede di spalle, poi abbassò lo sguardo verso la sua tavoletta e la morse ancora.

      - Guarda che non era affatto una offesa, stupido.

- Mi hai appena chiamato Biancaneve, cosa vuoi che pensi?!

    Le labbra sottili, e un po’ marroncini per via della cioccolata sciolta dalla saliva, si unirono in un sorriso di superbia. Potevano anche avere più o meno la stessa età, ma era senz’altro più furbo.

      - Bè, adesso non te lo voglio più spiegare.

    Si girò di leve, nascondendo il sorriso fiero che vi era stampato in viso. Si rendeva conto che adesso il rosso gli stava con il fiato sul collo. Aveva capito che tipo era dal modo in cui lo aveva risposto.

    -  E’ inutile che lo stai a fissare. Non è così che ti darà una qualche risposta. E poi, basta che gli dici qualsiasi cosa… Tanto muore dalla voglia di risponderti.

     Il biondo si girò verso il rosso, proprio dietro ad esso ci stava un altro bambino

- E tu chi diavolo sei?

Se non era molto più piccolo di loro; Allora lo sembrava. Aveva dei capelli strani, bianchi,

completamente disorganizzati, indossava un pigiama tutto bianco e si sedeva in una maniera senz’altro stravagante. Non aveva lo sguardo verso di loro, fissava il soffitto, mentre giocava con un ciocca ondulata dei suoi capelli.

      - Nate. E’ un piacere poterti conoscere, Mihael.

- E come fai a sapere il mio nome?

- Ero in un colloquio diretto con Roger, fino a poco fa. Discutevano di me e di te, delle nostre sorprendenti capacità

  Qualsiasi bambino normale ne sarebbe più che contento di occuparne una posizione del genere. Di essere considerato un piccolo genio, una fonte di intelligenza… Ma a Nate non sembrava fosse così. Le parole gli uscivano dalla bocca con un tono piuttosto malinconico, sembrava più che altro… annoiato. In fin dei conti, ormai ci era abituato a tutto ciò. A differenza di quelli altri due, le capacità di Nate erano state notate fin dal principio ed è sempre stato circondato da persone che lo trattavano male, indipendente dal fatto che fosse solo un bambino, per paura di sentirsi inferiori ad un essere così… piccolo. Si, per gli adulti faceva davvero male riconoscere in un bambino un qualcuno più intelligente di loro. Creature buffe, gli adulti. Nate giurò a se stesso che mai avrebbe cresciuto.

       - Ecco, perfetto sono in mezzo a due secchioni e…

 - Troppo presto per parlare, Mail.

       - Eh?!

       - Hanno parlato anche di te. Piuttosto sorprendenti le tue doti tecnologiche/informatiche.

       Involontariamente Mail e Mihael si lanciarono un’occhiata sorpresa. Ma chi cavolo era questo Nate? Non sembrava neanche normale. La sua voce, la sua postura… La sua apparenza.

        - Scusa è, signor saputone. Ma come hai fatto a riconoscerti?

        - Quella è stata la parte più semplice, Mihael. Un tipo color neve, capelli rosso sangue, strani occhiali, un altro biondo dai lineamenti ambigui, femminili.

        Mail si buttò contro la sedia con forza, non riuscì a trattenere le risate.

         - Femminili… hahaha, lo hai sentito, vero Mihael?

   - Zitto! Smettila stupido! Visto cos’hai fatto tu, albino spastico!?

       Nate sospirò, rigirò gli occhi a 360°, tornando sempre a fissare il soffitto. 

        - E’ inutile negare le evidenze, Mihael. E poi, io non predico il falso.

     Mail rideva tantissimo. Il suo viso era quasi rosso quanto i suoi capelli. Tutta la situazione non faceva che arrabbiare Mello. Non sapeva perché, ma Mail gli stava simpatico, quando invece veniva clamorosamente preso in giro da esso… E poi sentiva di detestare Near con tutte le sue forze, sentiva che lo avrebbe per sempre detestato. Aveva quell’atteggiamento dove gli si leggeva in faccia ‘Io sono il numero uno’ e aveva quella pretesa di essere il patrone della ragione… Ma poi era così piccolo, com’era possibile?

      -  Ma senti tu, quanti anni hai?

      - Ne ho appena compiuti 7.

- Solo 7? – Chiese Mail con un espressione che ondeggiava tra l’incredulo e lo spaventato. Era completamente affascinato da quel bambino che, pur essendo più piccolo di un anno, dimostrava intelligenze e conoscenze pari a un adulto - Io invece ne ho già…

- 8. Lo so, lo so. So tutto su di te.

     Nate mosse finalmente lo sguardo verso gli altri due, per la precisione verso Mail. Quello infastidì profondamente Mihael, che involontariamente fece una smorfia a Nate.

     - Stai tranquillo Mihael, non m’interessa di rovinarti quella che, a mio parere, diventerà una grandiosa amicizia.

    Ritornò lo sguardo sul soffitto e s’infilò la in mezzo alla stoffa del pigiama, tirando fuori un modello piuttosto recente di un robot verde e azzurro. Si azzittì, concentrato nel suo giocattolo.

     - Hai sentito Mello? Diventeremo amici! – Mail rideva, era piuttosto contento dell’idea di avere un amico.

     - Non mi chiamo Mello, il mio nome è Mihael!

     - Ma è un nome complicato, non me lo ricorderò mai! Ti posso chiamare Mello?

    Un sopranome? Non gliene avevano mai dato uno, prima d’ora. Era un sensazione piacevole. Una specie di brezza leggera che gli accarezzava ogni parte del suo corpo. Si chiamava forse felicità, quello? Al momento Mihael non ne poteva essere sicuro… benché avesse soltanto 8, quasi 9, anni, non si ricordava più cosa fosse quel sentimento così complesso, ormai diventato un tabu. Non poteva ancora dare un nome a questa sensazione, ma sapeva per certo che era piacevole; gli faceva sentire finalmente unico per qualcuno. Perché mai sarebbe esistito un altro Mello, e anche se così fosse, lui sarebbe comunque unico per Mail. Sbozzò il suo migliore sorriso.

     - E va bene, Mail. Sarò Mello per te.

    E gli porse gentilmente la sua cioccolata.

  
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