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Autore: Meli_mao    20/10/2010    4 recensioni
[Jewelry Bonney x Whitey Bay]
Avviso Spoiler in quanto uno dei personaggi compare in puntate successive a quelle trasmesse in italia.
Storia partecipante al contest indetto da _Saruwatari_ "One Piece Contest" e classificatasi Terza.
"Due animali colorati: uno così blu da sembrare fosforescente, e l’altro così rosa da essere più simile ad un fiore; e lei li vedeva per la prima volta, incredula di fronte a tanta bellezza.
“Cosa sono?” chiese a bassa voce, impaurita all’idea di farle fuggire.
“Farfalle” Fu la risposta tranquilla."
Spero vi possa piacere. Buona lettura e un Grazie sentito a chi vorrà commentare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: At This Time Of Year
Autore: Meli_mao
Numero scelto: (Ed in seguito l'elemento corrispondente) Numero 5, Farfalle.
Pairing: Yuri
Genere: Romantico, Generale.
Avvertimenti: Spoiler (In quanto Whitey Bay appare a Marina Ford)
Note dell'autore: (facoltativo, ma sempre ben accette):          

  1. Il titolo significa: In questa stagione. Quindi non è scelto a caso.
  2. gli animali “usati”, non sono scelti a caso. Esistono davvero quei tipi di foche e quelle sono davvero le loro abitudini. Il delfino ci stava bene in quelle acque cristalline. Le farfalle… non vanno spiegate J . Gli orsi polari sono l’animale più freddo e caldo allo stesso tempo che mi sia venuto in mente.
  3. la scelta è caduta so questi due personaggi perché mi sono sembrati l’una l’opposto dell’altra. I capelli, il loro luogo d’origine… eppure entrambe hanno quel particolare che le unisce: Barbabianca. Sono momenti diversi e forse senza filo logico, ma per me hanno qualcos’altro ad unirli. Un filo rosso del destino.
  4. So perfettamente che l’ultima scena è abbastanza impossibile, in quanto Bonney non sa nuotare perché ha i poteri del frutto… però non riuscivo ad immaginarmi qualcos’altro da fare su una nave, in piena estate, vicino ad un’isola che ricorda probabilmente il mar dei caraibi. Quindi abbi pazienza…
  5. Ci sono momenti in cui entrambe ricordano quello che per loro fu il padre (Newgate ovviamente). L’inizio della storia infatti si colloca ipoteticamente quando Bonney è alla ricerca di Barbanera (E ho volutamente tralasciato il fatto che sia Akainu a “liberarla”, e ancora prima che lei sia fatta prigioniera da Teach, proprio perché la mia ultima coppia etero preferita vedrebbe appunto Jewelry e l’ammiraglio come protagonisti). Comunque ho presunto che tu conoscessi il manga e quindi ciò che le accade.

 

 

 

 

At This Time Of Year

 

 



Il cuore delle donne come il cielo d'autunno…

 

Quando Jewelry Bonney mise piede su quella nave corrazzata e spacca ghiaccio, sola e ferita, nessuno dei presenti riuscì a dire una parola.
Fu semplicemente Jake, il medico di bordo, a rivolgerle un’occhiata sintetica ed a trascinarla nel suo piccolo studio, obbligandola ad indossare qualcosa di più adatto alla temperatura autunnale.
Ma lei non aveva parlato. Portava i capelli sul volto, gli occhi segnati dal pianto e dall’insonnia, e la vaga andatura di chi sembra sommerso da un dolore inimmaginabile.
Eppure riconobbe, nei gesti della ciurma, una strana cordialità dettata non tanto dalla compassione quando dall’abitudine. E, presto, ne capì il motivò.
Whitey Bay, il capitano freddo e dal cipiglio severo, aveva la sua stessa espressione, i suoi stessi occhi e la sua stessa andatura.
Fu quello il loro approccio: entrambe provavano qualcosa di simile.
La prima volta che la vide era accanto al timone, con una mano tesa ad accarezzarne il legno ed i capelli azzurri rigidi sulle spalle.
“Devo ringraziare te per l’ospitalità, suppongo”. La voce le era uscita altezzosa come sempre, più intenta ad addentare un pezzo di carne che alla frase in sé.
La “Strega” aveva continuato a guardare il mare, indifferente, aprendo le labbra in un “O” stupefatto, per poi richiuderle senza averlo pronunciato.
Poi si era decisa. Voltandosi con fare regale, aveva scosso la chioma ondulata e le aveva dedicato un’occhiata incolore.
“Sai in che stagione siamo, Jewelry?” le aveva chiesto semplice e diretta.
“Autunno, presumo”
“In Autunno gli orsi vanno in letargo per l’inverno”  iniziò, senza esserne del tutto convinta.
“Si racchiudono nella loro bellissima pelliccia bianca, sazi e grassi, e dormono. Nessun pensiero, nessun rancore, nessun rimorso; semplicemente si ritrovano pronti a quella che forse considerano una futura rinascita con la nuova stagione”.
Fece una pausa, pensierosa, avvicinandosi di qualche passo alla giovane dai capelli rosa.
Con una mano accarezzò la sua guancia, segnando il contorno del tatuaggio all’altezza dell’occhio destro, scostando di poco una ciocca liscia.
 “Tu sei pronta? L’inverno passerà anche per noi e la primavera… la primavera tonerà, com’è sempre stato”.
Avvicinò le labbra morbide e lucide a quelle sottili e rosse dell’altra.
Lasciò un bacio semplice e casto, prima di voltarsi.
E Jewelry sentì improvvisamente troppo freddo.

 

La gente non si accorge se è estate o inverno quando è felice…

 

Quando Whitey Bay apparve sul ponte, un sorriso sarcastico increspò le sue labbra carnose.
Gli stiletti ticchettarono sul legno della nave mentre si avvicinava tranquilla al timone, con le mani sui fianchi, il naso all’insù e il mantello svolazzante al vento gelido del Nord.
I suoi capelli si mossero morbidi come onde implacabili, e gli occhi saettarono in direzione della figura seduta su una poltroncina coperta da  
pellicce di animali.
Se la “Strega” si sentiva a suo agio tra le nubi invernali e i ghiacci perenni, la “Mangiona” stava invece raggomitolata al calduccio con il rimpianto della sua isola natia, a Sud.
“Non dirmi… hai freddo?” Celiò con voce ironica la prima, gustando i tremolii dell’altra.
“Ho fame” Fu la risposta ovvia, seguita da un’occhiata severa.
Whitey si sedette graziosamente poco distante, accavallando le gambe magre e rivolgendo l’attenzione al log-pose stretto al suo polso.
“Farò portare la colazione nella tua cabina, se preferisci” Concesse infine, sistemandosi meglio il cappello in testa e la bandana a pois sulla fronte.
“Che onore…” Bofonchiò Jewelry Bonney, alzandosi con mala grazia e  stringendo una pelliccia attorno al suo corpo snello.
Sistemò una calza scivolata sotto il ginocchio, cercò di allungare la maglietta attillata per coprirsi lo stomaco, ma si arrese quasi immediatamente.
“Ci sono degli abiti adatti nella mia stanza, se vuoi”
“Quando avrò mangiato starò meglio”
E la regina dei mari del Nord si limitò ad alzare le spalle, inumidendosi le labbra rosee con disinvoltura.
“Staremo ancora a lungo in queste acque?” Alla fine si era decisa a fare quella domanda, barcollando sugli stivali alti, sperando in una risposta breve e concisa.
“Un settimana, o forse due…” Rispose vago il capitano, alzandosi a sua volta.
“E’ il periodo di riproduzione delle foche questo”.
“Ti piacciono le foche, ho capito. Foche e orsi polari…” Ma Jewelry non ne era del tutto convinta.
Si avviò verso una porta in legno e sospirò sollevata quando percepì il calore del camino di quella stanza.
“C’è un tipo di foca, detta Phoca Vitulina, che non riesce a concepire l’idea di avere due figli. Per intenderci, se le nascono due gemelli uno sarà destinato a morire di fame, strillando nel vano tentativo di richiamare attenzione su di sé senza ottenerla. Il fatto è che la madre è troppo presa ad accudire il primo figlio, ignorando completamente l’altro”.
Whitey si richiuse la porta alle spalle, togliendo il cappello come d’abitudine.
“E’ agghiacciante”  Esclamò Bonney, stringendo le labbra in una smorfia.
“E l’ordine naturale…” rispose quella pacata.
“Non sei molto materna”
“Nemmeno molti genitori lo sono”
Ed entrambe tacquero, sotto la visione deprimente dell’unico vero padre che pur di non deludere un suo figlio, aveva sacrificato sé stesso. Tenevano gli occhi bassi, intimidite dai loro stessi pensieri, convinte che fossero fuori luogo. Alla fine fu la strega a parlare, accennando un sorriso:
 “Vuoi una cioccolata? Chiamo il cuoco…”
“Ferma!” La mangiona le si avvicinò, obbligandola ad alzare lo sguardo su di lei.
“Ci sono anche altre foche che invece non abbandonano un figlio, anche se ne hanno appena avuti due. Crescono insieme, se sopravvivono, e si separano solo più tardi…”
Prese fiato, cauta.
“Non c’è solo il nero… nel mondo c’è anche il bianco. E l’allontanamento non comporta un abbandono” sentenziò, stupendosi lei stessa delle sue parole.
Poi le tornò vicina e le prese una mano.
“Facciamola noi questa cioccolata, ti va?” aprì le labbra in un sorriso innaturale e quasi sadico.
E Whitey Bay improvvisamente si sentì avvampare per il troppo caldo.

 

 

 
Le lacrime di un amore perduto sono gocce di pioggia nel sole di un giorno di primavera…

 

 
La testa le vorticava, e le immagini le scorrevano davanti senza capire molto.
Si ritrovava in quel letto a lei tanto familiare, eppure troppo caldo per essere il solito.
Le pellicce erano ricadute su un fianco, per terra, e un semplice lenzuolo era più che sufficiente per riparare il suo corpo da una brezza lieve e  
profumata che penetrava dalla finestra aperta.
Aperta.
Mai le sue finestre erano state aperte.
Alzandosi, quasi completamente nuda, si avvicinò alla vetrata, scostando il tendaggio bordeaux per venire poi inondata da una luce calda e accecante.
“Chiamasi Sole”
Quella voce la fece quasi trasalire, ma non si voltò, preferendo gustarsi il sorriso spontaneo appena nato sulla suo labbra.
“Lo sapevo… Dunque eccoci giunte nelle terre del Sud” Disse secca, con un tono di finta stizza.
“Oh vedrai, ti piacerà… queste acque sono colme di pesci, ci si può fare il bagno e soprattutto non c’è rischio di morire per essere stati esposti troppo al vento” Jewelry Bonney si era alzata da quello stesso letto, eccitata e spensierata.
“Sei a casa” E Whitey fu felice per lei.
“Nah… non ho mai avuto una vera casa. Mi sento una cittadina del mondo” si portò un dito sulle labbra dipinte, leccandolo appena dopo averlo inzuppato letteralmente in un budino al cioccolato.
“Magari non proprio cittadina del Nord, ma ha poca importanza” concluse allargando la bocca in un sorriso.
Avanzò in poche falcate, con le sue lunghe gambe scheletriche nonostante l’implacabile fame sempre acquetata, ed si posizionò accanto all’altra, aprendo definitivamente le tende e le finestre.
“Guarda laggiù. Un’isola primaverile; i fiori in boccioli, gli alberi con le prime foglie verdi, l’erba che profuma e tutti quegli insetti fastidiosi. Ma niente zanzare!” concluse entusiasta.
Whitey si voltò verso di lei, stringendo per un attimo al petto il lenzuolo che si era trascinata dietro per coprirsi.
La guardò, improvvisamente disarmata, senza capire; come un ghiaccio che si sta sciogliendo e non è in grado di fermare il processo.
Rimase lì fino a quando le sue labbra non furono prigioniere di altre, persino morse da quelle della piratessa mangiona.
La lasciò fare, ricambiando e socchiudendo gli occhi, come fosse catturata in una rete malefica.
Il lenzuolo cadde a terra, e lei sentì il contatto caldo di quella pelle contro la sua, e le sue mani dalle dita sottili risalire il suo collo.
Smosse i suoi capelli, Jewelry, provocandole dei brividi lungo la schiena.
Le sue mani si strinsero attorno alle sue spalle e lei ricambiò la presa, percorrendo la sua vita.
La sentì urgente, desiderosa, carica come non l’aveva mai sentita.
Con foga fu sospinta verso il letto, di nuovo, e a nulla valsero le sue deboli imprecazioni.
Ricambiò i baci, sentendo la lingua liscia dell’altra nella sua bocca e rimanendo senza fiato.
E quella bandana a pois, unico indumento ancora rimastole addosso, scivolò sui suoi occhi azzurri come l’acqua più pura e fredda.
Ma Bonney non la spostò né permise a lei di farlo.
La guardò un attimo, immaginandosela in una torta enorme, circondata da fragoline di bosco e mirtilli. Scese su quei seni piccoli e perfetti, tanto diversi dai suoi così ingombranti.
Li sentì freddi, sotto le sue mani bollenti; le piacque. 
Ed infine tornò a baciarla, strusciandosi su di lei e lasciando che un suo ginocchio stuzzicasse in modo non troppo gentile la femminilità dell’altra.
“Così buona” Si permise, canzonandola con una delicatezza insolita.
Vide quelle labbra naturali e così morbide aprirsi in un sorrisetto compiaciuto.
Poi, all’improvviso, qualcosa la fermò.
Due farfalle svolazzavano gagliarde per la stanza, proprio sopra di loro.
Una mano salì rapida verso la bandana, togliendogliela dagli occhi e disse “Guarda” con semplicità.
Whitey dapprima infastidita, si ritrovò ad assumere un’espressione meravigliata.
I suoi occhi si illuminarono.
Due animali colorati: uno così blu da sembrare fosforescente, e l’altro così rosa da essere più simile ad un fiore; e lei li vedeva per la prima volta, incredula di fronte a tanta bellezza.
“Cosa sono?” chiese a bassa voce, impaurita all’idea di farle fuggire.
“Farfalle” Fu la risposta tranquilla. Bonney si spostò al suo fianco, ed entrambe rimasero a guardare il soffitto e i due animaletti stupendi volare.
Fu sempre la mangiona a rompere l’attimo.
“Non le avevi mai viste?”
“No”
“E… ti piacciono?”
“Direi di sì. È la natura a crearle?”
“Sì, con un lungo processo…”
“Ne vale la pena”
“Lo credo anche io”
E per la prima volta, entrambe sentirono lo stesso tepore.

 

 

 

 

Non c'è che una stagione: l'estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L'autunno la ricorda, l'inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla…

 

 Teneva i capelli sotto il cappello, per lasciare il collo scoperto a prendere un poco di fresco che però non c’era.
Solo qualche ciocca le ricadeva sulle spalle, morbida come la neve.
Un’ampia poltroncina di vimini era stata posta sul ponte, all’ombra di un ombrellone da mare. E lei era lì seduta, le braccia cascanti sui due avambracci, le gambe distese e l’espressione di una che avrebbe preferito morire, o che comunque lo stava per fare.
Il vestito blu che quella Bonney aveva definito “Perfetto” non le dava nessun sollievo.
La sua pelle sudava, il suo trucco colava e il Sole scottava, anche al riparo.
Tuttavia sorrise sembrando a suo agio alla ragazza di fronte a lei.
Jewelry se ne stava in costume sopra la balaustra di legno, pronta ad un tuffo atletico.
La sua pelle già risentiva della tintarella, pur restando candida.
I suoi capelli bagnati erano rigidi sul suo seno e il ghiacciolo tra le mani era l’incarnazione della cosa più naturale che sapeva fare: mangiare.
“Che c’è, Whitey? Hai caldo?” le si rivolse con indifferenza, ingoiando il freddo gelato e posizionandosi per un salto.
L’altra mosse solo una mano, per acconsentire.
“Guardami” la rimbeccò in modo infantile e con un “Oplà” si tuffò nell’acqua cristallina.
La strega si alzò di malavoglia, avvicinandosi al bordo, più in cerca di aria fresca che per assecondarla.
Si appoggiò con i gomiti e si ritrovò a sorridere come una stupida.
I capelli rosa creavano uno strano gioco di riflessi, ed il costume marrone dell’altra le sembrò incantevole. E poi c’era quel delfino, che nuotava  attorno a quel corpo perfetto.
Era come se stesse osservando qualcosa di idilliaco.
“I DELIFNI SONO MOLTO INTELLIGENTI!” Urlò la ragazza dall’acqua, giocherellando con il mammifero.
“RIESCONO A COPRIRE GRANDI DISTANZE IN POCO TEMPO E COMUNICANO GRAZIE AI SUONI… SI DICE… CHE SONO GLI ANTENATI DELLE SIRENE” Continuò rinfrescata dopo essersi immersa per qualche istante.
“SE TU VENISSI QUAGGIÙ LO SCOPRIRESTI E TI RINFRESCHERESTI” le urlò.
E non si sa come, Whitey si lasciò convincere.
Strappò senza pensarci il vestito, stringendolo poco sotto il seno. Sistemò le mutandine sui glutei e si posizionò su una passerella in legno che gli uomini usavano come trampolino.
Il tuffo fu penoso, ma nessuno lo notò. Cadde in acqua come un salame lanciato e, senza rendersene conto, andò a fondo.
Agitò mani e gambe, aprì la bocca, sbatté le palpebre. Nulla.
Più giù… sempre più giù andava.
Poi, una spinta sotto i piedi e un manto grigio con una pinna a cui attaccarsi.
Quando riemerse, grazie all’intelligenza di quel delfino, Bonney se la rideva di gusto.
“Non sai nuotare” continuò a ripetere, agitando le gambe nell’acqua e stringendosi lo stomaco per lo sforzo dell’ilarità.
“Come dici fino allo sfinimento, al Nord non posso mica aver fatto pratica” Emise l’altra infreddolita. Arricciò le labbra brontolando qualcosa, fino a quando sconsolata lasciò che quella tentasse di insegnarle almeno come stare a galla da sola.

 
Fu un pomeriggio piacevole.
Lasciarono dietro di loro molto, in quel giorno; più di quanto avessero fatto in tutto quell’anno passato insieme.
Bonney si dimenticò per un attimo del motivo che l’aveva spinta a salpare da sola.
Scacciò l’angoscia di ritrovarsi Akainu sul ponte, nel suo completo rosso, pronto per riportarla a casa. Rinchiuse in fondo alla mente il ricordo di quel padre adottivo che l’aveva semplicemente fatta crescere.
Whitey invece trovò solo il calore di cui pensava il mondo ormai fosse privo. Ripose lontano quella maschera di freddezza ed insensibilità che ormai era diventata il suo universo e riaccese un sorriso pallido sulle sue guance rosee.
Ed anche lei, con una facilità impensabile, riuscì a serrare in fondo al cuore l’immagine pungente - come di un ghiacciolo che cade dall’albero conficcandosi nella carne -  del Babbo.

E nei loro sguardi aleggiava un solo strano pensiero comune, quando si accoccolarono insieme davanti ad un tramonto caldo ed infuocato:
Ti voglio bene, papà.
Era tutto ciò che valeva la pena di ricordare.

 

 

 

   
 
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