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Autore: _Sister_    21/10/2010    2 recensioni
ATTENZIONE: la storia è diventata una raccolta. Ogni capitolo sarà completamente differente dall'altro e tratterà di argomenti diversi.
- Entro in casa e mi spoglio. Completamente. Mi guardo allo specchio di camera mia. Riesco a vedermi dalla testa ai piedi. I lividi sulle braccia sono quasi del tutto scomparsi, ma ne rimane uno viola sul ginocchio. I tagli sui polsi e sulle caviglie sono diventati bianchi e lucidi. È difficile vederli adesso. -
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ero appena arrivata dal dottore. Il mio amato strizza cervelli. Adora prendermi per il culo, ormai l’ho capito. Mia madre non è d’accordo.
Mamma: “Dovresti dare ascolto a quello che ti dice. Sai che ha ragione”
Io: “…”
Il dottore dice che non dovrei starmene troppo a casa, che invece dovrei uscire con i miei amici e divertirmi.
Detto così chi gli darebbe torto? Peccato mi manchino due cose fondamentali. Gli amici. Il divertimento.
Come faccio a divertirmi senza amici? Matematicamente parlando, sono direttamente proporzionali. Più amici ho, più mi diverto. Meno amici ho, meno mi diverto. Se avessi usato questo esempio durante l’interrogazione di matematica, di sicuro sarei riuscita ad arrivare al 6, anziché il mio solito 4-.
Ma lui questo non lo capisce. E mamma si arrabbia ancora di più.
Mi assento con la mente per un po’, mentre il dottore parla di qualcosa sull’essere felici. Stronzate. Tutte stronzate. La felicità non esiste, esattamente come l’amore. Sono invenzioni dell’uomo per trovarsi uno scopo nella vita. Lo stesso vale per la religione.
Dottore: “Credi veramente che l’amore non esista solo perché non l’hai mai provato?””
Io: “…” sospiro.
Allora comincia a parlare del più e del meno. Mi racconta del suo cane, Whisky, del casino che fa in casa e mi chiede qualcosa di me. È troppo gentile e ci casco. Ho parlato. Oh dio. Abbiamo parlato di religione, di politica. Mi sono aperta. A quello sconosciuto. E mi sento quasi male.
Devo vomitare ma mi trattengo. Quando esco dalla stanza mi gira la testa. Fox, (sì, adesso so anche il nome del nemico) mi sorride e fa l’occhiolino a mia madre. È contento, ho fatto dei progressi.
Mi siedo in macchina e non parlo.
Mamma sta zitta, lascia che mi sfoghi in silenzio. La ringrazio con il pensiero. Ho già dovuto parlare troppo per oggi, ed è solo colpa sua.
Entro in casa e mi spoglio. Completamente. Mi guardo allo specchio di camera mia. Riesco a vedermi dalla testa ai piedi. I lividi sulle braccia sono quasi del tutto scomparsi, ma ne rimane uno viola sul ginocchio. I tagli sui polsi e sulle caviglie sono diventati bianchi e lucidi. È difficile vederli adesso.
Sto ferma qualche secondo. I capelli non sono sporchi, tenuti in una coda alta spettinata, esattamente come piace a me. Sono completamente struccata, le occhiaie viola si notano più del solito.
Vado in bagno e mi butto sotto la doccia. L’acqua calda mi brucia la pelle. Le braccia mi fanno male quando ci passo sopra la spugna.
Tieni duro. Ce la puoi fare, tieni duro. Ormai me lo dico da sola. Ma non sono molto convincente.
Mi asciugo i capelli e mi infilo una vecchia tuta logora e informe. La adoro in tutto e per tutto. Se Dorian Gray aveva il dipinto che logorava al posto suo, io ho la mia tuta.
Scendo le scale lentamente e mi preparo una tazza di cereali.
“Almeno mangia!” è la risposta che mia madre da sempre a tutti quelli che incontra. Racconta tutto quello che mi succede, che non parlo molto, che a scuola faccio schifo, che mi manda dallo strizza cervelli, proprio il contrario di ciò che farebbe un genitore normale. Chiunque farebbe di tutto per non ammettere che il proprio figlio ha dei problemi. Ammettere che ha sbagliato qualcosa. Lei non la pensa così.
Torno in camera mia e accendo la tv. Non c’è nulla da vedere che sia come minimo interessante, metto un canale che trasmette solo musica, ma prima che possa arrivare inceppo su un altro. È un canale di moda, dove mandano sfilate su sfilate. Centinaia di modelle anoressiche ogni santo giorno.
Pur di non ascoltare né vedere le schifose collezioni che mandano comincio a pensare. Pensare sul serio. Penso a quando oggi, dal dottor Fox dallo strizza cervelli ho parlato. Per la prima volta. Perché? Forse ho deciso. Forse voglio essere aiutata, in qualche modo. Forse ho voglia di vivere.
La testa ricomincia a girarmi. Ho paura. Paura di vivere. Mi sono fatta male, sono caduta, e rialzarmi è difficile.
Spengo la tv. Rimango un attimo in piedi, accanto al letto, poi mi avvicino all’armadio e ne prendo dei jeans ed una maglietta. Me li infilo, mi metto le scarpe ed esco. Non guardo in faccia nessuno ed esco, da casa mia.
Erano quasi sei mesi che non uscivo di casa. Almeno non per andare da qualunque parte che non fosse la scuola o lo strizza cervelli. L’aria era troppo pulita. Il sole mi pungeva gli occhi. Non era il mio ambiente, quello.
Continuo a camminare, mandando a quel paese tutto il lavoro, tutte le precauzioni che mi ero autoimposta.
Niente uccellini canterini, niente fiori colorati né alberi centenari a cui appoggiarsi per schiacciare un sonnellino, sia chiaro, ma il centro commerciale va benissimo comunque. È anche per questo che odio la città. Ma niente è meglio che una bella canzone tranquilla mentre scegli qualunque cosa possa essere commestibile. All’improvvisa la fame mi attanaglia lo stomaco. Devo mangiare qualcosa.
Controllo di avere qualche soldo in tasca. Nel caso non ne avessi sarei disposta a rubare.
Fortunatamente trovo una banconota da 20. non mi ricordavo di averne. Deve essere stata mamma a mettercela. Deve essere disperata, quella donna.
Prendo dei pasticcini con la glassa al cioccolato e un cappuccino e mi faccio un altro giro.
mi avvio verso casa solo quando mi ricordo di mia mamma. Ero uscita senza neanche avvertirla. Magari adesso pensa che sono scappata di casa.
Nell’ultimo isolato che mi divide da casa quasi mi metto a correre. Entro in casa che ho il fiatone.
Mamma è in cucina che prepara la cena. Si gira e mi squadra.
M. : “Sei uscita?”
Io: “Sì.. sono andata al centro commerciale.. “
M: “Bene.. sai, questa maglietta non la metti mai, ma ti sta d’incanto..”
Siamo entrambe molto imbarazzate. Arrossisco e faccio per andare in camera mia. Mi ricordo dei soldi dentro i jeans. Mi giro per tornare in cucina e ringraziarla. Sulla soglia della cucina mi fermo.
Potrei giurarlo. La sento fischiettare. È felice. Qualcosa di caldo mi bagna la guancia e corro in camera mia senza farmi sentire.
  
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