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Autore: XShade_Shinra    23/10/2010    2 recensioni
Il prete del paese viene avvisato della presenza di un mostro nel lago poco fuori da NevediNotte; riuscirà a non essere l’ennesima preda di quella creatura che canta un dolce requiem per le sue vittime tra le gelide acque del lago?
[ Classificata 3° al contest "Fantastico Peccato" indetto da Addison89 sul forum di EFP ]
Genere: Dark, Song-fic, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'NevediNotte'
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-Icesinger - It Sings a Requiem in the Frozen Lake-  
Il prete del paese viene avvisato della presenza di un mostro nel lago poco fuori da NevediNotte; riuscirà a non essere l’ennesima preda di quella creatura che canta un dolce requiem per le sue vittime tra le gelide acque del lago?
Classificata 3° al contest "Fantastico Peccato" indetto da Addison89 sul forum di EFP
 

-Autore: XShade-Shinra
-Titolo: Icesinger - It sings a requiem in the frozen lake
-Personaggi principali: Il Prete, la Sirena, Sorpresa!
-Personaggi secondari: La Dottoressa dei Morti, il Cacciatore, Abitante del Villaggio
-Pairing: il Prete x la Sirena, il Cacciatore x la Dottoressa dei Morti (implicito)
-Raiting: Arancione
-Genere: Noir, Dark, Sovrannaturale 
-Avvertimenti: One Shot, Het, SongFict
-Peccato: Lussuria
-Trama generale: Il prete del paese viene avvisato della presenza di un mostro nel lago poco fuori da NevediNotte; riuscirà a non essere l’ennesima preda di quella creatura che canta un dolce requiem per le sue vittime tra le gelide acque del lago?
-Disclaimer: Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati.  
-Credits: Il pezzo della canzone che apre questo racconto è tratto dalla stessa che canta la sirena ed è “Under the ice” dei Blind Guardian (abbiamo una sirenetta metallara!XD). Il testo riportato significa: “Sotto il ghiaccio crederai. Sotto il ghiaccio sarai libero”. A fine storia c’è il testo integrale della canzone con tanto di traduzione presa dal sito linkato in calce, e le parti in corsivetto sono quelle cantate dalla sirena e che ho trovato attinenti alla trama della storia.
-Song Credits:
Title: Under the ice
Artist: Blind Guardian
Album: A Night at the Opera
Listening: YouTube
-Note: Ovviamente la mia sirena è metà donna e metà pesce. È una specie autoctona e inventata da me, in quanto è una sirena di acqua dolce, visto che la storia è ambientata su (è proprio il caso di dirlo) un lago, per altro ghiacciato, quindi questa creatura avrà delle particolarità uniche nel suo genere che le permettono di vivere a quelle temperature, sotto il ghiaccio.
Il termine “Dottoressa” riportato maiuscolo non si riferisce al mestiere, ma al soprannome abbreviato della Dottoressa dei Morti.



- Icesinger - It Sings a Requiem in the Frozen Lake -


# Under the ice you will believe
Under the ice you will be free #
[Blind Guardian - Under the Ice]


Anche quel giorno trascorreva sereno a NevediNotte, piccola cittadina dal nome ancestrale, inerpicata sulle fredde montagne innevate - habitat di lupi, orsi e cervi, e qualcuno giura anche di altri esseri che di umano hanno solo le fattezze.
L’Inverno era finalmente terminato e la Primavera già iniziava a sbocciare insieme ai bucaneve; nonostante nevicasse ogni notte ormai da secoli, in barba alla bella stagione, il cambio climatico si avvertiva: le giornate erano più lunghe e luminose, e il gelo non abbracciava più gli abitanti con i suoi pungenti venti.
Proprio per questo motivo, il parroco del paesino aveva ben pensato di iniziare la giornata abbellendo la chiesa con il suo fiore preferito, tipico di quella zona: una seconda stella alpina, che troneggiava sull’altare come un’offerta a Dio, accanto alla sorella, colta mesi prima all’inizio della stagione fredda.
Tutti sapevano che il prete andava da solo a cogliere quei fiori, nonostante crescessero sulle pendici del burrone, ma finché si muoveva durante il giorno nessuno dei suoi parrocchiani si preoccupava, sapendo inoltre che fermarlo era impossibile: era una persona determinata e irremovibile. Molte volte aveva pedinato gli abitanti del paese per trascinarli invitarli a prendere parte alla messa la Domenica, riuscendo con tutti nell’impresa, tranne che con un ragazzino introverso e tenebroso con il quale aveva instaurato una specie di rapporto di rispetto reciproco, forse le radici di un’acerba amicizia.
Mentre era intento a addobbare il vaso con un bel fiocco verde speranza, all’improvviso il portone della sua chiesa fu aperto di colpo da un ragazzino; sembrava aver corso velocemente fino a là.
«Padre!» urlò quasi senza fiato «C’è un mostro nel lago!»
L’uomo, ben conoscendo i miti e le leggende di quel villaggio, scese dall’altare e andò incontro al ragazzo, cercando di tranquillizzarlo:
«Non urlare nella Casa del Signore.» lo riprese con voce gentile «Dimmi, cosa hai visto?» domandò, posandogli una mano sulla testa.
«Stavo facendo una passeggiata da solo e sono arrivato al lago; visto che è Primavera ho scostato la neve fresca dalla superficie per poter controllare se lo strato di ghiaccio fosse abbastanza spesso e… davanti a me…» la sua voce si fece sempre più fine a causa del ricordo.
«Cosa c’era, figliolo?» lo esortò a continuare.
«C’era un volto… Mi guardava così intensamente… aveva gli occhi aperti fissi su di me… e aveva un’espressione che…» ansimò pesantemente prima di continuare «…mi ha fatto paura…»
«Non vergognarti di avere paura.» gli sussurrò «Ora andiamo subito a controllare questo mostro che hai visto e se per caso è ancora là lo scaccerò, ok?» gli sorrise.
Il ragazzino lo guardò un po’ preoccupato:
«Non ci andare da solo, Padre! E se fosse pericoloso?» domandò.
«Io ho un alleato prezioso dalla mia parte:» gli ricordò «la fede.»
«Ma… e se ce ne fossero degli altri?»
A quel punto il parroco gli circondò le spalle con un braccio e lo accompagnò fuori.
«Allora andrò con il Cacciatore, va bene?» sorrise.
Il bimbo tremò appena a quel nome. Il Cacciatore era un uomo burbero e solitario che abitava in una casetta isolata lungo il confine del villaggio; nessuno conosceva il suo nome, ma tutti lo ricordavano dalle fattezze sempre uguali, nonostante gli anni trascorressero. Era una figura che incuteva timore reverenziale e i soli con i quali sembrava aver legato erano il prete e la Dottoressa dei Morti, una bizzarra commerciante di un emporio, laureata in anatomia patologica; non aveva un buon rapporto nemmeno con il macellaio di paese, figura professionale che gli faceva da spalla nel suo lavoro.
«Uhn, se non c’è nessun altro…» disse vago «Però non vi accompagnerò.»
«Come preferisci.» sorrise, chiudendo la parrocchia e procedendo verso la casetta del Cacciatore dopo aver salutato il ragazzo con un gesto della mano.

Dopo solo dieci minuti di cammino arrivò in prossimità di quella vecchia casa avente uno sgradevole olezzo di animali morti: le prede del cacciatore, le cui pellicce stavano all’aria come bandiere, dando un’aria ancora più lugubre a quel luogo.
Lì trovò il padrone di casa che stava preparando i proiettili del fucile utilizzando la bilancina di precisione che gli aveva procurato la Dottoressa, la quale sedeva vicino a lui, pulendogli le canne del fucile.
«La Pace del Signore sia con voi, ragazzi.» li salutò, affondando gli scarponi nella neve ghiacciata.
«Padre!» gli sorrise la giovane, scuotendo la mano.
«Buongiorno.» disse invece il Cacciatore, freddo come la landa nella quale abitavano.
«Come mai da queste parti?» domandò lei, posando l’arma scarica su un largo fusto abbattuto.
«Vorrei chiedere la compagnia di questo baldo giovine affinché mi scorti al lago.» domandò teatrale, aspettandosi uno sbuffo seccato e un “ma va’ a farti benedire”; ma, a dispetto di tutte le sue più rosee previsioni, vide il Cacciatore alzarsi - quasi temette che lo volesse picchiare - e avvicinarsi verso di lui.
«Perché mai vuoi andare al lago?» domandò arido.
«Perché un mio parrocchiano dice che c’è un mostro nel lago ed è mio compito vegliare sulle paure ataviche dei bambini. I mostri sono il male, il male è l’opposto di Dio, quindi è mio preciso compito andare a controllare quando qualcuno mi segnala la presenza di queste creature, vere o meno che siano.»
Il Cacciatore si grattò la chioma di capelli bruni e, davanti a quelle spiegazioni, si sentì in dovere di aiutare il religioso. D’altra parte anche lui aveva una missione simile, che compiva in silenzio tutti i giorni: andare a caccia e cercare i corpi dei morti tra la neve in modo che il prete potesse dare loro una degna sepoltura dopo averli portati dall’anatomopatologa; ecco perché i tre si conoscevano ed erano abbastanza affiatati.
«Scusate?» chiese la giovane «Posso venire anche io con voi?» domandò.
«Chi te l’ha detto che gli avrei fatto compagnia?!» chiese il Cacciatore, scorbutico come suo solito.
«Il mio sesto senso.» rise, prendendolo a braccetto «Allora?»
Il prete sorrise nel vedere quei due che, giorno dopo giorno, diventavano sempre più affiatati, anche se sapeva bene che se mai si fossero messi insieme non avrebbero mai potuto avere un bambino, visto che il Cacciatore era sterile. La loro unione carnale sarebbe stata solamente un atto di lussuria allo stato puro e non di procreazione; ma il prete non li vedeva di malocchio, giacché ben sapeva che il Cacciatore era inavvicinabile da anima viva, nonostante la purezza del sentimento che potesse provare la Dottoressa.
«Vieni pure.» sorrise il parroco, iniziando ad andare via; non tanto per la fretta, quanto più per il fetore che iniziava a nausearlo. Quei poveri animali sarebbero diventati cibo per il villaggio e mai niente di loro andava sprecato, ma non gli piaceva quel posto che sapeva di cadavere.

Dopo parecchi minuti, dove il Cacciatore, abituato a camminare per ore e ore al di fuori del villaggio e quindi perfetta guida, aveva condotto i due attraverso una stradina senza sentiero ma agibile e soprattutto veloce (una delle tante scorciatoie che solo lui e Koori, l’”amico” del prete, conoscevano), i tre giunsero al lago.
«Siamo arrivati, Padre.» lo avvisò il castano «Ora vado avanti io: devo testare il ghiaccio per veriicare se è possibile pass--» ma non finì di esporre il proprio pensiero che il parroco continuò a camminare, facendo scricchiolare la neve sotto si sé, fino a superarlo e camminare sulla superficie ancora ghiacciata del lago «Ehy!» ruggì indispettito dal suo gesto da cafoni.
«Quel ragazzo mi ha detto che è passato sul lago scostando la neve, quindi il ghiaccio terrà; basterà seguire le sue tracce per arrivare al punto esatto dell’avvistamento.» spiegò tranquillamente, giocherellando con la croce che portava al collo.
«Non arrabbiarti, Cacciatore!» sorrise la femmina del gruppo, iniziando anche lei a camminare sul ghiaccio. Al primo scivolone, però, il bruno fu subito pronto a tenerla in modo che non cadesse e le offrì il proprio braccio come appoggio.
«Grazie…» sussurrò lei, arrossendo sia per la propria goffaggine che per il gesto del compagno, ricevendo un grugnito come risposta.
Passarono solo una manciata di minuti, nei quali più e più volte i loro bastoni furono utili come âncora per non fare un capitombolo, quando videro le tracce interrompersi.
«Deve essere qui.» disse il parroco, facendo ancora più attenzione alla superficie gelata.
«Io non vedo nulla sul ghiaccio...» mormorò la giovane.
«Non è sul, è nel ghiaccio.» la corresse il padre spirituale, mentre si inginocchiava su quella lastra cerulea che emanava aria fredda, bagnandosi la toga, per poter vedere se ci fosse qualcosa che si muoveva.
Lo stesso fecero i due che lo seguivano, controllando per bene la zona scoperta dalla neve, ma non videro nulla. Troppo impegnati a guardare in basso, non fecero caso al fatto che il prete si fosse fermato, e il Cacciatore sbatté la testa contro il suo sedere.
«Ahio, Padre!» lo sgridò «Stai attento!»
«L’ho trovato.» disse lui, sottovoce.
Loro spalancarono gli occhi, increduli. Non pensavano davvero che ci fosse una creatura in quel lago.
«Hai trovato il mostro?» chiese lei per sicurezza.
«Non è un mostro…» sussurrò abbastanza udibile perché i due lo sentissero «…è un cadavere.» aggiunse, segnandosi e portandosi le mani giunte alla bocca, pregando per quella povera anima.
Il Cacciatore e la Dottoressa, sorpresi di quella rivelazione, slittarono carponi fino a costeggiarlo, potendo così vedere il corpo senza vita imprigionato nel ghiaccio.
Proprio come aveva detto il ragazzo aveva gli occhi spalancati e li fissava, come se avesse cercato di nuotare fino alla superficie, ma non fosse riuscito a sfondare la crosta ghiacciata che avvolgeva il lago.
«Oh, Signore...» esclamò la Dottoressa, osservando il corpo perfettamente conservato «È un uomo…»
«Sarà uno dei tanti dispersi i quali corpi non sono mai stati ritrovati, fin’ora…» ipotizzò il Cacciatore, colui che rimase più impassibile a quella scena degna di un libro dell’orrore.
«Sì, sicuramente…» disse lei, mogia a quella vista.
«…perpétua lúceat eis. Requiéscant in pace. Amen.» il parroco finì di recitare l’Eterno riposo in latino, e si rialzò in piedi, scrutando l’orizzonte gelato «Povero bambino, che vista orribile ha dovuto sopportare. Comprendo il motivo per il quale ha detto di aver visto un mostro.» bisbigliò, saggiando il ghiaccio con la punta del bastone dopo aver tolto della neve con tutta l’intenzione di continuare a camminare sul lago.
«Che fai, padre?» domandò la Dottoressa, anch’ella in posizione eretta.
«Voi andate al ponte radio a chiamare la polizia: non possiamo tirare fuori di lì quel corpo senza congrui aiuti. Io vado a vedere se ce ne sono degli altri.»
«Ma… Padre!» lo riprese, venendo poi interrotta dal Cacciatore con un gesto del braccio.
«La Dottoressa sta qui con lei, allora.» era d’accordo con il parroco.
«Eh?» fece sorpresa «Ma lo sai come sono quelli là della polizia: si muovono sempre il giorno dopo per evitare di rimanere bloccati la notte tra le montagne, se non sono delle urgenze.» fece notare loro.
«È ancora giorno, forse ce la faranno a venire in tempo per stasera, prima che calino le tenebre.» le disse il bruno, guardando il prete che camminava con circospezione «Sta’ qua nel caso ne trovasse altri: potrebbe servire un parere medico.»
«D’accordo…» pigolò mogia, prendendogli la mano «Torna presto.» sussurrò.   
«Sì.» rispose telegrafico e burbero, lasciandole la mano e iniziando a percorrere all’indietro lo stesso percorso.
La Dottoressa sbuffò appena; per l’ennesima volta aveva sbattuto contro quel muro che le impediva di arrivare al cuore del suo amato, ma, come in un monotono circolo vizioso che una volta completato riniziava da capo, lei non si arrendeva mai e continuava imperterrita nell’obbiettivo di catturare il suo cuore; era una ragazza con la testa molto dura e, probabilmente, continuando così avrebbe sfondato a craniate quel muro all’apparenza invalicabile. Ne era certa.
Lei rimase a guardare il cacciatore che si allontanava, senza prestare attenzione al prete, che, intanto, camminava sopra il manto ghiacciato con prudenza; scostava pian piano la neve per poter controllare cos’altro nascondesse quel lago, sicuro che quell’uomo non fosse stato solo.
Dopo qualche secondo, infatti, notò una seconda sagoma nell’acqua, più in profondità rispetto alla prima, teneva gli occhi biancastri spalancati e sembrava fissarlo; i capelli lunghi e sinuosi come serpi si muovevano sott’acqua, come alghe, e  anche la bocca cambiava espressione, trasformandosi in un sadico ghigno. A quella visione, il prete sbatté le palpebre, stropicciandosi poi gli occhi con un avambraccio per poi riguardare verso l’oscuro fondale, non trovando più nulla.
«Ma…» fece, sbalordito. Era sicurissimo di aver visto qualcosa nell’acqua, ma non vi era più nulla.
Quando si sentì sfiorare leggermente sulla spalla, si girò di scatto, leggermente spaventato.
«Padre…» sussurrò la Dottoressa, ritraendo la mano «Scusami… Volevo dirti che ho visto un buco…»
«Prego?» chiese l’uomo, cortese, ritornando calmo.
«C’è un’apertura nel ghiaccio…» sussurrò, indicando un punto verso il centro del lago «Sembra quella che fanno le foche nell’Antartide per tornare a galla e respirare…»
«Non ci sono foche in Antartide.» la corresse con gentilezza, alzandosi barcollante per poi cominciare a camminare verso quel punto indicato, seguito dalla Dottoressa in continuo equilibrio precario «E soprattutto non ce ne sono qui. Sarà opera di qualche abitante del villaggio per pescare.»
Nonostante non fosse un’apertura molto grande di diametro, la si vedeva anche da lontano.
«Veramente… ci sono le foche in Antartide…» replicò lei, scivolando appena «Sono ben sei specie, e una di loro è carnivora, si chiama foca leopardo e mangia i pinguini…»
«Ehm, dimenticavo che hai portato a conclusione degli studi scientifici a pieni voti…» borbottò il prete, che di certo non aveva voglia di una lezione di zoologia dopo la strana ombra che aveva visto sott’acqua.
La giovane sorrise e i due continuarono a camminare in silenzio, rotto solo dai sussulti dati dagli scivoloni, finché non furono ad una decina di metri da ciò che aveva visto la Dottoressa.
«Non ci trovo nulla di strano…» borbottò l’uomo di Chiesa, continuando a camminare.
«Ma il bambino non ti ha detto che c’eraaaH?!» gridò la giovane, finendo a gambe all’aria e sbattendo la schiena sulla neve «Ahio…» si lamentò, massaggiandosi il deretano; l’indomani avrebbe avuto un brutto livido.
«Tutto bene?» chiese il prete, preoccupato.
«Sì, sì.» lo tranquillizzò «Però è meglio se sto ferma: il Cacciatore mi dice sempre che almeno se sto ferma non combino disastri.» una frase poco tranquillizzante, detta da una dottoressa…
«Ok…» rispose l’uomo, continuando la sua avanzata verso la superficie d’acqua messo a nudo, arrivando al riflettersi sopra. L’assenza di vento in quella zona, lasciava lo specchio d’acqua fermo, immobile, come se niente potesse scalfire la sua tranquillità. Il ghiaccio attorno al buco era spezzato, come se qualcuno – o qualcosa – lo avesse rotto con la forza, e non con un utensile adibito allo scopo; inoltre, con il suo metro e mezzo circa di diametro, era effettivamente troppo grande per un pescatore.
«Inusuale…» commentò il prete, mentre sentiva la Dottoressa che cadeva di nuovo – sicuramente aveva tentato comunque di rialzarsi.
Il parroco stava quasi per girarsi e aiutare la concittadina, quando un movimento – un’ombra – nell’acqua lo fece desistere. Con cautela, si chinò fino a inginocchiarsi sul bordo ghiacciato, senza perdere d’occhio quella figura dai contorni indefiniti che si ingrandiva pian piano, segno che si stava avvicinando, stava emergendo.
“Se ha bisogno di emergere è un mammifero acquatico…” pensò, ricordando la discussione di poco prima con la Dottoressa “Che sia veramente una foca… Qui?” pensò perplesso, e il suo stupore crebbe ancor di più quando cominciò a sentire una strana voce, melodiosa e amena, che sembrava provenire proprio da quelle profondità lacustri.
“Sotto il ghiaccio crederai.
Sotto il ghiaccio sarai libero.”
Udiva queste parole come fossero i versi di una canzone, un requiem.
Parevano chiamarlo, attrarlo, come miele per le mosche, birra per le lumache, cioccolato per i cani. Tutte cose che quegli animali adorano mangiare, ma che li portano lentamente alla morte.
Incantato da quel suono e quell’ombra, rimase incautamente là, attendendo l’inevitabile: l’emersione di quella creatura che abitava le gelide  acque del lago e che attirava gli incauti viaggiatori nella sua trappola. Davanti agli occhi increduli del prete apparve una donna; aveva lunghissimi capelli neri, pelle lattea e talmente liscia che le gocce d’acqua non riuscivano ad avvolgerla, mani belle e curate come di chi non ha mai mosso una paglia, un seno sodo e abbondante come di rado se ne vede, e due occhi. Occhi grandi più del normale, dai colori del ghiaccio, decisamente non umani. Ma la cosa più strana di quella donna erano sicuramente le squame azzurre che le ricoprivano in corpo dal bacino in giù, creando una arabesca forma attorno all’ombelico.
Il parroco rimase senza fiato a quella visione, al contrario della donna sbucata dal lago, che continuò la sua litania a braccia aperte, come se volesse accogliere l’uomo.
“Goditi la tua permanenza qui.
Benvenuto al macello.
Liberati da pensieri marci,
Non più dolore
E non più dei.”
La mezza donna continuava a cantare quelle parole dal significato oscuro ma profondo, invitando l’uomo a seguirla.
La Dottoressa, intanto, aveva assistito alla scena senza parole. All’inizio penso che una donna fosse tornata in superficie dopo un po’ di apnea, ma quando vide la sua lunga coda squamata che faceva capolino dal pelo dell’acqua, tutte le sue certezze caddero come un castello di carte.
«Cos’è?» si domandò a occhi sbarrati per lo stupore. Aveva sentito che spesso i dugonghi e i lamantini venivano scambiati per sirene, ma quella volta era impossibile errare «Padre?» lo chiamò con un filo di voce, troppo piano perché potesse raggiungerlo, visti i diversi metri che li distanziavano.
Agli occhi della giovane apparve una scena che la investì come una doccia fredda, più gelida del ghiaccio che li circondava: nonostante fosse una femmina poteva sentire quei canti, ma non le sortivano effetto alcuno, al contrario di ciò che accadde al parroco. Nonostante fosse un uomo di Chiesa, votato a Dio, alla castità e alla fedeltà verso gli altri, protetto dal peccato, egli tese le mani verso la sirena, in un tacito invito a voler eseguire i suoi ordini e la trama di quella canzone, sprofondando in quelle gelide acque.
«No!» urlò la Dottoressa «Padre, non lo fare!» quasi sbraitò, ma come risposta ottenne solo un’occhiataccia da parte della creatura, che, però, non smise di cantare.
“Re del terrore smettila di bere vino,
Trattieni il fiato, non ti accompagnerà a lungo.
Capisci che questo è il tuo giorno del giudizio;
In mezzo all’uccisione, prosegue.
Non ci sono regole qui.
Benvenuto al macello.”
Mentre intonava queste melodiose ma macabre parole, la mezza donna abbracciò il prete per le spalle e, grazie alla sua forza, lo trattenne a sé e… si immerse, trascinandolo con lei.
«No!» la Dottoressa urlò di nuovo, correndo verso la pozza scoperta.
Non poteva permettere che il suo parroco fosse rapito da quell’essere; non solo perché rischiava la vita, ma anche perché se la verità fosse giunta alle orecchie degli altri cittadini, il prete sarebbe stato radiato per aver ceduto ad un peccato così infimo come la lussuria.
«Padre!» urlò di nuovo, raggiungendo miracolosamente indenne la sua meta; ma non si fermò per controllare la situazione, ma, anzi, si buttò a capofitto nelle gelide e cristalline acque del lago, dopo aver preso un profondo respiro, e gettato tra la neve scarponi e giubbotto.
Il contrasto termico la colse impreparata, non aspettandosi di certo un tale gelo entrarle fin dentro le ossa; l’acqua era senz’altro a temperatura maggiore di zero gradi centigradi, ma era talmente gelida da rallentarle i movimenti molto più di quanto avesse pensato. Facendosi coraggio aprì gli occhi e non faticò a trovare quella mostruosa creatura che teneva ancora stretto il parroco nel suo mortale abbraccio dalla stretta di ferro, come quello di una mantide religiosa dopo l’accoppiamento. Un abbraccio che sapeva di morte. Il parroco, intanto, si dibatteva, cercando un modo per scappare da là, ma furono tutte forze sprecate per lui, che invece avrebbe dovuto conservare una posizione di stasi e fare parsimonia di ossigeno.
La Dottoressa si avvicinò alla sirena, che poté ammirare in tutto il suo innegabile splendore, fuori dall’acqua era affascinante, ma dentro il suo habitat naturale era bella come il peccato. La pinna caudale era verticale, come quella degli squali – ,e in effetti, la sua emersione ricordava proprio l’attacco di un pescecane – ed i suoi occhi risplendevano come due pietre di acquamarina, adornate dai capelli che si muovevano come oscure anemoni di mare. L’essere non sembrò prestare l’adeguata attenzione alla donna, poiché troppo presa dall’osservare la faccia del prete, contratta nel vano tentativo di seguire l’istinto imposto da madre natura: vivere. Fu questa la vera fortuna della laureata, che poté così avvicinarsi abbastanza alla donna-pesce, prendendo l’arma che teneva in una cintura nascosta sotto la maglietta; un’arma dalla quale non si separava mai, neppure per un attimo: un bisturi, un ferro del mestiere, insomma. Un’arma impropria con una particolarità che la rendeva inutilizzabile per i combattimenti, ma molto utile per le emergenze: era un’arma bianca affilatissima, ma la cui lama si consumava velocemente, un po’ come la taglierina, con la sola differenza che il bisturi non durava certo così tanto.
“Cosa vuoi, donna?”
La voce della sirena raggiunse il cervello della ragazza in maniera prorompente. I suoni si propagano molto più velocemente nei solidi e nei liquidi che non nell’aria, e la Dottoressa lo sperimentò sulla propria pelle.
Guardò quell’essere in tono di sfida, nascondendo l’arma nella manica del lungo maglione, appesantito dall’acqua della quale era ormai pregno.
“Vuoi quest’uomo, forse? Bwahah!” rise in maniera oscena, come un demone degli inferi che sghignazza mentre tortura le anime di quel luogo di castigo “Illusa!” sbraitò, aprendo la bocca in un grottesco sorriso a mezza luna che mostrò alla Dottoressa i denti ad arpione disposti su più file, altro elemento che la rendeva simile a uno squalo.
L’umana, però, non si fece intimorire e si avvicinò ancora, arrivando vicino alla creatura fino a essere certa di non poter sbagliare il colpo, anche a costo di morire. In un attimo estrasse il bisturi dal suo misero ma efficace nascondiglio e mirò direttamente a un braccio della sirena, affondandoci la lama come fosse un panetto di burro facendola scorrere di lungo verso il gomito e poi, quando l’essere lo distese, liberando il prete dalla sua stretta a causa del dolore, andò ancora più giù, fino al polso ed oltre, arrivando al dorso della mano e recidendo qualunque cosa incontrasse lungo il suo metallico cammino, lasciando dietro di sé solamente una scia rossa che ora avvolgeva il braccio dell’essere in una densa coltre scarlatta.
Il mostro si lamentò sonoramente, facendo rimbombare per tutto il lago il suo dolore, mentre la giovane si occupava del parroco privo di sensi, prendendolo e cercando di portarlo via il più lontano possibile, verso la superficie, nonostante fosse letteralmente terrorizzata dalle urla della creatura, sperando di tutto cuore di riuscire a scappare prima che avesse avuto la lucidità per usare quelle sue zanne contro le loro gambe.
“Avanti, manca poco!” cercò di farsi forza la Dottoressa, ma piano piano sentiva che l’ossigeno le veniva meno, rendendole i contorni della loro via di fuga per l’esterno sempre meno nitidi e più sfocati, anche se mancavano solo pochi metri a raggiungerla; ma a poco meno di un metro da essa, la giovane cominciò a sentire le urla della donna-pesce sempre più ovattate, fino a estinguersi, e tutto le si fece sempre più scuro, fino a diventare nero come la pece, mentre si sentiva stretta in una morsa insieme al parroco.
”È finita…” pensò, perdendo completamente i sensi anche lei, felice di non dover sentire dolore mentre le loro carni venivano dilaniate da quell’essere che sicuramente aveva trovato un collegamento direttamente dall’Inferno fino a quel lago…

Dopo diversi minuti il prete si sentì premere la cassa toracica con forza. Decisamente troppa per i suoi gusti e quelli dei suoi polmoni saturi d’acqua che, a quell’insistente pressione, cedettero, e l’uomo si svegliò dal suo stato di torpore, sputando fuori tutta l’acqua che aveva ingoiato durante quella prolungata apnea.
«Ben svegliato, Padre.» lo accolse una profonda voce maschile.
Quando ebbe finito di liberare le vie respiratorie, si girò e, sollevato lo sguardo, vide il Cacciatore che lo guardava severo, bagnato da capo a piedi, come un pulcino. Nonostante la similitudine gli facesse quasi scappare un sorrisino, si mantenne serio, guardandolo preoccupato.
«Cosa… Cosa è successo?» domandò, tenendosi la testa mentre cercava di alzarsi, anche se il Cacciatore glielo impedì con una mano, per poi rispondergli:
«Non ne ho idea, dovresti chiederlo a lei.» disse, indicando la Dottoressa, la quale giaceva avvolta nello spesso e caldo pastrano di renna del bruno.
«Sta…?» fece per chiedere il prete, mentre i ricordi legati al lago piano piano riaffioravano. Ricordava solo la Dottoressa, i suoi occhi decisi e il sangue.
«Sta bene. Dorme.» lo anticipò «Deve averti salvato lei, ma non ha avuto la forza di riportarti in superficie; se non fossi arrivato io sareste annegati.» spiegò in parte.
«Come hai fatto a trovarci?» nel frattempo il prete si portò una mano alla fronte, coprendosi gli occhi.
Cosa aveva fatto…? Per la sua sciocca azione aveva messo in pericolo anche la sua parrocchiana…
«Non mi ero allontanato di molto e quando ho sentito delle urla sono tornato indietro.» spiegò «Seguendo il sentiero di neve scostata sono giunto alla spaccatura e, quando ho visto la Dottoressa che riemergeva con te, mi sono buttato per aiutarvi.»
Il prete annuì, un po’ perso nei suoi pensieri.
La sirena, quella melodia che intonava, il riflesso nei suoi occhi di ghiaccio… ma lui era stato volubile e aveva messo in pericolo altra gente a causa della sua debolezza.
Piano, iniziò a singhiozzare, con le lacrime che scorrevano lungo le sue tempie, perdendosi poi tra i capelli.
«Non fare così, Padre…» cercò di tranquillizzarlo «Ce la fai ad alzarti? Dobbiamo portare la Dottoressa dal veterinario… Quando si fa male va sempre da lui.»
L’uomo annuì e, lentamente, si mise in piedi, riprendendo anche il suo bastone, che il Cacciatore aveva posato lì accanto a lui, mentre il bruno prendeva la donna in braccio a mo’ di sposina, come lei aveva sempre desiderato essere tenuta da lui.
«Andiamo.» disse scorbutico, cominciando a camminare tra gli alberi. Solo in quel momento il prete si accorse che il loro salvatore li aveva trascinati parecchio lontano dalla pozza, come se avesse potuto intuire che c’era una pericolosa creatura che lo abitava o forse in memoria di quel cadavere ritrovato poco prima aveva immaginato che il lago non fosse un posto sicuro e che quindi sarebbe stato più saggio allontanarsi il più possibile da quell’entrata verso il macello. Ed il Cacciatore, in tutto quello, ancora si era dimostrato immutabile: non aveva chiesto nulla, come al solito, e quello fu un bene, dato che il prete sapeva benissimo che non avrebbe potuto rispondere a quella domanda, non prima di aver fatto una cosa…
«Padre, sicuro che ce la fai?» gli domandò il Cacciatore, già parecchio avanti, visto che l’uomo si era fermato a rimirare quella pozza da lontano «S--Sì.» balbettò appena, scrollando le spalle e seguendolo, ricalcando le sue stesse impronte per fare meno fatica, esattamente come i lupi.

La notte arrivò presto a NevediNotte, coprendo tutta la montagna con la sua bianca coltre fino al mattino.
Durante quel lasso di tempo, i due avevano portato la compagna dal veterinario e avevano avvisato la polizia circa il cadavere che avevano ritrovato. Come avevano predetto la Dottoressa, gli agenti non vollero intervenire per quel giorno, ma sarebbero arrivati il mattino seguente per il sopralluogo. Notizia che fece enormemente piacere al prete, che aspettò con impazienza che l’ultimo fiocco di neve notturno fosse caduto assieme agli altri fratelli e uscì dalla chiesa in fretta e furia, avvolto in un abito talare bianco e un pesante cappotto di volpe – sintetica, ovviamente. Si muoveva silente, mimetizzato tra la neve, come se non volesse essere visto. O forse era proprio quella la sua intenzione. La si poteva notare dal fatto che si muovesse con circospezione, quasi sperasse che tutti stessero ancora dormendo, in modo da passare inosservato fino ad arrivare alla sua meta: seguendo il percorso della mattina prima non faticò più di tanto a raggiungere nuovamente il lago.
«Eccomi…» sussurrò non appena giunse alle sponde di quelle acque ghiacciate dove regnava come una regina quella creatura che andava cercando «Oggi canterai di nuovo… E voglio essere il primo ad udire la tua melodia…» mormorò triste, vittima di un incantesimo troppo grande per poter essere infranto. Fin dal primo momento in cui aveva visto la donna-pesce, aveva capito che non era capitato lì per caso, ma che quell’incontro era stato voluto. Quel canto non lo aveva abbandonato per tutta la notte da quando l’aveva sentito per la prima volta; anche sott’acqua aveva continuato a sentire quelle parole, come un assillante sibilo nel cervello e, probabilmente, quella sirena stava cantando per lui da molto, molto tempo, ma il prete era stato sempre troppo lontano per poterla udire.
«Devo assolutamente farmi perdonare…» continuò a sussurrare, mentre, aiutato dal suo fido bastone da pellegrino - quasi fosse uno di quei bastoni usati dai Chierici nei giochi di ruolo -, camminava lungo la strada più breve per quell’entrata agli inferi nel girone dedicato ai lussuriosi, sperando che il ghiaccio non si fosse assottigliato troppo nelle ultime ore o si sarebbe trovato in guai seri.
Durante la notte aveva ricordato quasi tutti i particolari che era stato in grado di immagazzinare mentre cercava di liberarsi dalla morsa del mostro e poter tornare in superficie per respirare; si era ricordato che la Dottoressa aveva ferito in maniera piuttosto profonda quella creatura, e ciò faceva male al prete, che sperò di tutto cuore che non fosse morta o avrebbe avuto un peso immenso sulla coscienza.
Con un po’ di fatica, in un paio di minuti raggiunse ciò che andava cercando, senza trovare nessun altro cadavere lungo il suo cammino, perlomeno. La pozza a cielo aperto era là a pochi passi da lui, sarebbe mancato molto poco a raggiungerla, se non fosse che un arto algido e niveo spuntò dall’acqua, poggiandosi alla lastra di ghiaccio e facendo forza, issando così la proprietaria che si presentò al prete in tutto lo splendore a parte per l’altro braccio, sul quale molte gocce d’acqua si attardavano a scorrere sulla lunghissima venatura biancastra che spuntava lungo tutto l’arto superiore: una bruttissima, orrenda cicatrice, in ricordo della battaglia subacquea del giorno prima, dove lei aveva perso poiché aveva sottovalutato un’avversaria nel proprio habitat. Il braccio rimaneva a ciondoloni, come se non riuscisse a muoverlo – il parroco sperò, ancora, fosse solo per il dolore, nonostante avesse notato subito che quella velocità di cicatrizzazione non era normale, era addirittura contro natura.
 «Hai del coraggio.» la voce della sirena lo risvegliò dal suo torpore «Meriteresti di morire per quello che hai fatto a questo mio corpo.» disse, aggrottando la fronte e aprendo la bocca, mostrando i suoi denti acuminati, arma mortale.
«Aspetta.» la fermò il prete, sollevando le mani in segno di resa.
A quel gesto la mezza donna chiuse piano le fauci, andando a sedersi sulla sponda più vicina al prete, con solo parte della coda a mollo.
«Cosa c’è?» domandò con aria di chi non avrebbe avuto molta pazienza e molta voglia di ascoltare una lunga omelia. Un po’ gli ricordò lo sguardo di certi sua parrocchiani…
Senza scomporsi minimamente, il prete si aprì appena il giaccone e afferrò la croce che portava al collo, il simbolo della sua fede, per poi sfilarsela dalla testa grazie al lungo cordone alla quale era legata; fatto ciò la tenne in mano, sorridendo alla sirena.
«Vorrei solo che cantassi per me…» disse, avvicinandosi a lei «Ieri non ho potuto finire di ascoltare la tua melodia. Era macabra, triste, ma molto bella con la tua voce. In tutto il mio coro non c’è nessuno che canti come te, sirena.»
La creatura rimase stupida più del gesto che delle parole del prete. Era certa che la sua voce fosse bellissima, in grado di ammaliare qualunque creatura di sesso maschile, ma quell’umano le stava dicendo molto di più: si era tolto il suo simbolo, stava negando la sua persona per sentire quel canto, e ciò voleva dire che era pronto non solo alla morte, ma anche a poter consumare con quell’essere immondo, mentre ella cantava.
«Ne sei certo?» chiese a mo’ di sfida «Guarda che morirai.»
«Ero pronto fin da ieri a questa possibilità, solo che non mi aspettavo di essere trascinato sott’acqua e non avevo abbastanza fiato.» spiegò, sedendosi sulle ginocchia proprio davanti a quella creatura, che si lasciò scivolare, sparendo per un attimo nelle sue acque per poi ritornare in superficie e guardare il prete dal basso verso l’alto, issata sul ghiaccio, dove aveva poggiato i suoi seni, mettendoli in mostra per essere ancora più attraente a quegli occhi.
«Non sempre faccio sesso con le mie vittime.» spiegò la donna-pesce «Mi piace molto di più affogarle, ma, in effetti, se me lo chiede così addirittura un prete, come potrei dire di no?» chiese retorica, facendogli cenno di avvicinarsi utilizzando la lingua. Lei era provocante, bella e dannatamente sensuale, ma era anche pazza, malata e un’assassina; e queste sue doti insieme la dipingevano bella e letale, un binomio al quale era molto difficile resistere.
«Già, sarebbe allettante. Potresti poi vantartene con le altre sirene.» rispose, portando le mani alla sua testa per accarezzargliela.
“Non essere timido, incolpami e basta.
Bene, non c’è
Bisogno di vergognarti.”
Cantò ancora, prima di rispondere:
«Non ci sono altre sirene qui, né tritoni. Sono l’unica... ed è per questo che mi sento… sola…» rispose maliziosa, chiudendo gli occhi cerulei e godendo della carezza di quell’uomo caduto nella sua rete di seduzione e inganno, avvertendo poi una qualcosa scorrerle tra i capelli e pesarle un po’ al collo.
«Certo, non penso ci siano altri demoni qui. Vero?» chiese il prete, facendo aprire di scatto gi occhi della creatura.
«Cosa?!» fece in tempo a sbottare, sentendosi poi improvvisamente debole, con il corpo in fiamme «Che cosa mi hai fatto?!» berciò, guardando poi verso il basso, accorgendosi di avere indosso… «La tua croce…» ringhiò, mentre l’uomo si inginocchiava e congiungeva le mani dopo essersi segnato.
«Il canto della sirena non ha mai avuto effetto su di me, demone.» disse con aria seria «Non avrai davvero creduto che un servo di Dio potesse diventare vittima del lussurioso canto di questa sirena, no?» fu il suo turno di fare una domanda retorica, per poi chiudere gli occhi ed assumere un’espressione dura e sofferente, ascoltando i lamenti dell’essere che cercava di togliersi di dosso quella croce, ma non vi riusciva, poiché non appena la toccava sentiva le mani bruciargli come se avesse toccato dell’acido.
«Scusa per non essere riuscito a farlo ieri, giovane sirena…» sussurrò il parroco, cominciando poi a bisbigliare delle parole che sembravano essere lunghe preghiere: delle formule di esorcismo.
Le persone che abitavano a NevediNotte avevano tutte delle peculiarità, e lui non faceva certo eccezione: la città, infatti, poteva vantare un esorcista di tutto rispetto, già conosciuto al di fuori di quel piccolo paesino di montagna per aver compiuto alcuni riti molto difficili ed importanti per compito di diverse diocesi. Grazie alla sua esperienza si era accorto immediatamente che a cantare non era semplicemente la sirena, ma che la sua volontà era mossa da qualcuno pieno di malvagità allo stato puro: un demone.
«Basta!» urlò la sirena, contorcendosi dal dolore a quella litania, che sentiva nonostante si fosse tappata le orecchie utilizzando anche il braccio ferito per la disperazione. Ma il prete non aveva certo in mente di smettere proprio quando sentiva che avrebbe avuto la meglio contro quell’essere, il quale, vista la malaparata, si era inabissato sperando di riuscire a scamparla, senza però contare che quelle parole fossero ormai in grado di raggiungerlo dovunque, come un esercito di angeli perfettamente addestrati a distruggere le forze del male e rimandarle all’Inferno dal quale erano venute.
Le sue formule durarono diversi minuti, nei quali sentiva l’entità demoniaca venir sempre meno, fino a scomparire del tutto, ma il prete attese diverso tempo prima di concludere la sua preghiera con un Padre Nostro e segnarsi nuovamente, mettendo così fine all’esorcismo.
Tutto intorno a lui taceva, tutto era immobile, freddo e asettico, come se niente fosse successo e niente riuscisse mai a smuovere tutta quella calma.
«È finita…» sospirò sollevato. Era stata un’azione parecchio rischiosa e difficile e si sentiva tremendamente stanco «…Se fosse arrivata prima la polizia di me non avrei potuto farlo con la giusta concentrazione.» si disse, guardando ancora una volta quella pozza dal pelo dell’acqua perfettamente orizzontale, senza nemmeno un’increspatura.
Stava quasi per alzarsi e andare via, quando vide una piccola ombra avvicinarsi alla superficie dal fondo del lago: la sua croce.  
Quella visione lo spiazzò completamente: la sua croce era troppo pesante per galleggiare…
Non riuscì a porgersi nemmeno una domanda, che il suo simbolo venne innalzato, tenuto da una mano dal pallore cadaverico, e dalla pozza fece capolino una lunga chioma di capelli neri che incorniciavano un giovane viso di porcellana con due occhi grandi e ghiacciati, dall’espressione più fredda di quella dello stesso Inverno.

~†~

«E così… alla fine si trattava di un demone…» borbottò la Dottoressa, camminando qualche passo più indietro rispetto alla persona che la accompagnava e tirava uno slittino.
«Esatto… Il canto di quella sirena era talmente triste che sembrava una richiesta di aiuto. Anche se era succube di quel demone, la sua voce è riuscita a trasmettere il fatto che avesse assolutamente bisogno di una mano tesa verso di lei.» le spiegò, fermandosi per aspettarla.
«Ho capito…» annuì lei «Mi dispiace di non aver creduto nella tua buona fede, Padre… Quando ti ho visto chinarti verso la sirena, pensavo che…» ma il parroco la interruppe:
«Io volevo solo porgerle le mani in segno di aiuto e potarla fuori dal lago per poter compiere al meglio il mio rito di esorcismo, ma a quanto pare la sua possessione era totale e non sono riuscito a fare nulla contro la sua forza.» ammise, accarezzando la croce di argento che portava al collo.
«È incredibile… non avrei mai pensato che un demone potesse possedere una creatura non umana…»
«Anche loro hanno un’anima: ai demoni basta questo.» le spiegò, indicando poi il lago «Ecco, siamo arrivati.» disse «Lei ha detto di tornare oggi.»
«Lei chi?» chiese la ragazza, mentre si avvicinava e la sua bocca si schiudeva a forma di una piccola o, del quale produsse il rumore «Oh…» fece, stupita «Padre… ma…»  
Il parroco sorrise alla sorpresa della giovane, quando ella vide una rete da pesca stracarica di pesce d’acqua dolce.
«È il suo ringraziamento per aver posto fine alle sue sofferenze e alle sue paure.» spiegò il prete, chinandosi per caricare la rete sullo slittino.
La giovane guardò la slitta e poi il lago dal quale i poliziotti avevano finito di estrarre i cadaveri: quindici in tutto, alcuni vecchi di decine d’anni.
Dentro il fuoco
Sveglia il desiderio
Crudelmente espresso.
Tortureranno la sua anima
E tormenteranno il suo cuore,
Ma non cambieranno la sua mentalità.
Una voce melodiosa arrivò alle loro orecchie, un tono che entrambi ben conoscevano.
La Dottoressa si girò verso il prete, guardandolo con aria interrogativa.
«Le avevo chiesto di cantare per me, ora può farlo: è davvero lei a cantare.» sorrise, girandosi verso la strada che conduceva al villaggio «Andiamo!» disse in tono allegro, cominciando a camminare.
«Sì.» rispose la Dottoressa, voltandosi un’ultima volta verso quel lago dove erano nascosti cadaveri, mostri, demoni e una solista, con il cuore ricolmo di gratitudine verso quel prete dalla fede incrollabile, che li guardava andare via, osservandoli dalla sua pozza, sua unica comunicazione con il mondo esterno.
Ricorda il giuramento.
Ricorda il giuramento.
Spezza le catene.
Tempo di cambiare.
Ho paura di dirlo ma non reciterai una parte.
È stato bello, ora arriviamo al punto saliente.
La tua destinazione è sconosciuta.
Esci dalla mia strada,
Non prestare attenzione al sangue qui.
Di’ addio al macello.” *

§Fine§
XShade-Shinra



 
-Note:
Il testo completo dell’Eterno Riposo (Réquiem Ætérnam), in latino:
Réquiem ætérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis. Requiéscant in pace. Amen”.
Il testo in italiano della stessa:
L'eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen”.
*L’ultima parte della canzone è volutamente cambiata rispetto al testo originale da Benvenuto al macello a Di’ addio al macello.  


Under the Ice
Blind Guardian

# Run
'Til you find the answer
Time out
For our poor Cassandra
Sh's fairly safe inside the fire

Inside the fire
Awakes desire
Cruelly admired

They'll torture her soul
And they'll torment her heart
But won't change her mind

Would you like to see me
How I'll cut off
Her head life’s a game
A lesson to learn
Don't be shy just blame me
Well, there is no
Need to feel ashamed
Remember the oath
Remember the oath

Wake up
It's time to cross the border
Is it true what they say
About the part you've played?

Enjoy your stay here
Welcome to the slaughterhouse

Release from rotten thoughts
No more pain
And no more gods

Under the ice you will believe
Under the ice you will be free
Released from rotten thoughts
No more pain
And no more gods

Please understand
It's not in our hands
Barren the land
It's all dead and gone

And still the tyrant's face is red
So witness my glory, my triumph, my fame
It's the sweetest taste

King of terror just stop wining
Hold your breath it won't take long
Realize this is your judgement day
In between the killing carry on

There are no rules here
Welcome to the slaughterhouse

Release from rotten thoughts
No more pain
And no more gods

Under the ice you will believe
Under the ice you will be free
Released from rotten thoughts
No more pain
And no more gods

Try to understand

You're the artificial enemy
An illusion we all need
For our sake
For our sake

We’re not allowed to see beyond that's your skill
Will we ever learn the lesson "We can't fly with broken wings"

Break the chains
Time to change
I'm afraid to say but you won't play a part

It's been nice we now get to the climax
Your destination's unknown
Just get out of my way

Don't mind the blood here
Welcome to the slaughterhouse

Release from rotten thoughts
No more pain
And no more gods

Under the ice you will believe
Under the ice you will be free
Released from rotten thoughts
No more pain
And no more gods

Under the ice you will be free
Released from rotten thoughts
No more pain
And no more gods
And no more gods
(No more gods)

I'm afraid to say but you won't play a part #
Traduzione
Sotto Il Ghiaccio

# Corri
Finché non troverai la risposta
Riposo
Per la nostra povera Cassandra
Lei è del tutto sicura dentro il fuoco

Dentro il fuoco
Sveglia il desiderio
Crudelmente espresso

Tortureranno la sua anima
E tormenteranno il suo cuore
Ma non cambieranno la sua mentalità

Ti piacerebbe vedermi
Come mozzerò
La sua testa la vita è un gioco
Una lezione da imparare
Non essere timido incolpami e basta
Bene, non c’è
Bisogno di vergognarti
Ricorda il giuramento
Ricorda il giuramento

Svegliati
È l’ora di attraversare il confine
È vero quanto dicono
Circa la parte che hai recitato?

Goditi la tua permanenza qui
Benvenuto al macello

Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei

Sotto il ghiaccio crederai
Sotto il ghiaccio sarai libero
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei

Per favore capisci
Non è nelle nostre mani
Arida la terra
È tutta morta e andata

Ed è ancora rossa la faccia del tiranno
Così testimone, la mia gloria, il mio trionfo, il mio successo
È il gusto più dolce

Re del terrore smettila di bere vino
Trattieni il fiato non ti accompagnerà a lungo
Capisci che questo è il tuo giorno del giudizio
In mezzo all’uccisione prosegue

Non ci sono regole qui
Benvenuto al macello

Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei

Sotto il ghiaccio crederai
Sotto il ghiaccio sarai libero
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei

Cerca di capire

Tu sei il nemico artificiale
Un illusione di cui abbiamo bisogno
Per amor nostro
Per amor nostro

Non ci è permesso vedere oltre ciò che è la tua abilità
Impareremo mai la lezione “Non possiamo volare con ali spezzate”

Spezza le catene
Tempo di cambiare
Ho paura di dirlo ma non reciterai una parte

È stato bello ora arriviamo al punto saliente
La tua destinazione è sconosciuta
Esci dalla mia strada

Non prestare attenzione al sangue qui
Benvenuto al macello

Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei

Sotto il ghiaccio crederai
Sotto il ghiaccio sarai libero
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei

Sotto il ghiaccio crederai
Sotto il ghiaccio sarai libero
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei
(Non più dei)

Ho paura di dirlo ma non reciterai una parte #
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